7. Territorio


Quella sera fu il mio padrone a scegliere un abito per me. Il pacco arrivò a casa una mattina in cui non attendevo alcun corriere, ma appena capii che non c'era stato nessun errore di consegna mi resi conto che non poteva essere che lui.
Devo dire che non ebbi nulla di cui lamentarmi ed anzi, mi aveva salvato da un interminabile pomeriggio di scelte, che sarebbe probabilmente terminato in ore a girare per un centro commerciale e almeno cinquanta euro in meno sul mio conto.

Il vestito che trovai nella scatola era blu scuro, aderente, con uno scollo a cuore e le spalline sottili. Non l'avrei mai indossato in nessun posto che non fosse quel locale, essendo troppo provocante per me. Tuttavia, la certezza che al club avrei trovato vestiti molto più audaci del mio mi infuse il coraggio necessario.
Assieme al vestito vi era dell'intimo abbinato, ma ebbi difficoltà a capire come fossero fatti gli slip. Scoprii infine che era un perizoma, sul cui retro vi erano tre fili, due che sarebbero passati ai lati delle natiche ed uno al centro. Solo al pensiero che lui li avesse scelti per me sentii una fitta al ventre, immaginando il suo desiderio nei miei confronti.

Nella confezione trovai un biglietto che non lasciava spazio ad alcun dubbio, la cui grafia era talmente ordinata e spigolosa che anche senza firma avrei capito di chi si trattasse.

"Venerdì alle 22. Legati i capelli, il tuo collo è eccitante.
Dean"

Sorrisi a quel complimento, felice che apprezzasse ogni parte del mio corpo. Ho sempre odiato che l'attenzione fosse rivolta solo alle zone tipicamente erogene, quando l'inizio del rapporto è il punto in cui si conclude. Dovrebbe esserci la voglia di scoprire ogni parte del corpo dell'altro, di stuzzicare ogni centro nervoso, sia che si trovi sul collo, sul fianco o nell'ombelico. Ridursi alle due o tre classiche aree mi è sempre sembrato riduttivo e mortificante, portandomi inoltre a chiedermi se non fossi io ad essere poco eccitante.

Sorvolai sul fatto che conoscesse il mio indirizzo, pensando che essendomi registrata al club, ed essendo lui uno dei soci, dovesse aver accesso a certe informazioni. Finché si limitava ad inviare corrieri e non lo trovavo in bagno con un macete, sarebbe andato più che bene.
Finalmente dopo una settimana l'attesa era finita, così con dieci minuti di anticipo arrivai al club, avvolta, sotto al cappotto, nel perfetto abito che era stato scelto per me e con i capelli raccolti in un morbido chignon.

Nel breve tragitto a piedi mi interrogai se dovessi attendere l'ora precisa o se entrare prima ed aspettarlo o cos'altro avrei dovuto fare, trovando poi ridicolo il fatto che prestassi attenzione ad ogni piccolo dettaglio. Non mi sentivo abbastanza per lui, perciò ogni mio gesto era più pensato del dovuto, come per dimostrare al mio padrone che la scelta fatta non era un errore.
Per fortuna venni sollevata da quei dubbi perché vicino la piccola ed anonima entrata trovai Dean ad aspettarmi. Persi un battito e sarei rimasta a fissarlo per minuti interi. Alto, perfettamente fasciato dal cappotto elegante, una sciarpa scura che spuntava da sotto al giacchetto, i corti ricci ordinati e il sorriso accennato di chi ti sta immaginando nuda.

Mi avvicinai incredula di trovarlo lì, così perfetto ad aspettare solo me. Esitai nel salutarlo, cosa semplice ma imbarazzante dal mio punto di vista, poiché non avevo idea di come avrei dovuto farlo. Un bacio, una piccola stretta, un ciao? Sembrava tutto stupido e inappropriato.
Fu di nuovo lui a scegliere per me, chinandosi e lasciandomi un bacio sulla guancia, sussurrando un "buonasera ragazzina" direttamente nel mio orecchio, causandomi il primo brivido della serata.

Lasciammo i cappotti alla stessa ragazza che mi aveva accolta la prima sera ed il mio padrone mi osservò attentamente prima di parlare.
«Le calze, toglile». Sentii il viso colorarsi, lo guardai sgranando leggermente gli occhi ma incontrai solo due occhi severi.
Capii di non avere scelta e così lo feci, tremendamente a disagio vista la presenza della ragazza, che in realtà non sembrò minimamente turbata. Iniziai a pensare a delle ipotesi sul motivo di quella privazione, passando dall'ovvio, ovvero che non gli piacessero, al perverso, cioè che voleva avere la possibilità di toccarmi liberamente in ogni momento. Pensandoci bene, la seconda ipotesi era quella che preferivo.

Abbandonai anche le calze e varcammo assieme quella tenda pesante, che Dean sollevò per me, invitandomi con una mano sulla schiena a passare per prima. Appena varcai la soglia vidi poche persone rivolgermi uno sguardo curioso, ma quando il mio padrone mi circondò la vita con un braccio stringendomi a sé, quei sguardi divennero molti di più.
Molti erano solo curiosi, altri non erano rivolti a me e si posavano con malizia sull'uomo al mio fianco, altri ancora erano occhiate furiose sul mio viso, il mio corpo, seguite da un'espressione di sufficienza che mi faceva capire quanto fossi inadatta per lui.

Dopo pochi passi non li sopportai più, così chinai lo sguardo, decisa a fissare il pavimento come se dovessi prestare attenzione a non cadere, nonostante il braccio di Dean mi avrebbe sorretta, impedendomi una caduta rovinosa.
Lui si fermò, sollevandomi il mento con due dita e costringendomi ad inchiodare gli occhi nei suoi «non chinare il capo Leyla. Vorrebbero ciò che hai tu, il tuo corpo, il tuo uomo. Non possono averlo perciò tentano di sminuirti, non lasciarglielo fare».

Annuii lievemente, persa nei suoi occhi scuri, distogliendo lo sguardo solo per posarlo sulle sue labbra. Avrei voluto baciarlo e senza che mi avvicinassi lui capì il mio desiderio. Si chinò fino a raggiungermi, lasciandomi un bacio delicato ed umido, seguito poi da un morso che mi fece gemere. Lui sorrise e si allontanò nuovamente, continuando poi a muoversi verso una meta a me sconosciuta.
Percorremmo la sala e sostenni gli sguardi, continuando a fissare un punto dinanzi a me cercando di ostentare una sicurezza che non credevo di possedere, almeno non fino a quel momento. Finalmente raggiungemmo un divano su cui potessimo sederci e rilasciai il respiro che non mi ero accorta di aver trattenuto. Si avvicinò un cameriere e Dean ordinò per entrambi, prendendomi una Piña Colada, la stessa che stavo bevendo la sera un cui ci conoscemmo.

«Vieni qui» ordinò posando una mano sulla sua coscia. Titubante lo feci, nonostante l'imbarazzo, ma felice della sua vicinanza che mi infondeva sicurezza. Ero tesa e rigida, leggermente spaventata poiché non avevo idea di cosa sarebbe accaduto quella sera. L'alcol mi aiutò a rilassarmi leggermente, godendomi le sue attenzioni e le sue parole, impedendomi poi di sentirmi una completa idiota quando un uomo si sedette accanto a noi.
Sarei voluta tornare al mio posto ma la mano ferma di Dean e la sua occhiata severa mi impedirono di muovermi. Lui e lo sconosciuto iniziarono a parlare come se io non esistessi e ne fui felice, anche se non mi piaceva quell'uomo dal ventre gonfio, né gli sguardi fugaci che mi rivolgeva, credendo forse di non essere notato. Percepii anche l'astio di Dean, ma per qualche motivo non disse nulla. La mia ansia iniziava a ridursi, quando la conversazione prese una piega che speravo potesse evitare.

«E così è lei..» disse lo sconosciuto di cui ancora non avevo capito il nome, fissandomi intensamente. Non sapendo cosa dire mi limitai a lanciare un'occhiata al mio padrone, che sorrise assottigliando lo sguardo, rispondendo a quell'uomo.
«Già..» si inumidì le labbra, passandomi delicatamente una mano sulla coscia «si chiama Leyla, è perfetta».
Sorrisi al suo complimento, che nella sua semplicità racchiudeva centinaia di parole ed apprezzamenti.
«Non vedo l'ora di scoprirlo..» disse allusivo, passando lo sguardo sul mio corpo come se fossi nuda.

Un brivido di panico mi percorse. Non avevo intenzione di andare con quell'uomo nauseante né ora né mai. Al solo pensiero che le sue dita tozze potessero toccarmi o che i suoi occhi porcini si eccitassero per me ebbi un profondo disgusto. Cercai di nuovo l'appoggio del mio padrone, rivolgendogli uno sguardo preoccupato.
«Che ne dici ragazzina» ghignò Dean «ti piace l'idea?».
Nonostante ero certa che lui sapesse già la mia risposta, scossi la testa con forza e mi strinsi a lui ancora di più, come se potessero strapparmi dal suo corpo da un momento all'altro «mi disgusta» ammisi, prima ancora di pensare alle mie parole.

Il mio padrone rise e sentii il suo petto risuonare sotto le mie mani, poi si rivolse all'uomo con un sorriso strafottente «mi dispiace, ha detto di no».
Quell'uomo sembrò indignato, di sicuro offeso dalla mia frase diretta. Spostò un paio di volte lo sguardo tra noi due prima di parlare «da quando sono loro a decidere?» allungò una mano verso il mio braccio, ma la stretta di Dean lo immobilizzò prima ancora di toccarmi. Il sorriso scomparve dalle sue labbra e parlò con durezza «non sono delle puttane».

«Ah davvero?» replicò sfrontato «si fanno scopare davanti a chiunque, in ogni modo possibile. Mi avevate promesso molto Dean, invece non ho ancora ottenuto nulla».
Con un solo gesto la mano di Dean mi condusse sul divano, facendomi scivolare dalle sue gambe. Si avvicinò a quell'uomo con uno sguardo che mi mise i brividi «non mi sei mai piaciuto» affermò scuotendo la testa «sei solo un coglione che pensa esclusivamente alle sue palle e se fosse per me non ti avrei mai ammesso. Non mi frega un cazzo della tua quota o delle donazioni, adesso alzi quel culo floscio e sparisci dalla mia vista per sempre, chiaro?».

Ad ogni parola le pupille di quell'uomo di dilatarono per il timore. Tentò di dire qualcosa, gli uscì un vago insulto che rese solo l'espressione di Dean più cupa, facendo deglutire a vuoto lo sconosciuto, che si alzò andando verso l'uscita senza aggiungere altro.
Rivolsi di nuovo lo sguardo all'uomo accanto a me, con ancora le narici dilatate e una vena del collo gonfia per la rabbia. Sentii un brivido accarezzarmi il corpo, stranamente eccitato da quella ira rivolta verso lo sconosciuto.

«M-mi dispiace. Non avrei dovuto dire nulla e.. Grazie..»mormorai torturandomi le dita finché lui non poggiò una mano sulle mie. Sollevai lo sguardo e lo vidi di nuovo calmo.
«No, anzi dovrei ringraziarti. Cercavo da mesi una scusa per cacciarlo, ma gli altri non erano d'accordo..».
Sospirò, come per allontanare tutta la tensione «prendiamo da bere».
Annuii e dopo pochi minuti e una breve conversazione, un cameriere tornò con uno scotch e un cuba libre. Ovviamente a me fu destinato il secondo e lo bevetti in silenzio, soffermandomi su una persona a pochi metri da me.

Era la stessa ragazza che avevo visto la prima sera, nella stessa posizione, accanto lo stesso ragazzo. Aveva lo sguardo chino e non riuscivo a capire se ascoltasse la conversazione tra il suo padrone ed una mistress, perché non dava alcun cenno visibile. Ci pensai attentamente e mi tornò alla mente che i sottomessi non dovrebbero parlare, se non dopo averne avuto il permesso.
Decisi di rivolgere i miei dubbi a Dean «perché non mi vieti di parlare?»
Sembrò sorpreso dalla domanda e mi osservò curioso, evitando ancora una risposta precisa «vorresti che te lo impedissi?».

Ci pensai qualche secondo prima di rispondere «no ma.. perché? Non sono pronta?» feci un tentativo, ma lui scosse la testa.
«Leyla c'è una differenza tra me e un qualunque master» mi fece un cenno e mi avvicinai di nuovo, sedendomi sulle sue gambe, che iniziavo a trovare più comode e confortanti del divano. «Non ti vieto di parlare, né lo farò mai, perché non è questo che sei».
Lo guardai ancora più confusa di prima, aspettando che proseguisse. «Un master dovrebbe esaltare le potenzialità, aiutare a mostrarsi per ciò che si è realmente. Le tue risposte, a volte sfrontate e altre incerte, ti rendono te stessa, perché dovrei bloccarle?».

Riflettei su quelle parole, ne assimilai ogni significato, alla fine sorrisi felice, grata che la mia vita mi avesse fatto incontrare quell'uomo, interessato per motivi a me ignoti a farmi maturare, a rendermi più consapevole di me stessa.
«Grazie padrone» dissi sincera, consapevole che avrebbe colto il significato più profondo del mio ringraziamento, che non si riduceva alla gratitudine per quella breve spiegazione.
Lui sorrise ed annuì leggermente «quando vuoi ragazzina»

La sua mano sulla mia coscia iniziò a premere con più insistenza, a vagare con più decisione e capii che il tempo delle parole era finito. In fondo, in quel club erano permessi intrattenimenti più piacevoli di una conversazione. Le sue labbra iniziarono a sfiorarmi il collo, pizzicandomi con la barba e spingendomi ad espormi ancora di più, invitandolo a proseguire.
Affondai le dita nelle sue spalle quando la mano si insinuò al di sotto del vestito «hai messo ogni cosa che ti ho mandato, vero Leyla?».
Annuii eccitata dalla sua voce roca «s-si padrone, grazie dei regali..».

Un sorriso perverso comparve sul suo volto, mostrando le lunghe fosse sulle guance «oh ragazzina, ripagherai fino all'ultimo pezzo di stoffa, stanne certa».
Deglutii a vuoto e cercai le sue labbra, felice che non si ritraesse dal mio bacio urgente. Se qualche settimana prima qualcuno mi avesse detto che la sua frase mi avrebbe eccitata a tal punto, lo avrei ritenuto pazzo. Invece eccomi, stretta ad un uomo di cui non so quasi nulla e con gli slip bagnati dopo un semplice bacio, attendendo con ansia il momento in cui ripagherò i suoi regali.

«Leyla guarda». La sua voce mi riportò alla realtà e voltai la testa verso il punto che stava fissando. C'era una donna con un body in pelle rosso fuoco, seduta con eleganza ad un divano poco distante. Davanti a lei un uomo era a terra e si teneva sulle ginocchia e le mani, esponendo la schiena nuda. La donna dai capelli rossi come il suo vestito compì un unico movimento, scagliando sulla schiena un colpo secco con un frustino corto e piatto.
L'uomo non si mosse né reagì in alcun modo, ma la pelle si arrossò. Anche al colpo successivo restò immobile, ma distolsi lo sguardo così come la prima sera in cui andai al club ed assistetti ad una scena simile.

«Leyla..» il richiamo del mio padrone aveva una punta di durezza, ma non riuscivo ad obbedire. Sentii lo scoccare della frusta ed ebbi un leggero sussulto «n-non ce la faccio..» sussurrai, ignorando le potenziali ripercussioni per non aver ascoltato un suo ordine.
Non mi forzò, né si arrabbiò in quel momento, ma di nuovo mi spiegò con pazienza, come se fossi una ragazzina troppo testarda, anche se forse era così.

«Leyla ti ho detto di guardare, dovresti smettere di essere così superficiale. Osserva gli occhi di quell'uomo, dimmi cosa vedi». Titubante lo feci, voltai di nuovo il capo fissandomi negli occhi azzurri del giovane poco distante.
Nel momento esatto in cui veniva colpito aveva il riflesso di chiudere gli occhi, ma ogni volta li riapriva e l'unica cosa che leggevo nel suo sguardo era eccitazione. Ad ogni colpo serrava le palpebre e quando le riapriva dai suoi occhi scaturiva un desiderio maggiore.
Non ebbi più l'istinto di spostare lo sguardo, se non per cogliere ogni dettaglio di ciò che mi si presentava davanti.

Messa da parte la paura riuscii anche a notare l'evidente erezione di quell'uomo e mi diedi della stupida per non averlo fatto prima. Era palese che gli piacesse, quindi la mia paura era del tutto ingiustificata, visto che neanche lui l'aveva.
Mi trovai a chiedermi cosa si dovesse provare ad essere in quella situazione e se a me sarebbe mai capitato. Proprio mentre vagavo su quei dubbi peccaminosi la mano del mio padrone raggiunse gli slip e li accarezzò, facendomi gemere e voltare di nuovo verso di lui, che aveva iniziato a lasciarmi lievi baci sul collo.
«Ti ho detto di guardare» asserì duramente. Emisi un lieve verso di lamento ma ubbidii, mentre lui scansava il lieve tessuto per entrare direttamente in contatto con me. Le mie ipotesi sul perché avessi tolto le calze vennero confermate nel momento in cui il suo dito iniziò a percorrere lentamente l'intimità già umida.

Dopo l'ennesimo colpo la donna dai lunghi ed ondulati capelli rossi disse all'uomo di spostarsi e lo lasciò in ginocchio al suo fianco, a quel punto guardò il ragazzo al suo fianco, che riconobbi come il padrone della ragazza che minuti fa aveva attirato la mia attenzione.
La mistress gli fece un cenno e lui si rivolse alla ragazza ai suoi piedi, dicendogli qualcosa che non riuscii a sentire. Lei si mosse sinuosa, fino ad inginocchiarsi davanti la donna dai capelli rossi.

Quello che vidi nei minuti successivi mi fece perdere la testa, anche a causa del mio padrone che continuava a mordermi, baciarmi e stimolare il clitoride con le dita. La ragazza senza esitazione aprì il body della donna e passò le dita sulla sua intimità, compiendo movimenti simili a quelli di Dean. Quando lei inserì due dita nella donna, il mio padrone fece altrettanto, facendomi gemere e esporre ancora di più il mio corpo a lui.

Dopo poco la mistress disse qualcosa e la ragazza si avvicinò a lei, la baciò con passione e io strinsi le mie pareti interne attorno a Dean, eccitata dalle loro lingue che si cercavano al di fuori delle bocche spalancate, mentre la mano libera della ragazza raggiunse il seno prospero della donna e lo strinse, raggiungendolo poi con la bocca.
Il mio padrone scostò il mio vestito con i denti e fece altrettanto. Ansimai e non mi importò se il mio seno era esposto a tutte quelle persone. Per me contava solo il tocco di Dean e la vista davanti a me.

La ragazza si inginocchiò nuovamente e la sua bocca raggiunse l'intimità della donna. La leccò e vidi la lingua compiere movimenti circolali, uguali a quelli del pollice del mio padrone che continuava a stimolarmi, facendomi gemere sempre di più e avvicinandomi verso l'oblio.
Volevo venire, avrei voluto che le mani del mio padrone si sostituirono a qualcosa di più consistente e con la mente del tutto annebbiata dall'alcol e dal piacere lo pregai «p-padrone ti prego.. voglio venire, ti voglio..».
«Ssh.. non ancora ragazzina, guarda» mi ammonì lui, continuando a divertirsi vedendo come mi contorcevo per le sue dita.

Sentivo la sua erezione premere sulla coscia, di certo eccitato anche lui dallo spettacolo dinanzi a noi e dal fatto che a me piacesse più di quanto l'avrei creduto possibile. Tentai di convincerlo, mi mossi strusciando il bacino contro la sua erezione, sperando che mi conducesse verso una delle stanze private del club e mi facesse sua.
Ovviamente, non avrebbe fatto ciò che bramavo tanto ardentemente. «Ferma» disse secco, la voce roca che mi causò l'ennesimo brivido «è difficile resistere, non mi tentare se non vuoi essere scopata su questo divano».

Deglutii a fatica e non mi mossi. Di certo la mia lussuria era forte, ma non avrei potuto fare sesso davanti tutte quelle persone. Sussultai quando il master della ragazza si alzò rapidamente, gli sollevò il bacino e la penetrò senza esitazione davanti tutte quelle persone, mentre lei tra i gemiti donava ancora piacere alla donna davanti a lei, con le gambe completamente aperte e il volto contratto dal piacere.
Mi strinsi ancora attorno a Dean, incapace di resistere a quelle sensazioni ed emisi un verso più forte quando le natiche esposte della ragazza vennero colpite dalla mano ferma del suo padrone.
«Padrone..?» ansimai «p-posso.. posso venire?» lo sentii ghignare prima di annuire e muoversi in me con più forza, divorando il capezzolo teso e sensibile «vieni ragazzina, ma non aspettarti che finisca qui..».

Pregavo che non sarebbe finita, se quello che aveva in mente mi avrebbe portata ad un orgasmo altrettanto potente. Mi contrassi attorno le sue dita e afferrai la sua camicia come se potessi cadere, gemendo e mordendomi il labbro, godendo dei denti che affondavano nella pelle sensibile.
Quando rilassai il mio corpo lui si ritrasse da me. Prima di quel momento non ero mai venuta con solo dei preliminari e il pensiero mi fece sorridere. Di certo la vista davanti a me aveva contribuito. Riaprii gli occhi e trovai le dita del mio padrone davanti al mio viso, le stesse che si erano mosse in me donandomi piacere.

«Lecca». Un ordine lapidario che mi fece sgranare gli occhi. Potevo vedere i miei umori ricoprire le falangi, formando una patina biancastra. Esitai, nonostante sapessi che non avrei potuto impedirlo «avanti, so che lo vuoi, ho visto come guardavi quelle donne. Non sei curiosa?».
Lo ero. Dal momento in cui la ragazza si era inginocchiata davanti alla donna avevo sentito in me un moto di curiosità e desiderio mai provato. Non avevo mai creduto mi potesse interessare una ragazza, invece guardandole baciarsi avrei voluto avvicinarmi a loro e rubare quelle attenzioni.

Deglutii ancora e schiusi le labbra, avvolgendo completamente le dita del mio padrone, succhiandole e leccandole come se fossero il suo membro. Il sapore che sentii fu però del tutto differente. Non era salato ed aveva una leggera nota amara che mi fece arricciare il naso, ma non potei negare che quei gesti riaccesero in me il desiderio che l'orgasmo aveva appena spazzato via.
Ritrasse le dita ghignando «ti è piaciuto..». Non sapevo se fosse una vera domanda o semplicemente una constatazione, ma risposi in ogni caso «si padrone». Il suo sorriso si illuminò, mostrando i denti bianchi «non mi deludi mai Leyla..».
Risposi con un sorriso timido, sapendo che quell'ammissione avrebbe portato a delle conseguenze, che presto o tardi lui mi avrebbe fatto conoscere il tocco di una donna e la cosa mi riempì di trepidazione, ma non causò alcun timore.

«In ginocchio» allargò le gambe e mi calai fino ad inginocchiarmi tra esse nello stesso modo in cui avevo fatto nel suo appartamento, ma stavolta non mi scordai di respirare.
«Slacciali» fece un cenno verso i suoi pantaloni ed io ubbidii senza esitazione, desiderosa di donargli piacere. Eravamo in mezzo a molte persone questo è vero. Potevo sentire i loro sguardi ma non me ne curai. Essere del tutto vestita mi privò di ogni imbarazzo e volevo dimostrare quanto valessi al mio padrone a alle donne che lo desideravano. Dovevano capire che era me che voleva e che non avevano nulla che io non possedessi.

«Succhiamelo finché non verrò dentro di te, non mi importa di ciò che succede attorno o sei a disagio, sono stato abbastanza paziente con te..». Sentii un'altra fitta al ventre e iniziai a massaggiarlo lentamente, poi mi avvicinai iniziando a leccare la punta con movimenti circolari. Passai la lingua su tutta la sua erezione, osservando i suoi occhi pieni di desiderio. Quando raggiunsi di nuovo la cima aprii la bocca e mi calai completamente su di lui sentendolo gemere, poi risalii succhiando la cappella qualche secondo e senza preavviso lo inglobai di nuovo.

Continuai ad alternare i movimenti diversi minuti, finché la sua mano non si intrecciò tra i miei capelli, spingendomi fino a sentire il suo membro premere sul palato molle. Iniziò a dettare il ritmo che seguii, tentando per quanto possibile di leccarlo e succhiare il suo membro, emettendo versi coperti dalla musica che risuonava nel locale. Temetti quasi di soffocare quando la sua erezione si ingrossò e dei fiotti caldi mi invasero la bocca e la gola. Mi ritrassi per ingoiare quel liquido e tornai a respirare regolarmente.

Quando sollevai gli occhi incrociai il solito sorriso compiaciuto del mio padrone, gli occhi divertiti e ancora velati dal desiderio. «Che sapore preferisci» chiese beffardo «il mio o il tuo?».
«Il tuo, padrone» risposi sincera.
Lui mi aiutò a sollevarmi e catturò le mie labbra in un bacio controllato e lento, poi mi fece sedere di nuovo su di lui. Ripresi il drink che avevo abbandonato sul tavolino e ne bevetti un altro sorso, ancora stordita da quanto appena successo.

Avevo lasciato che Dean mi toccasse davanti a tutte quelle persone ed io avevo fatto anche di peggio, ma non riuscivo a sentirmi in imbarazzo. Anzi, speravo che le stesse donne che mi avevano guardata con sufficienza avessero assistito alla scena, che avessero visto gli occhi del mio padrone fissare solo me quando il piacere ha invaso il suo corpo. Dean non era l'unico quella sera a dover mostrare che io fossi sua.

«Alzati ragazzina» sussurrò con un sorriso malizioso «ti mostro le camere..» sorrisi ed ubbidii, desiderosa di scoprire posti ignoti e sensazioni nuove, che solo lui avrebbe potuto donarmi.

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