Due papà, una festa e Tortorella.

«Simò  ma che stai a fà? »

La voce di Manuel giunge alle orecchie di Simone in un momento in cui è completamente assorto e concentrato su quei piccoli bulbi colorati che pendono sopra la sua testa.

Le gambe, ferme ed ancorate alla scala metallica sulla quale è salito, tremano un po'. E con loro anche la scala oscilla, facendogli rischiare una caduta che viene evitata solo perchè le mani di Manuel bloccano in tempo la struttura, riportandola salda sul pavimento.

« Amore! Grazie.» 

«Amò ma che combini!? Stavi a volà per terra!» 

«Lo so amore, scusa-» biascica Simone, tornando goffamente in posizione  «- m'hai colto un attimo di soprassalto. Non pensavo fossi tornato.» 

«Abbiamo finito un po' prima oggi, ma te che cavolo ce fai sulla scala? Che sò 'sti fili? »

«Lucine colorate! Ti piacciono?»

«Ma non je daranno fastidio 'ste luci sopra il letto?»

«Me le ha chieste l'altro giorno. Mi è sembrata un'idea carina fargliele trovare oggi. Che dici?»

«'Mbah. Contento lui. Oh,» lo richiama, mentre una mano batte sul polpaccio destro, fasciato dai pantaloni della tuta neri, «sta attento che sotto la scala ce sta Tortorella. »

Tortorella, infatti, è ora su due zampe ed osserva da sotto, con sguardo curiosissimo, la figura di Simone.

Le zampette anteriori sono poggiate sul secondo gradino della scala, esattamente sotto quello su cui poggiano i piedi di Simone di cui ora Manuel sfiora i talloni con la punta delle dita, solleticandole appena. 

Le sue mani si spostano poi su Tortorella, che non perde occasione per fare le fusa e strusciare la testa contro il suo braccio, in cerca di altre carezze. 

«Stacce attento tu a papà Mone. Hai capito, Tortorè? Che quello è un po' scemotto, mh? Intesi?»

Tortorella sembra quasi capire le sue parole. 

Il piccolo naso, roseo e ruvido, si muove su e giù rapido, come volesse annuire.

«Bravo Tortorella, stai qua con papà.»

Fa pochi passi verso la porta, mentre fruga nelle tasche dei jeans dalle quali estrae un piccolo mazzo di chiavi e sta per tornare in cucina quando si volta nuovamente e rimane sull'uscio della stessa. 

Una spalla poggiata sullo stipite e i piedi incrociati. 

«Senti, amò, a che ora torna tu padre co' Jacopino? » chiede al compagno, che ora osserva con naso all'insù. 

«Sette e mezza. In teoria eh, conosci mio padre.»

«E conosco Jacopino. »

«Ecco, appunto.»

«Gli starà facendo comprare mezzo centro commerciale-» dice Manuel, «- già sento tu padre che me chiama per aiutarlo a scaricare la macchina!»

«Sicuro! Anche se, non c'abbiamo più spazio. Guarda 'sta stanza.»

La stanza di Jacopo non è molto spaziosa. Il letto, posto al centro, occupa tre quarti del suo spazio, al lato destro c'è un piccolo comodino e alla sua sinistra un armadio che Jacopo ha lasciato con le ante aperte e vestiti gettati alla rinfusa, al suo interno. 

I cassetti sono semi aperti e alcune magliette fanno capolino, impedendone la corretta chiusura.

Sulla scrivania, libri, colori e quaderni sono sparpagliati sulla superficie piana.

Gli occhi di Manuel saettano da una punta all'altra della camera. 

Lo sguardo a metà tra il confuso e il terrorizzato. 

«'Sta camera è 'n macello.», constata. «Come fa a ridurla così?» 

«Figlio tuo.»

«Vorresti dì che tu sei sistemato Simò?»

«Beh, non ci vuole tanto a esse più ordinato di te, Manuel.»

«Tu non me capisci Simò. Io non sò disordinato, sò creativo.»

«Seh. Creativo.» lo canzona Simone, mentre punta sul soffitto l'ultima parte del filo di luci che ora adorna il soffitto con sottili ma lunghe onde colorate.

«Senti, creativo, te piace l'effetto?»  gli chiede, quindi, sbilanciando il busto all'indietro per osservare lui stesso il lavoro finito.

«Bello, no?»

Manuel alza lo sguardo verso il soffitto, scrutandolo da destra a sinistra. 

Deve ammettere che non è che un lato fatto molto bene. 

Quasi si stupisce della manualità di Simone: le lucine sono sistemate vicine l'una all'altra, e l'effetto finale è quello di una scia continua in cui i colori quali si mischiano tra loro. 

Prova anche a spegnere la luce del lampadario, premendo sull'interruttore posto alla sua destra  e - wow  - sembrano tante piccole stelle colorate. 

«Sì. Bello! Sono sicuro che tra tre giorni te chiede de smontarle, ma è bello. Dai amò, scendi ora.» 

Osserva Simone scendere i pochi gradini che lo distanziano dal pavimento e chiudere la scala avvicinando tra loro le due gambe metalliche. 

«Speriamo di no, c'ho messo l'intera giornata a sistemarle.»

«Me potevi chiamà, t'avrei dato 'na mano. »

Si stringe nelle spalle, Simone, e stira le labbra in una smorfia, «Non serviva, eri a lavoro.» 

Si avvicina a Manuel per un bacio.

Nell'istante in cui le sue labbra si poggiano su quelle del compagno il mondo sembra sparire per un po', il disordine che c'è per casa e nelle loro vite, non esiste più.

Esistono solo loro.

Il loro amore.

E quel marmocchietto che oggi compie 7 anni. 

«Com'è andata oggi, mh? Stanco?» gli chiede, mentre le sue braccia sono ancora morbide intorno al suo collo e la labbra sfiorano la sua pelle. 

«Non più del solito. E poi sò tornato presto, no? »

Le mani di Manuel si spostano rapide sulla schiena di Simone fino ai ricci nei quali affondano e un ultimo bacio, rapido e a stampo, interrompe le loro parole, prima di sciogliere l'abbraccio.

Del resto, c'è ancora una casa da sistemare, addobbi da piazzare qua e là e pochissimo tempo per farlo. 

Iniziano quindi a sistemare la cameretta di Jacopo, nella quale ancora si trovano. Le magliette ritrovano velocemente il loro posto nel cassetto, così come le giacche nell'armadio e le scarpe, sparse sul pavimento, nel ripiano più basso della scarpiera. 

Ne manca una all'appello, in realtà, ma non importa. 

Prima o poi salterà fuori, come ogni cosa che sembra essere persa per sempre ed è solo finita- non si sa come e non è dato saperlo- nell'angolo più remoto della casa o tra i giochi di Tortorella.

«Amore, ma la torta l'hai finita?»

«Si, sta di là sul tavolo.»

« Che c'hai scritto, alla fine, di sopra?»

«Amò, "Buon compleanno Jacopo, dai tuoi papà.". Che je dovevo scrive?»

«Che ne so, qualcosa di più creativo. » 

«La prossima volta je scrivo "Sò tre giorni che non dormo pe 'sta torta", così 'a vedi la mia creatività!» 

Il tono scherzoso si mescola presto ad una risata che sfugge via dalle sue labbra e contagia presto il più piccolo.

Rimangono lì, in mezzo alla stanza a ridere insieme e ancora una volta, come ogni volta, Manuel si sente fortunato, ché non esiste momento più bello della giornata di quando si ritrova a ridere di gusto insieme a Simone e a fare gli scemi come fossero ancora due ragazzini, che riescono a coprire ogni guaio con una risata condivisa.

Si guarda poi intorno, la stanza è sicuramente messa meglio, adesso. 

Fa quindi un cenno a Simone e si dirigono entrambi verso le altre stanza della casa. 

Simone è il primo ad uscire e come una scheggia, si fionda verso il salotto che dovrà ospitare gli invitati alla festa. 

Non è prevista tanta gente. 

Giusto Dante con Anita, la signora Concetta- la loro vicina di casa, nonché nonna acquisita di Jacopo- lo zio Matteo con Chicca e il loro figlio, Mirko, e due compagnetti di classe di Jacopo ma ha comunque preparato qualche sedia in più che ha disposto lungo il muro, nel caso in cui qualcuno voglia unirsi all'ultimo minuto.

Manuel, invece, getta un'ultima occhiata alla stanza, prima di uscire, afferra la maniglia della porta per chiuderla, indietreggia appena verso il corridoio mentre la tira verso di sè e  «Simò. Ma dov'è tortorella? » chiede a voce alta, per farsi sentire dal compagno. 

«Non lo so, Manu! Sarà in giro.» gli risponde Simone

«'Sto gatto me farà uscire pazzo! Mò lo devo cercare tre ore! » sbuffa, mentre chiude la porta della stanza di Jacopo e raddrizza la piccola J appesa sull'anta. 

Si volta verso destra e quasi salta in aria quando vede la testa di Simone sbucare dalla porta del salone. 

«Manuel, Tortorella è sempre femmina.» gli dice. 

«Seh. Lo so. Scusami.»

«Chiedi scusa a lei, quando la trovi.»

«Se si lasciasse trovà...»

Sbuffa sonoramente e contro ogni volontà, eccolo lì, chino su se stesso, a schioccare le dita alla ricerca di Tortorella. 

«Tortorella. Pss! Tortorella. Pss!  Tortore-»

La scena che si presenta sotto i suoi occhi è l'ultima che vorrebbe vedere in quell'istante. 

Tortorella è sul tavolo della cucina, ad un passo dalla torta. 

I lunghi baffi neri sono ora tinteggiati del bianco della panna, così come la punta delle orecchie. 

Una zampetta ancora a  mezz'aria. 

«Tortorella , no!»

E la zampetta affonda tra i ciuffi di panna, lasciando l'impronta viva dei cuscinetti proprio accanto alla scritta di cioccolato che primeggia sulla superficie. 

Manuel rimane impietrito ad osservare la scena, gli occhi sgranati, lo sguardo fisso sulla torta ormai sbilenca. 

Si avvicina lento a quello che, in quell'istante, potrebbe descrivere come il luogo del delitto.

Una torta è stata assassinata.

E il colpevole è stato colto in flagranza di reato. 

«Tortorella, scendi da lì!» urla, sbracciandosi come un matto, mentre la gattina terrorizzata balza giù dal tavolo e si rifugia sulla sedia più vicina. 

 «Manuel-» lo richiama, Simone, dalla stanza accanto, «tutto bene?»

«Ho trovato Tortorella.»

«Ah! Bene! Io sto finendo qui e-»

«Ha distrutto la torta, Simò.»

«Che!?»

«Tortorella ha distrutto la torta!»

Passa meno di un secondo perchè Simone sistemi l'ultima lettera del festone appeso sul muro e si fiondi in cucina a rapide falcate. 

 «In che senso ha distrutto la torta?!»

«Guarda.» La voce di Manuel è quasi rotta dal pianto, mentre, chino sul tavolo, gira lentamente il vassoio sul quale è adagiata la torta, così da permettere a Simone di vedere il lato rovinato. «C'ha messo la zampa!»

La parte compromessa della torta è molto piccola, a dire il vero. Si estende solo per qualche centimetro, in altezza e larghezza.

Simone la osserva, alla ricerca di una soluzione rapida per sistemare il guaio. 

Guarda l'orologio appeso alla parete, non c'è tempo per ordinare un'altra torta.

«Amore, niente panico. Si recupera!» abbozza, nel tentativo primario di tirare su di morale Manuel, che sembra aver appena assistito al peggiore dei cataclismi storici.

«Ce l'ho!» dice, ad un tratto. E sembra quasi che una lampadina si sia accesa vicino alla sua testa, per l'idea geniale appena avuta. «Prendi la panna, togliamo questa parte e la ricopriamo!»

«Simò ma se ne accorgeranno tutti! Se ne accorge Jacopo!»

 «Non se ne accorge nessuno! Tu fai come ti dico.»

Manuel cammina lento e mesto verso il frigo che apre, tirando fuori una ciotola piena di panna che porge a Simone, insieme ad una sac à poche che recupera dal cassetto.

Il più piccolo è già all'opera mentre elimina tutta la parte superiore con una spatola, gettandola via, e ricopre di nuovo il pan di spagna di panna e zuccherini colorati. 

Manuel lo guarda rimediare al guaio alterando lo sguardo da Tortorella, la quale sembra completamente indifferente alle occhiate di fuoco che Manuel le lancia, a Simone, che guarda come i bimbi osservano i grandi che riparano i giocattoli rotti.

«Amore ma s'è tolta la scritta!» piagnucola, quando vede Simone appianare la panna sulla superficie.

«E ora la rifacciamo! Prendi il cioccolato!»

E Manuel ubbidisce, seppur non sia molto convinto. Prepara il cioccolato fuso e lo lascia colare nella sottile siringa utilizzata per le scritte. 

«Che scriviamo?»

« Buon compleanno Jacopo, dai papà e Tortorella , visto che forse s'è sentita esclusa! Per questo ha fatto 'sto guaio! Eh, Tortorè? »

Un miagolio, come una conferma, giunge da sotto il tavolo, provocando le risa di entrambi. 

Con un rapido movimento del polso, la scritta compare sulla torta. 

«Questa me sà che non la distrugge.»

«E noi non abbiamo distrutto il compleanno di nostro figlio.»

«Dici che gli piacerà?»

«E certo che gli piacerà! C'ha regalato la tazza con su scritto "super papà" per un motivo eh.»

«Per la tua capacità de risolvere i casini mentre io mi dispero?»

«Anche! Ma ci ha detto che da due super papà deriva un super amore.»

«Andiamo a sistemare tutto di là, saranno di ritorno a momenti. Tortorella, tu-» dice, sollevando la piccola gatta e ponendola tra le sue braccia, «-questa volta vieni con noi. Sarai er micio più dolce del mondo ma sei pur sempre un criminale e non puoi stare a piede libero!»

«A zampa, libera!» precisa Simone. 

«La dovevi vedere! Tutta fiera, mentre posava la zampa sulla panna! Poi per fortuna sei arrivato tu. » prende a raccontare Manuel, mentre Simone svuota i pacchi di patatine sulle ciotole colorate che ha disposto sul tavolo. 

E la sua voce diventa un sottofondo che diverte il più piccolo che si ferma a guardare, di tanto in tanto, i suoi modi teatrali. 

Gli occhi piedi d'amore.

E la sensazione d'avere una vita perfetta. 

_____________

Note Autrice: 

Questa storia è dedicata alla mia Clos__  , che ha sempre amato Tortorella e che ha suggerito in qualche modo la trama di questo piccolo e inaspettato "sequel".

Come sempre, vi ringrazio tutt* per aver letto e spero vi sia piaciuta!

Ci vediamo nei commenti e vi mando un enorme bacio!

Vostra, G. 🐾




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