YOU
Nate
Non voglio camminare un minuto di più per questa città. D'accordo, forse sono stato un po' troppo avventato con quella ragazza, ma mi ha distrutto la macchina fotografica e non mi ha neanche chiesto scusa! Per oggi ho dato. Un taxi, voglio tornarmene a Brooklyn, dove ho deciso di alloggiare per stare il più lontano possibile dalle persone come lei.
"Dove la porto?" mi chiede con aria pimpante. Solo a Natale sorridono i taxisti, o almeno è così da che mi ricordi io.
"Al Brooklyn Graham's house" il monolocale che scelgo sempre per pernottamenti brevi a New York. Anche se è un'arteria della City, a Brooklyn mi sembra tutto più a dimensione umana. Nel frattempo, cerco di chiamare Evelyn, ma è la seconda volta da quando sono arrivato che parte la segreteria. Mi abbandono sul cuscinetto di pelle del sedile quando il taxista inchioda facendomi balzare con la testa in avanti, tanto da finire accanto alla sua.
"Ma è impazzito?!?"
"Scusi signore è che...vede... ci sono degli insoliti passanti che mi hanno costretto a frenare" insoliti passanti? Guardo avanti a me, due golden retriever camminano spaesati intersecandosi parallelamente avanti e indietro, come se si fossero persi. Scendo dal taxi abbastanza irritato. Adesso ci mancavano i cani. Aspetta... quelle pettorine. Un flash mi fa tornare al momento in cui io e quella ragazza siamo caduti a terra. Lei, prima di fermarsi alla vetrina del negozio, stava passeggiando con due golden retriever. Posso esserne certo perché ricordo di aver trovato ridicole le pettorine in tartan. Afferro i loro guinzagli e iniziano ad abbaiarmi contro.
"Buoni, buoni" non mi fanno paura. Possono ringhiare quanto vogliono, ho visto di peggio, come trovarmi a surfare sopra uno squalo. È lì che ho avuto davvero paura di poter finire a brandelli sotto quei denti aguzzi. Non mi faccio spaventare da due cani con le pettorine natalizie, viziati – non escludo – quanto la padroncina. Almeno hanno un'utilità, vedo che hanno annotati i recapiti telefonici su una medaglietta dorata.
"Signore... ehm..." il taxista sporge la testa dal finestrino "il tassametro sta andando avanti..." dice imbarazzato. Sfilo dal portafoglio cinquanta dollari e li faccio entrare dalla fessura del finestrino.
"Ma... ma sono troppi..."
"Li tenga lo stesso, è Natale no?" spero abbia colto l'ironia nel tono di voce. Odio questa città. Rivera eh? Come credevo, sarà una di quelle ragazzine che spende la propria giornata in cerca di passatempi. Però, devo ammettere che ha una grinta e una prontezza nel rispondere che le sue colleghe reginette non hanno, o almeno non quelle che ho conosciuto io.
Il Rivera Apartments è uno degli edifici che dominano a Manhattan, cuore pulsante dell'élite di New York. Ad accogliermi, appena varco la soglia, è l'aria scettica del concierge – deduco dalla sua livrea - che, però, lascia da parte i suoi commenti e le domande che vorrebbe pormi quando si accorge dei cani.
"Li ha trovati!" esclama con composta gioia. Ma dove siamo? Nel paese delle favole? Cosa sono tutte queste smancerie? Dal bancone prende una confezione, sono dei biscotti e ne distribuisce uno ad entrambi. I due si buttano a terra, soddisfatti e felici (?) mentre si lasciano coccolare.
"Non sa quanto eravamo preoccupati. È pieno di gente insensibile che non si lascerebbe intenerire da questi due cuccioli" cuccioli? Sono dei cavalli, non sono dei cuccioli.
"Oh, ma mi permetta di presentarmi" dovrei stringere la sua mano dopo che se l'è fatta generosamente leccare da quei due? No, grazie.
"Oh non c'è bisogno, li ho solo portati al mittente. Non credo sia una buona idea che li consegni io, meglio che lo faccia lei" sto per voltarmi quando il concierge attira nuovamente la mia attenzione.
"La signorina Taylor sarebbe felice di sapere chi sia stato il gentiluomo che si è premurato di accompagnare i cani a casa sua" il gentiluomo eh? Sapete una cosa? Se c'è uno scherzo del destino in atto, è bene che anche io ne tragga i miei vantaggi e l'espressione sconvolta e sorpresa di quella ragazzina infantile che mi vedrà introdotto come l'eroe che le ha restituito i cani non me la voglio perdere. Per cui, sì, resterò ancora un po' a New York. Magari, è la resa dei conti... o l'inizio dei giochi.
"Sono Roger" dice mentre digita il numero centootto. L'ultimo piano dei Rivera Apartments.
"Nate" rispondo tenendo le mani in tasca, non dimentico delle lingue dei cani che lo hanno imbevuto per bene.
"Sarà proprio contenta la signorina Taylor" appena pronuncia il suo nome iniziano ad abbaiare intrepidi. Anche se l'ascensore sembra un appartamento a sé, è pur sempre troppo stretto per due adulti e due golden retriever e siamo ancora al ventesimo piano. Sorrido vagamente.
"Sa, ero già pronto per venire a cercarli... temevamo che li avessero rubati."
"Oh di questi tempi, durante le feste, non credo che a New York si vadano a rubare due golden retriever grandi e grossi da sfamare e da accudire..." Roger emette un risolino divertito.
"Ecco, siamo arrivati" dichiara tornando composto e sistemandosi la giacca nera. L'ascensore si apre all'interno dell'attico. Roger non riesce nemmeno ad introdurli che, appena la vedono avvicinarsi, le saltano addosso facendola cadere a terra. Al contrario di quanto pensassi, ossia che, dopo essersi assicurata che stessero bene, sarebbe tornata ad occuparsi delle sue cose, unghie o acconciature, si lascia coccolare dai due che manifestano tutto il loro entusiasmo per essere finalmente tornati a casa. Prima che si accorga di me, ho modo di soffermarmi sull'attico.
Vetrate enormi consegnano la visuale degli infiniti grattacieli che puntellano New York, gonfia di luci natalizie che da sole basterebbero a illuminare le stanze anche di notte, ma anche qui non si scherza. Ogni centimetro è decorato con addobbi, luminarie e alberi. Ci sono abeti e ghirlande di varia grandezza, per non parlare degli schiaccianoci, che culminano con un immenso albero di Natale che troneggia nella living room. Persino il telecomando del televisore ha un fiocco rosso. Dove sono finito? Nel villaggio di Babbo Natale? Mi basta così, sto per andarmene senza che si accorga di me, quando Roger mi presenta.
"Tu?"
"Io" la sua espressione sconvolta mi appaga subito per i dieci minuti in cui ho visto troppo.
"Vi conoscete?" chiede una signora, probabilmente la governante, che si interpone tra noi. I cani si sono sistemati al caldo accanto al camino, dai contorni addobbati con una ghirlanda, luci bianche e decorazioni in rosso e oro.
"No" rispondiamo in coro. Diventa improvvisamente rossa e allora mi faccio avanti. Voglio metterla ancora un po' più in crisi, quando la vedo intrecciare le braccia al petto di nuovo.
"Non sa quanto eravamo in pensiero per Rick e Rock" soffoco una risata. Ma che nomi sono Rick e Rock? "Come possiamo sdebitarci?"
"Non si preoccupi, sa un grazie basterebbe" dico guardando Taylor che ha colto la mia pungente ironia "per gente umile come me, la gentilezza vale più di qualsiasi forma di retribuzione."
"Oh, come non potremmo esserle infinitamente grati... mi permetta di offrirle dei biscotti. Li abbiamo sfornati proprio oggi pomeriggio, Taylor è appassionata di biscotti natalizi, le assicuro che vale la pena assaggiarli...>" Taylor resta ferma e in silenzio.
" Come avessi accettato. Si è prolungata abbastanza la mia permanenza a Manhattan per oggi..."
" Guardi che non accetto un no" dice mentre mi porge il vassoio con i biscotti "com'è il suo nome?"
"Nate..."
"Non accetto un no Nate."
"Be' se la mette così..." come una minaccia, avrei voluto aggiungere. Ne prendo uno e mentre lo porto alla bocca, come un flash, quel sapore, quell'aroma, mi riporta ai pomeriggi della mia infanzia, quando durante le feste, cucinavo con mia madre. Adoravo i ginger bread ma avevo smesso di mangiarli e di pensare al Natale proprio quando avevo deciso di chiudere con New York e con la mia vita trascorsa lì.
"Grazie, ora devo proprio andare" riesco a dire. Mentre mi dirigo all'ascensore, accompagnato da Roger, noto la gigantografia di una foto che ho scattato durante un viaggio in Vietnam. Fa parte di una collezione che ho esposto in una mostra qui a New York. Chissà come e perché è finita in un Rivera Apartment, a casa di questa signorinella viziata. Forse il padre o la madre sono dei fanatici dell'arte e fanno finta di intendersene comprando opere a caso.
"Aspetta" le porte dell'ascensore si stanno per chiudere, prima che con la mano lasci aperta una fessura, da cui posso a malapena osservare le sue labbra sottili, le gote rosee e gli occhi di un azzurro intenso.
Taylor
"Non credevo fossi capace di una buona azione" ha il volto stanco e, rispetto a quando l'ho visto per la prima volta oggi pomeriggio, la stanchezza gli conferisce qualcosa di... di... dannatamente sexy.
"Adesso sei tu quella che sembra prevenuta" sussulto alla sua provocazione. Sfila dal taschino del giaccone una sigaretta.
"Come potrei non esserlo dopo che mi hai trattata in quel modo?" si infila la sigaretta tra le labbra e con fare scocciato tira indietro la testa.
"Perché forse mi sbagliavo? Sei la figlia di uno dei più ricchi imprenditori d'America e tu, come pensavo, sei una signorina viziata in cerca di qualche passatempo. Per quanto mi riguarda non mi hai chiesto né scusa, né mi hai ringraziato... puoi tornare al tuo Olimpo, io vado a mischiarmi con i miei simili, i comuni mortali..."
" Grazie per non aver venduto i miei cani al mercato nero" sbotto. Dietro di lui, Roger, con lo sguardo in basso per dimostrarsi neutrale e disinteressato alla nostra conversazione, non riesce a trattenere il suo risolino.
"Che cosa? Ma come parli? Venderli al merca... senti non ho voglia di continuare questa conversazione e non voglio neanche essere ringraziato da una che vive in questo lusso sfrenato e finge di condurre una vita normale cucinando biscotti, portando a spasso i cani a cui non sa tenere a bada e che ha creato il villaggio di Babbo Natale. Torna alle tue favole e ai tuoi schiaccianoci... un'ultima cosa. Quella foto del sottoscritto non c'entra nulla qui dentro" fa chiudere le porte dell'ascensore senza permettermi di replicare. Sento la rabbia montarmi in corpo, quanto è irritante! Serro i pugni e cammino avanti e indietro per sbollire, fino a esplodere in un urlo soffocato.
"Tesoro, che succede?"
"Ma lo hai sentito? È un idiota!!!"
"Sicura di non conoscerlo... da come parlavate..."
"È il ragazzo con cui mi sono scontrata questo pomeriggio..."
"È lui?" chiede sbalordita. Annuisco.
"Oh qui ci saranno da vederne delle belle..."
"Aspetta..." ricordo l'ultima frase "la foto del sottoscritto? Ma..." mi reco al muro davanti l'ascensore su cui è appesa la foto che un mese fa mi hanno regalato i miei genitori. La sollevo per verificare se... mi porto una mano alla bocca. È di... Nate Hale. Uno dei fotografi più talentuosi a livello mondiale è davvero così sgarbato, rude e insensibile? Mi lascio cadere sul parquet.
"Taylor ti senti bene?" chiede preoccupata.
"Nate... Hale."
"E cosa c'entra il tuo fotografo preferito ora?" la guardo senza aggiungere parole, ma i miei occhi devono essere abbastanza trasparenti per indurla da sola a ricollegare tutti i puntini.
"Lui si chiama Nate... è lui?" chiede con lo sguardo perso proprio di chi è assorto nei suoi pensieri. Annuisco. Poi decido di sollevarmi, afferro il quadro e a passo deciso lo porto nella stanza degli ospiti e chiudo la porta a chiave. Imprecando, prendo un cuscino dal sofà, mi sdraio accanto a Rick e Rock, che accomoda il suo muso sulla mia pancia. E' assurdo e per di più con tutto quello che è successo oggi non ho neanche assaggiato i miei biscotti.
"Ecco qui per la mia signorina" Maddie decide di risollevarmi il morale con una tazza di cioccolata calda accompagnata proprio dai ginger bread, come se mi avesse letta nel pensiero.
"Se non ci fossi tu Maddie..."
"Non dire così Taylor, è solo una giornata no..." vorrei che fosse così. Sento il telefono squillare. È una mail. Anne, la segretaria di Cameron, il mio direttore, vuole che domani mattina mi rechi presto in redazione nel suo ufficio. Controllo l'ora. Sono le undici.
" Domani sarà un'altra giornata lunga" decreto mentre osservo le lingue di fuoco che crepitano nel camino.
"E allora preparati ad affrontarla dolcemente" consiglia riempiendo ancora di cioccolata la mia tazza ed io mi lascio tentare.
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