17. Un ragazzo triste?

«Non è venuta?»

«No. Ha detto a Sabrina che non si sentiva bene e lei lo ha riferito a me.»

«Rebe, mi dispiace. È tutta colpa mia! Lunedì le parlerò io, va bene?»

«E per dirle cosa? Che la sua migliore amica non se la fa con il ragazzo che piace a lei perché se la fa con un ragazzo che piace a lui?»

«Sì, se necessario sì.»

«Non fare lo scemo!» Rebecca lo abbracciò e gli scoccò un bacio sulla guancia. «Adesso piuttosto pensa a goderti la serata.»

«Sei sicura che non vuoi che torni per dormire da te?»

«No, viene lui, approfitto finché non tornano i miei. Però puoi passare la notte fuori e dire che eri da me, tanto lo pensano già tutti. A pensarci bene potremmo essere un'ottima copertura l'uno per l'altra, sai?»

«Dai, Rebe, non scherzare. Lunedì sistemo tutto.»

«L'unica cosa che devi fare lunedì è raccontarmi tutto. Adesso vattene, questa serata non è per i piccioncini, è per gli sfigati in amore. Sciò!»

Dopo aver salutato la sua amica e tutti gli altri raggiunse Elia all'uscita. Avevano deciso così, per non destare sospetti. Le condizioni per frequentarsi le aveva stabilite lui, ma non per questo le trovava sensate. Erano uno schifo, gli sembrava di trattare Elia come uno sporco segreto da tenere lontano da occhi indiscreti, mentre avrebbe voluto urlare al mondo che quella sera gli aveva fatto un regalo e aveva accettato di uscire con lui. Perché la sua felicità doveva essere nascosta, mentre quella degli altri poteva essere sotto gli occhi di tutti? Ripensò alle parole sentite la domenica prima, a pranzo, riferite a chi era come lui. Ostentare, esibire. Ma non era forse quello che loro, le coppie "normali" e libere, facevano ovunque? Tenersi per mano per strada, baciarsi alla fermata del bus, abbracciarsi: potevano mostrare la loro felicità ovunque, ostentavano ed esibivano sempre, senza farlo di proposito. Lui, invece, doveva comportarsi come se avesse qualcosa da nascondere, come se Elia non meritasse la luce del sole. Non era giusto. Adesso però doveva provare a concentrarsi sull'appuntamento, dire e fare le cose giuste e assicurarsi così un secondo incontro, per avviare una frequentazione con lui. Teneva le mani nelle tasche della giacca strette a pugno, sudate. Doveva calmarsi o avrebbe rovinato tutto. Attraversarono il ponte e iniziarono a passeggiare nella parte alta dei Murazzi, senza ancora una meta precisa.

«Sai che è qui che i miei si sono conosciuti?» Elia gli indicò una capannina sul bordo del Po, in fila insieme alle altre, subito sotto le scalinate. «Credo che fosse quello, il primo a partire dal fondo. Quando avevano la nostra età venivano qui a concludere la serata, anzi, la mattinata. Era una specie di ritrovo, da quello che ho capito.» Indicò poi la salita dall'altra parte della strada. «E lì credo mi abbiano concepito. Non so bene in quale parcheggio, ma uno di quelli! Che c'è? Cosa ridi?»

«Niente, è che i miei hanno concepito mio fratello in luna di miele e me, l'anno dopo, secondo una loro pianificazione precisa.»

«Non proprio lo stesso!» ammise Elia, ridendo a sua volta. Variando su argomenti abbastanza leggeri e poco impegnativi, Luca iniziò a sentire di potercela fare. Era in grado di gestire quelle chiacchiere in serenità, le cose stavano andando bene, anche se la corda su cui inciampare, all'altezza delle caviglie, era sempre tesa, dietro ogni angolo.

«Vuoi fermarti a mangiare qualcosa da queste parti?» Quando Elia lo sorprese con quella domanda, si rese conto che era già ora di cena e loro avevano percorso i Murazzi avanti e indietro, attraversato Piazza Vittorio e Via Po fino in Piazza Castello, senza smettere di parlare.

«Vuoi mangiare sushi?» propose, ricordandosi della proposta di Mauro, fuori da scuola.

Elia si voltò a guardarlo e rise di nuovo. Vederlo sorridere era un buon feedback, significava che se la stava cavando. E poi era sempre uno spettacolo per gli occhi.

«Come mai proprio sushi?»

«Perché il tuo ex te l'ha proposto per farsi perdonare quindi immagino sia qualcosa che ti piace.»

«E a te piace?»

A quel punto Luca avrebbe potuto mentire, con il rischio di portare avanti quella bugia a lungo (il più a lungo possibile, nelle sue speranze) o essere sincero e rischiare invece di perdere punti agli occhi di Elia. «Veramente no. E sono vegetariano.» Ecco la verità. Non si vergognava della sua scelta alimentare, ma sapeva che spesso non era compresa, a volte anche derisa. Elia non sembrava essere una persona di quel tipo, però lo imbarazzò comunque ammetterlo. Era un altro dei suoi numerosissimi limiti, che avrebbero condizionato anche l'altro, se avessero continuato a vedersi. «Ma trovo sempre qualcosa da mangiare in ogni posto, anche al ristorante giapponese ho diverse scelte, quindi va bene qualunque posto per me. Sempre, dico, non solo stasera. Quando ordiniamo da mangiare nemmeno se ne accorgono, che sono vegetariano, te lo assicuro.»

Elia si fermò per guardarlo, con un sorrisetto furbo stampato in faccia; Luca aveva iniziato a interpretare quell'espressione come "sono indeciso se stuzzicarti un po' o lasciare perdere, per questa volta". «Luca, rilassati, va bene se sei vegetariano. Basta che non inizi a darmi dell'assassino mentre mangio animali o non chiami il mio cibo "carcasse".»

«Non lo farò!» giurò.

«E allora non c'è problema. Ma non voglio andare a mangiare sushi se a te non piace o non mangi pesce.»

Ma lui ti ci avrebbe portato.

«Che ne dici invece di tornare indietro e vedere se ci ispira qualche locale strada facendo? Altrimenti ci spostiamo in macchina.»

«Va bene.» Camminare ancora l'avrebbe riportato alla calma, bene.

«Mi racconti della squadra, intanto?»

«Cosa vuoi sapere?»

«Cos'è successo, perché l'hai lasciata?»

La ferita era ancora troppo fresca, parlarne avrebbe fatto male, se lo sentiva. Ma Elia aveva ragione: non sapeva dirgli di no, e non voleva nemmeno farlo, in realtà. Si guardò intorno e una volta sicuro che non ci fosse nessuno, nelle vicinanze, che potesse ascoltare il suo racconto, iniziò a riassumere a Elia gli eventi di quella disastrosa settimana. «Non c'è molto da dire, mercoledì ho saltato l'allenamento e ieri, quando sono entrato nello spogliatoio c'era un'atmosfera strana. Avrai capito che non sono proprio quello che si definisce l'anima della festa, però di solito scambio quattro chiacchiere con i compagni man mano che arriviamo e mentre ci cambiamo. Sono sempre stato bravo, te lo giuro. Non ho mai guardato nessuno "in quel modo". Forse potrei aver buttato l'occhio per curiosità, un paio di volte, ma sempre discretamente, non ho mai fissato nessuno. Mi sembrerebbe sbagliato, come se mettessi delle telecamere nascoste capisci? Ho sempre pensato che se avessero saputo di me si sarebbero nascosti, quindi mi sono comportato di conseguenza.»

«Va bene, Luca, non sei un guardone, sei assolto!»

«Scusa, è che mi sembrava una premessa doverosa. Ecco, ieri entrando ho avuto subito la sensazione che mi stessero evitando, che fossero quasi sospettosi nei miei confronti. Sai, lunedì, dopo che mi hai portato a casa, ho incontrato Yuri, mi ha detto che sa di me, sa anche di te, che mi piaci. Beh, ho immaginato che i miei compagni fossero disgustati da me, o spaventati, qualcosa del genere.»

«Usi delle parole che non mi piacciono affatto. Perché mai dovrebbero essere disgustati? Hai vomitato nelle loro mutande? Hai forse cagato nelle loro borse?»

Quella risposta inaspettata lo fece scoppiare a ridere, allentando un po' del suo imbarazzo e della sua tensione. «No. Però, sai, deve essere strano, un po' come se in una squadra di ragazze mettessi un maschio eterosessuale, le ragazze sarebbero a disagio a cambiarsi, non credi?»

«No, non credo. Pensa a tutti gli sport di squadra che esistono, a ogni livello, alle palestre, a ogni spogliatoio. Pensi che siano tutti etero? O che ci siano docce arcobaleno separate dal resto? Hai detto tu stesso che sei sempre stato rispettoso, se non vogliono farsi guardare dagli altri che si coprano! Pensa che io, al tuo posto, avrei fatto un database mentale di tutto il materiale a disposizione. Guardare non è violare, sai? Mica li tocchi!»

«Allora pensare a qualcuno in un certo modo, fantasticare e immaginare certe... scene non è una cosa brutta?» chiese a bassa voce, anche se a quell'ora non c'era nessuno nelle vicinanze.

«Dipende, quel qualcuno sono io?» Scherzò, ma la risposta di Luca fu un serio: «Sì».

«Cavolo, Luca! Mi rendi difficile concentrarmi sulla tua storia così! Scusami, dicevi?»

«Che erano tutti strani, poi durante la partita d'allenamento è stato tutto un pasticcio, ho mancato diversi passaggi e Yuri, nella squadra avversaria, è stato particolarmente falloso nei miei confronti. Alla fine, stufo dei suoi interventi ho reagito e il gioco è stato sospeso. Siamo stati buttati fuori.»

«Che stronzo.»

Poteva dargli torto? In effetti, il comportamento di Yuri era stato una vera delusione, e ancora non era arrivato al peggio della storia. «Ne ho approfittato per chiedergli se avesse detto qualcosa di me agli altri e lui mi ha risposto che non ero il centro del mondo e di crescere» concluse quella parte.

«Ah, tu devi crescere?» Elia sbuffò, sottolineando quel "tu" con parecchia enfasi. Lo stava difendendo? Era così bello sentire dalla sua parte almeno lui!

«Sai,» riprese a spiegare, «a volte penso di essere un po' paranoico. Ho pensato che forse mi ero fatto condizionare dalle mie paure e aspettative negative sulle persone, ho cercato di essere razionale. Però all'uscita un altro mio compagno, Alex, è venuto da me e mi ha spiegato tutto: in pratica pensavano tutti che fossi un infame perché avevo messo Rebecca contro Yuri, per scoparmela.»

«Tu cosa?» Elia alzò la voce. «Scusa, non volevo urlare. Ma che cazzo!»

«Beh, non sapevo cosa Rebecca avesse fatto mercoledì, me lo ha detto solo il giorno dopo. Non me la sto prendendo con lei, sia chiaro. Però la versione che Yuri ha raccontato a tutti è questa, ovvero che ero assente perché ero a casa sua. Che poi avevo davvero dormito lì, ma sai benissimo che non è successo mai nulla tra me e lei. Sapendo tutti che lui è innamorato di lei da una vita, ha optato per quella storia piuttosto che dire a tutti che sono gay.»

«C'era anche l'opzione non infamarti per niente, eh! Perché ha dovuto fare una cosa del genere?»

«Per farmela pagare, immagino. Non ha mandato giù che Rebecca sia intervenuta, ma io non le ho chiesto nulla, è stata una sua iniziativa.»

«Hai litigato anche con Rebecca, quindi?»

«No. Lei ha agito spinta da buone intenzioni e quello che ha ottenuto mi ha reso davvero felice. Sono contento di sapere che ti lasceranno in pace, conta più di tutto il resto, adesso. Quindi tornando indietro vorrei comunque che le cose andassero così.»

Elia smise di colpo di camminare e Luca pensò che avesse trovato un posto in cui fermarsi a cenare. Si guardò intorno, ma anche dall'altra parte dei portici sembravano esserci solo negozi ormai chiusi. «Tutto bene?» Lo stava forse annoiando o deprimendo con quel racconto?

«Sì, scusa. È che quello che hai detto è stato inaspettato. Hai avuto davvero una brutta settimana, ma riesci a vedere il lato positivo nel fatto che io adesso sono al sicuro. È una cosa davvero... bella, ecco.» Elia riprese a camminare, più veloce di prima, come se volesse lasciare le parole appena dette nell'aria alle sue spalle. «E questo conferma anche cosa penso del tuo amico e spero che finalmente anche tu stia iniziando a capirlo.»

«È solo arrabbiato, è sempre stato un po' capriccioso» ammise accostandosi a lui e tenendo il suo passo.

«Con che coraggio lo difendi? Ti ha messo tutti contro!»

«Sì, però loro gli hanno creduto, a nessuno è venuto in mente di chiedere la mia versione dei fatti.»

«E perché non gliel'hai data tu, allora, la tua versione?»

Luca rispose facendo spallucce.

«Quindi lasci che vinca lui, non combatti nemmeno?»

«Ho tante di quelle battaglie che mi aspettano! Questa la posso anche skippare.»

«Ma non è giusto! Devi almeno dire come stanno le cose!»

«Cosa? Che sono... lo sai. Quanto ci metterebbe la notizia ad arrivare ai miei?»

«Cosa c'entra il fatto che...» Elia abbasso la voce fino a un sussurro «che sei gay. A parte che qualsiasi motivo di litigio tra te e lui non giustificherebbe il suo buttarti merda addosso, ma questo tra tutti è un motivo davvero assurdo.»

«Non ce l'ha con me per come sono, è arrabbiato solo perché non riesco a trattenermi, ad aspettare. Ha paura per me, che mi succeda qualcosa. Non posso dirti più di questo perché sono cose che riguardano le nostre famiglie e cose successe in passato, non mi sembra giusto, scusa. Il punto comunque è che non posso lasciare la scuola a quattro mesi dalla maturità, ma la squadra sì.»

«Perché anche la scuola?»

Il suo sguardo parlò da solo.

«Che bastardo! L'ha fatto anche con i tuoi compagni di classe?»

«A quanto pare. La cosa peggiore è che Rebecca ha litigato con una delle sue migliori amiche che ha una cotta per me e ha creduto a questa storia, senza alcun tipo di contraddittorio.»

«Questa secondo te è la parte peggiore? Luca, forse non sai cosa significa avere il vuoto intorno. Sei popolare, piaci alle ragazze, ti ho sempre visto in compagnia a scuola. Guarda che se le cose restano così ti aspettano settimane dure, lo so per esperienza. Dovresti davvero fare qualcosa a riguardo. Forse pensi di sapere cosa voglia dire, ma vivere nel mirino dei bulli non è una passeggiata e non prenderla male se ti dico che non sono sicuro tu possa farcela, da qui al diploma.»

«La colpa è anche mia, se in questi anni non sono riuscito a farmi non dico voler bene, ma almeno conoscere un po', sia dai miei compagni di squadra che a scuola, almeno quel tanto da capire che tipo di persona sono, che non tradirei mai un amico così. Se non l'ho fatto in tutto questo tempo, se non sono "arrivato" e non mi sono fatto conoscere, non avrei potuto farlo di certo in dieci minuti. Va bene così, posso sopportare il vuoto di cui parli da qui al diploma, tranne Yuri sono comunque tutte persone con cui avrei chiuso, una volta finito il liceo.»

«Wow, non sembra un discorso da te, non pensavo che credessi che le persone debbano lavorare sodo per farsi voler bene e che l'amore vada meritato.»

«Certo che va meritato. Se qualcuno si comporta bene, è rispettoso, leale, corretto e gentile allora sarebbe normale volergli bene.»

«Sì? Yuri è uno stronzo, di sicuro non è rispettoso né leale, corretto e gentile con te, però tu gli vuoi bene, come la mettiamo? In un rapporto profondo di amicizia o amore, quando una parte sbaglia, può venire meno la fiducia, ma il sentimento resta, anche quando non si vorrebbe. È lì che si parla di amore incondizionato, credo. Significa che si può sbagliare, anche tra amici, e chiedere scusa. Tu non hai sbagliato niente, non devi chiedere scusa. Ma loro dovrebbero volerti bene a prescindere, per la persona che sei. È inaccettabile che ti buttino via così! Mi fa una rabbia, cazzo!»

Il discorso di Elia non faceva una piega, ma Luca riuscì a concentrarsi su un dettaglio in particolare: «È il tuo caso? Con Mauro, dico. Hai detto che il vostro era un litigio tra innamorati, lo ami ancora?»

«No, non è il mio caso. Quella stronzata non so perché l'ho detta, ero nervoso, cercavo di sdrammatizzare e ho solo fatto peggio. È vero che stavamo ancora insieme, ma credo che nessuno dei due fosse più coinvolto come all'inizio. Se provassi ancora qualcosa di forte per lui non sarei qui con te. Lo so che è passato letteralmente niente dalla nostra rottura, ma non devi preoccuparti di questo, se ho accettato di uscire con te è perché posso darti tutta la mia attenzione.»

«Ok.»

«Comunque, credo che l'esempio perfetto sia più il caso dei genitori. Sia io che mio fratello abbiamo fatto disperare mia madre, ma non metterei mai in dubbio il suo amore per me.»

«Deve essere bello.»

«Non è così, per te?»

«No, per me è un po' diverso. L'amore incondizionato di cui parli io l'ho trovato solo nei libri. Non metto in dubbio l'amore dei miei genitori, è ovvio che mi vogliono bene. Ma non sono proprio bravi a farti sentire che, qualunque cosa tu faccia, loro te ne vorranno comunque. Sono più sullo stampo "se sarai come le mie aspettative non ti ameremo di meno" quindi è complicato, sai, cercare di essere sempre come loro si aspettano: andare bene a scuola, fare uno sport di squadra, essere educato, non rispondere a tono, non frequentare brutte compagnie, non bere, non fumare, non avere distrazioni e, ovviamente, trovare una brava ragazza con cui stare. Sono cose che più o meno tutti i genitori si augurano per i figli. Ma forse gli altri non ti fanno sentire sbagliato se ti lasci andare per viaggiare un po' al di fuori dei loro binari.»

«Sembra davvero faticoso, e anche ingiusto. In tutto questo tu dove sei?»

Luca deglutì. Avrebbe dovuto essere sincero? Dirgli come si sentiva? Elia lo avrebbe preso per un tipo triste e depresso e probabilmente quello sarebbe stato il loro primo e ultimo appuntamento. Però, era così bello essere sé stessi, togliersi la maschera del bravo ragazzo cortese e sorridente, spensierato e felice. Forse Elia lo avrebbe disprezzato o compatito, ma almeno avrebbe visto il vero Luca. «Devo essere sincero?»

«Devi.»

«In tutto questo io non esisto. A volte mi sembra di non esistere, di essere trasparente, come se le persone, guardandomi, potessero vedermi attraverso. Se togli il bravo figlio, il fratello minore inferiore in tutto, il belloccio con cui le ragazze vorrebbero uscire, l'amico che ride alle stupide battute del gruppo, il compagno gentile, il giocatore che si impegna al massimo, se togli tutto quello che gli altri vogliono che io sia, mi sembra che non resti nulla. Scusa, continuo a dare delle pessime impressioni, deve essere l'appuntamento più deprimente della tua vita.»

«No, non è il più deprimente fidati!» Elia ridacchiò, pensando probabilmente al vero peggiore appuntamento della sua vita, poi aggiunse: «Ma di certo è il più intimo. E, Luca, io ti vedo.»

«Davvero? E cosa vedi?» Si fermò per voltarsi nella sua direzione. Se fino a quel momento aveva temuto che qualcuno per strada potesse sentire i loro discorsi, adesso la cosa non aveva importanza. Il centro del suo mondo era Elia e la risposta a quella domanda. Cosa vedeva in lui? Lo guardò negli occhi, un po' a fatica, pronto a non perdersi nemmeno una parola.

«Sì, davvero. Vedo quanto sei dolce. Sei una persona attenta agli altri e premurosa, protettiva. Sei sensibile, e non lo nascondi dietro uno stupido machismo, come fanno tanti altri. Sei anche un po' timido e goffo e ti agiti in fretta, la trovo una cosa super carina. Penso che tu sia imbarcato di soldi, ma non lo fai pesare a chi non ne ha, puoi permetterti tutti i vestiti firmati che vuoi e ti emozioni per uno scaldacollo fatto a mano tutto sfilacciato, dal valore nominale di 5 euro. Sei umano, sbagli, ma ti sai scusare e quando lo fai ti dispiace davvero, sei sincero. Dai sempre agli altri il beneficio del dubbio, forse persino troppo, sei pronto a capire il prossimo, perdonare, a metterti in discussione, non dai per scontato che siano stati gli altri a sbagliare. Come avrei fatto a vedere tutte queste cose, se fossi trasparente?»

Per la prima volta in diciannove anni capì l'espressione "avere il cuore in gola", perché era lì che lo sentiva battere, da un momento all'altro avrebbe potuto schizzargli fuori dalle orecchie. «Vedi tutte queste cose?» chiese incerto.

«Sì, e le vedo tutte sulla tua schiena, visto che scappi sempre via da me, ma poi ti lasci prendere, e questa è la cosa che mi piace più di tutte.» Nessuna risposta sarebbe stata all'altezza di tutto quello che Elia gli aveva appena detto, ma la mente di Luca era comunque inceppata, al momento, per formularne una anche solo vagamente sensata. Ringraziarlo? Non sarebbe stato abbastanza. Forse non trovava le parole perché era uno di quei momenti in cui, se fossero stati in un film, si sarebbe concluso con un bacio appassionato. Ma quella era la realtà, la triste realtà di Luca, in cui lasciarsi andare a un bacio del genere in mezzo alla strada lo avrebbe gettato nel panico subito dopo. Una cosa, però, era concessa anche a lui. Pizzicò appena la manica della giacca di Elia, poi provò a tirarlo appena verso di lui. L'altro lo fissò con aria interrogativa, per poi guardarsi intorno.

«So cosa stai pensando, ma non farlo.»

«Lo so. Volevo solo abbracciarti.» La sua voce tremava, sembrava fosse sul punto di piangere e, cavolo, se ne aveva voglia! Voleva buttarsi tra le sue braccia e lasciare andare tutte le lacrime di gioia e di sollievo che poteva avere, dopo quelle di solitudine e disperazione versate fino a quel pomeriggio. «Si può fare in mezzo alla strada?»

«Si può, Luca. Come ci si può baciare. Ma se qualcuno che conosci ci vedesse penserebbe comunque male. Fai così, fai un database mentale, un po' come quello che avrei fatto io dei tuoi compagni di squadra sotto la doccia, e mettici dentro tutti i baci e gli abbracci che non puoi darmi in pubblico, poi quando siamo da soli me li prendo, ok?»

«Perché ti fai andare bene una cosa così?»

«È un piccolo prezzo da pagare.»

«Per avere in cambio cosa?»

«Lo sai cosa.» Elia riprese a camminare, interrompendo quel momento di imbarazzo. «E a proposito di quel database, cosa dicevi di quelle fantasie?»

Erano arrivati di nuovo in Piazza Vittorio. Luca guardò verso l' alto, verso la Gran Madre, e poi verso il fiume, in cerca di via di fuga da quella conversazione. «È capitato.»

«Cosa è capitato? Non capisco se non me lo spieghi.» Elia sfoggiò di nuovo quel sorrisetto che Luca adorava. Lo stava mettendo deliberatamente in difficoltà, testando la sua timidezza su certi argomenti.

«Che abbia pensato a te in certi momenti, ecco.»

«Davvero? Dimmi di più.»

«Non farmelo dire, hai capito.»

«Voglio solo sapere se si può fare qualcosa per avverare qualche specifico desiderio di questo bel ragazzo, che oggi è un po' triste.»

Lo guardò come se avesse detto che la terra era piatta. Triste lui, quella sera? Si malediceva per aver tirato fuori tutte quelle cose deprimenti. «Non sono triste!»

«Beh, dopo tutto quello che è successo questa settimana sarebbe anche normale, stai tranquillo.»

«Certo, non è stata una festa arrivare a oggi, ma stasera mi sta ripagando di tutto.»

Quello che hai detto prima mi ha ripagato di tutto. La tua presenza mi ripaga.

Gli sfiorò la mano ed Elia glielo lasciò fare. Era la sera più bella della sua vita, altro che triste! 

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