E correvo

angolodidorothy ~ _RebyMay_ ~ -caffejnx

E correvo.

Sembrava che ormai i miei piedi si muovessero da soli, senza bisogno del mio controllo. Percepivo le suole delle mie scarpe sferzare il terreno ed innalzare minuti ammassi di terriccio compatto. Davanti a me, si estendeva un'apparentemente infinito campo verdeggiante ed incontaminato.

Se non mi fossi trovato in una situazione in una tale situazione, mi sarei sicuramente fermato all'ombra di un albero ad osservare il cielo ed i batuffoli candidi che lo costellavano. Purtroppo, quello non era il momento giusto.

Non sapevo da quanto stavo correndo. Potevano essere passati minuti, così come secondi, da quando avevo attraversato quel warp gate. Ho ricordi offuscati di quei momenti. Ricordo l'ansia, il panico più incontrollato, un vociare indistinto, delle grida e poi... il nulla. Compiuto un passo, precipitai in un baratro oscuro. Mi sentivo inerme, incapace di compiere qualsiasi azione. Ogni mio movimento veniva bloccato dalla paura. L'unica sensazione che provavo oltre quest'ultima era l'emozione della caduta libera.

Speravo che quella tortura terminasse il prima possibile. Odiavo sentirmi totalmente in balia degli agenti esterni. Mi lasciai andare ed attesi. Improvvisamente, una luce accecante si impossessò dei miei occhi lasciandomi stordito qualche attimo.

Quando la mia vista si ristabilì. Constatai di trovarmi in un luogo a me sconosciuto. Nella mia mente un'unica parola.

Corri.

E correvo.

Senza sosta e senza rallentare. Grazie agli allenamenti giornalieri, non avevo problemi a mantenere una velocità costante. Piccole gocce imperlavano la mia fronte e cominciavano a ridiscendere il mio volto fino a precipitare nel suolo, inumidendo il terriccio. La testa mi doleva e pulsava. Il mio cuore batteva imperterrito nella gabbia toracica come se in essa albergasse una tempesta incontrollabile. Quella parola. Quella semplice parola era riuscita a mandare in tilt il mio cervello.

Ero affannato, confuso, non riuscivo a formulare un pensiero di senso compiuto. Solo quelle poche sillabe continuavano a rimbombare nella mia mente senza lasciarmi un minuto di tregua.

Vieni con noi.

E correvo.

Ormai ero arrivato in prossimità di una scoscesa collina. La salita era ripida, certo, ma non mi sarei fermato per alcuna ragione al mondo. Più salivo, più le mie intenzioni si facevano chiare. Cosa avrei dato per scambiare la mia situazione con la sua. Per poter correre su quel pendio senza problemi. Saremmo stati entrambi meglio. Purtroppo, non era possibile. Ci sarebbe voluto un miracolo. Ma quello non era il momento adatto per cominciare a credere e pregare.

Ero quasi in cima. Le mie speranze lottavano per farsi sentire, ma le preoccupazioni avevano la meglio. Il terrore continuava a rodermi senza che io potessi fare alcunché. Una volta giunto in cima, i miei dubbi vennero confermati. Non ero stato vittima di uno stato di anormale confusione, quella era la realtà. Ciò che vedevo stava accadendo sul serio.

I membri dell'Unione dei Villain si trovavano proprio ai piedi di quella rigogliosa collina. Udivo il loro vociare, ma non riuscivo a distiguere una sola parola. Diedi la colpa alla lontananza. Riuscivo a vedere i codini spettinati di Toga, le cicatrici e bruciature di Dabi, le squame di Spinner, la maschera di Mr Compress, i capelli scoloriti di Shigaraki. Un elemento in particolare, in tutta quella confusione, attrasse la mia attenzione.

Proprio al centro del gruppo, era facilmente visibile una zazzera di capelli biondo cenere sparati in aria. A differenza degli altri individui (i cui volti erano nascosti nell'ombra), riuscii a cogliere ogni minimo tratto del suo viso. Come al solito, ad affascinarmi furono quelle magnetiche iridi color rubino che, col tempo, avevo imparato ad amare. Mi soffermai, però, sui suoi candidi denti privi di ogni imperfezione. Stava ridendo.

Per questo ripresi a correre, se possibile ancora più veloce di prima. Che cosa stava succedendo? Persi l'equilibrio sbilanciandomi in avanti. Ero ormai arrivato in fondo al rilievo. Prima che me ne potessi rendere conto, caddi e battei la faccia sull'erba. Quando mi rialzai, i Villain mi avevano circondato. Nonostante questo, non li degnai di uno sguardo. La mia attenzione era interamente rivolta verso di lui.

Lo osservai cambiare espressione. Sul suo volto comparve un ghigno divertito, beffardo. Un brivido mi percorse la schiena. Non mi aveva mai guardato in quel modo. Aprii e chiusi la mia bocca più e più volte.

Così tante incertezze mi infestavano il cervello. Quante parole avevo da dirgli. Eppure, nessuna di queste uscì dalla mia bocca. Parlai senza pensarci.

"Perché?"

La mia voce era spezzata dalle imminenti lacrime. Non capivo, o forse non volevo capire. Fu lui stesso a darmi delucidazioni.

"Perché? Sarei io a dovertelo chiedere. Come mai sei qui? Perché volevi aiutarmi? Forse a causa di quelle cazzate che ti dicevo ogni giorno a questa parte? O forse perché sei un ingenuo del cazzo? Sta di fatto, che io non ti devo alcuna spiegazione. Dopotutto, però, come potrei lasciarti a mani vuote dopo tutta la fatica che hai fatto?"

La sua voce mi fece trasalire. Era più profonda, fredda. Semplicemente... priva della traccia di emozioni umane. Dovetti inspirare a fondo prima di ascoltare ciò che aveva da dirmi.

"Vi ho sempre ripetuto, dannate comparse, che io sarei diventato il Numero 1. Tuttavia, Deku ed il Bastardo a metà sono un ostacolo; penso lo comprenda anche tu. Shigaraki e l'Unione mi hanno offerto il loro aiuto. In cambio, avrei solo dovuto recitare la mia parte e dar loro qualche informazione."

Non riuscivo a crederci, non potevo crederci. Non riuscii a replicare. Non ne ebbi la forza.

Il suo sguardo freddo ed apatico venne attraversato da una scintilla di divertimento. Allora, erano state tutte bugie? Tutte le parole gentili, le risate insieme, le dichiarazioni d'amore sussurrate. Era tutto una farsa?

Una lacrima ridiscese silenziosamente la mia guancia. Non mi presi neanche la briga di asciugarla. Il suo ghigno soddisfatto era più doloroso di qualsiasi tortura.

"Visto, Eiji? Sei un debole. Lo sei sempre stato. Qualche allenamento non cambierà ciò che sei veramente."

Gocce salate cominciarono a scendere copiose. Come poteva dirmi una cosa del genere? Da quanto lo pensava? Era la verità? 

Sembrava si fosse divertito a prendermi per i fondelli. Questo era ancora più doloroso.

Il mio flusso continuo di pensieri venne interrotto. Udivo delle lettere.

E.... I ..... I.....

E.... I .....

E..... J..... O

Qualcuno stava pronunciando una parola. Tentai di ricostruirla, ma senza successo.

"EIJIRO! CHE CAZZO FAI, COGLIONE?"

Spalancai gli occhi. Dinnanzi a me, si trovavano le iridi rosse che avevo visto in sogno. Tuttavia, il luogo e l'espressione di quel ragazzo erano variate. Non riuscii a guardarmi attorno, troppo scombussolato per compiere qualsiasi minima azione, ma notai che mi trovavo in una stanza dalle pareti grigiastre e contraddistinta da una porta di legno verde. Mi concentrai nuovamente su Katsuki, il quale sembrava davvero temere per la mia sanità mentale.

Ancora una volta, fu lui a riempire il silenzio con le sue grida.

"EIJIRO! GUARDAMI, CHE CAZZO! PERCHÉ TI SEI MESSO A PIANGERE NEL CUORE DELLA FOTTUTA NOTTE?"

Era preoccupato. Si capiva dalla tonalità della sua voce e dai suoi occhi stanchi, ma comunque in allerta in modo da poter far fronte a qualsiasi possibile minaccia. Scossi più volte la testa, ancora leggermente intontito, risvegliandomi da quello stato di trance in cui ero entrato poco fa.

"N-notte? Ma... non era pomeriggio? Tu..."

Al solo pensiero di quanto avevo visto, le lacrime ricominciarono a rigarmi le guance. Katsuki aggrottò visibilmente le sopracciglia.

"Di cosa stai parlando, idiota? Dopo la fine del film, siamo andati a dormire, ricordi? Cos'è che ti preoccupa così tanto. E poi, perché parlavi a vanvera durante il sonno? Che cazzo c'entro io con l'Unione?"

Cercai di richiamare alla mente ciò che mi aveva appena raccontato senza successo. Avevamo davvero visto un film? Poi, una scena. Una soltanto. Ma abbastanza per ricordarmi il titolo del lungometraggio che avevamo visto insieme. Fu allora che capii.

Capii che ero stato uno scemo a piangere. Capii che nulla di tutto quello che avevo visto era reale. Capii che Katsuki non ci aveva realmente tradito.

Piccole perle si formarono sulla linea di delimitazione delle palpebre. Questa volta, erano lacrime di gioia. Abbracciai il mio fidanzato di slancio, senza rifletterci troppo. Si irrigidì istantaneamente, ma ben presto mi lasciò fare e ricambiò. Trascorremmo qualche minuto così, immobili ed a coccolarci a vicenda. Nella stanza aleggiava il silenzio.

Come al solito, fu lui a romperlo.

"Su coglione, ora sdraiati e riposa. Altrimenti, come potrai passare la verifica di matematica?"

Ridacchiai. Ero una frana in matematica. 

Mi beai ancora per qualche attimo del profumo del suo shampoo al cocco inspirandolo profondamente. Passai le mani sulle ciocche dei suoi capelli ribelli (che, nonostante l'aspetto, erano davvero morbidi) per poi fare quanto Katsuki mi aveva detto.

"Sei davvero un bambino, Eiji." Lo disse con il sorriso, senza malizia o secondi scopi. Erano parole pronunciate con affetto.

Sorrisi. Finalmente lo riconoscevo. Sospirai sollevato. Attesi qualche minuto per dirglielo.

"Ti amo, Tsuki."

Lo udii sbuffare, ma la sua espressione era impossibile da fraintendere. Portò una mano all'altezza di una delle mie guance ancora umide e la accarezzò con i polpastrelli.

"Anch'io, Eiji." disse in un sussurro.

Ci addormentammo così, in balia della brezza estiva che arrivava dalla finestra spalancata della sua camera.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top