15. Perdonato?

Dalla sua espressione, Elia capì che no, Luca non si era preso una vacanza. Forse era stato in quel famoso posto in cui non voleva andare? Avrebbe voluto chiedere anche quello, ma aveva paura di vederlo di nuovo scappare via.

«Sì, ho saputo, ma io non ho nessun merito. Potrei avere qualcosa a che fare con quanto è successo, ma non nella misura in cui vorrei.»

«Luca, Sei di nuovo enigmatico. Quando fai così non ti capisco.»

«Perché ci tieni così tanto, a capire certe cose?»

Voglio solo capire te.

«Sono fatto così.»

«Senti, è colpa mia se ti hanno preso di mira ed è colpa mia se hanno continuato per mesi, perché avrei potuto parlare prima con Yuri e convincerlo a smettere ma non l'ho mai fatto.»

Colpa sua? Li aveva forse spinti lui a bullizzarlo? Davvero non capiva perché Luca si stesse prendendo le colpe per quei tre vermi striscianti, adesso.

«Non voglio smontarti, ma se dopo di te è dovuta intervenire Rebecca forse sopravvaluti la tua importanza, in questa faccenda.»

«Questo comunque non cambia i mesi passati. Che abbiano smesso perché Yuri ha litigato con me o con Rebecca non cambia il fatto che io ero lì, sempre, quando se la prendevano con te.»

«Stai cercando di scusarti?»

«Posso anche scusarmi quanto vuoi, ma è comunque una perdita di tempo, non potrai mai avere una buona opinione di me, con queste premesse.»

Gli interessava che avesse una buona opinione di lui, ma non voleva più averci a che fare.

Chissà se si rende conto delle sue contraddizioni o è talmente confuso da non accorgersene.

Anche se iniziava a odiare vederlo così giù di morale e il pensiero che fosse infelice, quella sua espressione un po' disperata lo rendeva sexy.

Ma che problemi ho?

«Luca, mi puoi rispondere? Ti vuoi scusare sì o no?»

«Certo che mi scuso.» E aveva un'aria così mortificata e contrita che era impossibile non credergli.

«Ti vorresti fare perdonare, se fosse possibile?»

«Se fosse possibile lo vorrei davvero tanto.» Luca rispose con una voce così sommessa che Elia ebbe voglia di abbracciarlo.

Tutto il contrario delle scuse fasulle e pilotate di quello stronzo del suo amico.

«Allora, posso perdonarti per aver fatto finta di nulla anche se era in tuo potere cambiare la situazione, o almeno smuoverla, a quanto pare. Però il comportamento degli altri non dipende da te, sono tutti maggiorenni, non controlli le loro azioni. Sì, tu hai fatto parte della cosa, a tuo modo, e questo non mi piace. Quello che posso fare è accettare che tu sia dispiaciuto, se mi dimostri che le cose possono essere diverse d'ora in poi.»

«Come avresti perdonato a Mauro le corna, se ti avesse dimostrato di poterti fidare ancora di lui?»

«Oh, vedo che hai ascoltato tutto per bene! Hai preso anche appunti? Sì, beh, non credo nel perdono immediato del tipo "ciao, sono pentito", "ottimo, allora ti condono tutto" di stampo cattolico, mi sembra una soluzione troppo facile e poco sentita, sono più per un vero cambiamento, in generale. Se vuoi avere a che fare con me è così.»

«Se voglio avere a che fare con te?» Ripeté Luca, come stordito. Non se l'aspettava? Cosa credeva che stessero facendo, lì su quella panchina?

«Sì. Stiamo parlando di questo. Non vuoi avere a che fare con me?» Certi giri di parole sembrano funzionare meglio, con Luca, come se si sentisse protetto dietro le frasi poco esplicite.

«Sì,» ammise Luca, con una dolcezza inaspettata, «e mi piacerebbe avere il tuo perdono, cioè, ci proverò.»

Quanto sarebbe stato felice Luca, in quel momento, se gli avesse detto che l'aveva appena perdonato? Avrebbe sorriso? Gli si sarebbero illuminati gli occhi? L'avrebbe baciato? Fu quasi tentato di confessare, ma voleva tenere il punto e mantenere un po' di controllo.

«A proposito di scuse, te ne devo anche io, per averti lasciato lì ad ascoltare, l'altro giorno. Non è stato carino, visto che volevi andare via, ma inconsciamente ho pensato che gli avrebbe dato fastidio vederti lì con me e ti ho usato per questo, pur sapendo che tra noi c'era in ballo qualcosa e che ti stavo mettendo in una posizione spiacevole.»

«Non ti devi scusare, è vero che non è stato piacevole, ma sono rimasto per mia scelta, sarei rimasto comunque, nel caso fosse diventato di nuovo violento.»

«E poi, perché non sai dirmi di no!» Scherzò, tentando di smorzare un po' di imbarazzo, ma Luca rispose seriamente: «Già».

Elia rimase senza parole. Chissà se l'altro si rendeva conto dell'importanza di ciò che diceva e dell'effetto che gli faceva. Gli veniva naturale o si sforzava per adularlo? In ogni caso a Elia iniziava a piacere la sensazione che quelle parole gli facevano provare. Poi lo vide distrarsi, guardare intensamente verso le strisce pedonali a qualche metro alla loro destra, verso un ragazzo alto e ben vestito che, senza notare la loro presenza, camminava sicuro verso il locale.

«Qualcosa di interessante all'orizzonte?» Poteva almeno restare concentrato su di lui mentre parlavano, che cavolo!

«Sì, cioè, no, scusa. È che quello è il tipo che Rebecca pensava di presentarti. Avevi detto che lo avresti aspettato con me, e ora è arrivato, ecco.»

Seguì il suo sguardo e lo vide anche lui. Pantaloni stretti, caviglia scoperta anche a febbraio, giacca che sicuramente non aveva nessun buco sulla tasca, barba praticamente disegnata con il pennarello nero e capelli neri scolpiti da un blocco di plastica. Anche a quella distanza Elia fu certo di vedergli i denti più bianchi di un foglio.

«Quello con la giacca blu?»

«Già.» Luca sembrava sconsolato.

Che carino!

«Questa cosa che hanno gli etero di volerti accoppiare con chiunque sia gay a prescindere da cosa potreste avere in comune non la capirò mai! Anche mia madre mi dice sempre che i figli di quella o quell'altra sua amica o collega sono gay e vuole farmeli conoscere. Ma magari sono degli orsi di trent'anni che non mi interessano, magari collezionano francobolli o ballano il liscio, io che ci dovrei fare? E la tua amica uguale! Dimmi cosa potrei avere in comune con uno così!»

«Perché, scusa, cos'ha che non va? Non è un bel tipo?»

«Luca, ma hai visto me, vero? Quello starebbe bene con qualcuno tipo... non so... te?»

«Me?» Luca rise, ma lui non lo trovò altrettanto divertente. Era arrivato lì preoccupandosi di Barbie e nemmeno dieci minuti dopo aver scoperto che Luca non era interessato all'articolo, tra i suoi amici sbucava fuori un Ken.

«Scusa ma stai dicendo che tu e lui non avreste nulla in comune, ma io e lui sì. Quindi nemmeno io e te non abbiamo nulla in comune.»

«Eh?» Era quello che aveva detto? A lui non sembrava. Come aveva fatto Luca a giungere a quella conclusione?

«E comunque non puoi sapere finché non ci parli. Non vuoi conoscerlo? Sei venuto apposta.»

Cavolo, ma è stupido o cosa?

«Luca, non sono venuto fin qui per lui. A proposito, tieni.» Finalmente si liberava di quell'affare. L'altro lo prese come se fosse un pacco bomba o la busta dell'umido. Va bene, forse avrebbe potuto prendere un sacchetto decente, il rivestimento colorato era tutto storto e rattoppato con il nastro adesivo nei punti in cui la carta si era accartocciata mentre impacchettava e il fiocco era tutto moscio, non aveva nemmeno uno di quei ricciolini che avevano i regali confezionati per bene (gli era venuto il dubbio che avesse fatto passare la lama delle forbici dal lato sbagliato del nastro), però era anche la prima volta che impacchettava un regalo al di fuori della sua famiglia, quello era il suo massimo.

«Per me? Che cos'è?» Luca iniziò a scartare e lui provò una strana ansia. Aveva fatto bene? aveva esagerato? Gliel'avrebbe tirata dietro?

«La tua sciarpa. Beh, non proprio la tua, quella è andata. Un'altra, nuova»

«Ah, ma non dovevi davvero.»

«Ascolta, hai rotto talmente il cazzo per quella stupida sciarpa fatta a mano e ora te la prendi, ok?»

«Sì», ripose docilmente, «ma è uno scaldacollo?»

«Sì, beh, non sono uno sferruzzatore Pro, ok?»

«Cosa vuol dire?»

«Che ho appena imparato e che per fare una sciarpa ci avrei messo un mese e tra un po' è primavera, allora ho fatto uno scaldacollo.»

«Fatto? Nel senso che l'hai fatto tu? A mano?»

«Hai detto che la tua sciarpa era fatta a mano.»

«Ah, ma non credevo l'avresti fatta tu. È... Strano.»

Adesso se la voleva riprendere. Era andato tutti i pomeriggi a casa dei nonni per imparare a fare quegli stupidi punti alti e bassi e il risultato era quello? Essere strano?

«Cosa c'è di strano? Pensi che sia roba da femminucce? Nel tuo mondo i maschi non possono lavorare all'uncinetto? Lo sai che mi ha insegnato mio nonno, cento per cento maschio e anche etero? Sono andato da lui tutti i pomeriggi a lavorare a quest'affare. Vuoi andare a dire a mio nonno che è strano anche lui?» Tese una mano verso l'oggetto per riprenderselo, ma Luca lo strinse con prontezza per impedirglielo.

«No, aspetta. Non è strano per quello. È strano che tu abbia fatto una cosa a mano, proprio per me. Ma è bello, anche questo è bello. Grazie.» guardava quello scaldacollo come prima d'ora aveva guardato lui, con occhi sognanti. Cavolo, era così facile da leggere!

«Beh, non avrei comunque potuto permettermi di comprartene una, tanto valeva...! Se guardi bene le maglie sono tutte strambe, c'è anche una specie di buco a un certo punto, quindi mettilo solo di sera quando è buio, però non volevo essere in debito con te e con questo siamo in pari.» Provò a minimizzare l'impegno che ci aveva messo, ma Luca ormai aveva un'espressione così piena di gratitudine che a Elia sarebbe un po' dispiaciuto smontarlo ancora solo per paura di ammettere di aver fatto qualcosa di carino per lui. E poi glielo doveva: Luca era stato diretto e sincero su quanto lui gli piacesse, di certo abbassare un po' le difese non lo avrebbe ferito né ucciso.

«Posso metterlo?»

«Se vuoi.»

Per indossarlo Luca si scombinò tutti i capelli, ma restò ugualmente bello. Com'era possibile che un ragazzo del genere fosse interessato a lui? Avrebbe potuto avere letteralmente chiunque, aveva mezza scuola ai suoi piedi. Forse era la metà sbagliata, ma era certo che se avesse fatto coming out, Luca avrebbe avuto tutte le possibilità del mondo con chiunque volesse. Con quel sorriso, poi, sarebbe stato in grado persino di far vacillare un etero convinto! Ora però stava guardando lui, in silenzio, alternando la sua attenzione sui suoi occhi e sulle sue labbra.

«Vorresti baciarmi di nuovo?» Era così ovvio che non sarebbe stato necessario chiederlo.

«Da morire, cazzo. Ma non posso. È uno dei motivi per cui ti avevo detto di lasciar stare, io non posso stare con te come il tuo ex, non posso uscire con te, prenderti per mano, baciarti in pubblico, anche stare qui a parlare con te mi mette in ansia perché potrebbero vederci.» E arrivederci espressione felice di Luca, bentornata faccia sconsolata e triste.

«Stiamo solo parlando.»

«Sì, ma non stiamo davvero "solo parlando".»

«Era questo che intendevi l'altro giorno quando hai detto che Mauro ha tutto e tu non hai niente, quindi. Parlavi di quel tipo di libertà?» 

«Sì, anche.»

«Hai già una storia con qualcuno?»

«Cosa? No! Non ho una storia! È che gli altri non lo sanno. Nessuno lo sa, beh, a parte te e ora Rebecca e Yuri.»

Era per quello che si erano picchiati fuori da scuola? Quella iena lo aveva scoperto e aveva iniziato a dargli fastidio? Ora iniziava ad avere un senso anche la convinzione di Luca che, da un giorno all'altro, se la sarebbero presa con qualcun altro: parlava di sé stesso. E forse era andata così.

«Luca, posso chiederti perché hai così paura di fare coming out? Pensi di non riuscire a reggere le prese in giro dei tuoi amici? Hai paura che ti volteranno le spalle?»

«Posso reggere le prese in giro e mi hanno comunque già voltato le spalle per altri motivi. È per la mia famiglia. Loro approvano certe idee e certi metodi, diciamo.»

«Metodi?»

«Sì, per guarire. Perché per loro sarei un abominio contro natura o peggio, un malato da curare con qualche gruppo di preghiera e conversione.»

Oh, cazzo.

Non era un ingenuo, sapeva che non tutte le famiglie erano supportive come la sua, ma quella merda l'aveva vista solo nei film o su qualche articolo di giornale. L'idea che Luca vivesse in un contesto familiare del genere gli strinse il cuore. Non se lo meritava. Gli prese la mano, cercando di essere discreto. Iniziava a capire tutta la sua paura, le sue fughe, il dire e non dire, fare e poi chiedere di dimenticare, di lasciare perdere, le insicurezze. Man mano che i pezzi del puzzle andavano al loro posto cresceva in lui una tenerezza tutta nuova per Luca. Ma non era compassione o pietà, era affetto, una cosa che quel ragazzo sembrava non aver ricevuto proprio a palate, nella vita.

«Mi dispiace. Deve essere dura nasconderti così dalla tua famiglia, io non ci sono davvero mai passato, quindi non posso capire, però so che dovrai farci i conti prima o poi. Magari non oggi o domani, ma non è giusto per te stesso che tu viva con vergogna quello che sei, perché non c'è niente di male in te.»

«Sì, lo so, e credimi, voglio farlo. Ma non finché vivo lì. È già un inferno così, sto cercando di arrivare intero fino al diploma e al giorno in cui me ne andrò di casa, ma a volte mi sembra di andare a pezzi, nell'attesa.»

«Mi dispiace.» Lo aveva appena detto, ma non riusciva ad aggiungere molto altro, se non ribadirlo, per essere minimamente di conforto.

«Quindi, immagino che, parlando in termini generali, tu non usciresti mai con qualcuno che si nasconde, vero?»

In termini generali? Che antisgamo, cazzo!

«Se fossimo adulti, se avessimo trenta o quaranta anni, forse non lo accetterei. Non sto dicendo che chi non è dichiarato a quell'età sia un traditore di certi principi o qualcosa del genere: Ognuno è libero di vivere la propria identità sessuale e di genere come cazzo gli pare e con il livello di privacy che preferisce, ok? Ma per come sono fatto io, vorrei una cosa senza sotterfugi, alla luce del sole. Però, Luca, noi siamo ancora giovani, ognuno arriva a quel punto, se ci vuole arrivare, con i suoi tempi. È questo che ti preoccupava? È per questo che sei scappato via?»

Luca restò in silenzio a lungo, guardando lo spazio tra di loro, dove si erano ammucchiate le cartacce del pacchetto aperto poco prima.

«Sì. Perché una parte di me vorrebbe... ma l'altra sa che non ho molto da offrire.»

A parte tutta questa dolcezza?

«Lascia che siano gli altri a deciderlo, questo.»

«Quindi, sempre in termini generali, se ti piacesse qualcuno in quella posizione, non ti aspetteresti un coming out da parte sua?»

«Ascolta, io non ho avuto questa possibilità, il mio è stato un outing da parte di altre persone, quindi alla luce del sole mi ci hanno trascinato a forza. Non solo non ero pronto, ma sono anche stato privato della possibilità di scelta e di un momento che per me sarebbe stato importante. Io non vorrei mai forzare qualcun altro a venire allo scoperto, per me è una violenza bella e buona, tanto quanto il pugno in faccia del mio ex o le stronzate dei tuoi amici, anzi peggio. Non potrei mai stare con qualcuno a queste condizioni perché sarebbe forzarlo a qualcosa per cui non è pronto. Sarebbe come se qualcuno spingesse il proprio ragazzo o la propria ragazza vergine a fare sesso solo per avere un rapporto più simile a ciò che vuole, senza preoccuparsi delle tempistiche dell'altra persona. Quindi sì, se mi piacesse davvero e se fosse sincero con sé stesso e con me, perché no, potrei accettare di stare nell'ombra.»

«E già che siamo in tema, se fosse anche vergine?»

Oh. Ok. Wow. Questo non lo avrei mai detto.

«Aspetterei. Magari non tutta la vita, ecco, sono comunque un ragazzo giovane con le sue voglie, e sarebbe dura, ma lo farei, certo.»

Dargli i suoi tempi, un'altra premura che non era stata usata nei suoi riguardi.

«Beh, nel caso fosse già pronto, ma solo inesperto, diciamo. Sarebbe un problema?»

«In quel caso ci sarebbe solo da guadagnare: un sacco di pratica da fare e tempo da recuperare, no?»

Luca non rispose, troppo impegnato a deglutire e a regolarizzare il respiro. Poteva capire da come inspirava che stava cercando di calmarsi, e per quanto cercasse di mantenere un'espressione neutrale, gli occhi gli dicevano tutto quello che c'era da sapere. La sola idea di essere il primo a mettere le mani su di lui in quel modo gli aveva acceso una possessività inedita, nel suo carattere. Si sporse un po' verso di lui e se avesse voluto, Luca avrebbe ceduto al bacio che voleva dargli senza una minima protesta, glielo leggeva in faccia. Il potere che aveva su di lui era inebriante.

«Allora, quanto in generale stiamo parlando?» sussurrò per rendere la cosa ancora più ovvia.

«Pochissimo» fu la prontissima risposta di Luca.

«Ora che abbiamo scoperto tutte le carte e appurato che "lasciare perdere tutto" era un'idea del cazzo, c'è qualcosa che vuoi chiedermi?» Oh, quanto si divertiva a metterlo in difficoltà, giocare con la sua timidezza, tirargli fuori cose che in realtà avrebbe potuto proporre lui stesso; ma non ci sarebbe stato gusto.

«Se ti piacessi un pochino, usciresti con me, pur sapendo che non posso farlo apertamente, che sono vergine, che ho amici di merda e una famiglia ancora più di merda?»

Quella era la più dolce delle domande, però lo fece un po' anche ridere: «Wow, tu sì che sai venderti bene! Sì, mi piacerebbe uscire con te, per conoscerti e fare quella famosa pratica che ti manca.»

«Io potrei comunque essere una delusione.»

«Dici a parte la bellissima presentazione che hai appena fatto di te stesso?»

«Sì, beh, tra le altre cose che non ho c'è anche la macchina. La patente, proprio.»

«Fortuna che ce l'ho io, allora!»

«E potrei non essere interessante, divertente o particolarmente brillante.»

«Allora fortuna che io sono tutte e tre queste cose!»

«Sì, tu sì.»

Quanti complimenti da parte di Luca, diretti e indiretti era in grado di sostenere Elia prima di arrossire a sua volta o gongolare?

«Luca, stai cercando di farmi già cambiare idea?»

«No! Voglio solo che tu non parta con alte aspettative per poi deluderle.»

«Ah, non devi preoccuparti per quello, le mie aspettative nei tuoi confronti sono bassissime!»

«Questo sì che è un ottimo inizio!» Finalmente anche Luca rise.

«Le tue piuttosto, rispetto all'idea che ti eri fatto di me, com'era? Un tipo fragile e delicato? Ecco, non rimpiangi quella versione di me che ti eri immaginato?»

«Elia, non credo esista una versione di te che possa piacermi più di così.»

La facilità con cui Luca ammetteva candidamente cosa pensasse di lui era spaventosa. Consegnava nelle sue mani, in modo spontaneo, tutto il potere del loro rapporto. Un altro, al suo posto, ne avrebbe approfittato senza pensarci due volte, ma Elia pensò che avrebbe preferito piuttosto proteggere quel candore e quella sincerità di Luca. Aveva avuto a che fare con persone che non nascondevano la loro sessualità in pubblico, ma nascondevano i loro sentimenti in privato. Luca era l'opposto. Poteva iniziare una frequentazione con questi presupposti? Assolutamente sì, nascondersi non sarebbe stato un problema, a parte quando l'altro se ne usciva con frasi come quelle, ecco lì la tentazione di prenderlo e baciarlo in mezzo alla strada era forte.

«Ancora non mi conosci bene, ci sono tante cose di me che non sai, che non hai visto.» Gli sembrò giusto avvisarlo, anche perché temeva che Luca lo stesse idealizzando troppo e che il riscontro con la realtà potesse, alla fine, deluderlo.

«Ma mi piace quello che ho visto finora.»

«Sei bello diretto quando ti ci metti, eh?»

«Mi hai chiesto tu di essere sincero! Ed è così liberatorio, cazzo!»

Risero, poi Elia finalmente ammise: «anche a me piace quello che ho visto finora. Forse non tutto, ma diciamo che la parte bella è superiore a quella brutta. A proposito di questo, se usciamo insieme niente più stronzate con i tuoi amici. C'è questa specie di tregua e non so quanto durerà e cosa la sta tenendo in piedi, francamente. Non sono nella posizione di farti scegliere o me o loro, e possiamo anche fingerci estranei a scuola, ma se io e te iniziamo questa cosa, non accetto che tu sia presente senza muovere un dito quando mi danno del frocio o del pigliainculo o ridono di me, ok?»

«Io penso di aver chiuso con loro, ma se dovessi risolvere la situazione, ti prometto che non lascerò succedere nulla del genere in mia presenza.»

«Non ti sto chiedendo di difendermi, so farlo da solo. Solo non voglio vederti dall'altra parte. Questo rovinerebbe le cose. Siamo d'accordo?»

Luca annuì, poco convinto, ma comunque sincero. Poteva bastare, per ora.

«Posso avere il tuo numero adesso?»

Luca tirò fuori il telefono per salvare il numero di Elia e si agitò un po': «Cavolo, mi ha chiamato Rebecca. Si sarà chiesta che fine abbiamo fatto.»

«Non so se possiamo considerarci ancora invitati alla festa di stasera, sai? Non c'è nulla di serio, ma direi che non siamo proprio single come un'ora fa.» Elia ridacchiò, alzandosi dalla panchina. Quando anche Luca fece altrettanto gli si avvicinò e lo guardò dritto negli occhi: «Che ne pensi di saltare la festa e avere il nostro primo appuntamento, piuttosto?»

«Stasera?»

«Beh, sì, già che ci siamo!»

Elia contò mentalmente i secondi che Luca impiegò a rispondere di sì e sorrise. Era proprio vero: non sapeva dirgli di no! 

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