Ti vada o no...
Nate
Pure la finta tonta. Certo che i ragazzi di oggi hanno una faccia tosta... me ne voglio andare in una tribù indonesiana, in mezzo all'oceano e dimenticarmi soprattutto questa città. Preferirei ballare la danza della pioggia con un gonnellino fatto di denti di squalo piuttosto che avere a che fare con questi pseudo civilizzati.
"Senti lascia perdere.."
"Lascio perdere cosa? Dopo che mi hai giudicata senza conoscermi?"
"Le conosco le tipe come te..." e come se le conosco. Prima di Evelyn, il mio parterre quotidiano era molto fitto. Mi bastava uscire per un pranzo, un aperitivo o un cocktail dopocena per catturare l'attenzione di una bellissima donna, tornare a casa o al mio alloggio e condividere il letto con qualcuna in qualunque luogo mi trovassi. Sono stato talmente con tante ragazze che mi basta vedere come si agghindano per capire come sono fatte. Per esempio, dal suo outfit interamente bianco - capotto e cappello di lana, maglione di cashmere che si intravede dal colletto e stivali in pelle - è una figlia di papà che, senza badare al genere umano che la circonda, dall'alto del suo Olimpo ha perso la testa per un Valentino. Ne ho abbastanza per oggi di New York. Raccolgo quel che resta della mia attrezzatura e giro i tacchi. Questa giornata non poteva concludersi in modo peggiore. Ed io che pensavo di finire tutto in ventiquattr'ore e fingere di non esserci mai tornato, come faccio sempre di questo periodo.
Se ormai la chiamata di Jeffrey è prevedibile per le feste di Natale, mi preparo mentalmente a cancellare il mio ritorno a New York ancor prima di arrivarci. E dunque cerco di essere sbrigativo con il mio lavoro, ma, a quanto pare, oggi è previsto uno scherzo del destino che allunga almeno di un'altra giornata la mia permanenza. Dopo il pranzo Jeffrey, mentre ci stavamo dirigendo in redazione, ha dovuto rispondere ad una chiamata urgente, una riunione con i colleghi di Londra. Non ho voluto altri dettagli. L'ho lasciato ai suoi affari, con l'intento di raggiungere il mio alloggio a Brooklyn. E adesso la mia attrezzatura è andata in frantumi per colpa di...
"E dimmi, come sarebbero le tipe come me? No, aspetta, non voglio saperlo. Anche io conosco i tipi come te. I soliti finti burberi, che liquidano con pregiudizi del tutto precoci ragazze appena conosciute, targandole come viziate solo perché indossano un capo firmato o passeggiano per le vie principali di New York, ma sai perché le conosci? Perché sono proprio quelle da cui forse ti sei fatto spezzare il cuore" dice tutto d'un fiato. Anche se potrebbe essere vera solo una piccola parte di quello che ha detto, mi stupisce come mi abbia risposto prontamente senza lasciarsi passivamente scalfire dal mio precoce pregiudizio. Alzo un sopracciglio.
"Viziata o no di certo non conosci le buone maniere, visto che non ti sei nemmeno scusata per avermi distrutto la mia costosissima macchina fotografica con cui lavoro" ribatto. Lei apre la bocca senza dire nulla, sorpresa come se non si fosse resa conto di quello che ha commesso cadendomi addosso. Ma ormai si è posta sulla difensiva, lo percepisco da come intreccia le braccia al petto, tipico di chi vuole sostenere la propria tesi anche se sbagliata, completamente sbagliata.
"Le mie buone maniere si sono fatte da parte davanti alla tua villania."
"Oh oh che termine, che c'è forse vorresti far colpo su di me facendomi ricredere sulla tua puerilità?" la incalzo avanzando leggermente verso di lei. Non avevo fatto caso ai suoi occhi azzurri e ai capelli biondi - di un biondo lucente - come fossero di seta.
" Sai che c'è? Ne ho abbastanza della tua prosopopea e solo una cosa mi dispiace di questo incontro... che mi spingi ad essere come te perché sono costretta a giudicarti uno stronzo senza che ti conosca. O forse semplicemente lo sei e non ci vuole molto tempo per capirlo!" mi volta le spalle con il volto imbronciato e si disperde tra la gente.
Taylor
Che modi! Certo che ce n'è di gente sgarbata in giro. Neanche il Natale ce la farebbe a smuovere un insensibile come quello! Ma dove sto andando? Mi fermo disperata, presa dalla foga di allontanarmi da quell'energumeno non mi sono neanche resa conto di dove mi stessi dirigendo. Sono sulla 5th avenue, chissà dove saranno andati Rick e Rock. Non li vedo da nessuna parte e sono abbastanza grandi da non potersi confondere. Arresa decido di tornare a casa e sperare che qualcuno chiami i numeri di riferimento che compaiono sulle loro pettorine. Affranta, in ascensore mi sostengo al corrimano e mi osservo riflessa allo specchio che ho di fronte. Se solo non mi fossi distratta a guardare quel Valentino... Quando le ante dell'ascensore si aprono e mi fanno accedere all'interno dell'attico, dagli aromi di rosmarino e menta che provengono dalla cucina, intuisco che Maddie stia preparando la cena.
"Dove sono i due terminators?" sconsolata mi lascio cadere sul puff del salone che si affaccia sull'infinità di grattacieli che colonizzano New York. Da qui vedo ogni sera la bolgia di persone che si affretta a uscire da lavoro, tornare a casa o accaparrarsi un taxi per spostarsi dalla parte opposta della città, l'albero che risplende con la sua opulenza al Rockfeller Center e la pista di ghiaccio che a quest'ora pullula di gente. La movida irrefrenabile di Manhattan.
"Li ho persi" dico coprendomi il volto con le mani.
"Come sarebbe li hai persi? Non sono due chihuahua, come hai fatto a perderli?" Maddie si avvicina incredula.
"È tutta colpa di quel... quel..." non trovo una parola appropriata per definirlo.
"Di chi?" guardo Maddie e il suo sguardo confuso mi fa ricordare lo scontro con quell'idiota. Ecco per essere gentile e conservare la mia educazione intatta potrei definirlo così senza eccedere in volgarità.
"Una persona" borbotto.
"Mmh" commenta con un mugolio. Io mi sono voltata dall'altra parte, con la rabbia che mi monta in corpo.
"Una persona..."
"Sì, non si è spostata e siamo finiti entrambi a terra..." spiego.
"Una persona..." mi volto per guardarla. Cosa c'è di strano?
"E questa persona è un uomo o una donna?"
"Perché ha importanza?" ribatto continuando a guardare attraverso i vetri che perimetrano l'attico.
"Oh no no era per chiedere" dice agitando le mani in aria.
"Comunque era un ragazzo" mi ha appena voltato le spalle quando si ferma e torna a guardarmi.
"Aaah un ragazzo. E lui non ti ha chiesto scusa?" ipotizza.
"Ovviamente no" dico stringendomi ancora di più le braccia al petto.
"Come ha fatto a non vederti? Di sicuro stava parlando al telefono... questa città, che dico, il mondo ha seri problemi... noi ci guardavamo negli occhi, persino a New York..."
"Be'... in verità... sono io che non l'ho proprio visto."
"Ah... be' poteva comunque essere gentile. Hanno dimenticato la gentilezza gli uomini..." sbuffa.
"Ho distrutto la sua attrezzatura" ammetto, seppur con voce sottile, quasi impercettibile.
"Attrezzatura? Che attrezzatura?"
"La sua macchina fotografica... molto costosa" dico ripetendo le parole di quel ragazzo.
"Oh" Maddie storce la bocca in una smorfia, sorpresa.
"Maddie sono viziata?" chiedo all'improvviso. Lei rilassa il volto in un'espressione di tenerezza. Si inginocchia perché i nostri occhi possano essere alla pari.
"Non sei viziata. Come direbbe tuo padre, sei una privilegiata, ma credimi Taylor non ho mai visto una ragazza genuina e buona come te che si preoccupa per gli altri, anziché spendere i soldi di famiglia per sé stessa."
"È per un vestito di Valentino che ho perso Rick e Rock però..."
" Un vestito di Valentino?" chiede sorpresa "e chi non si distrarrebbe per un vestito di Valentino?" scoppiamo a ridere.
"Non significa essere viziate se si ha la passione per la moda. Sei tu, ti piace l'haute couture ma questo non fa di te una cattiva ragazza. Dai, aiutami a finire la cena. Ora chiamo Roger e lo avviso che, se non tornano da soli, deve andare a cercarli. Tranquilla, conoscono New York, sapranno ritrovare la strada" mi conforta Maddie. Anche se le sue parole riescono sempre a sollevarmi di morale, questa volta credo di essere in difetto ed continuo a sentirmi in colpa - se è un senso di colpa quello che sento.
Mentre aiuto Maddie con le patate al forno, sento il telefono squillare. È Heidi.
"Tay non ti ho sentita tutto il giorno! Dovevamo vederci."
"Lo so, scusami. Ma non ho voglia di uscire questa sera, ho perso i golden retriever questo pomeriggio e non ho ancora notizie da nessuno..."
"Ma come è successo?"
"Ti racconto domani a colazione, d'accordo? Buonanotte."
"Tutto bene?" chiede Maddie.
"E se li hanno rubati?" azzardo a chiedere. È il pensiero e la paura che si sta facendo più pesante dentro di me.
"Ma che dici... sono dei teppisti, anche se qualcuno volesse rubarli li abbandonerebbero subito" scherza ed esplode nella sua risata ilare. Vorrei tanto che avesse ragione. Mentre cerchiamo di mangiare qualche boccone sulla penisola - per quanto sia ottimista anche lei è preoccupata, ormai sono passate diverse ore - dove mi accomodo anche io per non farla mangiare da sola, contro ogni sua insistenza, si aprono le ante dell'ascensore. È Roger, il concierge.
"Signorina Rivera..." dietro di lui, si palesano Rick e Rock che, appena mi vedono, prendono a saltarmi addosso ed io non potrei essere più felice di cadere a terra sotto di loro che mi conciano per le feste.
"Ma dove eravate finiti? Siete proprio dei terminators" entrambi mi stanno leccando le guance e il collo ma non mi importa, non mi importa neppure del mio outfit, anche se si tratta di un fantastico recente acquisto, un abito su misura disegnato a posta per me. Ho avuto paura di non rivederli per colpa dei topi che si aggirano per New York: non andrò più da sola ad accompagnarli.
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