Prologo


CALEB

So che mi sto svegliando, che sono ancora in quella fase di dormiveglia in cui il cervello funziona e fa i suoi viaggi, ma gli occhi non hanno voglia di aprirsi e il corpo di alzarsi. So che mi sto svegliando perché circa un secondo fa mi è tornato quel peso al petto che, dopo ieri sera, penso premerà sul mio torace per un bel po' di tempo. So che mi sto svegliando perché ora che ho realizzato quello che è successo vorrei solo poter restare a letto per i prossimi trent'anni, a mangiare pizza e giocare ai videogiochi, mentre lentamente mi deterioro. So che mi sto svegliando perché il mio cervello sta scoppiando da dolore intenso che lo pervade. Più penso più mi sveglio, più le immagini di ieri si fanno nitide e fosche allo stesso tempo: Isabelle e Derek innamorati come se la vita di uno dipendesse da quella dell'altro, io che me ne vado, io che torno alla festa e inizio a bere, io che mi allontano con una bionda sotto braccio. Devo aver bevuto troppo.

Non voglio immaginare cosa sia successo stanotte dopo che me ne sono andato da quella scena pietosa in cui io ero l'amico sfigato che è stato friendzonato. Non voglio immaginare, eppure lo immagino e mi viene il voltastomaco. Dovrei esserci io con lei, penso per l'ennesima volta negli ultimi due anni. Dovrei esserci io e nessun altro, nessuno la merita, neanche io, ma almeno la amo davvero. Lei non lo ha mai capito.

Che merda.

Oltre alla testa anche il mio stomaco si lamenta, come se volesse rimettere tutto quello che ho ingerito qualche ora fa. Non lo biasimo.

Mi muovo sul letto morbido, arrotolandomi maggiormente nelle coperte, che stringo a me con una mano, mentre l'altra cerca il corpo caldo vicino al mio. Non mi ricordo nulla di stanotte, se non che ho fatto del gran sesso, probabilmente il più intenso della mia vita, e, ora come ora, nonostante la nausea e il mal di testa e lo stordimento, sarei pronto per un altro round: farei di tutto per non pensare a quei due, devo scacciare le immagini dalla mia mente e la bionda vicino a me è di certo il modo migliore. Entrambi sapevamo, questa notte, che nessuno dei due vuole una relazione, che è e rimarrà un'avventura. O almeno mi pare di ricordare così. Le immagini si confondono nella mia mente.

La mano sfiora qualcosa, qualcosa di rigido e stranamente duro, duro in modo non umano... non capisco.

Apro gli occhi e il respiro mi si ferma. Mi blocco, non riesco più a muovere un solo muscolo, neanche il mio cervello riesce a funzionare a dovere, perché se funzionasse prenderei il cellulare e chiamerei subito un'ambulanza. Se funzionasse non mi sentirei così confuso.

Di fronte ai miei occhi la scena è raccapricciante. Tutto è blu. Blu il suo viso, le sue braccia, il suo petto ancora nudo, le sue mani che giacciono vicino alla sua testa in maniera innaturale, ma ancora più blu è il livido che le cinge il collo, profondo e scuro, continuo, come un collare. Un collare della morte. Giallo, invece, è quello che espello mentre rimetto l'anima sul pavimento accanto al letto. Mi passo una mano tra i capelli, una mano tremante e sudata, fredda. Tutto è freddo e tutto è offuscato, i miei occhi non vedono bene.

Non può essere, di sicuro mi sono sbagliato, è un'allucinazione... non può essere. Mi giro di nuovo, con cautela, tenendomi pronto a qualsiasi scena mi si potrebbe parare davanti agli occhi, ma prima non mi sono sbagliato: è ancora tutto blu. Mi alzo di scatto, ancora nudo, completamente nudo, e fa freddo, ma non ho tempo di occuparmene ora e in realtà non me ne frega nulla.

Mi lancio verso il mobile di fianco alla porta finestra, dove c'è il cellulare. I miei piedi si muovono scoordinati, colpendosi l'uno con l'altro, mentre le mie braccia si allungano per farmi restare in un precario equilibrio. Arranco, non riesco a camminare bene, come fossi ancor ubriaco.

Inciampo in qualcosa, cado, picchio la faccia contro qualcos'altro, sento del dolore al labbro, qualcosa di caldo bagnarmi il mento, ma prendo il cellulare e cerco di comporre il numero. Non ci riesco, i numeri si confondono, le mie dita non premono quelli corretti. Scorro con la schiena lungo la finestra fredda, fino a sedermi a terra, la vista che non vede più, ma riesco a comporre quel maledetto numero e a chiamre. Tutto mi sembra blu, ogni cosa, e tutto è offuscato, il mio cervello inizia a perdere di nuovo colpi. Parlo con qualcuno e mentre rispondo alle domande inizio ad ansimare, la testa mi gira, i polmoni non si riempiono, il labbro mi fa male e i muscoli mi si intorpidiscono. Metto giù la chiamata.

"Stanno arrivando i soccorsi" è l'ultima cosa che ha detto quella donna. La frase mi rimbomba nel cervello, come un eco in una stanza vuota. Una stanza dalle pareti blu e la luce al LED, una stanza fredda e senza porte o finestre per uscire. Sono chiuso, chiuso in questa stanza, con le pareti che mi si stringono addosso, come a volermi schiacciare. Chiudo gli occhi e rivedo la scena di poco prima: il corpo privo di vita che mi rivolge il suo sguardo.

Il dolore alla testa è martellante, incessante.

Mi alzo, le gambe molli si muovono senza convinzione, tremanti. Piano arrivo all'altro lato del letto, dove lei giace immobile. Allungo una mano verso il suo polso e provo a sentire il battito, come solo nei film ho visto fare... non c'è. Magari non son capace di sentirlo, magari è ancora viva e non lo so, magari... tenendomi sopra di lei mi avvicino al suo viso, per sentire se dalle sue labbra, appena socchiuse, sta uscendo dell'aria. Le pupille nei suoi occhi sono vacue, circondate da petecchie scure, e mi fissano, dritte nelle mie, mentre sporgono in maniera innaturale.

Una goccia di liquido rosso le sporca appena la bocca, dalla quale non esce alcun respiro, alcun segno di vita, scivolando nell'apertura tra le labbra e insinuandosi sui denti bianchi, sulla lingua scura. Quel sangue viene da me, lo sento scivolarmi sul mento, mentre mi rendo conto solo ora del sapore ferroso che mi occupa i sensi del gusto. Mi porto una mano alla bocca e la punta delle dita mi si sporca di bordeaux. Ho sempre pensato fosse questo il colore della morte, invece è il blu. Tutto è blu.

Cado di nuovo all'indietro, sul pavimento, accanto alla sua mano, che, rigida, pende dal materasso in modo raccapricciante.

Rimetto un'altra volta e poi aspetto. Aspetto che il sangue mi si secchi sul mento, che le mie mani smettano di tremare e che i miei occhi tornino a vedere tutti i colori dello spettro.

Poi qualcuno è nella stanza, qualcun altro mi obbliga ad alzarmi e a vestirmi. Mi parlano mentre le mani mi vengono legate dietro la schiena da qualcosa di freddo, credo metallo, credo siano manette, e io vengo spintonato fuori dalla camera, dall'edificio, fino a un'auto della polizia. Ora, sentendo l'aria fredda sul viso, torno a respirare, a vedere, a capire, e capisco benissimo cosa stanno facendo: mi hanno appena arrestato per omicidio.


||Buongiorno lettori ed eccomi con il prologo di questo secondo libro. Per ora pubblicherò solo il prologo e per i primi capitoli dovrete aspettare ancora un po', ma volevo almeno darvi un assaggio di quello che sarà il sequel di "E se non volessi innamorarmi di te?" perchè le cose si fanno interessanti. 

Spero vi intrighi...

Baci 

Mel96ly<3||

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