18. Uno che cambia idea?
Aveva detto la verità: finora quello era stato l'appuntamento più intimo a cui avesse preso parte. Luca si era aperto completamente nei suoi confronti, gli aveva raccontato di sé, della sua famiglia, degli amici (tranne quel dettaglio sulle motivazioni di Yuri, che Elia moriva dalla voglia di conoscere) e di come si sentisse a riguardo. Aveva confessato di essere vegetariano come se fosse un problema insormontabile e lui avrebbe tanto voluto prenderlo un po' in giro per l'agitazione con cui aveva cercato di assicurargli che non avrebbe creato problemi. Era palese che stesse cercando di dare una buona impressione di sé per fare colpo su Elia, completamente ignaro di non averne più bisogno.
«Allora ti tocca proprio raccontarmi di più.» Lo incalzò voltandosi verso di lui per trovare il suo sguardo: quando riusciva ad agganciarlo, per Luca era impossibile eludere le sue domande. E infatti cedette subito.
«Sabato scorso, quando è arrivato tuo fratello, gli hai detto quella cosa.»
«Quale cosa?»
«La cosa del sangue e del resto.»
«Che mi stavo dissanguando? Hai una specie di parafilia per il sangue?»
«Cosa? No!»
«Hai detto che non era un problema avere del sangue di qualcun altro in bocca, perché... ma non te lo ricordi proprio?» Era diventato tutto rosso sulle guance e persino sulle orecchie. «Perché avevi bevuto ben altro da un uomo.» Luca si mise le mani in tasca e si guardò le scarpe.
«Ah, quello. E scommetto che hai pensato di essere tu, a dissetarmi, vero?»
«Sì.» Ed ecco che la voce di Luca assumeva quel tono più basso che lo faceva impazzire. Avrebbe voluto sentirlo parlare in quel modo per ore. Già se lo immaginava a letto, possibilmente quella stessa sera.
«Allora, cosa hai pensato? A me in ginocchio?» Lo stuzzicò ancora un po'. C'era forse un limite oltre il quale Luca si sarebbe sentito troppo imbarazzato per rispondere alle sue provocazioni? Elia lo voleva scoprire, superarlo, spostarlo più in là e poi superarlo ancora e ancora.
«Sì, scusami.»
Non ti scusare, è così bello sentire quanto mi desideri.
«E poi? Te lo prendevo in bocca?»
Luca si fermò. Aveva il fiato corto ed era rigido come un tronco, le braccia ora lunghe sui fianchi, i pugni stretti.
«Scusami, ma ritengo che questa conversazione stia andando in una direzione difficile da gestire in mezzo alla strada, credo sia più opportuno riprenderla a porte chiuse.»
«Wow, che modo pulito di parlare...» Si avvicinò appena e si mise sulle punte dei piedi. Ma quanto era alto? «Per uno che fino a un minuto fa mi stava spiegando come immaginava gli facessi un pompino con ingoio.» Glielo disse così piano che praticamente soffiò sulla sua faccia, poi si ritrasse, tornando a una certa distanza di sicurezza da lui.
«Elia!» Luca provò a rimproverarlo ma non era credibile, somigliava a uno di quei minuscoli gattini arruffati che nei video simpatici si alzano sulle zampette posteriori e allargano quelle anteriori per spaventare il prossimo, rendendosi solo più buffi e carini. «Mi hai detto che è meglio non baciarci né abbracciarci e poi mi fai questo? Sei una carogna!»
«Ma siamo praticamente arrivati alla macchina, lo sto facendo per decidere la direzione da prendere una volta messo in moto.»
«Ah, ok. Ma sta andando bene, vero?»
Si stava preoccupando che volesse mettere fine al loro appuntamento e riaccompagnarlo a casa? Stava andando meglio di quanto avrebbe creduto, in realtà. Elia aprì la macchina, entrò e aspettò che Luca facesse altrettanto, prima di rispondere: «Certo che sta andando bene, ti sto appunto chiedendo se vuoi andare da qualche altra parte a mangiare e continuare la nostra serata. E siccome ho casa libera stasera, pensavo che potremmo andare da me e ordinare una pizza, Sicuramente ho anche delle birre in frigo. O se preferisci il vino ho anche quello.»
«Certo. Ok. Sì. La pizza va bene.»
«Non mi sembri molto convinto, hai paura che scesi dalla macchina ti possano rapinare?»
«No, figurati. È che lo so che ho detto di essere pronto a... lo sai. Ma non mi aspettavo di arrivarci già stasera, sono solo sorpreso. Ma in senso buono, eh! In senso buonissimo! Forse ho solo un po' d'ansia da prestazione.»
Quella risposta impacciata ed eccessivamente specifica quasi lo fece scoppiare a ridere, si trattenne solo perché Luca ne sarebbe rimasto ferito, anche se forse avrebbe finto noncuranza. Non aveva mai conosciuto nessuno che si mettesse a nudo così. Come aveva fatto a sopravvivere al liceo e nel branco di iene che si ritrovava a frequentare?
«Luca, guarda che non ti sto portando nel mio scannatoio, ti sto solo invitando a bere qualcosa a casa, dove se mi vuoi baciare, o abbracciare, puoi farlo tranquillamente, perché tanto non ci vede nessuno. L'ultima cosa che intendevo era far suonare la mia proposta come le avance di un vecchio viscidone, davvero. Nessuno ci obbliga a fare qualcosa, ti stavo solo stuzzicando un po'.»
«Ok. Ma non sono contrario a fare qualcosa. Scusa se sono così, deve essere snervante avere a che fare con tutta questa incertezza, doversi nascondere, non sapere bene cosa fare, alla nostra età.» Luca si strinse la base del naso, gesto che Elia ora conosceva e aveva imparato ad associare a frustrazione e stanchezza.
«Ah non lo so, dimmelo tu. Sei tu che queste cose le vivi in prima persona, tutti i giorni.»
«Intendevo nell'avere a che fare con me.»
Era faticoso? Un po'. Gli sembrava di essere tornato alle sue prime storielle, quando pensava di doversi nascondere da chiunque, anche in casa. E poi c'erano tutte quelle fragilità e insicurezze da maneggiare, la propensione di Luca di darsi alla fuga, il bagaglio di problemi familiari e con gli amici che si portava dietro e la tendenza a idealizzarlo, che era ciò che più lo spaventava: conoscendolo meglio avrebbe continuato a credere che non potesse esistere una sua versione in grado di piacergli di più? Però, sentiva che ne valeva la pena.
«Sai, la mia prima volta, tutte le mie prime volte in realtà, non sono state proprio idilliache. Nemmeno traumatiche, per carità. Non ero proprio a mio agio, avrei preferito avere più tempo per capire se certe cose potessero piacermi o no e come farle. Stavo con una persona più grande e mi sono lasciato guidare, ma non ho avuto molti piaceri della scoperta, diciamo così. Visto che sono ripetente do per scontato che siamo coetanei, eppure sotto questo aspetto mi sembra di essere più grande, non che abbia chissà quanta esperienza, però, beh, rispetto a te, diciamo...» Si stava impappinando, sarebbe stato difficile uscirne senza offenderlo. «Allora,» riprese il filo, «in tutto il resto sono un disastro, te ne accorgerai se usciremo ancora insieme, spero di sì. Ma per questa singola cosa mi sento come se avessi delle responsabilità nei tuoi confronti e voglio fare tutto bene.»
«Ma tu non sei responsabile per me, non devi prenderti cura di me o cose del genere.»
«Ma certo che devo. Cioè, quando si è in due ci si prende sempre cura uno dell'altro, ci si fa stare bene a vicenda. Mi piace che mi desideri e io desidero in te, lo metto subito in chiaro prima che tu inizi a dubitarne. E ovviamente spero che la serata finisca in un certo modo. Ma se ti invito a casa a bere qualcosa non vuol dire che una volta entrati in casa ci spogliamo e iniziamo a fare di tutto, non mi aspetto nulla, e nulla mi è dovuto. Iniziamo a mangiare, continuiamo a chiacchierare e poi vediamo, ok?» Detto ciò, mise in moto e attese che anche Luca mettesse la cintura.
«Ok. Beh, è un po' patetico che tu abbia dovuto farmi il discorsetto di rassicurazione alla mia età, però devo ammettere che mi sento meglio, iniziavo ad essere un po' nervoso pensando al dopocena.»
«Sì, ho visto.» Ridacchiò. «Ma non è che di solito sei sciolto e rilassato!»
«Sì, scusa, sei tu che mi rendi nervoso.»
Elia guardò oltre i finestrini e il parabrezza, non c'erano nessuno nel parcheggio. Appoggiò una mano sulla gamba di Luca, si sporse verso di lui e lo baciò sulla guancia. L'altro rimase qualche istante immobile, poi si voltò e intercettò le sue labbra con le proprie, in un bacio simile al primo che si erano scambiati, incerto e casto all'inizio ma che si scaldò in fretta.
«Forse però è meglio arrivare a casa prima, ok?»
«Ok.»
Ci era voluta una mezz'ora per raggiungere il suo quartiere e anche la sua guida era migliorata, ora che girava per le vie che conosceva meglio. Avevano continuato a chiacchierare del più e del meno e Luca si era di nuovo rilassato.
«Cosa fanno i tuoi, per avere spesso casa libera?»
«Mio fratello spaccia e mia madre batte in zona Borgo Vittoria.» Fu più forte di lui: voleva testare la reazione di un ragazzo dello stampo di Luca, che viveva probabilmente in una villa, con genitori occupati in lavori tipo avvocato, architetto, medico primario, CEO. Avrebbe balbettato qualcosa su quanto non gli importasse, mentre in realtà si sentiva disgustato? O magari gli avrebbe chiesto direttamente di accostare e finire lì il loro incontro. Alla fine, Elia decise di prendere la sua reazione come un test.
«Ah. Ok.»
«Ma come ok?» Seriamente, quella risposta era la migliore e la peggiore che potesse dargli. Non gli importava di una cosa del genere? O davvero era uscito da un libro di favole o gli mancava qualche giovedì.
«Beh, ognuno campa come può, immagino.» Luca era serissimo, continuava a guardare fuori dal finestrino, come se stesse cercando di indovinare quale fosse il palazzo in cui viveva Elia.
«Sì, certo. Comunque, seriamente, no. Mio fratello è infermiere e mia madre fa la OSS. Lavorano entrambi sui turni, quindi è per questo che spesso ho casa libera. Mio padre non lo so cosa faccia, per quel che ne so forse lui sul serio scippa le vecchie allo sportello delle Poste, ma lo fa vivendo un'altra parte; quindi, i suoi orari non c'entrano con noi.»
Luca restò in silenzio, senza ridere alla sua battuta. Eppure, gli sembrava carina. Non voleva mettersi a parlare della figura paterna adesso, era solo, appunto, una battuta. Ma era evidente che Luca fosse già altrove con la testa.
«Mi dispiace per quella battuta di Thomas sul pulire i culi ai vecchi.»
Ecco dov'era. Lui se n'era ormai dimenticato, nel momento in cui Ken massaggiatore si era alzato e li aveva lasciati da soli.
«Non preoccuparti, il tuo amico non ha detto nulla di così offensivo alla fine. So che è una cosa che molti non farebbero, ma mia madre non se ne vergogna e non me ne vergogno nemmeno io. È un lavoro onesto e oltretutto anche utile al prossimo. E poi non l'hai detto tu, non devi sempre scusarti per gli altri.»
«Lo so, ma io ho riso. Quindi ti chiedo comunque scusa.»
«Va bene, scuse accettate allora, se proprio ci tieni. Però, davvero credevi che i miei facessero la puttana e lo spacciatore e che non ci sarebbe stato nulla di male, in questo?»
«È quello che hai detto, non avevo motivo di non crederti», borbottò lui. Dio, era davvero ingenuo, ma non in modo ridicolo, solo in modo adorabile. O forse era la percezione che aveva di lui che stava virando pericolosamente verso il trovarlo carino in tutto.
«So che non sono due lavori che le persone sceglierebbero di fare, se non fossero costretti.» Luca provò a spiegarsi meglio, questa volta con calma. Quando un argomento non lo riguardava in prima persona era davvero posato e controllato, nulla a che vedere con il Luca impacciato e nervoso a cui Elia era ormai abituato. «Io, comunque, non sarei nella posizione di giudicare come vivono gli altri perché non ho mai dovuto lavorare un giorno in vita mia.»
«Sì, ha senso. Anche se penso che qualcuno scelga quel tipo di vita, non sia costretto, ma questo è un altro discorso. Mi stupisce la tua apertura mentale, sai? Non hai davvero fatto una piega quando ho risposto così!»
Anche se concentrato sulla guida, capì dal movimento alla sua destra che Luca aveva fatto spallucce e, dannazione, anche questa cosa che aveva già notato prima d'ora e che gli aveva persino dato fastidio, ora gli sembrava super carina.
«Mio padre cataloga le persone in base a ciò che fanno nella vita e non ritiene che certi lavori, forse la maggior parte, siano dignitosi. Secondo lui anche insegnare è una cosa disonorevole, ma a me, sinceramente, non dispiacerebbe. Oltretutto è stato proprio lui che mi ci ha fatto pensare, è da quando l'ha detto che sto valutando quella strada. Sarebbe bello, credo.»
«Davvero? Hai proprio la propensione a farti odiare!»
«Forse.» Rise con lui.
«E che cosa insegneresti?»
«Lettere. Ma non sarei uno di quegli insegnanti barbosi e noiosi.»
«Ci scommetto, e scommetto che saresti il classico prof per cui tutte le ragazze hanno una cotta!»
«Eh, resteranno deluse dalla verità!» Risero di nuovo insieme. Elia già se lo vedeva, con gli occhiali con la montatura spessa, alla moda, i capelli un po' lunghi, jeans e camicia, appoggiato alla cattedra con un libro in mano.
Aspetta, non ho visto un porno che inizia così?
«Basta che non diventi uno di quei prof sporcaccioni con un viavai di ragazzini da casa sua!»
«Prima di tutto: che schifo! Seconda cosa: ma che insegnanti conosci? E terzo: conto di vivere per i fatti miei a quel punto, magari convivere. Non credo che il mio compagno accetterebbe viavai di nessun tipo, da casa nostra.»
«Wow, hai già progettato tutto! Sei davvero un bravo ragazzo! Non hai paura di restare incastrato con il primo che passa e non fare abbastanza esperienze, e poi magari rimpiangerlo, un giorno?»
«Non si possono fare esperienze insieme?»
«Sì, ma non è quello che intendevo. Dicevo, con più persone, per provare più cose, capire meglio cosa fa per te.»
«Penso che quando trovi la persona giusta lo sai, anche senza doverla paragonare ad altre. Scusa, non voglio spaventarti con i miei progetti futuri al primo appuntamento, non dico che la mia vita sarà per forza così e il mio non è un invito a prendere casa con me dopo il diploma!» Sorrise. Era stranamente rilassato adesso. «Era un discorso generico, non sto dicendo che sarai tu, magari sarà il prossimo o quello dopo ancora, non lo so adesso. Però è il tipo di futuro che sogno, per me, che si realizzi o meno.»
«Ma potrei comunque essere io, se le cose andranno bene dopo questo appuntamento e i prossimi, no?» Lo stuzzicò di nuovo, giusto perché quel Luca rilassato e divertente gli piaceva, ma non quanto quello nervoso e impacciato.
«Certo, potresti.» rispose Luca senza batter ciglio. «Ma non voglio partire con quelle premesse, voglio solo goderti e vedere come va, se per te va bene.»
«Godermi?»
«Sì, nel senso stare con te, finalmente.»
«Finalmente?»
«Sei tremendo, me ne lasci passare una?»
«No, mi diverto troppo.»
«Bene, mi fa piacere che ti diverti alle mie spalle.» Rise ancora, dandogli una pacca sulla coscia, che Elia colse subito.
Bene, ci stiamo sciogliendo.
«Cosa vuoi, ti sto solo "godendo"» gli fece il verso, ridendo ancora più forte. Luca, appena tornato serio, rise ancora, di rimando e per un attimo Elia pensò che vedere quel viso rilassato e felice tutte le mattine, prima di andare al lavoro, non sarebbe stato poi così male. Peccato che lui non fosse tipo da fare progetti a lungo termine: convivenze, villette con giardino, cagnolini e adozioni non erano termini del suo vocabolario. Non a vent'anni, almeno.
«Siamo arrivati. Ecco il mio bellissimo quartiere.»
«Non sono mai stato da queste parti, sai?»
«Nemmeno per accompagnare i tuoi amici a comprare il fumo?»
«Credo che nessuno di loro fumi.»
«Ma pensa un po', che bravi ragazzi!» commentò sarcastico, ma Luca non rispose, guardò fuori e sospirò.
«No, non lo sono, ma sono gli unici amici che avevo, e penso che mi mancheranno, anche se sono degli stronzi. È così assurdo, vero?»
«No, non è assurdo. Comunque non sei solo, c'è Rebecca, e alla brutta c'è Ken massaggiatore.»
«Ti ricordo che Rebecca voleva presentarlo a te!»
Dopo aver fatto il giro dell'isolato due volte aveva trovato parcheggio solo qualche portone più in là del suo. Scesero dalla macchina, Luca si guardò brevemente intorno, poi lo affiancò per seguirlo verso casa sua. Non parlarono mentre entravano, né mentre aspettavano l'ascensore e salivano al terzo piano. Solo sul pianerottolo Elia riprese il discorso: «Guarda caso, però, Rebecca ha cambiato idea! Mi devi un mese di massaggi!»
«Ma non è vero! Anzi, le ho detto che poteva presentartelo!»
Erano in casa, Elia accese la luce dell'ingresso, si tolse finalmente quell'orribile cappotto e indicò a Luca l'attaccapanni alle sue spalle, invitandolo a fare altrettanto. Come aveva previsto, l'idea di averlo lì, nella sua piccola casa sgangherata, era strano. Ma la voglia di stare da solo con lui e di dargli un luogo sicuro dove potersi lasciare andare ed essere sé stesso lontano da sguardi indiscreti aveva vinto, alla fine.
«Wow, non sei geloso nemmeno un po'? Questo mi ferisce!» Elia ridacchiò, senza procedere all'interno dell'appartamento.
«Certo che lo sono! Non ne sarei stato felice, ma ero convinto di non avere chance. A quel punto avrei preferito vederti sereno con uno come Thomas che ti avrebbe sicuramente tratto bene, piuttosto che uno che ti tradisce e ti prende a pugni.»
«Un solo pugno. Non permetterei a nessuno di darmi il secondo. E per quello che hai appena detto il mese di massaggi te lo potresti essere guadagnato tu.»
«Perché, che ho detto?»
«Lascia stare, non ho più voglia di parlare.»
Aveva fatto il bravo, si era trattenuto, l'aveva rassicurato sul rispetto dei tempi di ognuno, ma come faceva a non saltargli addosso quando Luca se ne usciva con frasi come quella? Mai, prima d'ora, la dolcezza di qualcuno era stata efficace con lui; l'aveva sempre considerata una debolezza o un atteggiamento artefatto e poco realistico, al limite del fastidioso. Quella con cui veniva trattato ora, invece, era reale e bellissima, così com'era Luca: non era sdolcinato, aveva semplicemente un cuore gentile e trattava di conseguenza chi decideva di farci entrare. Bellissima era anche la sensazione di essere benvenuto, lì dentro. Gli prese il viso e cercò subito un bacio, che l'altro ricambiò all'istante.
«Avevi detto che non ci saremmo spogliati appena entrati in casa.» Fu appena un mormorio di Luca, sulle sue labbra.
«Ho cambiato idea, è un problema?»
«Cazzo, no.»
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