10. Uno che scappa?
«Scusa, non avrei voluto farti assistere a un litigio tra innamorati, di nuovo.»
Luca si sfilò gli auricolari e lo guardò ovunque tranne che negli occhi. Ok, aveva appena usato la parola sbagliata, dopo aver fatto un disastro. Lasciarlo lì in attesa ad assistere a quella discussione non era stato carino. Se da un lato era vero che non gli andava di restare da solo con Mauro, sapeva anche che non sarebbero arrivati di nuovo alle mani. Sinceramente aveva chiesto a Luca di restare per infastidire Mauro, forse per farlo un po' ingelosire o fargli credere di avere già voltato pagina. Aveva usato la presenza di Luca (e il suo aspetto) a suo beneficio, senza pensare al disagio che poteva avergli procurato, e adesso si sentiva in colpa nei suoi confronti.
Nonostante fosse visibilmente teso Luca cercava, come sempre, di essere educato e gentile. Elia gli invidiava tantissimo questa sua capacità di mantenere la calma, lui che invece in momenti di tensione perdeva le staffe dimenticava persino chi avesse di fronte e intorno. «Non preoccuparti. Era per questo che volevo lasciarvi da soli per chiarire, non avevo pensato che non volessi stare solo con lui, scusami tu.» E dopo quello che aveva sentito si scusava anche, con la voce quasi rotta e lo sguardo fisso sulle sue scarpe.
Troppo, troppo, troppo carino.
Niente a che vedere con il tipo di persona che aveva sempre catturato la sua attenzione. Eppure, per la prima volta, era attratto dal lato tenero di qualcuno, subiva la sensibilità di Luca come se fosse completamente impreparato a maneggiare un cuore così tanto esposto.
E poi sarei io quello "delicato e fragile"!
«Senti, per quel passaggio...» cercò di riprendere il discorso, perché quella di Mauro era stata solo una spiacevole parentesi, le cose tra loro due erano state sospese solo momentaneamente, non c'era motivo di annullare il loro programma.
«Ah, non preoccuparti ho appena sentito una mia amica che deve ancora uscire, mi darà lei un passaggio.»
O forse no.
«Perché?»
«Come sarebbe "perché"? Non credevo fossi più dell'umore per affrontare certi discorsi, dopo una litigata simile. Possiamo parlare un'altra volta.» Un'altra volta, quando? Gli sembrava un miracolo che proprio quel giorno Yuri e gli altri due scemi non fossero presenti. Conosceva poco la situazione di Luca, però aveva capito che in loro presenza ci sarebbe stato a malapena un ciao. Non era il momento di mollare la presa.
«Posso aspettarla qui con te?» La faccia di Luca diceva che avrebbe preferito restare solo, ma alla fine rispose: «Se vuoi». Era fin troppo facile, con un tipo così accondiscendente. Si appoggiò al muretto accanto a lui e lo imitò nel fissare la siepe dall'altra parte della via.
«Vuoi chiedermi qualcosa, intanto?»
Luca ci rimuginò un po' su, poi rispose con qualcosa che, si capiva dalla sua espressione, non era ciò a cui aveva pensato davvero: «Quand'è il tuo compleanno?»
«L'undici marzo. Ora vuoi chiedermi quello che ti interessa davvero?»
Luca sospirò, forse perché era stato beccato o come incoraggiamento per chiedere ciò che gli interessava sul serio: «Pensi di perdonarlo, per il tradimento e il pugno?»
«Credo di no.»
«Capisco.»
«Capisci? Sei stato tradito o hai tradito?»
«No, era per dire. Non sono mai stato tradito e non ho mai tradito.»
«Guardandoti non fatico a credere che non ti abbiano mai tradito!» In effetti, a quella distanza, era in grado di constatare quanto il suo viso fosse perfetto, con i tratti regolari, nordici, gli zigomi un po' alti, il naso dritto, deciso ma armonioso. Era vero, l'aspetto di Luca, a una prima occhiata, poteva dare di lui l'impressione che fosse un tipo freddo, capiva perché tutte le sue compagne che avevano una cotta per lui lo ritenessero inaccessibile, distaccato. Si vociferava anche che il suo disinteresse per le coetanee dipendesse da una fantomatica fidanzata molto più grande, forse addirittura sposata e con figli. L'idea che si era fatto Elia, conoscendolo appena, era del tutto diversa: iniziava a capire che dietro la figura quasi mitologica di Luca, si nascondeva in realtà un ragazzo timido e impacciato, bastava guardarlo con un briciolo in più di attenzione per scorgere nei suoi lineamenti una certa dolcezza. A tradirlo era anche la voce, ogni tanto tremava, altre volte il tono si abbassava così tanto che lo si sentiva appena. E poi gli occhi, di ghiaccio per quanto erano chiari, non erano affatto freddi, anzi, erano solo un po' sfuggenti. Elia aveva notato quanto Luca faticasse a sostenere il suo sguardo e quanto facilmente diventasse rosso in viso, sulle orecchie e persino sul collo. In che universo una persona così poteva essere considerata distaccata?
«Allora quanto a te,» aggiunse ridacchiando, «sei proprio un bravo ragazzo, eh? Non lo avrei mai detto, considerate le tue amicizie. "Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei", dice sempre mia nonna. Le dovrò dire che si sbaglia.»
Il tono di Elia era leggero, tuttavia i muscoli del viso di Luca non ne volevano sapere di collaborare e di sorridere. E anche se aveva colto il complimento di poco prima, non sembrava in vena di accettarlo. Continuava a guardare il cancello nell'attesa che arrivasse qualcuno, probabilmente la sua amica. La cosa iniziava a dargli fastidio: insomma, poco prima era successo qualcosa di sgradevole e i loro piani erano improvvisamente stati rimandati di un pochino, ma non era stata colpa sua, Mauro si era presentato lì senza invito perché lui lo aveva bloccato ovunque. Adesso però si stava sforzando di portare avanti una conversazione praticamente da solo e Luca non collaborava affatto, iniziava ad essere snervante.
«Allora lo sei, un bravo ragazzo?» incalzò per obbligarlo a rispondere e a partecipare.
«No, è che non ho mai avuto una storia che si possa definire tale, nessuno da tradire.»
«Ah, sei più tipo da una botta e via? Alla faccia del bravo ragazzo, allora!»
Il sorriso di Luca che aveva faticato a emergere alla fine gli uscì, ma era tirato, amaro. Elia lo guardò senza capire cosa gli stesse passando per la testa. Aveva già notato questa cosa di lui: ogni tanto sembrava pensare a qualcosa di molto triste, ma poi se ne usciva con una frase comunque gentile che camuffava i suoi pensieri. «Sono tipo da niente. E comunque ti ringrazio, ma non serve che stai qui a farmi compagnia, davvero. Non mi metterò di nuovo a piangere o qualcosa del genere.»
Solo ogni tanto, non sempre. Però Elia sembrò capire qualcosa, stavolta: «Allora, quanto hai sentito?»
«Tutto. Non è che volessi origliare o altro, vi hanno sentito fino alla strada principale. Non siete stati proprio un esempio di discrezione.»
«Senti, quella cosa di essere patetici se si piange, non lo credo davvero. L'ho detto una volta, così, per scherzo, per commentare un nostro amico che aveva...», ma l'altro non lo fece finire e lo interruppe prima che potesse davvero giustificarsi.
«Ascolta, non mi devi spiegare nulla. Possiamo passare oltre e basta per favore? Ho già tanti casini così, quello di ieri è stato un errore, non doveva succedere. Possiamo tornare a prima di parlarci?»
«Addirittura? Quello che hai sentito ti ha fatto così schifo da rimangiarti quel bacio e togliermi persino il saluto?» Si staccò dal muretto e gli si mise davanti, guardandolo dritto in faccia, senza ovviamente essere ricambiato.
«Non è per quello! Ma sì, preferisco tornare a prima.»
E allora per cos'era? Era per aver detto che ne avrebbe trovato uno diverso a sera? Si era sentito sminuito da quel commento perché aveva creduto di valere tanto quanto un altro rimorchiato una sera in un locale? Si conoscevano talmente poco che in effetti le cose stavano proprio così, non c'era da offendersi! Oppure era «per quella cosa delle malattie veneree? Guarda che mi controllo regolarmente, eh! Sono giovane, ma non sono scemo. E sono pulito.»
«Non è per...» Luca iniziava a perdere la calma, e con lei le parole. «Non è nemmeno per quello, va bene? Penso di avere frainteso un po' di cose, ma non ce l'ho con te, non è colpa tua.»
«E cosa avresti frainteso?»
Di nuovo quella faccia, la stessa che aveva fatto prima di baciarlo. Combattuta tra dire o no quello che aveva in mente.
Eddai, dillo e basta. Dimmi cosa hai pensato che stessimo facendo ieri in macchina e che oggi saresti venuto a casa sperando di riprendere quel discorso, altro che parlare!
«Ho frainteso i tuoi standard, va bene?»
Ah, questa era bella! Quindi credeva di essere superiore, che non valesse la pena perdere tempo con uno come lui! Solo perché Mauro non era una personcina educata e benvestita come lui e il suo stupido amico allora si permetteva di guardarlo dall'alto in basso? Gli sembrava di non vivere altro che litigate da giorni, sabato, il giorno precedente, poco prima con Mauro e adesso questo fighettino che lo giudicava! «E questo vorrebbe dire, scusa? Che sei troppo per me? Perché sono abituato a stronzi che mi mettono le corna e le mani addosso? Pensi di essere migliore di lui, migliore di me? Sono solo una checca rumorosa che fa scenate fuori dai locali e per strada, è così?»
«No.»
«E allora? Cosa è cambiato in questo quarto d'ora? Avevo intuito che fossi un po' lunatico, ma così è troppo! Mi vuoi spiegare per favore? Non riesco a capire!»
«Mi stai davvero torturando! Cosa c'è di difficile da capire? È cambiato che io non ho niente, mentre un tipo così invece ha tutto! Che possibilità ho?» quasi gli sfuggì per frustrazione e infatti sembrò sorpreso e spaventato dalle sue stesse parole. Era evidente che non fosse abituato a dire certe cose ad alta voce.
«Mi stai dicendo che pensi di avere meno possibilità di Mauro? Di fare cosa, di avere me?»
Elia scoppiò a ridere, rendendosi conto solo un secondo dopo che era davvero indelicato. Non stava certo ridendo di lui, era la situazione ad essere paradossale. Luca aveva davvero preso un abbaglio nei confronti di Mauro e il suo discorso non aveva alcun senso. A Luca però dovette sembrare uno scherno nei suoi confronti, perché raccolse il suo zaino da terra e, come suo solito, si preparò alla fuga. Si stava già allontanando da lui verso il cancello quando Elia lo sentì borbottare: «Fantastico, prima mi fai stare qui ad assistere al vostro "litigio tra innamorati", poi mi prendi anche in giro!»
«Ma dai, non ti stavo prendendo in giro! Aspetta, dove vai? Non devi beccarti con la tua amica?»
«Le vado incontro» rispose continuando a camminare verso il cortile della scuola.
«Ma perché ti sei incazzato adesso?»
«Lascia perdere, ok?»
Non lascio perdere manco per il cazzo!
«Luca, aspetta! Mi ascolti?» Lo superò e gli si parò davanti, parlandogli piano, in modo che se ci fossero state persone indiscrete nelle vicinanze non avrebbero potuto sentire, ma con chiarezza: «Mauro è uno stronzo e a parte probabilmente la gonorrea o la congiuntivite, non ha niente in più di te. Mi spieghi il perché di questa scenata?»
Luca guardava oltre la sua testa, lontano. Prese un profondo respiro prima di spostare lo sguardo su di lui. Aveva gli occhi arrossati, pieni di una serie di emozioni che Elia non riusciva a mettere a fuoco. Disse altrettanto piano, adattando il suo tono a quello appena usato da lui: «Non voglio fare una scenata, voglio solo andare via e tu me lo impedisci.» Sembrava una supplica, e lui considerò di lasciarlo andare. C'era qualcosa, però, nei cambi d'umore e nella complessità di quel ragazzo, che lo attirava. Di solito si teneva ben lontano dai tipi complicati e problematici, e uno come Mauro, tradimento (e pugno) a parte, ne era un esempio lampante; ma ogni volta che Luca cercava di fuggire a lui veniva voglia di inseguirlo e metterlo all'angolo, come se lui fosse una sadica faina e Luca una preda. A differenza di una faina, però, non voleva fargli del male, solo capirlo un po', entrare nel suo mondo.
«Luca, dovevamo andare da me, non capisco cosa possa essere cambiato. E non riesco a capire nemmeno cosa ti passi per la testa, se non me ne parli.» Usò un tono più dolce e calmo possibile.
«Perché insisti tanto, adesso? È stato solo un bacio ed è stato un errore. Ti avevo anche chiesto di dimenticartene. Se è quello che vuoi ti chiedo scusa per ieri, era una giornata difficile, mi sono lasciato prendere.» Quello che stava dicendo con la bocca e quello che diceva con gli occhi, anche se guardavano lontano, erano due cose completamente diverse, non serviva conoscerlo a fondo o capire cosa stesse provando per accorgersene, era più che chiaro. Avrebbe tanto voluto sapere cosa stesse pensando davvero, levargli quell'aura di tristezza che gli vedeva spesso addosso e che quella mattina per un po' era sparita, per poi tornare dopo che Mauro era andato via.
«Luca, non voglio le tue scuse per quel bacio, e non voglio scusarmi a mia volta per quello che ti ho dato io. Volevo solo parlare un po', ma hai un tale caratteraccio!»
«Motivo in più per lasciarmi perdere. Ascolta, non serve che tu sia mio amico, Yuri e gli altri ti lasceranno comunque in pace.» Questa era un'offesa bella e buona, un'insinuazione che normalmente avrebbe contestato con forza. Ma di forza per ribattere, dopo tutti quei litigi, gliene restava ancora poca e come se non bastasse, ad accompagnare quelle parole, c'era sempre lui, quello sguardo triste che lo rendeva debole nei suoi confronti.
«Non è per quello che sono qui con te, non ci stavo nemmeno pensando.»
Dubitava che gli avrebbe creduto e avrebbe voluto avere più tempo per spiegarglielo, ma Luca lo interruppe nuovamente: «Scusami, devo andare, la mia amica è arrivata.»
Rebecca. Chi altro poteva essere la sua amica? Miss liceo e Miss perfezione. Ovviamente il ragazzo più bello della scuola doveva essere amico della ragazza più bella, altrimenti come avrebbero fatto i comuni mortali come lui a sentirsi delle merdine al loro cospetto, come in quel momento? Alta, fisico da modella, capelli ricci da bambola, grandi occhi castani da cerbiatta e un'espressione che Elia avrebbe voluto definire vuota e da stupida, ma che invece era sveglia, degna dell'intelligenza e dei voti della ragazza.
«Ciao Luca, che succede?» Anche la sua voce era perfetta, senza alcun difetto di pronuncia o un tono troppo alto.
«Niente.» Quella di Luca invece adesso era bassissima.
«Dalla finestra della biblioteca ho visto che c'era qui un tipo losco, tutto ok?»
«Ah sì, era qui per me» spiegò Elia.
«Ah, ciao Elia.» Ma come, lo notava solo adesso che parlava, come se fosse un cartonato di riempimento di scenografia? Sembrava volergli dire: ah, ciao brutto moscerino che stai ronzando intorno al mio amico, te ne vai adesso?
Rebecca era stata una specie di tutor assegnatagli all'inizio dell'anno per integrarsi meglio nel nuovo istituto. Lei ce l'aveva messa tutta, era sempre stata gentile e disponibile, gli aveva anche regalato dei libri di testo di quarta che non le servivano più e l'aveva persino invitato a unirsi a lei per qualche uscita di gruppo per aiutarlo a integrarsi, cosa che andava ben oltre i crediti che probabilmente le avevano promesso in cambio di quel servizio di orientamento. Ma anche lei faceva parte dello stesso giro di Luca, Yuri e le altre scimmie lanciatrici di feci verbali; a scuola non avevano gli stessi gruppi, ma era capitato di vederli andare via insieme. Elia sospettava anche che avesse una storia proprio con Yuri, quindi "grazie ma no grazie" a un'uscita con il loro branco di piccole iene.
«Ah, ho capito chi è allora, da lontano non l'avevo riconosciuto, scusa se ho definito il tuo ragazzo "tipo losco", scusa davvero!»
Fantastico, sapeva di lui più di quanto lui sapesse di tutti loro messi insieme. Ma che problemi avevano? Stava iniziando a stancarsi. «Cavolo, da queste parti avete dei seri problemi nel farvi gli affari vostri su chi scopa con chi. È solo gossip o c'è dell'altro? Anche a te da fastidio che siamo due maschi?»
Se devo litigare anche con te dillo subito.
Luca stava sorridendo alla sua amica, certo era ancora un po' teso, ma in qualche modo aveva riacquistato sicurezza. Dopo quella sua frase però Elia poté vedere su di sé lo sguardo gelido di cui aveva sentito parlare. Allora la sua freddezza non era un mito, era solo la prima volta che la direzionava verso di lui. A pensarci bene negli occhi di Luca non c'era mai stata malevolenza, nemmeno quando era in compagnia con quei caproni dei suoi amici. Solo ora, per prendere le difese di Rebecca, lo aveva squadrato come se fosse un nemico. L'aveva considerato un po' uno smidollato, doveva ammetterlo. La sua storia pregressa nei mesi precedenti e i suoi comportamenti contraddittori non giocavano a suo favore; ma il giorno prima, contro Yuri, e adesso, nell'atteggiamento protettivo verso la sua amica, emergeva anche la sua parte più virile, e la cosa un po' lo intrigava. Anche la faccia della ragazza si fece subito seria e dispiaciuta.
«Oh no, non era per fare gossip, è che... beh, è un po' imbarazzante, ma io e le mie amiche lo avevamo... beh, ecco, notato.» Era davvero in imbarazzo, si toccava i capelli, si lisciava il cappotto ed Elia già si sentiva in colpa per averle dato quella risposta infelice, prima che lei potesse continuare la sua spiegazione: «Ci siamo chieste chi fosse la fortunata che veniva a prendere e poi abbiamo visto che il fortunato eri tu. Ma è solo per quello, davvero. Adesso mi vergogno un po', ma giuro che abbiamo solo sbirciato.»
Per quello che gli importava, Rebecca e le amiche potevano pure prenderselo! «Grazie, ma non è più il mio ragazzo.»
Luca continuava a guardarlo, come se si aspettasse altro da lui, di meglio, così disse tra i denti: «E scusa per quella cosa che ho detto, sono solo un po' nervoso perché abbiamo appena rotto del tutto.»
«Non ti preoccupare! Mi dispiace, ma immagino sia il prezzo da pagare quando ci si innamora dei tipi belli e tenebrosi!»
Era davvero carina, cercava di alleggerire la conversazione e tirare fuori tutti e tre da quella situazione imbarazzante. Iniziava a pensare di averla giudicata troppo in fretta. A quel punto pensò che fosse di nuovo il suo turno di parlare, stava già per inventare un impegno urgente per andarsene, ma Luca lo sorprese con una domanda rivolta alla sua amica, o forse a lui: «È davvero così bello?»
«Scusa Luca, ma mi sembra una domanda un po' indelicata, non trovi?» mormorò quasi lei.
«Ah, se è per me non preoccuparti, rispondi pure.» Il suo imbarazzo ora era alle stelle, ma non toccava a Elia tirarla fuori da quel discorso, lei l'aveva iniziato e Luca l'aveva continuato, lui era solo uno spettatore un po' curioso di come sarebbe finita la conversazione.
«Beh, allora, se vuoi sapere il parere di una ragazza ti posso dire che ha il suo fascino, credo, soprattutto se ti piace il tipo un po' bad boy.» Poi si voltò verso Luca, e dovette trovarci anche lei quello che vedeva Elia sul suo viso. Delusione, sconforto.
Ma perché fai quella faccia, adesso? Davvero non sai che sei cento volte più bello? O vuoi solo sentirtelo dire da lei per gonfiare il tuo ego?
Rebecca però sembrò capire l'amico a un livello più profondo: «Ma non preoccuparti, anche i bravi ragazzi come te hanno sempre il loro fascino.» Lo rassicurò con un bacio sulla guancia. Anche se era alta si era messa in punta dei piedi per farlo e per un attimo sembrarono il soggetto di uno stupido biglietto d'auguri di San Valentino. Elia si pentì, di nuovo, per cosa aveva appena pensato poco prima di entrambi. Quei due sembravano il ritratto della dolcezza fatto a coppia. In effetti sarebbero stati bene insieme. Troppo, per i suoi gusti.
«Sono d'accordo. Anche i bravi ragazzi hanno il loro perché. Magari il prossimo me lo trovo così.» Gli uscì di getto, quasi inconsapevole di cosa stesse cercando di comunicare con quel tono di stizza.
«Ben detto! Allora se sei già sulla piazza perché non vieni sabato alla mia festa? Potrei anche avere in mente qualcuno da presentarti.» Luca la guardò con una faccia strana e si grattò una guancia, senza dire nulla. A quella festa non ce lo voleva, era ovvio.
«Ti ringrazio, ma non penso di essere il benvenuto.»
«Di solito quando si va a una festa di qualcuno ci si deve preoccupare di essere benvenuti dalla persona che la organizza. E visto che ce l'hai qui davanti e ti sta invitando puoi stare tranquillo. Hai ancora il mio numero, vero?»
«Sì, credo di sì.»
Col cazzo che ci vengo alla tua festa, come minimo è una trappola organizzata dal tuo ragazzo! Non mi freghi mica con quel faccino e i modi da brava ragazza!
«Ma forse non piaccio abbastanza ai tuoi amici, sai di chi parlo.»
«Intendi Yuri?» Si strofinò il naso con un dito in un gesto che Elia trovò super carino, da cartone animato. Maledizione, era davvero difficile odiarla. «Se è a lui che ti riferisci puoi stare tranquillo, non ci parliamo da Natale. Tu pensaci e fammi sapere, ok?» Non si parlavano? Gli erano sembrati davvero intimi ogni volta che li aveva visti insieme. A pensarci bene, non capitava da un po'. Ora era lui quello curioso interessato ai pettegolezzi.
«Certo. E grazie per l'invito.»
«Figurati! Gli amici degli amici sono miei amici, giusto Luca?»
«Lui non è mio amico.» Ok, se lo meritava. E in fondo era vero, lui stesso l'aveva pensato e detto più volte. Però sentirselo dire così gli diede comunque un po' di fastidio. Capì come doveva essersi sentito Luca, poco prima, davanti a Mauro.
Lei lo guardò qualche istante con aria interrogativa, poi sembrò catalogare l'informazione appena ricevuta e tutto il discorso appena fatto, in una cartella "non interessante" del suo cervello, e passò oltre: «Luca, noi vogliamo andare?» Di nuovo Luca era distante, assente. A cosa stava pensando? Perché non lo guardava più? Si riscosse alle parole dell'amica e si voltò verso di lei per guardarla con una dolcezza che Elia pensò spettasse a lui, piuttosto, per tutto ciò che gli aveva confessato poco prima, nel suo modo confuso e contraddittorio che aveva di dire-e-non-dire.
«Sì, certo, Rebe. Andiamo.»
«Allora ciao Elia, ci sentiamo, ok?»
Elia annuì, poi Luca lo salutò con un freddo «ciao» impersonale e si incamminò con Rebecca di nuovo verso il cancello. Non era sua intenzione seguirli, ma la strada per l'uscita era la stessa: si incamminò a sua volta, a pochi passi da loro. Luca prese lo zaino della ragazza come se non pesasse nulla, anche se lei aveva faticato a sfilarselo e usato entrambe le mani per consegnarglielo.
«Senti, ma invece di portarti a casa, ti va di venire da me? Stare da soli a San Valentino è uno schifo, ci facciamo compagnia, possiamo fare una maratona di qualche serie tv.»
«I tuoi sono già partiti?»
«Sì, ma tranquillo, non cucino io, stasera pizza!»
Risero, poi Luca disse: «Ok allora chiamo casa».
«Ma no, passiamo un attimo, così saluto tua madre e gioco un po' con Martin Eden mentre prendi un cambio e i libri per domani. Dormi da me, vero?»
«Mi hai attirato con l'inganno promettendo pizza e serie tv solo perché hai paura di dormire da sola, dì la verità.»
Al cancello presero la direzione opposta a Elia, che aveva la macchina dall'altro lato della via. Si voltò verso di loro prima di cercare le chiavi nello zaino e guardandoli un'ultima volta ridere insieme, chiacchierare amabilmente e programmare il pomeriggio che Luca avrebbe dovuto passare con lui, scoprì l'esistenza di un sentimento, dentro di lui, che non avrebbe dovuto essere lì, non per uno come Luca. Poi gli diede anche un nome: gelosia.
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