Don't worry

Nella stanza regnava il buio più pesto e il silenzio più pesante, improvvisamente rotto solo da un sospiro e un tonfo lieve. Troy esibì una smorfia e si passò una mano fra i capelli biondi. Batté l'altra mano di fianco a sé, sul materasso, e poco dopo risuonò un ticchettio leggero di unghie sul pavimento.

Choco saltò sul letto e poi si accucciò direttamente sopra il padrone. Lui gli accarezzò le orecchie color grano.

Era la terza notte, e James non era ancora tornato. Sperava non fosse andato a dormire da quel suo strano amico barista, quel tizio gli dava i brividi. Magari era da Shirley...

Comunque fosse, gli sembrava così grande il letto senza di lui! Per questo, nonostante sapesse di star abituandolo in modo errato, chiamava Choco e lo faceva dormire con sé - sopra di sé -, e il dingo ne era più che felice, perché James gli aveva sempre proibito anche solo di farlo entrare nella loro camera.

Ma gli mancava, eccome se gli mancava. La sua presenza era diventata indispensabile in quella cosa chiamata 'vita', e senza di lui un opprimente senso di vuoto e solitudine gli pesava sopra il cuore. Anche gli animali erano inquieti, soprattutto i cavalli. Se ne stavano sempre gli uni appiccicati agli altri con le code e la groppa che si toccavano, quasi a formare una bizzarra barriera equina, e mangiavano svogliatamente il cibo che Troy portava loro. Il piccolo Lucky aveva perfino tentato di morderlo, e non per gioco.

Red era perennemente appollaiato sulla schiena di Choco con aria mogia, non potendo più spaventare James quando entrava in una qualsivoglia stanza, schiamazzando e tirandogli i capelli con le zampe forti. Per essere un 'vecchio uccellaccio', come lo apostrofava strillando l'ex surfista, reduce da un suo attacco, era sempre stato in ottima forma e con un piumaggio curato e brillante. Ora ogni sua piuma sembrava spenta e nell'insieme appariva scontroso (per quanto un pappagallo possa esserlo) e arruffato.

L'unico che sembrava soffrirne meno era proprio il dingo, con il privilegio di dormire su un morbidissimo e caldo cuscino umano.

E lui? Lui, Troy? Con chi diavolo poteva parlarne? Con Jay? Sì, certo, così l'avrebbe perso definitivamente, o magari lui ne avrebbe approfittato per indurlo a fare cose di cui si sarebbe pentito. Con i ragazzi del team di surf? Non erano né così amici né tanto in confidenza. Con Emilien? Scartata a prescindere, e poi non sapeva nemmeno dove si trovasse. Con sua madre? Diamine, ma era diventato così stupido?

D'improvviso si illuminò: chi più di chiunque altro ne sapeva d'amore quanto il suo amichetto dall'altra parte del globo?

Scese in fretta dal letto, facendo ruzzolare Choco sulla schiena e strappandogli un guaito di sorpresa. Andò in salotto e compose il numero di casa di Shane. Da loro doveva essere mattina, quindi lo avrebbe trovato di sicuro.

Gli rispose una voce neutra.

- Pronto?

- Shane?

- No, sono Chase...

La delusione lo colpì come un pugno al basso ventre.

- Ah...

- Tu sei Troy, vero?

- Sì... non c'è Shane?

- Mi dispiace, è uscito poco fa, è andato da sua sorella.

- Oh... allora richiamerò più tardi.

- Devi riferirgli qualcosa? Uhm... se hai bisogno... non so... puoi parlarne con me... se vuoi...

Troy si passò una mano sul viso e suo malgrado sorrise. In quel momento era goffo e impacciato, Chase, eppure capiva perché Shane se ne fosse innamorato.

- Ecco... - sospirò, e prese fiato. - Ho litigato con James e... non so cosa fare... voi sembrate la prova lampante che il vero amore esiste! Scommetto che non avete mai litigato, eh?

All'altro capo del telefono, Chase rise piano.

- È qui che ti sbagli, non litighiamo proprio tutti i giorni, ma abbastanza spesso, sì. Sai, sono le coppie che non discutono mai le prime a lasciarsi.

- Oh...

- Ti sento scettico, mettiti comodo. Ti parlerò un po' di noi...

Il biondo si accomodò a gambe incrociate sul divano.

- Quando io e Shane ci siamo conosciuti, pensavo che lui fosse un idiota della peggiore specie.

Troy si lasciò sfuggire una risatina.

- Sì, lo pensavo davvero. È cambiato tantissimo... ma, ehi, non devo perdere il filo del discorso. A quel tempo, ero da poco reduce della perdita del mio ragazzo, Rocky. Giurai che con l'amore io avevo chiuso. Lui, Shane, non era del mio stesso parere. Per questo, litigavamo pressappoco ogni giorno. E... be'... s'insinuò nel mio cuore senza che io me ne accorgessi; un giorno mi disse... mi disse che avevo degli occhi bellissimi e io lo baciai. Col senno di poi, lo reputai uno degli errori più stupidi che avessi mai fatto. Ora, a distanza di cinque anni, se è stato un errore, è stato il migliore della mia vita. Poi... capitò così, forse il caso, forse il destino. Ci amammo in uno dei modi più alti di tutti quelli conosciuti e lui ammise di essersi innamorato di me. Nonostante ciò, continuammo a litigare per ogni minima cosa. Ero molto irritabile, ah-a. Fu a un passo dal perderlo, forse per sempre, che capii quanto grandi fossero i miei sentimenti verso di lui - fece una pausa, e il giovane surfista pensò avesse finito.

- Ma non è finita qui, sai? - riprese Chase, e fece un sorrisino. Quei ricordi gli stavano provocando piacevoli sensazioni.

- Anche dopo esserci messi assieme non smettemmo di battibeccare. Venne il giorno in cui pensai mi tradisse. Paranoie. Non si può amare troppo o troppo poco, ma se per te prova anche solo un briciolo d'amore, gli basterai tu e solo tu, proprio perché sei tu. Comunque, superammo anche questo. Un giorno mi presentò il suo migliore amico, Max. Fu causa di infinite discussioni. Lo legai a me indissolubilmente, ma questo non significa che è tutto rose e fiori. Siamo sposati, ora, eppure a volte... basta la cosa più piccola, più stupida, per farci litigare senza fine. Quindi, Troy... non so quanto il mio discorso abbia senso e quanto ti sia servito, non so se tu mi creda o no, e non conosco molto né te né James ma... ci tiene, sono sicuro che qualunque cosa sia successa, così come è arrivata, passerà.

Il biondo sospirò.

- Grazie, Chase - mormorò, massaggiandosi una tempia, gli occhi azzurri chiusi. Diamine, aveva ragione. Sarebbe tutto passato, ma non voleva che anche loro 'passassero'. Doveva rimediare.

- E di che? - replicò con dolcezza il moro, stropicciando con affetto i capelli di Shane, il quale era appena tornato e gli si era avviluppato addosso come un koala alla propria mamma.

- Ora... io...

- Sì, certo. Ciao, buona fortuna.

Chiuse la chiamata, Chase, e diede un lungo bacio all'amato.

- Con chi stavi parlando? - chiese Shane, e nei suoi occhi passò un lampo di qualcosa simile a gelosia.

- Non ti preoccupare, amore mio.

Il castano continuò a fissarlo con diffidenza, sciogliendosi poi quando lui lo accarezzò come un gattino. E d'improvviso Chase lo prese senza alcuno sforzo in braccio e solo allora il ragazzo con gli occhi di lupo capì che non c'era assolutamente nulla di cui preoccuparsi.

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