Horizon
Lo sguardo si perdeva lontano, seguendo l'incresparsi delle onde, accarezzando il delinearsi dell'orizzonte sulla linea piatta del mare. James sospirò, alzando una mano e osservandola. Non aveva 'appeso al chiodo' la tavola, no, solo la propria carriera agonistica.
Ne aveva sentite di tutti colori. I ragazzi non riuscivano a capacitarsene, ma li aveva rassicurati dicendo che avrebbe continuato a insegnar loro ogni cosa che conosceva. Shirley l'aveva guardato in silenzio, comprensiva. Emilien con un ghigno soddisfatto. Henry gli aveva telefonato ed era andato fuori di senno, chiedendogli cosa diavolo gli fosse saltato in mente e se fosse completamente impazzito. Aveva subito ogni cosa senza fiatare, era inutile.
Di una cosa però era più che certo: prima di ritirarsi definitivamente avrebbe vinto, vinto in grande stile, gliel'avrebbe fatta vedere a quel francese borioso con chi s'era messo contro.
Udì dietro di sé uno scalpiccio di passi sulla sabbia, passi veloci, e qualcuno ansimare pesantemente. Che sorta di déjà-vu.
- James... no! - esclamò Troy, senza nemmeno prendere fiato, e lo guardò come se stesse per esalare l'ultimo respiro. - Ti prego, dimmi che è uno scherzo!
L'uomo lo fissò imperturbabile.
- Non dovevi farlo per me!
I suoi occhi dorati s'indurirono, come tutta l'espressione sul suo volto.
- Non l'ho fatto per te - replicò asciutto, serio, e il ragazzo avanzò verso di lui coi pugni serrati.
- Maledizione, io ti amo!
E se avesse saputo che quella era una delle uniche volte in cui gliel'avrebbe sentito dire ci avrebbe dato molta più importanza, invece si limitò ad arrossire di piacevole imbarazzo e rimanere immobile come uno stoccafisso.
- Vieni qui - disse con semplicità, e quando il diciottenne azzardò tremante un passo avanti, non si trattenne ulteriormente e lo ghermì tra le proprie braccia.
- Cos-...
- Ho detto che ti odio, ma non è vero. È che ho così tanta paura... paura di perderti. Sono vecchio, Troy. Penso in modo totalmente differente da te e forse dove tu prendi le cose con leggerezza io non posso permettermi di farlo. Ho perso, e non una competizione. Lui ha vinto, è riuscito a portarmi via l'unica cosa a cui tenessi, l'ultima di davvero importante che mi restasse.
Troy si scostò dal suo petto per guardarlo, con i grandi occhi azzurri lucidi e speranzosi e meravigliosi, come il più bel cielo d'estate.
- Sei tu, Troy. Ti amo dal primo momento in cui ti ho visto.
Il ragazzo raddrizzò la schiena e James inclinò il capo verso il suo. D'improvviso ad entrambi sembrò di tornare alla notte dei fuochi d'artificio anche se, effettivamente, quella volta non s'erano baciati. La mano del diciottenne scivolò lentamente fra i suoi capelli scuri, stringendone piano alcune ciocche fra le dita, e s'avvicinò ulteriormente, tanto che poteva percepire il suo fiato caldo sulle labbra. Si baciarono con dolcezza. Quando dovettero fermarsi per riprendere fiato, il surfista gli prese una mano.
- Vieni. Ci sono tante cose che devi sapere - disse, e lo trascinò al sicuro da orecchie indiscrete.
Davanti al mare gli disse ogni cosa, perdendosi di tanto in tanto ad osservare le onde rifrangersi a pochi passi da loro, e ascoltando il rassicurante 'va tutto bene' sussurrato da esse. Gli parlò di Jenna, della stupidaggine più bella che avesse mai a fatto, a sedici anni, sua figlia Crystal, del fatto di sentirsi inutile e inadeguato, del figlio che Jenna aspettava e che non aveva mai conosciuto, Shane, di essere scappato in America per codardia e aver provato solo vergogna verso di sé. E gli raccontò del suo traballante inizio come surfista a Miami, di quanto presto si fosse stufato del panorama e avesse deciso di trasferirsi in Australia, del periodo buio che aveva vissuto 'dopo Jenna' e dello smarrimento iniziale a trovarsi solo in una terra sconosciuta con un accento totalmente differente dal suo 'americano' smozzicato. Poi ci aveva fatto l'abitudine e s'era dedicato al surf anima e corpo, fino a quando s'erano conosciuti.
- E questo è tutto. Ora... non sono stato molto corretto nei tuoi confronti. Pretendevo da te ciò che io non ho avuto la forza di fare e me ne dispiaccio. Capirò se adesso vorrai cercarti qualcuno di migliore... - mormorò, e abbassò il capo. Il diciottenne gli strinse la mano.
- Ehi, - disse dolcemente - ehi, cosa stai dicendo? James, tutti sbagliano. C'è chi fa piccoli errori, chi ne fa di madornali. E allora? Mio caro squalo, sei umano. E anch'io lo sono. Te l'ho già detto, io... io... insomma, lo sai, i miei sentimenti verso di te non cambiano così facilmente. Non prendo le cose con leggerezza.
Provò a baciarlo, ma James era troppo imbarazzato e voltò il capo dall'altra parte, cercando di celargli il rossore sulle proprie gote.
Troy lo amava. Era qualcosa di stupefacente.
Il ragazzo fece un sorrisino malizioso.
- Oggi i miei non ci sono, e credo che sia ora di mostrarti un po' casa mia - disse, continuando a sorridere. Poi senza il minimo sforzo lo alzò di peso e lo prese in braccio, ignorando il fidanzato che iniziava ad agitarsi fra le sue braccia muscolose.
- METTIMI GIÙÙÙÙÙÙ!
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