My love mine all mine

Nate

"Non dici niente?" è rimasta con le mani sulla bocca dal momento esatto in cui quando ha visto le sue foto proiettate ai suoi piedi, sul pavimento in ghiaccio di Central Park, il mio regalo di Natale per lei che sono riuscito a realizzare grazie all'aiuto di Jeffrey. Almeno ho dato un senso a quella voglia irrefrenabile e antipatica – anche - di doverle scattare foto. New York sembra una città perfetta per Taylor, uno sfondo dinamico ed eclettico proprio come lei, come è la sua vita. E forse è questo che il mio istinto artistico voleva catturare. D'altronde tutto quello che è naturale e spontaneo è arte e dunque doveva essere espresso. Io ho solo cercato di trovare una combinazione natalizia e sorprendente per lei.

"Nate io... non so cosa dire" pronuncia finalmente.

"Allora non dire niente Taylor..." le dico mentre avanzo verso di lei "non sono bravo con le parole ma a modo mio dovevo dirti che grazie a te ho capito che non posso rinunciare al mio passato, non devo, non senza aver risolto quello che resta in sospeso..."

"Ti stai riferendo a tua madre?" chiede ancora più perplessa.

"Non solo... è arrivato il momento di perdonare New York" confesso, non senza difficoltà. Ho maturato questa convinzione dal momento che mi sono trovato faccia a faccia con un attacco di panico che mi ha fatto scappare dalla mia galleria. Non posso continuare così e in questo momento, l'unico appiglio che mi ancora alla realtà e che mi infonde la forza per affrontare quello che da cui sono scappato è lei, la sua purezza, la luce nei suoi occhi che è impossibile non percepire questa sera e che da sola illuminerebbe tutta New York. 

"Significa che... che..."

"Per un po' di tempo mi fermerò qui" 

"Io... non ero preparata a questo..." dice chinando la testa.

"A cosa?" chiedo divertito.

"A... be' ad averti intorno a New York" dice tornando a guardarmi negli occhi. Sorrido. La sua lingua biforcuta.

"È una città abbastanza grande e dispersiva in cui potremmo non incontrarci mai, il che mi conforta... almeno non rischio che mi travolgano i tuoi cani" ribatto sarcastico e scoppia a ridere.

"E..." esordisce facendo un passo in avanti per accorciare la distanza tra noi. Sento una scarica elettrica, un brivido che mi farebbe commettere qualcosa di pericoloso ora. Trattengo il respiro "se ti dicessi che farei in modo di incontrarti qualora non dovesse mai accadere per caso?" chiede con espressione innocente, o meglio, apparentemente innocente, ma pericolosamente innocua. Ed è questo che mi fa impazzire. Il suo essere ingenua ma al tempo stesso consapevolmente erotica mi fa perdere la testa, mi ha fatto perdere la testa – terrei a precisare. Se appena un anno fa mi avessero detto che sarei tornato di corsa a New York, la città da cui sto scappando da anni, dopo aver lasciato la mia ragazza, con cui eravamo in programma di sposarci, di aver sfidato le previsioni e di non avere alcuna idea di quale sarà il mio futuro da questo momento be'... non ci avrei creduto, ammesso che ci creda ancora ora. Ma, e forse è questo che mi preoccupa davvero, sento che non vorrei essere in un altro posto che non sia questo e con nessun'altra persona che non sia Taylor.

"Ti risponderei che il caso ci è venuto incontro una volta e non dovremmo scomodarlo ancora" pronuncio queste parole sul suo collo. Posso sentirla rabbrividire.

"Buon Natale Taylor" mi stacco lentamente da lei per guardarla negli occhi, far aderire i miei palmi sulle sue guance e semplicemente baciarla.

Taylor

D'accordo. Lo ammetto solo ora. Dentro di me, pur avendo prudentemente e coscientemente tenuto a bada i miei film mentali, ho sperato fino in fondo che questo si avverasse. Che Nate mi augurasse buon Natale baciandomi, ma la mia fantasia non sarebbe mai arrivata a questo punto. Non avrei mai immaginato che mi avrebbe sorpresa presentandosi la sera della Vigilia, dopo che aveva lasciato New York neanche da un giorno, mettendosi a servire al tavolo degli ospiti della serata di beneficenza, accompagnandomi a Central Park per farmi vedere tutte le fotografie che mi aveva scattato durante nei giorni in cui abbiamo camminato per New York cercando di catturare l'essenza del Natale.

"Avrei tante domande da farti ma una proprio non riesco a rimandarla... come hai fatto ad organizzare la proiezione?" chiedo rompendo il silenzio ora che ci troviamo all'ingresso del Rivera Apartments.

"Tu hai i tuoi schiaccianoci, io ho i miei elfi... o i miei Oompa  Loompa se preferisci" scoppio a ridere, un po' preda della confusione che ho in testa un po' per l'euforia che mi provoca, decretando l'evaporazione del mio buon senso.

"Non riesci proprio a prendermi sul serio, vero Nate?" chiedo arresa. Lui, di tutta risposta, mi attira a sé. Con un braccio mi cinge la schiena, mentre con una mano mi prende per la nuca, iniettando il suo sguardo nel mio. Sussulto. Le sue labbra affondano nelle mie. Trovo un appiglio nel suo cappotto, devo sfogare o trattenere un gesto più violento, quello di aggrapparmi a lui, cingergli la schiena con le gambe perché finiamo quello che abbiamo iniziato qualche sera fa. Lo voglio e non posso dire che non mi senta desiderata da lui. Mi toglierei i vestiti proprio ora, in mezzo alla strada, con temperature sotto lo zero, pur di unirmi a Nate e soddisfare il desiderio che ragita la mia dea interiore. Sento il sangue bollire nelle vene. La sua lingua si fa strada nella mia bocca, con un ritmo dolce, violento e passionale al tempo stesso. Non sono mai stata baciata in questo modo. Quando si allontana sono stordita, lo guardo delusa, illusa che potessimo continuare a volerci in questo modo urgente e disperato.

"Ora ti ho presa sul serio?" chiede con un ghigno che scava una fossetta all'angolo della bocca. Annuisco debolmente. Devo ancora riprendermi. Credo che in fondo si diverta a torturare le sue prede che non devono resistergli per molto...

"Non sono più un inquilino..." puntualizza mentre mi appresto ad entrare.

"Si dà il caso che io sia la proprietaria..."

"E.." la sua voce, alla mie spalle, si insinua dentro di me con fare sensuale ed io sento le gambe pronte a cedere "la proprietaria cosa vorrebbe adesso?" sento la sua mano farsi strada sul mio bacino, slacciare la cinta del cappotto e voltarmi rapidamente perché il suo sguardo possa tenermi in pugno.

"Un altro regalo di Natale" sussurro sulle sue labbra, senza distogliere gli occhi dai suoi, non potrei neanche se volessi. E' come se fossero la sorgente da cui nutra tutto il mio bisogno di sicurezza che mi fa parlare e dar sfogo ai miei desideri più proibiti.

"Ed io che mi ero ricreduto... sei proprio viziata" mi provoca e con la lingua lo stuzzico sulle labbra per cercare la sua.

"Ti voglio Nate" sussurro aggrappandomi al bavero del cappotto ed è quasi un'implorazione. Non ho la forza e la lucidità per reggere il nostro gioco di provocazioni.

"Sono tornato per te, Taylor" sussurra al mio orecchio tanto intensamente da farmi chiudere gli occhi e chinare il collo indietro, quando il suo profumo speziato si inerpica dentro di me fino a inebriarmi completamente "per averti questa notte" continua. Le sue labbra approdano sul mio collo con un bacio lungo, dolce ed estremamente passionale. Mi scappa un gemito. Sono le parole con cui conquista la mia anima. Questa notte voglio essere completamente, esclusivamente, interamente sua.

Nate

In ascensore liberiamo finalmente il desiderio che abbiamo l'uno dell'altra. Taylor si priva sensualmente del cappotto e del vestito, mentre con i suoi felini occhi azzurri mi tiene in ostaggio. Ed io mi sento perfettamente caduto nella sua rete, una trama di seduzione in cui la contemplo finché non arriva a svelare la sua lingerie.

"Faccio io" le dico, perentorio, inginocchiandomi. Taylor con la schiena aderente alla parete arriva a sedersi ed io mi avvicino al suo bacino per sfilarle le calze con i denti. Risalgo all'altezza del suo petto, mentre la ascolto ansimare, finché lei, come risponda ad un ordine, si slaccia il reggiseno di pizzo. Mi prendo un istante per guardarla e fotografare con gli occhi questo momento. Non so cosa ho fatto per meritarmi Taylor, ma una cosa è certa. Da questa sera credo che inizierò a credere ai miracoli di Natale. 

"Che c'è?" chiede senza perdere tutta quella sicurezza che non le ho mai visto da quando l'ho incontrata. Scuoto la testa, incredulo di vivere questo momento e, soprattutto, di sentirmi vivo in questo momento, per la prima volta dopo tanto tempo, senza rabbie, senza rancori, risentimenti, provando solo... gratitudine.

"Sei... perfetta" dico baciandola. Le sue mani affondano nei miei capelli e le gambe si aggorivgliano alla mia schiena in un modo che mi fa sentire invincibile e, per la prima volta, amato. La afferro stringendola a me e, trascurando gli indumenti sparsi nell'ascensore che ora si è aperto sull'attico, mi dirigo, con la sicurezza di chi ormai conosce questo posto, verso la penisola di marmo. Taylor si distende facendo scivolare un piede sulla mia spalla. Lo bacio delicatamente, senza distogliere il mio sguardo dal suo, e con la lingua traccio una linea dalla caviglia, all'interno coscia, fino all'inguine. Le scappa un gemito e mantenendo il contatto con gli occhi le sfilo gli slip.

"Nate" ansima contorcendosi sul tavolo. Mi sfilo la cintura dei jeans, voglio regalarle la notte migliore della sua vita. Voglio soddisfare il suo piacere, voglio che si senta desiderata come merita. Voglio che capisca che potevo tornare solo per lei. Perché è lei che mi ha riportato indietro, è lei che mi ha mostrato la strada per tornare, tornare a riconciliarmi con me stesso. Ad illuminarci le luci di Manhattan. Con inaspettata, innocente ed erotica destrezza, mi sfila i boxer. Mi chino su di lei, tracciando un sentiero con la lingua dal collo alla vita.

"Dillo ancora" le sussurro sull'ombelico.

"Nate" la sua voce è flebile.

"Ancora..." la incito mentre scendo più giù. Taylor mi asseconda. È pronta, lo sono anch'io. Recupero il preservativo dalla tasca del jeans. 

"Nate" Taylor leva un grido quasi esasperato. Non mi sono mai riconosciuto nel mio nome quanto adesso che viene pronunciato da lei con urgenza, necessità, disperazione e passione. Entro dentro di lei, con affondi dolci e lenti, per conoscerci, per conoscerla, finché capisco di non voler trovarmi in alcun posto che non sia con lei e soprattutto che non sia dentro di lei.

"Taylor" sussurro guardandola negli occhi e, insieme, raggiungiamo il culmine.

Taylor

Non credevo di poter desiderare e volere qualcuno quanto mi sto rendendo conto di volere Nate. I suoi affondi dentro di me, prima lenti e dolci, poi violenti e intensi, proprio come quello che stiamo provando, hanno creato come una voragine. Io a stento mi sono riconosciuta quando ho urlato il suo nome, per estinguere l'urgenza di averlo dentro di me. Non so quando ho iniziato a capire di appartenergli, o forse, l'ho saputo proprio nel momento in cui ho guardato le sue foto per la prima volta. Nate Hale ha un dono, penetrare le persone – no, no non nel senso fisico del termine, per cui tra l'altro posso dire che è portato, molto portato – riesce ad entrarti dentro con uno sguardo e riesce a strapparti la parte migliore di te, mettertela davanti agli occhi, farne un'opera d'arte. 

Nelle foto che mi ha scattato ho visto la ragazza che sono stata, la bambina che con il sorriso spensierato sfrecciava sui pattini a Central Park, la bambina che attendeva la notte di Natale per avere l'attenzione di tutti mentre scartava i regali, la ragazza che si è impegnata per essere una Rivera responsabile come tutti i membri della mia famiglia, ma Nate ha anche fermato un momento. Quello in cui scruto a testa alta il cielo con aria interrogativa. Ricordo cosa mi stessi chiedendo in quel momento... Fino a quando resisterò ad assecondare gli altri? Quando avrò il coraggio di intraprendere la mia strada? Ora che guardo Nate disteso sul mio letto, nudo, al mio fianco, mentre mi osserva, forse ho la risposta che cercavo.

"Buon Natale Nate" lo bacio. Siamo distesi sul mio letto - completamente sfatto -  non ho idea di che ore siano ma di certo il tempo non ha importanza in questo momento, per me potrebbe anche essersi fermato all'insegna di una notte con lui. Salgo sopra di lui, mentre sento rimontare dentro di me l'estasi che non ci ha fatto chiudere occhio tutta la notte.

"Credo che stai per regalarmi il miglior Natale di sempre Taylor" dice con le braccia dietro la nuca, mentre mi rivolge il suo solito sguardo enigmatico, insieme al sorriso sornione che lo contraddistingue. Lo guardo incuriosita.

"Perché?"

"Lo scoprirai presto, ma prima..." la sua voce torna a farsi roca, suadente...erotica. Con uno scatto si avvicina a me, con la luce del giorno posso osservare il suo addome scolpito, la capigliatura bionda scarmigliata e gli occhi profondamente azzurri. Scelgo di restare lucida, anziché abbandonarmi all'irrazionale passione che mi ha scossa da quando ci siamo baciati per la prima volta, per godermi a pieno il suo desiderio. 

"Aspetta" mi sussurra sul collo, divertito. Si alza e si dirige per le scale, intuisco dove sia diretto e appena mi raggiunge ho la conferma che abbia recuperato il portafogli, da cui sfila un preservativo.
"Non ce n'era bisogno, nel cassetto c'è una scatola piena" sussurro sulla sua bocca, alludendo al comodino accanto al letto.
"Buono a sapersi" dice mordendomi il labbro. Salgo sopra di lui, aiutandolo ad infilare il profilattico. Porta le mani sui miei fianchi e si leva per baciarmi. Fa scorrere una mano lungo la schiena, fino alla nuca, che ora giace stretta nella sua presa, costringendomi a guardarlo negli occhi mentre provo ciò che nessun ragazzo mi ha fatto mai provare.

"Sei bellissima" dice ansimante. Arrossisco, ma non mi importa. Lo voglio. Le nostre bocche si incastrano di nuovo, mentre i corpi assaporano il piacere che li invade. Più concitati, l'uno nell'altra cerchiamo il culmine e lo troviamo, insieme, di nuovo. Mi sdraio sul letto, ansimante. Si fa strada sopra di me. Lo voglio ancora. Mi basta guardare le sue labbra gonfie per voler essere baciata di nuovo da lui, come sa fare lui.

"Non so se ne avrò mai abbastanza" confesso sottovoce, come me ne sentissi in colpa, e lui, senza ulteriori implorazioni, mi accontenta. 

La mattina di Natale abbiamo sempre avuto una tradizione in casa Rivera. Svegliarci presto, scartare i regali e fare colazione tutti insieme. Ma, negli ultimi anni, da quando i miei genitori hanno divorziato, il momento della colazione si è accorciato sempre di più, mentre il momento dei regali è diventato una scusa per distogliere l'attenzione dai ricordi che inevitabilmente si infiltravano nel presente. Mi sono resa conto in questi giorni di essere rimasta l'unica legata al passato. Se Nate lo ha rinnegato, io mi ci sono aggrappata perché ho sempre creduto che rinnovando ogni anno le consuetudini le cose non sarebbero cambiate del tutto.

"Taylor" Nate mi cerca con lo sguardo, è ancora dentro di me. Sta scrutando il mio sguardo, con i suoi occhi limpidi.

"Facciamo colazione insieme, Nate?" chiedo spontaneamente.

Nate

"Non so quali siano le tue abitudini, ma scommetto che la colazione del giorno di Natale sia una di queste, o mi sbaglio?" azzardo mentre la aiuto a sistemare su un tavolo tutto quello che probabilmente Maddie ha preparato per la colazione che i Rivera avrebbero dovuto fare questa mattina.

"Di certo non era una mia abitudine né un mio lontano pensiero fare colazione con Nate Hale la mattina di Natale" risponde sarcastica.

"Be'... miglior regalo di Natale non lo potresti avere signorina, o mi sbaglio?"

"Mmm..." si avvicina con un barattolo di cioccolata spalmabile in mano e il cucchiaino in bocca "non saprei..." .

Ah sì? Le mie intenzioni non devono esserle chiare, visto che la sua espressione cambia per farsi più preoccupata mentre mi avvento su di lei, le strappo dalle mani il barattolo di cioccolata e la faccio salire sul tavolo.

"Vediamo se ti faccio cambiare idea..." inizio a cospargerle la clavicola di cioccolata.

"Forse è un modo interessante per inaugurare nuove abitudini..." le sussurro sul collo.

Taylor

"Ok, devo dire che è la colazione migliore degli ultimi tempi" devo ammettere che Nate sa come far sentire desiderata una donna, sa come soddisfarla.

"Ti andrebbe di accompagnarmi da una parte?" mi chiede all'improvviso, mentre beviamo il caffè nudi sul letto, con le gambe intrecciate. È il Natale più anticonformista che abbia mai trascorso. Lo guardo incuriosita.

"Ci andrei solo con te" mi sussurra sul collo. Cerco il suo sguardo e dalla sfumatura malinconica posso intuire dove voglia andare, per cui annuisco.

"C'è un altro piccolo regalo per te" confida. Mi alzo dal letto, nuda, non mi vergogno che mi guardi così come sono, anzi, sostengo il suo sguardo perché capisca che voglio che continui a osservarmi con quel ghigno diabolico che ogni tanto compare sulla sua bocca.

"Dentro il tuo armadio..." suggerisce. Il mio armadio? Come ci è arrivato nel mio armadio un regalo di Nate? Ho i ricordi abbastanza chiari di ieri sera e non riguardano il mio armadio. Lo apro e... davanti ai miei occhi trovo il vestito di Valentino, quello che mi aveva incantata tanto da farmi distrarre e perdere Rick e Rock, appeso ad un gruccia. 

"Non ci credo! Nate!" mi raggiunge, nudo anche lui "quando... come... perché?" chiedo incredula.

"L'ho fatto recapitare ieri sera a Roger, eravamo d'accordo che non ti avrebbe detto nulla" confessa.

"Non dovevi Nate... io... non ti ho regalato nulla" ammetto mortificata.

"Taylor" mi prende le mani "tu mi hai fatto il regalo migliore e inaspettato che potessi desiderare. Mi hai aiutato a riconciliarmi con il mio passato. Non sapevo più chi ero. Andando in giro per il mondo, non ho fatto altro che scappare. Ora ho capito tutto, dovevo tornare per partire davvero, per ricominciare davvero" dice ed io, forse per la prima volta, non so davvero cosa dire.

"Nate..." le sue labbra affiorano sulle mie.

"Provalo per me Taylor..." dice, facendomi compiere una piroetta tanto da ritrovarmi davanti il vestito e mi rendo conto che con quella voce profonda potrebbe chiedermi ogni cosa.

***

Siamo davanti al portone di una casa al primo piano, interamente di color rosso mattone, numero cinquantaquattro, nel Queens. Stringo la mano di Nate, è rigido - e non per il freddo.

"Coraggio" sussurro. Lui afferra la mia, come stesse cercando la forza per restare e non andarsene. Non ho mai visto la paura nei suoi occhi azzurri come il cielo, un cielo che oggi non si direbbe terso ma velato da nubi - la preoccupazione che lo attanaglia. Dopo un respiro profondo, Nate suona il campanello. Aspettiamo senza successo. Suona di nuovo, ma nulla. Siamo sul punto di tornare indietro, quando qualcuno apre la porta e dietro di essa si palesa una signora, dapprima diffidente a vederci – e come darle torto alle dieci della mattina di Natale? – poi si svela interamente. È una signora giovane, bella anche, ma il volto, incorniciato da un caschetto lungo, trascurato, è scavato, gli occhi chiari sono tristi e malinconici... come quelli di Nate ora. Stringo il suo braccio perché si faccia avanti.

"N...Nate?" la donna avanza con voce flebile.

"Mamma" dice in un sussurro sufficiente da poter percepire la sua voce rotta. Entrambi – orgogliosi immagino – dapprima mantengono, freddi, le distanze, ma questo distacco non dura a lungo. Si buttano l'uno tra le braccia dell'altra ed io mi faccio in disparte, commossa, per lasciare che colmino le distanze che li hanno divisi per anni.

"Ada chi è?" una voce burbera, stoppacciosa proviene dall'interno e mi basta osservare la reazione spaventata della madre di Nate per immaginare di chi si tratti. Nate contrae la mascella, ancor prima che si palesi.

"Sono venuto a prenderti e portarti via da qui. Non dirmi di no, dovevo farlo tempo fa. Dimmi che non è tardi e che vieni con me>> dice frettolosamente, prima che l'uomo si palesi nella sua interezza. Non riesco a tenere a freno le lacrime, per la tensione del momento. Nate è determinato, sua madre è spaventata. Si regge a lui, come fosse la sua ancora di salvezza, ma con terrore guarda verso l'abitazione. Un uomo alto, con un baffo nero folto che gli copre il labbro superiore, il volto paonazzo e gli occhi rossi e lucidi - per via dell'alcol credo - esce di casa e si fa incredulo davanti al figlio.

"Oh oh il figliol prodigo. Ora ti ricordi che hai una famiglia? Che c'è? Hai finito i soldi?" bercia con disprezzo. Nate lo ricambia con la stessa espressione, mi sforzo di trovare qualche punto in comune eppure potrei dire che quest'uomo non abbia nulla in comune con Nate che, in questo momento, probabilmente si avventerebbe su di lui volentieri, ma torna a soffermarsi sulla madre. Lei non dice nulla. Annuisce.

"Manderemo qualcuno a prendere le sue cose, signora. Venga con noi" propongo, prendendola sotto braccio. Lascio che Nate si intrattenga con suo padre mentre accompagno sua madre nell'auto. Lei mi sorride e l'ansia, che ho sentito e condiviso con Nate al manifestarsi di suo padre, svanisce immediatamente. Nate ci raggiunge, entrambi le cingiamo i fianchi con un braccio per rassicurarla e, soprattutto, non farla sentire sola. Dico a Roger di andare. Torniamo a casa, insieme.

***

"Sorpresaaaa!" appena rientriamo al Rivera Apartments, vedo mia madre, il suo compagno Fred, e i miei fratelli ad accogliermi, anzi, accoglierci.

"Non posso crederci!" non riesco a contenermi per la gioia e corro ad abbracciarli.

"Ce l'avete fatta!" dico incredula.

"Non potevamo mica lasciarti sola il giorno di Natale, scimmietta" è il modo affettuoso in cui mi chiama Alex.

"Oh ma non sei sola" osserva mia madre mentre guarda con interesse Nate, che sostiene la madre con un braccio.

"Eh no.. non è sola" commenta sarcastico Benjamin. Arrossisco "aspetta, ma lui è..."

"Nate Hale" dicono in coro.

"Oh... e chi sarebbe? Be' piacere Nate, sono Fred Helms" Nate stringe imbarazzato – incredibilmente imbarazzato – la mano di Fred ed io cerco di fare qualcosa per creare una situazione meno complicata possibile.

"Bene, che ne dite di una bella colazione per raccontarci le nostre vite?" propongo entusiasta ma ricevo solo espressioni sbigottite. Ok, forse dovrei dare delle spiegazioni. Ma è Natale, perché non godersi la giornata?

"Aspettate un attimo... ma dove sono Rick e Rock?" chiedo ad un tratto. Neanche ieri sera li ho visti ora che ci penso. Istintivamente guardo Nate, che alza le spalle sorpreso quanto me.

"Buongiorno e buon Natale a tutta la famiglia Riveraaa!" ci voltiamo tutti in direzione dell'ascensore da dove esce Maddie con i miei golden retriever che non mancano di farci le feste - hanno un fiocco rosso intorno al collo e ancora le pettorine in tartan - il loro modo di augurarci buon Natale.

"Maddie" approfitto per avvicinarmi mentre Rick e Rock distraggono gli altri "come mai li avevi tu?" le chiedo prendendola in disparte.

"Oh be'... credevo che ti avrebbe fatto comodo avere la casa libera..." bisbiglia guardando verso Nate. Avvampo "visto che dovevi riposare dopo tutti gli sforzi che hai impiegato per organizzare l'evento di beneficenza...>> si affretta ad aggiungere. La adoro. Guardo Nate, che ha sulle labbra un sorriso sornione, deve aver origliato la nostra conversazione.

"Grazie" sussurro. Lei mi fa l'occhiolino e va a salutare il resto della famiglia.

"Benvenuta in casa Rivera" dico alla madre di Nate abbracciandola.

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