Reality or nightmare?
Il cielo era plumbeo, carico di nubi minacciose, una di quelle rare giornate 'di tempesta' in cui succedeva di tutto e di più. Uragani, tornadi, ogni genere di disgrazia sembrava capitare esattamente quel giorno.
Il vento imperversava, ululava furioso, e le onde erano altissime e rabbiose, sembravano voler travolgere ogni cosa o persona capitata malauguratamente sul loro cammino.
Sbam! Swoooosh, sbam! Woooosh!, questi erano i suoni che giungevano all'orecchio di Troy, il quale si trovava sfortunatamente in mezzo a tutto ciò e non riusciva assolutamente a rammentarne il perché. Non ricordava nemmeno d'essere uscito. E neppure di avere preso la tavola, diventata uno dei suoi tesori più preziosi.
Ma ora si trovava lì, in balia di quella gigantesca e capricciosa giostra chiamata mare, e in qualche modo doveva pur esserci arrivato. Mentre cercava di non farsi distrarre per non soccombere alla forza impetuosa di ciò che lo circondava, gli insegnamenti di James gli frullavano nelle orecchie come fa un ritornello idiota di una canzone altrettanto sciocca.
All'improvviso vide un'ombra scura in mezzo a un'onda, e andava veloce, molto veloce. Forse un delfino? Lo sperava ardentemente, eppure dentro di sé non poteva fare a meno di tremare.
Qualcosa di lucido guizzò appena fuori dall'acqua. Lucido, dalla punta arrotondata, color grigio chiaro. La propria tavola sembrò rallentare.
Oh no, no no no. Non adesso, no!
Provò ogni metodo conosciuto per farla allontanare dall'ombra, ma quella sembrava di marmo. Una chiostra di denti affilatissimi e bianco neve brillarono vicino a lui, sempre più vicini.
Lo squalo spiccò il balzo. Troy si preparò a dire addio ad ogni cosa, Ghost, Red, la sua famiglia, Jay, James...
Addio, Ghost... sei un bravo cane. E tu, Red... un bravo pappagallo. Mamma, papà, vi ho voluto bene. Oh, addio, Jay. Sappi che sono morto per mano di uno squalo. E James... forse fisicamente mi ucciderà questo squalo, ma tu sei l'unico vero 'squalo' che può straziare il mio cuore. Addio.
E d'improvviso un fulmine saettò davanti ai suoi occhi e si ritrovò ad osservare la scena come mero spettatore, solo che il surfista non era più lui, bensì James.
Il campione guardò lo squalo con sgomento, provò a proteggersi con le braccia. L'impatto con l'animale lo fece rovesciare sulla tavola. La visuale si fece più nitida e vicina, e sentì la nausea rivoltargli lo stomaco.
Denti conficcati nella carne. Sangue dappertutto. Lo squalo che si dibatteva ferocemente. Un'espressione d'indicibile dolore sul viso del suo amato. Si fece tutto nero e poi, nel buio, un urlo agghiacciante.
Troy si tirò a sedere di scatto, col fiatone e il corpo inzuppato di sudore. Si guardò attorno: nella sua stanza era tutto tranquillo, tutto taceva. Oltre il letto stava placidamente accucciato Ghost e, aggrappato a peso morto al suo braccio, quasi usato come cuscino, c'era James, sul volto un'espressione di vulnerabile tranquillità.
Era solo un incubo...
Gli accarezzò delicatamente i capelli scuri, chinandosi su di lui fino a sfiorarglieli con le labbra.
- Anche se non ho il coraggio di dirtelo ad alta voce... ti amo, sai? Ti amo più di quanto tu creda. Svegliati presto, così possiamo fare l'amore. E riaddormentati al mio fianco, voglio che con me ti senta al sicuro. Non mi lasciare mai, anche se mi odi. Sono un ragazzino, è vero. Però sappilo. Questo ragazzino ti ama. Ti amo, James.
Sbuffò piano fra le sue ciocche color mogano. Se da una parte dire quelle cose ad alta voce lo imbarazzava non poco, dall'altra avrebbe tanto voluto che lui fosse sveglio per udirle. Gli lasciò un bacio fra i capelli e uno sulla fronte. Lui mugugnò e si strinse ulteriormente al suo braccio, sfregandoci sopra la guancia come un gattino sulla propria mamma.
In quei momenti sembrava lui, il ragazzino. Vulnerabile, fragile, indifeso. Avrebbe voluto tenerlo al sicuro nel 'giardino delle proprie braccia' e non lasciarlo più andare. Ma non era possibile. Non era possibile.
Si girò su un fianco, continuando a contemplarlo. Il trentasettenne scivolò dal suo braccio al suo petto e Troy lo strinse forte a sé.
- Ehi, Ghost - mormorò al vecchio dingo, e l'animale drizzò le orecchie, raspando piano con una zampa. - Mi dai la tua forza? La forza di proteggere sempre chi amo?
Ghost aggirò il letto e saltò su, andando a giacere di fianco al padrone. Gli leccò una mano.
- Bravo cane - bisbigliò Troy con affetto, e sorrise, accarezzandogli le orecchie dorate.
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