Capitolo 14
Giocano tra le lacrime
ricordi felici
che si rincorrono nella mente
come vecchi amici
Alyssa's pov
Mi sento ancora le mani di Dorian addosso mentre cammino lungo la strada per arrivare a casa di Carrie. In testa mi risuonano le parole di Becka. Non so cosa abbia fatto Florence, ma se la vedo credo che sia la possibilità che le stacchi la testa.
Raggiungo la casa della mia amica, un condominio di tre piani vicino alla scuola, e suono il campanello.
<<Ciao bella!>> Mi saluta aprendo la porta. Il tempo di entrare ed ecco che mi salta addosso abbracciandomi.
<<Ciao anche a te!>> Entriamo dentro e andiamo in salotto, dove il grande divano di fronte alla televisione sembra chiamarci.
Ci stravacchiamo tra i cuscini e selezioniamo su Netflix Outer Banks.
<<Io amo JJ!>> Dico allungando le gambe.
<<Nah, meglio John B.>>
Faccio una boccaccia e per un po' restiamo in silenzio a guardare la televisione.
<<Non sapevo stessi con Dorian Sepherd.>> Mi dice infine, e io mi sento una merda. Non l'ho ancora detto a nessuno, ma Carrie merita di sapere la verità.
<<Non... non realmente. Vedi, ecco, lui vuole fare ingelosire Florence e...>>
<<Alyssa! Basta! Non una parola di più! TU NON DEVI FARTI CONDIZIONARE LA VITA DA QUELLA STRONZA!>>
Mi urla. Resto basita.
<<Non mi sto facendo condizionare da...>>
<<E invece sì! Invece ogni tua cazzo di azione ruota intorno a lei, a Nik, o ai tuoi traumi e le tue insicurezze! Ora basta! Sono stanca di sentirti dire che non vali niente, sono stanca di vedere come fingi con tutti anche se in realtà stai soffrendo. Ora basta! Mi sono sforzata di essere comprensiva con te, ma non ce la faccio più. Devi andare avanti, Alyssa. Io non so di preciso cosa ti abbia fatto Florence, ma qualunque cosa sia non giustifica l'odio che provi nei suoi confronti!>>
Sono raggelata. Non ho mai sentito Carrie alzare la voce con nessuno, men che meno con me, e questa cosa mi fa male.
<<Io...>>
<<Ti stai facendo male da sola, non capisci che da fuori sembri perfetta? Sei bella, pratichi sport, hai una media in tutte le materie da fare invidia ad Einstein! Gli altri ti vedono come qualcosa di incredibile, una persona perfetta, ma tu non sei contenta. Non sei mai contenta! Ora piantala! Perché se tu sei così severa con te stessa, noi comuni mortali cosa dovremmo fare? Cosa dovremmo fare?>>
A ferirmi non è la rabbia che colgo nel suo tono di voce, ma la tristezza che vedo in fondo ai suoi occhi.
E in quell'istante capisco che Carrie si sente inferiore a me. A me, che non riesco nemmeno a far passare una settimana senza dover correre in camera per un attacco di panico.
<<Carrie... ti senti... inferiore?>> L'incredulità nella mia voce sembra accenderla ancora di più.
<<Oh, non fare la finta ingenua, lo sai che mezza scuola si sente inferiore a te! Ma non te ne accorgi! Sei così in fissa con i tuoi problemi, i tuoi traumi, che dimentichi che siamo umani tanto quanto te! E che anche se forse non vuoi, ci tratti con sufficienza!>>
<<Non è... vero.>> Cerco di protestare, ma nel profondo so che Carrie ha ragione. Sono egoista, ma non me ne accorgo nemmeno. Quante volte le ho chiesto realmente come stesse, senza contare quelle domande d'obbligo all'inizio di una conversazione alle quali si è per forza costretti a rispondere bene? Quando mai ho fatto caso al suo reale stato emotivo? Ho dato per scontato che se avesse avuto bisogno di parlare me lo avrebbe detto. Pensavo che se stesse soffrendo mi avrebbe spiegato il motivo, e che avrebbe chiesto il mio aiuto. Mi sono sforzata di non vedere le sue reali emozioni perché è troppo facile soffermarsi sulla facciata di una persona, invece che indagare sui suoi stati d'animo.
<<E se ancora ti ostini ad odiare Florence, non ti accorgerai mai di quello che già hai. E questo rende fallite anche le persone perfette.>>
Questa stilettata mi fa troppo male. Mi alzo ed esco da casa sua sbattendomi la porta alle spalle. Non voglio pensare alle parole di Carrie, ma sono come piccoli aghi conficcati in ogni punto della mia pelle, e nel profondo so che ha ragione.
So di essere una persona terribile, ma di non accorgermene. Inizio a piangere mentre cammino lungo la strada, poi comincio a correre.
I mei piedi sanno dove stanno andando. Nell'unico posto dove i ricordi sono così intensi da riuscire a tenermi a galla.
Corro sul marciapiede, scansando i passanti che mi guardano male. Che pensino quel che vogliono.
Corro, corro finché non ho più fiato.
Sento i polmoni scoppiare, l'aria brucia lungo la gola mentre inspiro boccate affannose, come un marinaio che sta cercando di non annegare.
Solo che il mio mare è in realtà la mia salvezza, un mare di parole urlate con rabbia.
Parole che mi riportano con la mente a quella notte, quando io e Nik siamo usciti di nascosto e lui mi ha urlato in faccia le stesse identiche cose che mi ha detto Carrie.
Corro, corro, corro, corro.
Arrivo sulla spiaggia, finalmente. I granelli dorati mi solleticano le dita dei piedi mentre mi tolgo le scarpe e procedo scalza. L'oceano sulla mia destra gorgoglia dolcemente, calmando un attimo i miei pensieri.
Osservo le onde scure infrangersi contro la riva. In cielo i gabbiani starnazzano come oche, ma questo non mi turba. Avanzo e metto i piedi nell'acqua. Scoppio a piangere. Sono sola e me lo merito. Nonostante le mie insicurezze sono convinta di essere il sole di una qualche galassia, e forse è vero, ma di una galassia senza pianeti che orbitano intorno al sole all'esterno troppo bollente, all'interno freddo come il ghiaccio.
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