Prologo


Prologo

10 maggio 2013 New York

Non era la prima sera che le chiedevo di raggiungermi nel mio appartamento, ma quella sarebbe stata sicuramente l'ultima.

Ho aspettato per quello che sembravano ore. In realtà neanche un'ora intera era passata. Non fare nulla quando si è in attesa, sembra proprio di trascinare fuori il tempo. Sto sorseggiando una birra nell'attesa, seduto sul comodo sofà di quest'anonimo appartamento che non rispecchia per nulla la mia personalità. Avevo iniziato a pensare che forse non si sarebbe presentata.

Ero un uomo complicato e ne ero cosciente. Avevo iniziato a lavorare nell'azienda di mio padre, da circa un anno. Sapevo cosa volevo dalla vita e come ottenerlo. Avevo avuto due ottimi maestri di vita: mio padre e mia madre. Entrambi al comando di due grandi compagnie. Due persone di successo. Fin da bambino avevo saputo esattamente cosa sarebbe successo nella mia vita. Il ruolo che avrei ricoperto e i traguardi che avrei raggiunto. Avevo lavorato sodo per questo. Ogni risultato raggiunto aveva richiesto il mio massimo impegno, sempre. Dopo la laurea, raggiunta con il massimo dei voti e un MBA, ero pronto per entrare nel mondo del lavoro. Non ero entrato dalla porta principale come mi aspettavo che fosse. No, mio padre aveva preteso che iniziassi dal basso. Dovevo guadagnarmi la poltrona, mi disse. Per un anno, avevo fatto la gavetta all'interno della società, come uno qualunque. Nessuno sconto. Al contrario. Sempre sotto esame. Sempre sotto una lente d'ingrandimento. Da me, si pretendeva solo il massimo. Non erano ammessi errori. Quel giorno tra l'altro era stata una giornata dura, una di quelle in cui avevo dovuto dimostrare, prima di tutto a me stesso, che ero in grado di stracciare qualsiasi avversario, e l'avevo spuntata. Ci era riuscito. Ero pronto a fare il grande salto, ma come il solito, mio padre non mi rese le cose facili. Seattle, e lì che mi voleva. A dirigere una delle succursali. Non sarebbe stato facile, ma io non aspettavo altro. Dimostrare a lui e a me stesso che ero in grado di farcela.

Sentii la porta aperta e la luce del corridoio che si accese.

Udii il ticchettio dei suoi tacchi nel silenzio dell'appartamento.

«Sei in ritardo» dissi ad alta voce, prima ancora che lei mi raggiunse nel salone.

Era una ragazza dalla bellezza straordinaria. Non del tipo procace. Le sue forme non erano prosperose. Il suo fisico era minuto, il seno sodo e non troppo generoso. I suoi lunghi capelli neri erano morbidi e setosi; le accarezzavano la schiena ad ogni passo, adagiandosi su un perfetto sederino, su cui molte volte avevo rivolto le mie più perverse fantasie. Le sue lunghe gambe erano un dolce richiamo. Mi bastava solo quel pensiero a farmi eccitare.

«Scusa» mi disse appena mi scorse, fermandosi al centro della stanza.

Era bellissima. Perfetta come il solito. Indossava un vestito nero che la fasciava come un guanto, mettendo in risalto le sue perfette forme.

Un sorso di birra, per tenere a freno i miei bollori. La sola vista faceva emergere in me i più bassi istinti. Le sarei saltato addosso in un nanosecondo. Ma quella sera non potevo.

Presi un profondo respiro prima ancora di aprir bocca.

«Sto partendo per Seattle.» dissi cercando di mantenere un tono freddo e distaccato. Ero sempre stato bravo a schermare le mie emozioni dietro il mio sguardo.

Non sembrò sorpresa.

«Ok.» mi disse «e quando torni?»

La risposta non le sarebbe piaciuta.

«Forse un anno, forse due. Chi può dirlo?» risposi con tranquillità. «Potrei anche restare lì e dirigere la nostra succursale. O forse no. Non lo so.»

Un giorno forse sarei tornato, forse avrei diretto la compagnia di famiglia. Un giorno molto lontano, al momento. Mio padre era ancora un uomo in gamba. Non finché lui non avrebbe deciso di ritirarsi.

Era sconvolta. Forse questo non se lo aspettava.

«Cosa mi stai dicendo veramente Daniel? Parla chiaramente! Mi stai forse dicendo che fra noi finisce qui.» disse guardandomi con angoscia.

«Sì, esattamente questo.» risposi.

Non volevo illuderla. Il mio lavoro veniva al primo posto. Inutile darle false speranze.

«Come fai a dirmi tutto questo, senza battere ciglio? Credevo di essere qualcosa di più che una semplice amica di letto!» mi chiese con voce rotta.

«Ascolta so che quello che ti sto dicendo ti abbia sorpreso, ma sapevi fin dall'inizio che sarebbe successo. Non ti ho mai promesso niente. Non ti ho mai infarcito di belle parole! Siamo stati bene. Era quello che volevamo entrambi. Tu sapevi quali erano le mie condizioni. Niente legami. Il mio lavoro prima di tutto. In questo, sono stato sempre chiaro. Ho faticato troppo per arrivare dove sono e non intendo rinunciarci! Tu hai la tua vita ed io ho il mio futuro da costruire. Per ora non c'è posto ai sentimenti.» dissi guardandola.

«Non ti sto chiedendo di rinunciare al tuo lavoro o al tuo futuro, ti sto chiedendo solo di farne parte» disse speranzosa. La sua voce fievole come quella di una bambina. Sembrava così fragile e indifesa. Per un attimo mi passò per la mente che avrei dovuto confortarla. Ma poi, non potevo.

«Non puoi» dissi sconfitto. «Non voglio distrazioni. Una relazione a lunga distanza non funzionerebbe. Cristo, non sono bravo neanche nelle relazioni a breve distanza! D'altronde non ho mai detto che ho dei sentimenti per te. Non ti ho mai illuso.»

Lei era furiosa. Da un momento all'altro vidi comparire lampi di fuoco dai suoi occhi e che mi avrebbero potuto ridurre in cenere se solo lo avesse voluto e potuto . Avevo davvero esagerato questa volta. Era difficile indovinare come sarebbe finita .

Per me era davvero così semplice. No, io non volevo fare l'amore. No, non aveva voglia di fare sesso. Volevo scopare. Niente di più. Volevo sudore che scorreva per il mio dannato viso, lungo la schiena.

Volevo scopare senza alcuna motivazione profonda o indicativa o a causa di una sensazione. Volevo soddisfazione. Pura e semplice.

«Ma che cazzo stavo pensando? Non posso credere che sarebbe successo.» disse più a se stessa che a me.

"Oh, cazzo. Non l'avevo mai vista così incazzata."

«Sapevo che eri uno stronzo in tutti i modi, ma questo è troppo, anche per te.» mi urlò contro.

"Dannazione! Lei era calda come l'inferno quando era arrabbiata."

Mi continuò a guardare con quei occhioni azzurri spalancati. Facevo fatica a mantenere quello sguardo . Mi alzai di scatto per sottrarmici, non sarei riuscito altrimenti a mantenere i miei propositi. Un taglio netto ci voleva. Indolore.

Mi diressi verso la grande vetrata che si affacciava maestosa sulla strada affollata della 5th avenue.

Le voltai le spalle.

«Sei uno stronzo! Come fai a dirmi tutto questo, senza battere ciglio?» mi urlò addosso.

Sì, ero uno stronzo. Me lo meritavo.

Mi voltai di scatto.

Era rossa dalla rabbia. Quasi mi dispiacque per lei. Ma ancora, a chi stava prendendo in giro? Avevo bisogno di mettere fine a questa cosa fra noi.

Niente sentimentalismi.

«Forse, perché in fondo non ho nulla da rimproverarmi. Siamo stati bene insieme, non guastiamo con le parole, quanto di bello c'è stato. Ci siamo divertiti entrambi. Le cose cambiano. Siamo troppo giovani per impegnarci in qualcosa di serio. Io sto costruendo la mia carriera e tu stai finendo il tuo master. Un giorno chissà, mi ringrazierai per questo.» Cercai di minimizzare.

«Ringraziarti?» disse scoppiando in una risata sardonica. «Per avermi spezzato il cuore?»

«Non dirmi che ti sei innamorata di me?» Lo sapevo, ne avevo avuto sentore. «Ti avevo avvisato. Niente sentimenti. Ricordi?» continuai non dandole neanche il tempo di rispondere.

Smise di ridere.

Era ferita. Per un attimo credetti che sarebbe scoppiata in lacrime, ma non successe. Questa donna era forte e tenera nello stesso tempo, sexy e disarmante.

Dovevo aver proprio infranto il suo sogno. Il labbro inferiore le tremava.

«A volte non siamo noi a decidere dove ci porta il cuore. Di certo lo avrei evitato se avessi potuto. Credevo che anche tu provassi qualcosa per me. Sono una povera illusa! Vero?» mi disse tra le lacrime silenziose e la rabbia.

Stavo diventando difficile. La sua rabbia mi si accendeva come un matto.

«Avrei dovuto sapere che questo sarebbe accaduto. Sono l'idiota cazzo, per aver creduto in te.» continuò «Perché sto ancora parlando con te? Non mi stai neanche ascoltando cazzo! E' come parlare a un muro di mattoni.»

Cazzo Santo! Volevo quella donna come non ho mai voluto nessuno in vita mia.

«Non hai niente da aggiungere, stronzo?» mi urlò, scuotendo la mia mente e interrompendo le mie perverse fantasie.

«Vuoi scopare?» le chiesi.

"Cazzo lo avevo detto davvero?"

Scoppiò in una risata.

«Fottiti! È quello che ho voluto una volta. Ora, non più! Ho bisogno di odiarti perché essere innamorata di te, mi fa odiare me stessa.» mi disse.

Era stato un giorno come un altro, il giorno in cui si eravamo incontrati. Solo due stranieri che viaggiavano lungo il cammino della vita. Improvvisamente e inaspettatamente c'eravamo incrociati. Non pensavo molto circa l'importanza del nostro incontro, all'inizio, e lei non aveva ritenuto di essere molto più di un incontro casuale. Noi non c'eravamo curati se e quanto sarebbe durato. Avevamo goduto della compagnia l' uno dell'altro Se eravamo stati degli sconosciuti quando c'eravamo incontrati, mentre ci stavamo dicendo addio, lo stavamo facendo come due perfetti estranei, ancora una volta, in un giorno fra tanti come tutti gli altri.

«Ti auguro buona fortuna, Daniel» mi disse prima di sparire nel corridoio.

«Buona fortuna anche a te.» risposi mentre la vedi uscire per l'ultima volta da quella porta, di quell'anonimo appartamento in un giorno qualsiasi della mia vita.

Nd A

Ciaooooooo ! Allora l'attesissimo sequel della serie " E se..." è qui! Ditemi cosa ne pensate! Aspetto i vostri commenti e suggerimenti !


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