9. Punizione ~ pt 2
Il mio respiro accelerò maggiormente perché non mi aveva mai privata della vista e non sapere cosa facesse mi rendeva nervosa. Mi baciò il lobo strappandomi un gemito prima di sussurrare «adesso parliamo dei tuoi errori ragazzina..»
Si allontanò e sentii la sua voce distante «partiamo dal più evidente: hai deliberatamente ignorato il mio ordine».
I suoi passi si avvicinarono «non pote-» il cuoio si abbatté secco sul fianco spezzando le mie parole e forse era meglio così, se non fosse che il mio padrone aveva già colto il senso della frase e non l'avrebbe ignorato. La sua mano mi passò sulle clavicole fino a serrarsi ancora sul collo esposto «te l'avevo già detto.. se dico che hai sbagliato tu dici "scusa Padrone, ti prego perdonami". Qualsiasi altra parola non ti aiuterà di certo».
Deglutii con difficoltà e sentivo il battito accelerato, il respiro pesante. Di colpo lasciò la presa e un'altra sferzata raggiunse il ventre. Non vedere i suoi movimenti rendeva ogni colpo più doloroso, anche se un istante prima riuscivo ad intuire il leggero sibilo prodotto dall'oggetto e, almeno quello, preannunciava il dolore.
«Piuttosto che pregarmi di scambiare quell'ordine con un altro, come una sottomessa meno inesperta di te avrebbe fatto, sei stata fredda, come se tra noi non ci fosse niente».
Quelle parole fecero più male del colpo al seno che le seguì.
Perché di punto in bianco mi stava paragonando a qualcun'altra? Non l'aveva mai fatto e mi lasciò una sensazione amara. Aveva ragione, non eravamo innamorati e non lo saremmo mai stati, ma un legame tra noi c'era ed era innegabile.
Lo sentii girarmi attorno, percepivo il suo respiro sul collo che venne morso un istante dopo, strappandomi un gemito di piacere. «Mi hai chiamato varie volte come se volessi parlarmi, ma non mi hai cercato in altro modo. Allora dimmi, volevi ti rispondessi solo per dissipare le tue insicurezze? Non sei venuta da me perché non ti importava abbastanza?».
Non attese una risposta prima di colpirmi ancora, stavolta sul gluteo. Sentivo il suo sguardo su di me e cercai le parole, sforzandomi di capire qualcosa a cui, in effetti, neanche io avevo pensato. Perché volevo parlargli? Perché non sono andata da lui quando non mi ha risposto?
«I-io non lo so Padrone. Non volevo ce l'avessi con me, ma non ti ho cercato perché non l'ho mai fatto, sei sempre tu a decidere e.. io con te ho paura di sbagliare.. se fossi venuta avrei potuto rovinare tutto, così ho aspettato che decidessi per me, di nuovo..».
Sentii le sue labbra sulle mie, in un bacio quasi casto e senza dubbio confortante. «Sei libera di fare quello che vuoi Leyla, se rispetti quelle semplici regole non devi temere di sbagliare» il suo tono fu meno severo del solito.
Rise piano «pensi che mi dispiacerebbe trovarti davanti casa mia, magari con solo un cappotto e delle calze?» sorrisi, leggermente sollevata.
Non ebbi il tempo di pensare che forse la punizione era finita, perché dopo aver baciato il mio lobo la sua voce tornò dura «ma non credere che i tuoi errori siano finiti ragazzina» percepii il sorriso e la fossa creatasi sulla guancia ruvida.
Trovai strano come leggesse i miei pensieri, ma smisi di curarmene quando le sue labbra si impossessarono del mio collo. Scese verso la spalla e si fermò su un punto dove tirò le pelle tanto da lasciare un segno, tanto da farmi gemere, non ero sicura se dal dolore o dal piacere, forse per entrambi.
«Quando ti ho detto della tua punizione, mi hai risposto come se ti avessi comunicato il meteo. Dovresti aver capito ormai come si risponde, comincerei quasi a credere di non averti istruita bene, ma so che non è così».
Mi strinse un capezzolo con forza ed emisi un verso perché non avevo sentito l'avvicinarsi della mano. Maledissi di nuovo quella benda, mentre la sua presa mi fece contrarre il viso dal dolore «ti do la possibilità di ritrattare Leyla. Devi dirmi qualcosa?».
Capii che non avrebbe lasciato la presa finché non avessi trovato la risposta giusta, ma non ricordavo nemmeno la domanda. Mi sforzai, inarcandomi sotto al suo tocco e gemendo ancora quando la lingua raggiunse il succhiotto appena lasciato, facendo soffrire la pelle sensibile.
«S-scusa Padrone, ti prego perdonami!» gemetti. Finalmente le sue dita si staccarono, sostituite dalla lingua che mi accarezzò rigenerante.
«Allora qualcosa l'hai imparato..».
Si allontanò e quando tornò sentii dei movimenti vicino al viso che mi intimorirono, visto che a circondarmi era il buio totale. Non avevo idea di cosa avesse avvicinato e per questo la sua richiesta mi sembrò ancora più strana «scegli della musica».
Ci pensai qualche secondo «gli Artic Monkeys». Li avevo sempre trovati sensuali, con la voce calda e i bassi potenti, i testi così colmi di desiderio e passione. «Ottima scelta» ghignò lui, poi sentii un paio di suoni sordi e infine la voce melodiosa del cantante direttamente nelle orecchie.
«Arabella's a modern lover, It's an exploration, she's made of outer space».
Capii che aveva messo delle casse vicino alla mia testa, privandomi di tutti i sensi meno uno.. il tatto. La sferzata sulla curva della schiena mi spinse in avanti, non perché fosse più forte delle altre, ma perché non avevo potuto prevedere in alcun modo dove e quando mi avrebbe raggiunta. Gemetti ancora, sperando ormai che quel gioco non finisse presto. Era tanto spaventoso quanto eccitante e la musica che mi vibrava nel petto amplificava ogni sensazione.
«Passiamo a stasera».
Fui confusa, non credevo di aver fatto qualcosa di sbagliato. Lo sentii ridere leggermente, forse per la mia espressione trasparente.
«Ti sei messa quei vestiti per rimediare, sperando che mostrarmi il tuo culo perfetto mi avrebbe addolcito».
«Ingenua..» mi sussurrò nell'orecchio mentre la frusta raggiunse con violenza la coscia. Sapevo che l'elenco non sarebbe finito perché sentii la sua erezione dura premere sul mio ventre. Si stava eccitando incredibilmente senza né toccarmi né essere toccato, quindi non si sarebbe fermato presto.
Un dolore su entrambe le cosce mi fece quasi urlare. Solo allora mi resi conto che avevo reso mio lo schema per cui la frusta seguiva l'errore, mentre quel colpo era del tutto inatteso e la mia sofferenza fu maggiore. Ero talmente bagnata ormai che avrebbe potuto prendermi senza esitazione, ma continuava a toccarmi solo raramente e mi faceva impazzire.
Rise, perché sapeva che aveva ottenuto l'effetto che voleva.
«Hai parlato con un uomo che ti stava divorando con gli occhi e glielo hai lasciato fare».
Inarcai le sopracciglia basita «non è colp-!» mi interruppe di nuovo con una sferzata, che raggiunse lo stesso punto di pochi secondi prima, causandomi ancora più dolore.
«No!» urlai «non è colpa mia se mi ha parlato! Sei tu che-!» mi bloccai. Non perché mi avesse colpita ma perché mi resi conto di cosa stavo per dire, del motivo per cui stessi per far ricadere la colpa su di lui.
«Avanti Leyla, cosa avrei fatto?» chiese con curiosità.
«Tu..» sapevo che prima o poi avrei ceduto, così non mi opposi oltre «non mi hai dato un collare..» sussurrai in imbarazzo «quindi lui non sapeva fossi tua».
Si avvicinò a me delineando piccoli centri a partire dall'ombelico che mi causarono brividi «lo vorresti?»
Annuii. «Si padrone» aggiunsi piano dopo un istante, sapendo che solo un cenno del capo non lo avrebbe soddisfatto.
«Non ancora ragazzina. Se fossi pronta non staremmo passando questa serata. Ma lo avrai» quelle tre parole mi fecero sorridere e mi morsi il labbro per non farlo notare eccessivamente. Ero felice, ancora più motivata di prima a sostenere quella punizione.
«Tuttavia, non è me che puoi incolpare.. e questo direi che si aggiunge al resto». La frusta si infranse sul mio seno e gemetti ancora, ormai quasi al limite della sopportazione, con le braccia doloranti per quanto erano tese.
«Hai cercato di disobbedirmi ancora quando ti ho detto di spogliarti» le sue dita calde mi accarezzarono i fianchi, raggiungendo poi i slip e facendoli scendere a terra. Passò il cuoio tra le pareti bagnate e pulsanti ed io ansimai, tentata di chiedere di più anche se consapevole che non me lo avrebbe concesso.
Sentii l'odore acre dei miei umori e capii che la frusta era vicina al mio viso «senti quanto sei eccitata ragazzina? Quasi vorrei lasciarti insoddisfatta, ma infondo non sono così crudele..».
Il colpo successivo mi raggiunse direttamente il sesso ed urlai, sentendo la carne bruciare e pregare di essere soddisfatta.
«E quello che hai detto in questa stanza..» disse con un tono inquietante «che stavo esagerando, che neanche io l'avrei fatto..» rise, divertito forse dalla mia stupidità.
Mi strattonò i capelli facendomi reclinare il capo verso di lui, avvicinandosi a me tanto che la sua voce fu più alta della musica assordante «non hai capito ragazzina. Sono io che comando, io che decido quando è troppo, io che ti dico cosa fare, come godere, mentre tu dovresti solo dire si padrone».
Mi lasciò di nuovo e non seppi cosa stesse facendo, dove fosse, sentivo solo le note basse e il ritmo sensuale della musica. Sapevo che non mi sarei mai limitata a quelle parole, perché non era quella la mia indole, ma ero certa che lo sapesse anche lui e che la cosa lo eccitasse, che fosse uno dei motivi per cui mi aveva scelta. Il suo era un pretesto per punirmi e mi piaceva in un modo sbagliato e giusto al tempo stesso.
D'un tratto tra le note ci fu un secondo di silenzio e sentii un rumore simile alla maniglia, ma non era possibile. Sperai di sbagliarmi, ma qualunque cosa fosse successa ormai mi fidavo di Dean e lo feci anche in quel momento, tornando a prestare attenzione alla sua voce.
«Siamo quasi a quindici errori» la sua voce era lontana, poi sempre meno «considerando poi che quello che hai detto entrata qui è.. raro nella sua sfrontatezza, altre venti frustate sono quasi dovute» .
Sgranai gli occhi ancora celati dalla benda, inarcando le sopracciglia. Ero troppo schiava del piacere per resistere ancora, ma ero contemporaneamente schiava del dolore. Avevo un bisogno disperato di venire tanto quanto ne avevo di patire, e quei due desideri si sarebbero presto fusi assieme. Entrambi sapevamo che altri venti segni sul mio corpo mi avrebbero fatta raggiungere il culmine.
Tremai piano, carica di desiderio, quando sentii il suo corpo a pochi millimetri dal mio, tanto vicino da sentirne il calore «e puoi non contare oggi, liberati..» concesse suadente.
Persi anche quell'ultimo appiglio alla razionalità e il cuoio iniziò ad infrangersi su di me come le onde su uno scoglio. Non avevo idea di quale sarebbe stato il punto o il momento successivo, né l'intensità del colpo. Ormai ansimavo e sentivo le guance infuocate, il viso arrossato come il mio corpo teso.
Non avevo idea di quanto ancora sarebbe durato e il colpo seguente si abbatté sulla mia intimità, bagnata e bisognosa, facendomi reclinare il capo per accogliere i tremiti dell'orgasmo che mi invase, alimentato da altre frustate al seno e sulla coscia.
Ripresi il controllo di me stessa dopo l'orgasmo lieve e potente al tempo stesso, che non aveva placato il mio desiderio. Sarebbe potuto essere un appagamento pieno se il mio Padrone mi avesse donato il suo contatto, ma quando le mie pareti interne si contraevano cercando uno stimolo trovavano solo vuoto.
Avevo quasi le lacrime per la frustrazione, quando l'ennesimo colpo mi ferì e la voce roca del mio padrone annunciò vicina l'orecchio «venti.. che devi dirmi Leyla?».
Non esitati, lo volevo disperatamente «ti prego Padrone perdonami, fammi tua, scopami, ti prego..» ansimai, tesa come non lo ero mai stata, incapace di razionalizzare le parole che fuoriuscivano dalle labbra arrossate, brucianti per quanto le avevo morse.
Mi afferrò i fianchi premendo il bacino su di me e concedendomi un bacio passionale, facendomi assaporare la ruvidezza della sua lingua.
«Sono quasi tentato ragazzina, ma ho preparato qualcosa per te..» trasudava erotismo da ogni lettera, anche se non avevo di idea di cosa stesse parlando. Sapevo solo che la sua voce raschiava la gola asciutta, facendomi capire quanto mi volesse. Perché allora non mi aveva presa?
Abbassò la musica. «Ho pensato fosse il momento di mostrarti una cosa». Continuavo a non capire e la mia confusione aumentò quando aggiunse piano «ricordati, io sono tuo quanto tu sei mia». La mia mente era troppo annebbiata per delle congetture e ogni mio dubbio restò irrisolto. Mi accarezzò la guancia tonda per poi portare le mani a scogliere il nodo della benda.
Appena riacquisii l'uso della vista sbattei un paio di volte le palpebre, costrette per un tempo indeterminato sotto il tessuto stretto. La prima cosa che vidi furono gli occhi del mio Padrone: duri, divertiti ma anche vagamente preoccupati, speranzosi di qualcosa. Forse sperava che capissi.
Di sicuro non lo feci quando nel mio campo visivo notai una ragazza vicina al letto, con un body in pizzo bianco e i capelli biondi che superavano di poco le spalle, corniciando gli occhi nocciola. Spalancai di poco le labbra tornando a guardare Dean, notando solo allora che si era tolto la camicia in un momento a me sconosciuto.
Lui restò impassibile, con un sorriso sfrontato che non sembrava voler sparire. La sua espressione si addolcì leggermente per un istante «le safeword servono anche per questo, d'accordo?».
Annuisco e stranamente si accontenta di quel lieve assenso. Difficilmente avrei saputo pronunciare una parola, vista la secchezza che mi aveva paralizzato le corde vocali.
Non sapevo cosa pensare. Mi rendevo conto che quel momento sarebbe arrivato e non potevo negare che avessi trovato eccitante quell'idea. D'altronde la sera in cui avevo imposto la condizione "nessun'altra" nonostante non fossi stata in grado di spiegarlo a parole, non volevo precludere la possibilità che nei nostri rapporti non fossimo soli. Volevo solo che lui non andasse con altre donne né avesse altre sottomesse. E la sera in cui avevo ammesso che vedere due donne assieme aveva acceso in me il desiderio, che il mio stesso sapore mi era piaciuto, divenne palese che prima o poi mi avrebbe fatto conoscere il tocco di una donna.
Tuttavia, quella ragazza sicuramente era lì per lui, faceva parte della mia punizione, nulla mi avrebbe assicurato che mi avrebbe anche solo sfiorata. Inoltre non mi aspettavo certo che sarei stata legata, impossibilitata a muovere un passo senza causarmi un dolore lancinante alle spalle.
Non sapevo cosa pensare, quindi smisi di farlo, o almeno ci provai.
«Lei è Amy» annunciò, posando lo sguardo su di lei «il suo padrone mi doveva un favore e.. beh sono stato piuttosto stronzo stasera.. ed egoista».
Amy aveva il capo leggermente chino perciò fu solo in quel secondo momento che notai un collare rosso sangue attorno l'esile collo. Era bellissimo e la rendeva ai miei occhi ancora più angelica.
«Spero che imparerai qualcosa ragazzina» disse prima di avvicinarsi a lei. Le scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e lei non mosse né il capo né gli occhi, anche se un lieve rossore le colorò le guance.
«Hai visto la mia Leyla prima?» a quelle parole melodiose il mio cuore sussultò, reagendo alla migliore musica potesse sentire.
Amy annuì, ma non rispose e capii che non lo avrebbe fatto senza permesso.
«Ti è piaciuto? Parla» ordinò secco.
Solo allora sentii la voce delicata della ragazza, che aveva circa la mia età «si Signore, l'ho trovata incantevole».
Il mio Padrone sorrise furbo e mi rivolse uno sguardo d'intesa inarcando le sopracciglia. Lei mi aveva osservata mentre l'orgasmo mi travolgeva sotto i tocchi del cuoio e mi aveva ammirata, desiderando forse di essere al mio posto. Mi sentii eccitante, come ogni volta che il mio padrone mi mostrava un nuovo lato di me stessa.
«Inginocchiati» in un secondo lei eseguì alla perfezione, senza la minima incertezza. «Alzati» eseguì ed iniziai a capire l'enorme differenza tra me e lei. «Apri la bocca» schiuse le labbra sottili e attese, continuando a fissare il pavimento, senza chiedere con lo sguardo spiegazioni come invece avrei sicuramente fatto io.
Il mio padrone attese qualche secondo prima di posare la sua mano sul mento di lei, poggiandole il pollice sulla lingua. Mi aspettavo che iniziasse a succhiarlo, come avrei fatto io dando per scontato il volere del mio padrone, ma lei non mosse alcun muscolo e vidi che il mio padrone ne fu soddisfatto e sorrise leggermente.
«Succhia» solo a quel punto lei eseguì, socchiudendo le palpebre. Dopo pochi secondi lui tolse bruscamente la mano e notai un filo di saliva uscire assieme al suo dito. Mi chiesi se anche io sembrassi così bisognosa ai suoi occhi, quando la mia bocca era colma di lui. Probabilmente si, lo desideravo e non lo nascondevo.
Andò verso l'enorme letto e si sedette sul bordo dinanzi a me, guardandomi negli occhi «vieni qui ed inginocchiati» con un gesto della mano indicò Amy, anche se io ero impossibilitata a muovermi e dunque non avrei potuto farlo. Vidi il lampo della passione attraversarle gli occhi mentre eseguiva, ponendosi davanti a lui e dandomi le spalle. Involontariamente il mio sguardo cadde sulla schiena di Amy, sulla curva che raggiungeva i glutei e infine su come il body li fasciasse alla perfezione, causandomi un brivido inaspettato.
«Fammi godere» disse semplicemente, sottintendendo decine di ordini in due sole parole, senza staccare lo sguardo da me che osservavo ogni gesto con le guance rosse ed il respiro affannato. Non potevo vedere chiaramente i movimenti di Amy, ma capii esattamente il momento in cui inglobò l'erezione del mio padrone, strappandogli un ghigno compiaciuto.
I minuti passavano e lui continuava a guardarmi rendendo quella tortura ancora peggiore ai miei occhi che non riuscivo a staccare dai suoi, vedendo ogni espressione di piacere che mi mostrava sfacciato. Le raccolse i capelli con il pugno, dettando movimenti più veloci. Tirai le manette desiderosa di liberarmi e prendere il posto di Amy, facendo sorridere malignamente il mio padrone.
La muoveva nello stesso modo in cui muoveva me, era come guardarsi da fuori il proprio corpo. Potei vedere il body umido, le vene pulsanti del braccio del mio padrone, l'addome contratto e anche i lievi movimenti del suo bacino di cui non mi ero mai accorta.
Non riuscii più a tollerarlo. Per quando fosse eccitante quella non ero io e nonostante lui stesse guardando me, i suoi versi di godimento erano causati da qualcun'altra, una indubbiamente più brava di me nell'eseguire ogni ordine. Strattonai le polsiere con più forza, come se davvero potessi romperle, facendole risuonare e facendo ondeggiare i miei capelli da cui l'elastico era caduto, lasciandoli coprire le spalle.
«Liberami» dissi infine, ritrovando la capacità di emettere suoni, ma l'unico effetto fu un ghigno divertito «ti prego liberami, ho capito!».
«Davvero Leyla?» la voce raschiava, spezzata dall'eccitazione «e cosa avresti capito..?».
«Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto» mi divincolai ancora «ti prego perdonami, basta punirmi.. ho capito» conclusi abbassando la voce, vergognandomi di ogni parola.
«Chi ha detto che questa era la tua punizione?» chiese retorico, lasciandomi perplessa.
Avevo dato per scontato che lo fosse, poi mi ricordai delle sue parole "ho preparato qualcosa per te", capendo che non si riferivano ad un altro tassello del suo sadismo, ma a un dono nei miei confronti. Mi aveva detto che voleva mostrarmi qualcosa, sapevo che voleva che capissi qualcosa. Ora capivo davvero.
Mi aveva mostrato come avrei dovuto comportarmi, quanto io fossi eccitante mentre gli donavo piacere e come lui godesse di quelle attenzioni.
«Ho capito» dissi ancora, con una maggiore consapevolezza. Sorrise furbo invitandomi con un cenno del capo a proseguire e gli dissi ciò che avevo appena realizzato.
«Brava ragazza, ma hai tralasciato una cosa. Questo è il tuo premio» tirò i capelli di Amy facendola scostare «liberala».
Amy si alzò senza far trapelare il dolore che, ero consapevole, le attraversava le gambe, assieme alla frustrazione per non essere ancora stata soddisfatta. Notai che, sebbene non aveva mai alzato lo sguardo su Dean, io non ero per lei una dominatrice, dunque era libera di farlo e lo fece.
Osservò il mio corpo nudo lasciando trapelare un sorriso malizioso, studiando la pelle chiara e i punti che invece erano ancora rossi per il passaggio del mio padrone.
«Ti piacciono anche le donne?» chiesi d'istinto senza preoccuparmi di essere indiscreta, mentre era pochi centimetri da me intenta a slacciare le polsiere.
Capii di aver sbagliato, di nuovo, quando la voce tagliente del mio padrone riempì la stanza «cazzo Leyla.. ti ho forse detto che potevi parlarle?» si passò una mano sul viso, sfregando la barba ruvida.
«Ti prego padrone scusami..» dissi sommessamente stanca di sbagliare, fissando il pavimento.
«E per una domanda così banale, hai visto come ti guarda? È ovvio quali siano le sue preferenze..» continuai a tenere lo sguardo basso senza rispondere.
«Venite, entrambe» ubbidimmo trovandoci davanti a lui, che con un gesto della mano fece chinare il busto di Amy in avanti, verso il suo viso proteso. Capii cosa volesse fare e, nonostante una parte di me non volesse vederlo, non distolsi lo sguardo.
Quando Amy fu abbastanza vicina il mio padrone le scansò ancora i capelli, come per permettermi una visuale migliore, prima di adagiare dolcemente le labbra su quelle di lei, muovendo piano la lingua con quei gesti calibrati tanto frustranti quanto sensuali.
Si scatenarono in me rabbia ed eccitazione, in un insieme facilmente percepibile dai miei occhi in fiamme. Non fu un bacio lungo e per mia fortuna si interruppe prima che potessi dire idiozie, pregandolo o urlandogli contro di smetterla. Appena staccò le labbra da lei sorrise mostrando i denti perfetti, con gli occhi socchiusi e l'espressione di un sadico, cosa che a tutti gli effetti lui era. Voltò lo sguardo verso di me senza spegnere quel sorriso «hai altro da aggiungere?» chiese strafottente, sfidandomi a disobbedire ancora.
Non volevo più osservare in disparte le attenzione che rivolgeva ad un'altra, volevo essere di nuovo io il centro della sua fantasia, così mentre i miei occhi urlavano "vaffanculo" la mia bocca disse soltanto «no padrone».
Avrebbe potuto continuare il suo gioco perverso anche solo per il mio sguardo, ma forse anche lui aveva dei limiti, sia per la pazienza che per l'erezione ancora non soddisfatta, e quella sera li stavo decisamente sfidando, perciò decise di ignorare il mio sguardo ardente.
«Leyla sdraiati» felice di poter rilassare i muscoli indolenziti eseguii, ringraziandolo mentalmente e riuscendo, per quella premura forse involontaria, a mettere da parte quel bacio che non avrebbe dovuto esserci.
«Amy» le disse «è tua.. puoi baciarla, toccarla, farti toccare, assaporare. Assicurati solo di non farla venire se non te lo ordino» tremai per il desiderio che quelle parole mi scatenarono.
Amy sorridente fece il giro del letto per salirvi ed il mio padrone, ancora seduto sul bordo vicino il mio fianco, posò la mano sulla mia per incrociare i miei occhi, chiedendomi tacitamente un consenso. In effetti, anche se Amy non era una mistress, in quel momento mi aveva come ceduta a lei, anche se solo parzialmente, e secondo la condizione che avevo imposto lui avrebbe dovuto prima chiedermelo.
Annuii appena e vidi il suo labbro incurvarsi in maniera quasi impercettibile. Sarebbe stato superfluo chiedermelo, ma apprezzai che non lo diede per scontato.
Amy mi raggiunse e si mise sopra di me, con quel sorriso malizioso e felice di una bambina che si apprestava a scartare un regalo di natale. Sapeva che non avevo mai toccato una donna in vita mia ed evidentemente era felice di essere la prima. Ero vergine ai suoi occhi, mentre io per la mia prima volta non avrei potuto chiedere di meglio. Amy aveva dei bei fianchi e i seni tondi poco più grandi dei miei. Non avevo timore nel dire che ero impaziente di toccarli.
Si avvicinò piano, gustando quel momento, poi posò le labbra sulle mie. Erano tremendamente morbide, più soffici di quanto potessi immaginare, come un uomo non avrebbe mai potuto essere benché appena rasato. Anche la lingua sapeva essere più delicata, nonostante la passione con cui cercasse la mia.
Le dita sottili si posarono sul fianco e raggiunsero il mio seno, dove presto si aggiunsero le labbra, non prima di aver lasciato baci umidi sul collo. Accarezzai la sua schiena tenera, ancora fasciata dal body, fino a scoprire i suoi glutei. Erano simili ai miei e vi affondai le dita, facendo scorrere poi le unghie lasciando scie rosse.
Gemette sul mio seno e morse più forte, una piccola vendetta che gradii, come le sue dita che scesero, pizzicandomi il clitoride bagnato, infilando due dita cercando subito il punto che mi strappò un verso più forte degli altri. Le esposi il bacino mentre il suo pollice lavorava sul clitoride sensibile ed io ormai famelica le scoprii il petto, osservando i seni tondi e li stuzzicai curiosa. Osservai un secondo il suo viso, le labbra arrossate schiuse per emettere deboli lamenti, mentre saggiavo la morbidezza di quelle colline ambrate.
Sentii un desiderio impellente e la spinsi senza timore sotto di me, fiondandomi poi sulle sue labbra per leccarle, mentre scostavo ancora il body scoprendo il ventre piatto. La risata del mio padrone mi lanciò una scossa al basso ventre. Sapere che ci stava osservando creava in me un desiderio maggiore del previsto, assieme le sue parole «ragazzina sei davvero perversa..».
Alle mie orecchie suonò come un complimento, che mi fece sorridere mentre finalmente leccai e morsi i capezzoli di Amy, strappandole gemiti sempre più acuti. Le carezzai i fianchi portando via quella stoffa fastidiosa ed inutile. «Sfilalo» lo ordinai con una risolutezza che non credevo mi appartenesse e lei, forse per sua indole, si trovò ad ubbidire veloce aiutandosi con le gambe.
Continuai a lasciarle baci su ogni parte del corpo, tirando la pelle in morsi leggeri. La mano del mio padrone mi passò forte sui glutei e per un attimo passai l'attenzione dal corpo al viso di Amy, notando come lo stesse osservando e la mano che si mosse leggermente verso di lui, come se volesse attrarlo a sé. Afferrai quel polso velocemente portandolo sulla sua testa, mentre con l'altra mano le afferrai il viso e le imposi di guardarmi.
Fu solo un istante «ne hai avuto abbastanza di lui» sussurrai con voce eccitata, poi la baciai ancora. Mi resi conto di come quella mia presa di potere la fece tremare piano sotto di me, visibilmente eccitata. Quella era un'altra differenza che notai e che mi piacque. Gli uomini non tremano, se non nel momento di massimo piacere, mentre sentire Amy piegarsi sotto le mie dita mi faceva capire quanto apprezzasse e quali punti la facessero gemere senza ritegno.
Sapevo che il mio padrone fu eccitato anche da quel mio gesto, perché mi colpì con forza, affondando poi i polpastrelli nella carne soffice ed infine lo vidi alzarsi. Vari baci mi fecero scendere il corpo di Amy raggiungendo le sue gambe aperte, un invito pronto per essere colto. Il mio padrone aveva raggiunto i piedi del letto, da cui aveva una visuale perfetta del mio fondoschiena sollevato, pronto per lui, della schiena dritta e tesa, inclinata verso Amy.
La osservai pochi secondi, vedendo come gli umori le avevano già bagnato ogni lembo di pelle ed il mio padrone mi incitò a proseguire, passando le mani sulla mia schiena rilassando i muscoli ancora doloranti.
Prima vi posai le dita, che sapevo come utilizzare visto che la curiosità mi aveva portata e soddisfarmi da sola. Le passai sulle grandi labbra prima di infilare un dito in lei, sentendo le pareti contrarsi, il calore scottante e la morbidezza accogliente. Nel momento in cui il mio padrone affondò in me con decisione ebbi la consapevolezza di cosa stesse provando ed il grido che sollevò in me fu più acuto. Si mosse piano, facendomi sentire l'erezione fino alla base, compiendo movimenti lenti per permettermi di continuare la mia esplorazione.
Non feci attendere Amy, che portò l'altra mia mano al suo seno, e subito il dito ne divennero tre. Era una masochista d'altronde e il mio movimento deciso fu seguito da una sua contrazione potente. Mi muovevo veloce, nello stesso modo in cui avevo scoperto piaceva a me stessa, stimolando anche il clitoride con il pollice.
Estrassi poco le dita, allargando l'apertura e muovendomi ancora, sentendo i gemiti di Amy aumentare, divenendo lamenti e preghiere quando la mia lingua la lambì, leggermente incerta ma con una sicurezza sempre maggiore. Il sapore forte non mi disturbò mentre succhiavo la carne stimolandola con la lingua.
Il mio padrone si mosse sempre più velocemente e così feci io, percependo chiaramente l'orgasmo di Amy travolgerla, mentre dopo pochi secondi anche il mio padrone, sussurrando rochi apprezzamenti sulla mia figa stretta, la vista e la mia perversione, si riversò soddisfatto dentro di me. Avevo donato piacere ad entrambi e, se da un lato ero tremendamente appagata, dall'altro il mio corpo continuava a richiedere attenzioni.
Ovviamente ciò non sfuggì al mio padrone, il quale si tolse con noncuranza il preservativo prima di afferrarmi i capelli con delicatezza, farmi alzare costringendomi a stendere le ginocchia e voltare il capo verso di lui per darmi un bacio umido, dove le lingue si cercavano smaniose. Premetti il sedere su di lui e sentii la sua erezione ancora forte, pronta per essere di nuovo svuotata.
Si staccò da me rivolgendomi un sorriso malizioso, prima di impartire nuovi comandi «sdraiati Leyla, ti meriti molto.. Amy, non ti dispiacerà ricambiare il favore giusto?».
Scosse il capo «no signore» si sollevò, premendo di nuovo il corpo su di me. L'accolsi inspirando il profumo di fiori e leccando la pelle dolce, mentre il mio padrone saliva sul letto vicino a me.
«Poggia qui la schiena» indicò la spalliera del letto e mi sollevai, mentre Amy scivolava sul mio corpo allargandomi le gambe premendomi dolcemente le cosce.
Il mio padrone si tenne sulle ginocchia ed il suo membro era all'altezza del mio viso. Lo guardavo desiderosa, mentre portai la mano sulla nuca di Amy, invitandola con una carezza a soddisfare il corpo urlante.
«Leccalo» mi ordinò e così feci, pulendolo dai miei stessi umori, ma non proseguii finché non me lo impose «prendilo in bocca». Acconsentii eccitata da come fece risuonare ogni lettera mentre Amy muoveva le dita in me piano, consapevole che sarei venuta in poco tempo ed intenzionata a far proseguire quella dolce tortura. Muovevo solo la lingua, facendo mia l'ubbidienza letterale che il mio padrone mi aveva mostrato tramite Amy. «Succhialo» la voce roca fu musica e mi apprestai a soddisfarlo pienamente, mentre Amy fece altrettanto.
Il mio padrone dettava il ritmo impartendomi ordini per farlo godere ed Amy lo assecondava seguendo la stessa intensità per soddisfarmi, con le mani e la sua bocca calda. Pregai il mio padrone con gli occhi, perché non avrei potuto farlo a voce. Lui mi sorrise prima dell'ennesimo ordine «voglio venirti in gola ragazzina, sbrigati».
Accelerai i movimenti e, nonostante l'impedimento, vari gemiti di piacere uscivano dalla mia bocca. Amy era ormai intenzionata a farmi venire ed il mio padrone mi tenne la nuca prima di riversarsi in me con poche spinte. «Apri la bocca e pulisci, voglio sentirti ansimare mentre vieni».
Deglutii il seme caldo ed ubbidii, leccando il suo membro ed aiutandomi con una mano a risucchiare gli ultimi residui del suo liquido, mentre l'altra mano incitava Amy a succhiarmi e leccarmi. Gemetti pregando Amy di muoversi più velocemente ed il mio padrone si chinò, baciandomi il collo e la spalla. I brividi che causò e la sua mano sul seno, aggiunto alle dita ed alla bocca di Amy, mi travolsero in un orgasmo intenso ed appagante, in cui entrambi mi restituirono il piacere che avevo donato loro, tremando sotto quei tocchi tanto diversi ma, per me, eccitanti allo stesso modo.
I miei gemiti diminuirono e loro si staccarono da me. Amy si leccò le labbra umide ed il mio padrone mi baciò sussurrando «sei stata bravissima». Lo diceva spesso e mi causava sempre felicità ed un lieve rossore sulle guance dove lui posò la mano, lasciandomi lievi carezze con il pollice.
Amy seduta sui talloni attendeva quel leggero scambio di sorrisi complici tra noi. Dopo qualche secondo il mio padrone le rivolse la parola «sei stata preziosa, grazie. Nella stanza davanti il tuo padrone ti aspetta, sarà felice di trovarti pronta per lui..» concluse sorridendo.
Notai il lampo di gioia che la attraversò quando sentì che a pochi passi da lei il suo padrone la stava aspettando e, dopo avermi salutata con un lieve bacio sulle labbra, infilò velocemente il body prima di fuggire a passo svelto verso il suo uomo.
Dean si sedette accanto a me, avvolgendomi le spalle con il suo lungo braccio e strattonando la coperta per portarla sul mio corpo, ancora pervaso dai brividi dell'orgasmo. Poggiai la testa sul torace ampio e ricoperto dalla sottile peluria che su di lui aveva un fascino che non riuscivo a spiegare. Allungai la mano sul suo addome, lasciando lievi carezze che avevano lo stesso andamento delle sue.
Non essere emotivamente coinvolti non escludeva certo quelle attenzioni reciproche che seguivano ogni rapporto. Minuti inizialmente silenziosi, in cui le nostre menti vagavano sui momenti recenti, seguiti poi da dialoghi semplici sussurrati tra sguardi fugaci.
Avevo il mio equilibrio ormai e mi sentivo felice.
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