Harlow e i macachi (Nahida & Scaramouche)

AU dove Ei non ha rinnegato Kunikuzushi e lo ha tenuto con sè anche se non si è mai comportata da vera madre. Con l'arrivo del Traveler ad Inazuma, invece della risoluzione degli eventi che portava ad abolire il Sakoku Decree, l'electro archon si è sentita così minacciata da dichiarare guerra a tutto il resto di Teyvat con l'aiuto della sua creazione. 

I cieli e la terra rimbombavano portando ovunque l'eco della tempesta imminente. 
Non c'era parte del mondo che si sarebbe salvata dall'ira di Beelzebul, ovunque lei avrebbe camminato il suolo si sarebbe piegato alla furia devastante del suo dolore. Nessuno valeva la pena di essere risparmiato, nessuno era stato in grado di provarle il valore del genere umano, nessuno era stato in grado di ridarle un briciolo di speranza nel futuro. Nulla si meritava di fuggire alla sua furia: non la roccia millenaria di Liyue, non il vento libero di Monstadt, non le radici della vita di Sumeru, non le acque di Fontaine o la sabbia rovente di Natlan,o i ghiacci taglienti di Snezhnaya. E, in realtà, nemmeno Inazuma. 
Nemmeno Yae Miko aveva provato a fermarla. 
Le aveva chiesto spiegazioni, o meglio aveva cercato di raggiungere la sua coscienza nelle profondità nel pupazzo da lei creato per nascondersi da tutto e da tutti, ma lo sguardo glaciale, apatico, inesistente di quello non le aveva restituito nemmeno una delle sue parole. 
Poi aveva cercato di fermarla, non perchè Miko avesse in qualche modo il futuro di Teyvay, no di certo - lei aveva già perso tanto quanto Ei con il solo scorrere del tempo- , ma perchè temeva di ciò che sarebbe potuto accaderle andando incontro alla reazione degli altri Archon, di Celestia stessa. Eppure lei sapeva bene che quel tentativo era vano, a nulla le tornavano utili la sua personalità e la sua presenza di spirito che potevano intimidire un umano, forse, una persona che la guardasse dal basso della valle verso la cima del Gran Narukami Shrine. 
<<Tu lo capisci,vero?>> aveva esclamato infine, con voce tremante e l'espressione stravolta, al giovane che sempre vagava scalzo per il santuario, miracolo della vita creato dalle mani dello stesso tiranno. Simili, se non identici, nell'aspetto e nella personalità, lo aveva creato come un primo tentativo per ciò che era la sua residenza attuale: Raiden Shogun, contenitore della coscienza di Ei. 
Yae Miko l'aveva avvertita che se non se ne fossero subito disfatti ci sarebbero state conseguenze. Ei non l'aveva ascoltata, aveva detto che per qualche motivo non voleva controllarlo, ma che non lo avrebbe nemmeno abbandonato perchè comprendeva che non era certo stato suo il desiderio di nascere ed esisere, anche se questo peso gli sarebbe gravato da quel momento in poi. 
Non si era certo comportata come una madre. Non aveva neanche mai pensato alla sua creazione come a qualcosa di simile ad un figlio; lo Shogun aveva provveduto a quei pochi bisogni di pupazzo che manifestava e poi lo lasciava vagabondare in giro e  vedere il mondo. Eppure lui tornava sempre a casa alla fine della giornata, per un motivo sconosciuto. Non si era particolarmente legato a nessun altro che non fosse Yae Miko e alcune delle sacerdotesse del tempio. Con Ei non parlava praticamente mai. Eppure la youkai pensava che, se Kunikuzushi - questo il nome che gli era stato dato - glielo avesse chiesto, forse lei avrebbe rinunciato al proposito della guerra.
<<Se questo è il suo desiderio>> aveva risposto il pupazzo alla disperata richiesta <<allora io l'assisterò nella battaglia e nella gloria futura>>
E così aveva fatto, onorando il suo proposito per prima cosa gettando Miko nelle antiche segrete del Tenshukaku.
Lungi dal rifiutare l'aiuto, Beelzebul cominciò la sua opera di conquista di Teyvat insieme al suo prodigio.
Attraversarono le acque in tempesta del mare sul navi da guerra che recavano il simbolo di Inazuma e giunsero fino a Liyue. L'aiuto di Kunikuzushi si rivelò fondamentale più di una volta. Se entrambi loro avrebbero avuto la stessa possibilità di conquistare una nazione da soli, ciò che riuscirono a fare insieme superò di gran lunga anche le previsioni di Yae Miko. 

Morax non si oppose alla caduta di Liyue. Ei sapeva che non avrebbe mai violato il contratto con cui cedeva la responsabilità di Liyue ai suoi stessi abitanti, e nemmeno Ningguang e tutti i Qixing furono in grado di arrestare la forza distruttiva di un dio adirato e del suo equivalente. 
Ci volle poco mese di un mese perchè da Liyue Harbour a Qingce Village sventolassero le bandiere di Inazuma. 
Le perdite furono ingenti. Di fronte a questa notizia Ei non mostrò alcun segno di cedimento. 
<<Se fosse necessario sarei anche in grado di conquistare il mondo da sola>> aveva detto. 
Kunikuzushi, che si bendava un braccio ferito accanto a lei, le aveva risposto. 
<<Non sarebbe mai possibile, finchè io sono vivo non saresti mai da sola>> aveva detto.
Ma la coscienza di Ei sembrava già svanita dietro gli occhi vacui dello Shogun, che di conto non gli aveva dato alcuna risposta.

"Negli anni 50, presso l'Università del Wisconsin, lo psicologo Harry Harlow condusse una serie di esperimenti sulla deprivazione materna utilizzando cuccioli di macaco.

Harlow separò precocemente dalle madri i piccoli macachi, che potevano disporre solo di due "sostituti materni": un fantoccio di panno, morbido ma che non forniva cibo, e uno di filo di ferro, che dispensava latte. "

Gli fu fatto sapere che la prossima a cadere sarebbe stata Sumeru. 
<<Perchè non Mondstat? Ho sentito che il loro Dio non si interessa dei loro affari>> chiese il pupazzo. 
<<Barbatos vive ancora fra le strade di Mondstat>> gli rispose lo Shogun, come era evidente dal tono inespressivo e la voce metallica <<non si interessa dei comuni affari, ma se minacciamo la sua nazione non esiterà a rispondere. Lui è forte. Buer, al contrario, non è benvoluta dai suoi abitanti e non ha abilità di combattimento degne di nota. Cederà subito e noi avremo il tempo di recuperare dagli scontri precedenti>>
A Kunikuzushi parve peculiare che un Dio non fosse benvoluto dalla sua gente al punto che lo avrebbero lasciato cadere senza lottare per lui. Ci pensava una sera mentre guardava la luna alta nel cielo dal pontile della nave, a pochi giorni dall'imminente invasione della nazione di Sumeru. 
"Beelzebul non è malvoluta. Solo temuta. Un Dio deve essere temuto, ma la gente di Inzuma lotta per lei" pensava. 
"Sicuro che lotti per lei e non per sè stessa?"
Una voce pacata dal timbro acuto risuonò nelle sue orecchie e gli causò un sussulto. Immediatamente pronto a combattere si guardò a lungo attorno, cercando un nemico che tuttavia non c'era. 
"Cosa cerchi, sciocchino? Io non ci sono" lo canzonò la voce.
<<Identificati immediatamente>> ordinò, non meno all'erta di prima. 
La voce riprese a parlare, e fu allora che il pupazzo si accorse che non era una voce che sentiva dall'esterno ma risiedeva esclusivamente nella sua mente. Non c'era nessuno intorno a lui a cui potesse chiedere se la sentiva a sua volta, tuttavia una rapida occhiata giù dal pontile della nave gli rivelò che le guardie non sembravano comportarsi in maniera diversa dal solito. Probabilmente era il solo a sentirla, ma questo non lo tranquillizzava.
"Sei sicuro che combattano per lei e non solo per cercare di salvarsi la vita?" ripetè la voce "la lealtà si fonda sul rispetto e sull'amore, fin tanto che procura solo la sopravvivenza non sarà soddisfatta nessuna di queste due condizioni"
Kunikuzushi si sentì adirato da quest'oltraggio alla sua creatrice, madre e superiore. 
<<Un Dio non ha il tempo e le risorse di amare tutta la sua gente, perciò il meglio che può fare per loro è garantire la soddisfazione dei loro bisogni>> risposte ad alta voce, non avendo ancora compreso che la voce poteva ascoltare i suoi pensieri.
"Un Dio ha tutto il tempo del mondo per amare la sua gente, e se la ama profondamente prima o poi anche i cuori dal suolo più arido daranno vita a bellissimi fiori"
Ci fu un istante di silenzio, ma subito la voce misteriosa incalzò con una nuova domanda.
"Tu credi che lei ti ami?"
<<Irrilevante>> fu la risposta immediata <<lei mi ha dato la vita, lei provvede a tenermi in vita>>
Ma da quel momento in poi e per i giorni successivi nella sua mente ci fu silenzio. 
Un silenzio tombale così arido che il pupazzo iniziò a pensare di essersi immaginato quell'incontro di cui, per motivi ignoti anche alla sua coscienza, non informò Ei.

Dunque andarono a conquistare Sumeru come programmato. 
Kunikuzushi scoprì che l'Archon aveva ragione: la popolazione di Sumeru viveva divisa tre il rimpianto del suo vecchio Dio e l'incertezza del non aver mai avuto segnali dell'effettiva presenza di Lesser Lord Kusanali. 
Si opposero, questo è certo, ma i loro interventi erano incoerenti e scoordinati. Combattevano più fra di loro che contro gli invasori, nemmeno una minaccia interna era stata in grado di unirli e per di più nemmeno quest'ultima minaccia sembrava aver indotto Buer ad intervenire in loro difesa. 
In più la gente di Sumeru era composta da scolari, ricercatori, saggi la cui conoscenza si scontrò violentemente contro l'acciaio delle lance dei samurai ed ebbe decisamente la peggio. 
Le foreste bruciarono incendiate dai fulmini della tempesta, le baracche ai confini del Chasm diventarono la base operativa per l'esercito che pianificava le mosse successive. 
Ei fece una richiesta molto particolare al suo giovane accompagnatore. 
<<Voglio che mi porti Lesser Lord Kusanali>> 
Kuni non avrebbe obiettato nessuna richiesta da parte sua. 
<<Perchè la vuoi viva? Posso ucciderla, è debole>> 
L'Archon non accolse benevolmente la proposta.
<<Se la ucciderai sarà peggio per te. La voglio qui viva>>
Disse, con tono inasprito. 
Lui non capiva, da sempre ogni sua decisione era stata fondamentalmente ponderata sul beneficio che poteva apportare alla sua nazione, a sè stessa. 
<<E se lei avesse un modo per ribellarsi che non conosciamo? Se avesse qualche trucco uccidendola le impediremmo di usarlo->>
La reazione di Ei non fu rabbiosa, mai lei si sarebbe scomposta, ma il pupazzo potè giurare di aver sentito il tuono rimbombare nelle orecchie quando lei gli rivolse l'occhiata più minacciosa che lui avesse mai visto, che per i suoi nemici, ne era certo, fosse l'ultima cosa che vedevano nella loro vita.
<<La sua coscienza è connessa con Irminsul, l'albero che custodisce tutta la verità della storia di Teyvat. Se posso averla viva, saprò cosa è successo a Makoto tanto tempo fa. Tu..  tu non puoi capire>> 
Detto questo se ne andò senza aggiungere altro. 
Gli occhi del pupazzo di velarono in un modo che mai aveva sperimentato prima di allora. Sentì le sue guance bagnarsi e alzò lo sguardo per vedere se piovesse attraverso il tetto di legno, ma non c'era niente. Sentiva una sensazione strana poco più in alto dello stomaco e non sapeva cosa fosse, perciò, ricolmo di confusione e angoscia che non aveva mai provato nella sua vita prima di allora, si coricò nella sua branda da solo sperando che la sua coscienza lo abbandonasse per il sonno. 
"La lealtà si fonda sul rispetto e sull'amore" ricordò le parole della strana voce qualche giorno prima. Subito si riscosse. Erano solo stupidaggini, lui e tutti gli altri soldati erano fedeli al loro Dio più che alla loro stessa vita e nessuno avrebbe mai potuto provargli il contrario. 
Avrebbe preso Buer, viva. L'avrebbe portata da Beelzebul e le avrebbe dimostrato che nessuna verità del passato valeva quanto la sua lealtà verso di lei nel presente. 

Il giorno dopo attaccarono Sumeru city. 
Ci misero davvero poco a raggiungerla da Gandharva Ville, e ben presto dovettero scontrarsi con le forze resistenti dell'Akademiya. Tuttavia anche loro erano solo saggi, scribi e gente colta che poco sapeva dell'addestramento lungo ed efficace dei samurai di Inazuma. 
Mentre il sangue veniva sparso sulle strade pavimentate, sulle baracche per strada e nelle taverne dove la musica vivace smise di suonare sostituita dal rumore metallico delle lance, Kunikuzushi risalì le infinite scale della struttura sulla quale si stagliava imponente l'Akademiya, alla ricerca del luogo dove gli era stato detto risiedesse l'Archon Dendro. O meglio, il luogo dove i saggi la tenevano rinchiusa per monopolizzare la popolazione. Quando lo venne a sapere questo suscitò in lui un'altra reazione sconosciuta: le sue labbra si incurvarono verso l'alto schiudendosi, e un suono sembrò provenire dall'altezza del suo stomaco. 
<<HAHAHA...>>
Il Santuario di Surasthana non era così difficile da trovare, e con l'attenzione dei saggi completamente direzionata alla loro stessa protezione non fu difficile nemmeno entrare. Non era un luogo nascosto in modo criptico, il giovane si ritrovò a riflettere che chiunque avrebbe potuto trovarlo e liberare Buer. Eppure nessuno lo aveva fatto. Nessuno si era battuto per lei, alla faccia dell'amore, del rispetto e della realtà. 
Al centro dell'immensa stanza che si trovò davanti una volta buttata giù la porta d'ingresso, raggiungibile con quattro diverse lunghe pedane posizionate alle estremità delle diagonali della stanza rotonda, vi era una pedana circolare chiusa nella sua altezza. Somigliava molto a... una gabbia. Una gabbietta per uccellini. Al centro di essa, sospesa in aria e circondata da quello che sembrava un sigillo, vi era niente di più che una bambina dai capelli bianco candido, dalle punte verdi. Non aveva l'aspetto imponente di un dio come Beelzebul o Morax, per quel tanto che aveva visto prima che lo portassero nelle segrete della nave. 
Un esserino così piccolo e fragile, impotente, rinnegato dalla sua gente, senza poteri per difendersi... ed Ei gli aveva chiesto di risparmiarla. Lei, quella "cosa" lì, per quanto fosse un Dio, si meritava la vita senza aver fatto assolutamente niente. 
<<Muoviti, Buer>> borbottò il pupazzo, una nuova sensazione ribolliva nella sua pancia mentre le dita delle sue mani tremavano, pendendo dalle braccia stese lungo i fianchi.  Perchè si sentiva così? Cos'era tutto questo? 
Dalla gabbia non provenne alcuna risposta.
<<Ti avverto di non provare a resistermi, sono molto più forte di quello che pensi>> incalzò lui, con voce minacciosa. Nessuna risposta, nessuna reazione.
"Osa provocarmi in questo modo? Non sa che la sua vita dipende dalla sua volontà di collaborare?" 
Quando Kunikuzushi arrivò al centro della pedana centrale potè osservare la bambina che fluttuava poco più in alto della sua testa. Aveva gli occhi chiusi, e sembrava dormire di un sonno profondo e pacifico che lui non ricordava di aver mai sperimentato.
Evidentemente, si rifiutava di cooperare. 
"Pazienza, la tirerò giù con le mie stesse mani" pensò, e afferò il braccino esile tirandola giù verso di sè.

Nel momento stesso in cui lo fece la sua vista si scurì improvvisamente del tutto, e provò la sensazione di precipitare nel vuoto per qualche istante. 
Sussultando, cercò di muovere tutto il suo corpo in risposta a quell'attacco sconosciuto e si pentì di non esserselo aspettato. Tuttavia, l'attacco non sembrò ferirlo in alcun modo se non gettandolo in un ambiente completamente nero privo di qualsiasi proporzione spaziale e temporale. Il giovane rotolò come se fosse caduto su un pavimento, ma quando aprì gli occhi scoprì che i suoi piedi non si trovavano su nessuna superficie solida che fosse capace di vedere. 
"Dove sono? Che succede?" pensò, rimettendosi subito in piedi e scrutando l'ambiente intorno a sè. Non c'era niente. Solo il vuoto. 
Poi improvvisamente qualcosa giunse alle sue orecchie. Un suono sommesso, flebile, spezzato. Sembrava come se qualcuno stesse respirando in maniera irregolare e allo stesso tempo emettendo suoni senza significato brevi e intermittenti.. non aveva mai udito nulla del genere. 
Quando si girò nuovamente sussultò nel vedere finalmente qualcosa alle sue spalle. 
Quando capì cos'era si mise nuovamente sull'attenti: l'Archon Dendro giaceva inginocchiata sulle sue piccole e fragili gambine nello spazio vuoto che, intorno alla sua figura pallida, sembrava inghiottirla di un nero ancora più profondo di tutto il resto. Quel suono proveniva da lei.
<<Perchè non... perchè non mi vogliono...?>> la voce giunse molto flebile alle orecchie del pupazzo, ma inconfondibile. Riconobbe subito la stessa voce che un paio di giorni prima aveva cercato di dargli lezioni sull'amore e sulla lealtà. 
<<Non gli ho fatto niente di male...>> parlò nuovamente Nahida, dandogli le spalle <<sto facendo del mio meglio, lo giuro... se solo fossi brava come lo è stata lei...>> 
Le sue piccole braccia si alzarono, in quel momento Kunikuzushi si preparò a rispondere a un attacco, e invece a quanto pare tutto quello che la bambina fece fu sfregarsi gli occhi con le mani. 
Quella vista lasciò il pupazzo interdetto. Non avrebbe saputo dare un nome a questa sensazione, ma in qualche modo era familiare a quella che aveva provato nel momento in cui Ei gli aveva spiegato il motivo per cui desiderava avere il Dendro Archon vivo. 
Non avrebbe prolungato tutto ciò un istante di più.
<<Ora basta, alzati immediatamente. Te lo ordino!>> minacciosamente parlò lui, mentre si avvicinava a lei con passi cauti e misurati. Ma quella sembrava non sentirlo nemmeno. 
<<Perchè non sono mai abbastanza...?>> disse ancora, facendo un rumore che Kuni identificò come quello che facevano gli umani quando tiravano su col naso. 
Qualcosa in lui gli rese impellente la necessità di rispondere alla domanda.
<<Perchè non sei lì fuori con loro a combattere, a differenza di Beelzebul>>
Ormai si trovava a una decina di passi da lei, ma poteva intravedere adesso quella che sembrava una sottile parete trasparente che li separava. Era l'ennesima misura di difesa o un disperato tentativo di sfuggirgli, ancora?
<<Io non sono abbastanza forte per combattere>> disse Nahida, la sua voce più nitida alle orecchie del ragazzo man mano che si avvicinava. 
<<E come fai a saperlo? Semplicemente sei qui, debole e patetica, senza fare niente>> rispose duramente lui. Mise una mano dove vedeva la parete e scoprì che in effetti che il passaggio della sua mano era bloccato dalla barriera. 
<<Loro non mi vogliono! Non mi amano! Stanno combattendo per sè stessi!>>
<<E tu come fai a sapere che stanno combattendo per sè stessi e non per te?>> rispose secco il pupazzo. 
Ci fu silenzio per un istante, nessun altro rumore si udiva oltre le loro voci che non rimbombavano nemmeno nel vuoto.
<<Io...>> Nahida esitò <<io... io... io non lo so>> 
Kuni non si accorse di avere ancora la mano poggiata sulla parete fin quando questa non si crepò improvvisamente, proprio nel punto dove la stava toccando. Lui indietreggiò subito pronto a contrattaccare, ma la parete si limitò a creparsi sempre di più fino a raggiungere i bordi ed espandersi a tutto il vuoto circostante che sembrò frantumarsi a sua volta. E in un secondo, la sensazione di cadere lo colse nuovamente: questa volta gli sembrò di precipitare al rallentatore, circondato dai frammenti di vuoto che si era frantumato come vetro, rivelando uno spazio completamente bianco ma altrettanto vuoto, il quale sembrava lo stesse per inghiottire. 
Chiuse gli occhi istintivamente, stavolta cadde davvero su un pavimento,se ne accorse per la sensazione di freddo sotto le mani che non aveva provato quando era caduto nel vuoto.
Quando riaprì gli occhi dovette richiuderli e aprirli più lentamente perchè la luce del mondo reale era diventata per lui accecante. Quando finalmente fu in grado di vedere la visione che gli si presentò lo lasciò senza parole: Buer non era più circondata dal sigillo intorno a lei ma fluttuava ancora, le estremità verdi dei suoi capelli luminose come i suoi occhi, che notò essere di un verde smagliante ora che erano aperti.
La sua espressione non era più assente come quando l'aveva vista poco prima, le sue labbra erano curvate all'ingiù e le sue guance erano rigate nello stesso modo in cui lo erano state le sue, ma neanche stavolta pioveva.
La bambina fluttuò verso il suolo davanti a lui, quando i suoi piedi poggiarono il suolo i capelli e gli occhi smisero di brillare, ma rimasero dello stesso colore di cui erano prima.  
<<Perchè stai piangendo, pupazzo?>> chiese con voce tranquilla, diversa da quella esitante e spezzata che aveva nel vuoto. 
Kuni si chiese per un istante se e dove era avvenuto tutto ciò, se lo era semplicemente immaginato? Era successo lì? Buer aveva il potere di trasportare le persone in una dimensione alternativa?
<<Io cosa?>> si riscosse improvvisamente, cercando di rialzarsi da terra ma scoprendo che dei cerchi di luce verde lo tenevano come incatenato al suolo, in maniera così stretta che non riusciva a muovere neanche un muscolo del suo corpo. Non per questo non ci provò, sforzandosi immensamente senza successo e ringhiando come un cane randagio a cui si avvicini uno sconosciuto. Nahida non sembrò spaventata da lui, e anzi si avvicinò fino ad inginocchiarsi accanto a lui per guardarlo negli occhi. 
<<Stai piangendo, visto?>> disse, e allungò la manina verso il viso del pupazzo, che chiuse gli occhi istintivamente. Tuttavia non sentì dolore,solo un delicato tocco sulla sua guancia.
<<Hey, guarda>> incalzò Buer. 
Lui riaprì gli occhi e vide che il piccolo dito era leggermente umido. Quella cosa era sulla sua guancia prima, e lo era anche su quella della bambina che ora gli sorrideva. 
Non aveva la minima idea di cose fosse o cosa significasse. 
<<Grazie di avermi liberato e di avermi spinto a credere nella mia gente>> disse lei con tono gentile <<sapevo dal primo momento che ti ho percepito che eri una brava persona>>
<<TACI!>> ringhiò in risposta <<ti uccido! Lasciami immediatamente!>> 
Nahida si rimise in piedi e sospirò, con aria sconsolata. Si prese il suo tempo per asciugarsi le lacrime mentre il pupazzo continuava a gridarle insulti e minacce, infine si girò verso di lui con espressione tranquilla. 
<<Se io ti lascio libero e ti combatto tu mi ucciderai,vero?>> chiese.
Lui non rispose, decretando che rivelare al suo nemico che le sue intenzioni non erano quelle di ucciderla l'avrebbe messa in vantaggio tattico.
<<Scoprilo>> sibilò infine.
Nahida rise. Kuni non sapeva cosa fosse una risata, ma riconobbe lo stesso suono che lui aveva messo quando gli era sembrato così paradossale che un Dio potesse essere declassato e umiliato in quel modo.
<<Sono stata nella tua mente, so quale è il tuo compito>> gli disse <<ma so anche che tu non esiteresti ad uccidermi se dovessi minacciarti seriamente. Suppongo che sia normale, nessuno vuole morire. Ma se tu mi uccidi lei non riconoscerà mai il tuo valore... questo ti rende triste, vero?>>
Il pupazzo non capiva, ma non voleva lasciarlo intendere per nulla al mondo. Non risposte, si limitò a guardarla con atteggiamento aggressivo, per quanto potesse esserlo mentre era riverso sul pavimento incapace di muoversi.
Alla fine fu di nuovo lei a parlare. 
<<Verrò con te. In cambio di ciò che il tuo Dio vuole negozierò perchè smetta di attaccare la mia gente>>
E detto questo Kuni fu in grado di muoversi nuovamente. Non sprecò nemmeno un secondo a credere alle sue parole, la attaccò immediatamente per immobilizzarla e legarla. Nahida non oppose resistenza, come aveva promesso. 

"I risultati dell'osservazione mostrarono che le scimmiette raggiungevano la "madre" di ferro solamente per soddisfare i bisogni alimentari, mentre trascorrevano la maggior parte del tempo in prossimità della "mamma" di panno, morbida e confortevole."

Ei accettò la negoziazione con Nahida, a modo suo. 
Le bandiere di Inazuma sventolarono anche su Sumeru, che fu dichiarata a tutti gli effetti conquistata prima che quel poco di esercito che la nazione disponeva fosse completamente annientato. Furono lasciati degli ufficiali a presenziare nelle nuove province che dovevano essere gestite, ma agli abitanti che non si mostrarono rivoltosi fu lasciata relativamente molta libertà, come richiesto da Nahida. 
Le navi di Inazuma decisero di salpare verso la terra natale e sospendere l'attacco momentaneamente per recuperare, dato che l'esercito era stremato ed Ei decretò che riportarli in patria per un po' avrebbe sollevato loro  il morale e li avrebbe motivati così che sarebbero stati più efficienti in battaglia. Le inferenze si rivelarono veritiere.
Quando Kunikuzushi le aveva portato l'Archon Dendro in manette lei non gli aveva rivolto neanche una parola. L'aveva fatta prendere dalle guardie e portare immediatamente nella stiva della nave dove sarebbe stata interrogata personalmente da lei. 
Lui si ritrovò a mani vuote, da solo, nella capanna dove risiedevano i generali, con una sensazione a metà fra l'amaro e acido in bocca. 

Ei personalmente, e non lo Shogun, passava intere giornate nella parte inferiore della nave, dove Buer era tenuta prigioniera, cercando di ricavare da lei quante più informazioni possibili. Dall'espressione con cui risaliva ogni volta, a quanto pare, non era per niente soddisfatta del risultato. 
<<Se avessi saputo che era così inutile l'avrei uccisa...>> borbottò una notte nel suo alloggio, il pupazzo si trovava casualmente a passare lì davanti proprio in quel momento. I suoi occhi si illuminarono ed entrò repentinamente dalla porticina di legno senza neanche bussare.
<<Posso ucciderla, se lo desideri>>
L'Archon sussultò dalla sorpresa, facendo un gesto di poca benevolenza col braccio verso di lui.
<<Stavi origliando? Chi ti ha dato il permesso di entrare? Ti ordino di tornare alla tua stanza!>>
Lui potè vedere quelle aveva appreso essere "lacrime" sulle guance di Ei, che cercava di nascondere non guardandolo in faccia mentre gli ordinava di andarsene. 
Lui però non disse altro e richiuse la porta. 
Il motivo per cui si trovava lì in primo luogo era una ferita piuttosto profonda all'altezza del fianco che gli era stata inflitta il giorno prima di andarsene da un gruppo di ribelli. Solo Ei sapeva come curare il suo corpo da pupazzo, e per quanto la fame e la sete non fossero grandi problemi per lui, quella ferita scalfiva la sua natura e gli procurava dolore. 
Tuttavia decise che non era importante. 
Fece per tornare al suo alloggio quando vide una guardia con un vassoietto andare nella direzione opposta. Non era mai successo prima d'ora che una guardia si inoltrasse così a fondo nella nave, dunque la seguì, sospettoso che potesse cospirare qualcosa contro Ei, o essere un ribelle mascherato. 
La guardia discese fino alle segrete e percorse tutto il corridoio seguito come un'ombra dal pupazzo, poi si fermò davanti alla cella di Nahida e le passò il cibo sul vassoietto attraverso le sbarre. 
<<Vi ringrazio>> rispose Nahida, sorridente. 
Non sembrava in cattivo stato, evidentemente l'Electro Archon aveva intuito che la forza fisica su di lei l'avrebbe resa solo meno disposta a condividere i suoi segreti. 
La guardia si congedò, ma Kuni rimase all'ombra di una colonna ad osservarla, senza sapere perchè, mentre teneva un pezzo di pane con entrambe le manine e se lo portava alla bocca con aria soddisfatta come se fosse il pasto di una regina. Che persona strana che era, lui lo aveva pensato fin dal primo momento.
<<Ne vuoi un po'?>> chiese improvvisamente la bambina, guardando verso la colonna.
Il pupazzo sussultò, ma non aveva motivo di temere dato che era più forte e il suo nemico era in gabbia, dunque uscì dall'ombra e si espose alla luce delle lampade ad olio appese nella prigione. 
<<Non mi serve. Non mangio>> rispose freddamente, piazzandosi davanti alla cella. La piccola era seduta,e stare in piedi davanti a lei in quel modo lo fece sentire a disagio per qualche motivo che non seppe spiegarsi, dunque si sedette. Nahida continuò a mangiare mettendo una manina davanti alla bocca quando masticava. La compagnia del ragazzo non sembrava dispiacerle, almeno apparentemente. 
Quando ebbe ingioiato un boccone gli parlò.
<<Fa tanto male?>> chiese. Kuni aggrottò le sopracciglia con aria interrogativa. 
<<La ferita,sciocchino, ti fa tanto male?>> diede un altro morso al pane con aria divertita. Lui si portò istintivamente una mano al fianco e rispose con tono poco cortese.
<<Posso attaccarti senza problemi se provi a scappare, non mi limita>>
Nahida spostò lo sguardo da lui al fianco coperto dal kimono che indossava.
<<Dovresti farti curare. Peggiorerà.>> 
A quel punto il pupazzo non resse più la conversazione, si alzò in fretta per andarsene.
<<Non ti riguarda>>
Per quella sera la loro conversazione finì in quel modo, tuttavia non fu decisamente l'ultima che ebbero. 

"Durante questi esperimenti, Harlow introdusse nella gabbia anche stimoli altamente minacciosi con l'obiettivo di terrorizzare i piccoli macachi, che, come conseguenza, correvano a rifugiarsi dalla mamma di pezza. (...)"

I giorni che li separavano dal rientro ad Inazuma erano ancora tanti. 
Le guardie li passavano nella briosità e allegria di chi sapeva che tra non molto avrebbe riabbracciato la propria famiglia, l'amore della propria vita, rivisto luoghi familiari e situazioni amiche. Ei passò quei giorni nel silenzio contemplativo della sua coscienza, lasciando allo Shogun istruzioni su come gestire l'ordine a bordo, anche se non c'era molto da fare. 
Aveva deciso di rinunciare a parlare con Nahida per il momento, e che avrebbe deciso come disporre di lei e di Morax quando sarebbero arrivati ad Inazuma. Nel frattempo avrebbe riflettuto, questa era l'ultima cosa che aveva detto al pupazzo. 
Il giorno dopo lo Shogun aveva medicato approssimativamente la sua ferita, che però era effettivamente peggiorata con il tempo come presupposto. 
Quel giorno lo aveva passato vagabondando per la nave, ma non aveva trovato nessuno che fosse disposto a parlargli o tenergli compagnia, oltre al fatto che non aveva molto da fare se non sistemare i pochi averi che aveva portato con sè e sdraiarsi sulla branda con gli occhi chiusi. 
Il movimento delle onde gli dava fastidio, e dopo un po' si ritrovava immerso nei suoi pensieri. 
Pensò che la invidiava, quella stupida bambina, e il modo in cui dormiva pacificamente imprigionata dai saggi dell'Akademiya. 
Avrebbe voluto sapere cosa si provava a sperimentare un sonno così profondo. Cosa si provava ad annullare la propria coscienza e risvegliarsi dopo un periodo di tempo?  E soprattutto, cosa ti assicurava che per tutto il tempo in cui eri incoscienza tu non avessi smesso di esistere?
"Il punto del dormire non è annullarsi" la voce di Nahida risuonò nella sua testa, per qualche motivo vi si era abituato a tal punto che aveva smesso di sussultare ogni volta che succedeva. 
<<Ah no?>> borbottò. 
"No,sciocchino, il punto di dormire è sognare"
Ancora una volta il pupazzo aggrottò le sopracciglia davanti ai termini incomprensibili usati dal Dio della Saggezza. Sapeva che avrebbe compreso la sua ignoranza e ne avrebbe riso, e questa cosa gli dava ancora più fastidio. 
<<Sognare..>> sussurrò, chiudendo gli occhi dopo aver avvertito un capogiro dovuto probabilmente al mare mosso che stavano attraversando. 
Nemmeno se ne accorse quando si addormentò.
Quella notte sognò per la prima volta in vita sua. 
Il suo corpo inerte veniva scosso dal dondolare della nave nel mare in tempesta, ma nel suo sogno era sul prato di Inazuma in una bellissima giornata di sole. Attorno a lui diverse figure di persone a lui familiari e non arricchivano il paesaggio: una era Ei stessa, inginocchiata a sua volta sul prato lasciandogli poggiare la testa sulle sue ginocchia mentre gli accarezzava distrattamente i capelli con una mano; accanto a lei Yae Miko rideva di qualcosa mentre gli altri youkai, che associò proprio ai racconti fatti dalla kitsune, discorrevano animatamente. Il sole splendeva e non c'erano tracce di tempesta, i profumi di buon cibo cucinato gli sembrarono invitanti come mai lo erano stati, fra tutti il retrogusto amarognolo del thè che tanto amava pervase la sua bocca come se lo stesse bevendo. 
Inconsciamente, anche nel sonno, le sue labbra si incurvarono in un sorriso. 
"Penso che sia un sogno bellissimo" gli parve di sentir dire da qualcuno in lontananza ma non vi diede peso, concentrato com'era sulla sensazione delle mani delicate di Ei che accarezzavano ciocche dei suoi capelli disordinati. 

Quando il giorno dopo si svegliò nel suo alloggio della nave pianse. 
Pianse e capì solo in quel momento cosa erano i suoni emessi da Buer mentre si trovavano nello spazio vuoto: singhiozzi. Singhiozzi ampi e dolorosi, anche se Kuni sapeva di non avere un cuore avrebbe giurato che qualsiasi cosa ci fosse al suo posto si stesse per strappare in due pezzi. 
Una parte del dolore che sentiva proveniva dal suo fianco, dove la ferita sembrava aver peggiorato drasticamente la sua condizione nel corso di una notte, ma un'altra parte proveniva da una parte così interna di sè che non poteva nemmeno toccare, afferrare, o colpire. 
Pianse per tante ore finchè il sole non calò nuovamente macchiando di rosso e arancio gli spessi nuvoloni della tempesta nel cielo.
Quella sera tornò da Nahida, non prima di essere certo di aver asciugato tutte le lacrime dal suo viso.
Stavolta invece del pane le aveva portato uno dei piatti che le guardie avevano imparato a preparare a Sumeru: le Candied Ajilenakh Nuts, che a quanto pare erano un tortino di mandorle, burro e delle noci particolari del posto. Lei sembrò gradirlo davvero molto, tanto che non lo mangiò con la solita compostezza con cui mangiava il pane ma cercò comunque di nascondere la sua ingordigia con la solita manina davanti alla bocca. 
Quando la tolse il pupazzo notò una briciola di torta rimasta vicino alla sua bocca. 
Lui, che era seduto a distanza di sicurezza dalle sbarre, si fece più avanti spingendosi con le braccia e non senza dolore alla ferita al fianco. Con un gesto che andava ben oltre la sua coscienza in quel momento allungò la mano oltre le sbarre e la portò alla guancia di lei scrollandole via la briciolina. 
Nahida non si mosse, nè si mostrò spaventata dal movimento inusuale del ragazzo. 
Non quanto lui si mostrò spaventato del suo stesso gesto, e appena si rese conto di ciò che aveva fatto ritrasse la mano come se si fosse punto e fece per alzarsi. La sua espressione si contrasse in una smorfia per il dolore.
<<Torni domani?>> 
Lui non poteva vederla dato che le dava le spalle per allontanarsi, ma la bambina aveva uno dei sorrisi più dolci e sinceri che avesse mai avuto nel corso della sua relativamente breve vita. I due alla fine avevano la stessa età,per quanto quello che dei due sembrava più grande era in realtà il più immaturo dei due. 
<<No. Non torno>> le rispose brusco lui <<non penso che dovremmo vederci più. Ti porteranno il cibo le guardie>> stava per chiudere la porta della cella quando la sentì paltare ancora.
<<Non vuoi sognare di nuovo?>> 
Quelle parole gli fecero sgranare gli occhi,tuttavia chiuse lo stesso la porta e tornò di sopra.

Ma il giorno dopo tornò da lei. 
Si sdraiò davanti alla sua cella e chiuse gli occhi, lei gli fece sognare il magnifico panorama del gran Narukami Shrine nei giorni affollati di visitatori, di persone che salivano le immense scalinate per chiedere aiuto ignoranti della pessima attitudine di Yae Miko che molto probabilmente non gli avrebbe dato alcun consiglio utile. 
Nel cielo non c'era tempesta, perchè nei sogni che Nahida gli faceva vivere c'era sempre un sole splendente e una brezza piacevole.

"In questo modo, venne dimostrato che il legame di attaccamento madre-figlio, che si basa su elementi quali il contatto e il calore, è uno dei bisogni primari ed è qualcosa di più rispetto ad un mero soddisfacimento di bisogni fisiologici."

Kunikuzushi tornò lì ogni sera da quel momento in poi. 
Lui le portava qualcosa di buono da mangiare, un piatto di Sumeru ma le fece assaggiare anche dolci di Inazuma come il Dango che le piacquero tantissimo, in cambio Buer lo faceva soganre. Non aveva un motivo preciso per farlo, principalmente non le piaceva stare da sola e non le dispiaceva la compagnia del pupazzo: mentre lo faceva sognare esplorava i suoi ricordi e le emozioni che nemmeno lui sapeva di avere, e conosceva sempre più ogni parte di lui. Si convinse che aveva ragione, non era una persona cattiva. 
Guardava la sua espressione beata e sorridente nel sonno e le veniva da sorridere a sua volta, più di una volta tentata di allungare la mano come lui l'aveva allungata verso di lei per togliere la briciolina di torta dalla guancia. 
Dopo qualche giorno però, l'espressione beata del ragazzo iniziò a mutare in una più sofferta, il suo respiro divenne ansimante e lei iniziò ad avere difficoltà a interagire con la sua coscienza, come se la stesse perdendo. 
<<Kuni?>> chiese con tono preoccupato, muovendosi dalla posizione vicino alle sbarre dove stava sempre seduta. 
Non riusciva a sentire i suoi pensieri nè a portare la sua coscienza nel sogno, eppure lui era lì con gli occhi chiusi davanti alle sbarre: avvicinandosi si accorse che aveva il respiro affannoso e le guance rosse, la mano poggiata sul fianco della ferita. 
<<Kuni? Kuni?>> continuò a chiamarlo lei, ma non ricevette nessuna risposta <<sei andato a farti curare la ferita, vero? Non l'hai trascurata per tutto questo tempo vero?>>
Lei si alzò in piedi e si avvicinò in fretta a lui, passando attraverso le sbarre che si rivelarono essere soltanto un'illusione da lei creata da quando il ragazzo aveva iniziato a farle visita, anche se per qualche ragione non era scappata anche quando aveva finalmente avuto via libera. 
L'illusione di dissolse quando lei ci passò attraverso, inginocchiandosi accanto al povero pupazzo ansimante. Lei gli prese le guance fra le piccole manine e notò che erano rosse e bollenti, una luce azzurra traspariva attraverso il kimono bianco nel punto dove lui teneva la mano prima, probabilmente era proprio quella la ferita e sembrava piuttosto profonda. 
Nahida iniziò a sentire l'ansia pervaderla. 
<<Kuni? Ti prego rispondi, io non so come si aggiusta un pupazzo! Non l'ho mai fatto!>> 
Lui sembrava soffrire di più ogni istante che passava, la vista della bambina si appannò di lacrime mentre pensava rapidamente a cosa fare mentre dentro di lei si faceva strada una sensazione mai provata: il panico più totale. 
Non riusciva a fare altro che tenergli la testa poggiata sulle sue ginocchia mentre gli accarezzava le guance e la testa con le mani fresche, che però non davano cenno di raffreddarsi quanto più di scaldarle le mani. 
<<Kuni.. Kuni ti prego aiutami...>> 
Non si accorse nemmeno che dei grossi lacrimoni caddero dai suoi occhi direttamente sulle guance del pupazzo.
In quel momento il ragazzo schiuse leggermente gli occhi, anche se il solo gesto sembrò fargli ancora più male.
<<Bu...er?>> chiese con voce flebile e roca. 
<<Nahida!>> esclamò lei con voce acuta <<è Nahida idiota! Smettila di chiamarmi così anche mentre stai morendo!>>
Un shinghiozzo uscì dalle sulle labbra senza che lei potesse trattenerlo. Quando il pupazzo la guardò e incurvò leggermente le labbra in un sorriso di cui probabilmente non si era nemmeno accorto iniziò a singhiozzare più frequentemente bagnandogli le guance con altre lacrime. 
<<Na... hida..>> bisbigliò. 
<<Perchè sei rimasto con me?!>> urlò lei con voce stridula e carica di un'ira diversa da quella che aveva provato dopo essersi svegliata dalla prigionia dell'Akademiya <<perchè non sei semplicemente andato da lei ogni sera invece di venire da me?! Ti avrebbe curato la ferita! Lo hai detto tu che lei garantisce la tua vita! Non le sei leale?!>> 
Gli occhi di Kunikuzushi ruotarono nelle sue orbite e disse un'ultima cosa prima di perdere conoscenza, cercando di allungare la mano verso la guancia della bambina.
<<Amore... e ... rispetto...>> 
La mano ricadde pesantemente sul pavimento della prigione con un tonfo. 
Non si sentirono altri rumori se non i singhiozzi di Nahida per un bel po'.

"Alla fine dell'esperimento i macachi preferivano morire di fame se il cibo veniva somministrato attraverso il pupazzo di ferro ma gli veniva tolta la "mamma" di pezza. Preferivano rimanere con lei per accertare che non gli fosse portata via, e si attaccavano a lei"

Gli occhi di Nahida si illuminarono di un verde brillante, così come la punta dei suoi capelli. Non sapeva cosa stava facendo, ma dentro di lei l'apatia della prigionia che si era infranta con la parete che Kuni aveva toccato quando l'aveva trovata, adesso sembrava macchiarsi di infiniti colori e sensazioni, come se fossero tutte quelle esistenti al mondo. 
Un solo desiderio si fece strada dentro il suo piccolo cuore: "voglio passare altro tempo con lui."
Non pensava ad altro, non si accorse nemmeno del mondo intorno a  lei che si macchiava di nero come se collassasse su sè stesso.

[...]

 <<Sto facendo del mio meglio, lo giuro... se solo fossi brava come lo è stata lei...>>
Le sue piccole braccia si alzarono, in quel momento Kunikuzushi si preparò a rispondere a un attacco, e invece a quanto pare tutto quello che la bambina fece fu sfregarsi gli occhi con le mani.
Quella vista lasciò il pupazzo interdetto. Non avrebbe saputo dare un nome a questa sensazione, ma in qualche modo era familiare a quella che aveva provato nel momento in cui Ei gli aveva spiegato il motivo per cui desiderava avere il Dendro Archon vivo.
Non avrebbe prolungato tutto ciò un istante di più.
<<Ora basta, alzati immediatamente. Te lo ordino!>> minacciosamente parlò lui, mentre si avvicinava a lei con passi cauti e misurati. Ma quella sembrava non sentirlo nemmeno.
<<Perchè non sono mai abbastanza...?>> disse ancora, facendo un rumore che Kuni identificò come quello che facevano gli umani quando tiravano su col naso. 
<<Perchè non sei lì fuori con loro a combattere, a differenza di Beelzebul!>>
Nahida sussultò. 
"Già. A differenza di Beelzebul."

 La parete iniziò a creparsi sempre di più fino a raggiungere i bordi ed espandersi a tutto il vuoto circostante che sembrò frantumarsi a sua volta. E in un secondo, la sensazione di cadere colse il pupazzo nuovamente: questa volta gli sembrò di precipitare al rallentatore, circondato dai frammenti di vuoto che si era frantumato come vetro, rivelando uno spazio completamente bianco ma altrettanto vuoto, il quale sembrava lo stesse per inghiottire.
Chiuse gli occhi istintivamente, stavolta cadde davvero su un pavimento,se ne accorse per la sensazione di freddo sotto le mani che non aveva provato quando era caduto nel vuoto.
Quando riaprì gli occhi dovette richiuderli e aprirli più lentamente perchè la luce del mondo reale era diventata per lui accecante. Quando finalmente fu in grado di vedere la visione che gli si presentò lo lasciò senza parole: Buer non era più circondata dal sigillo intorno a lei ma fluttuava ancora, le estremità verdi dei suoi capelli luminose come i suoi occhi, che notò essere di un verde smagliante ora che erano aperti.
La sua espressione non era più assente come quando l'aveva vista poco prima, le sue labbra erano curvate all'ingiù e le sue guance erano rigate nello stesso modo in cui lo erano state le sue, ma neanche stavolta pioveva.
La bambina fluttuò verso il suolo davanti a lui.
<<Perchè stai piangendo, pupazzo?>> chiese con voce tranquilla, diversa da quella esitante e spezzata che aveva nel vuoto.
Kuni si chiese per un istante se e dove era avvenuto tutto ciò, se lo era semplicemente immaginato? Era successo lì? Buer aveva il potere di trasportare le persone in una dimensione alternativa?
<<Io cosa?>> si riscosse improvvisamente, cercando di rialzarsi da terra ma scoprendo che dei cerchi di luce verde lo tenevano come incatenato al suolo, in maniera così stretta che non riusciva a muovere neanche un muscolo del suo corpo. Non per questo non ci provò, sforzandosi immensamente senza successo e ringhiando come un cane randagio a cui si avvicini uno sconosciuto. Nahida non sembrò spaventata da lui, e anzi si avvicinò fino ad inginocchiarsi accanto a lui per guardarlo negli occhi.
<<Stai piangendo, visto?>> disse, e allungò la manina verso il viso del pupazzo, che chiuse gli occhi istintivamente. Tuttavia non sentì dolore,solo un delicato tocco sulla sua guancia.
<<Hey, guarda>> incalzò Buer.
Lui riaprì gli occhi e vide che il piccolo dito era leggermente umido. Quella cosa era sulla sua guancia prima, e lo era anche su quella della bambina che ora gli sorrideva.
Non aveva la minima idea di cose fosse o cosa significasse.

<<Non preoccuparti>> gli disse lei con tono gentile, gli occhi e i capelli che ancora brillavano di un verde brillante <<adesso mi occuperò io di te>>



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