6. Scoprirsi ~ parte 2
Avrei voluto continuare quel contatto, stringermi a lui, ma si distanziò nuovamente da me lasciandomi insoddisfatta, ignorando il mio tentativo di leccare il suo labbro per convincerlo a baciarmi ancora.
Mi superò facendo un paio di passi verso la parete di fronte al letto. Lo seguii con lo sguardo e poi mi voltai per capire dove stesse andando.
Si fermò davanti un'armadio in legno scuro, con ante prive di cassetti. Lo aprì e assieme alle ante si aprirono i due pannelli laterali, diventando così un'unica lastra di legno poggiata al muro. Dopo pochi gesti sicuri si scansò, voltandosi verso di me e dandomi qualche secondo per ammirare la sua opera.
Al centro del pannello vi era una piccola seduta imbottita di pelle e più in alto, all'altezza del petto, si trovava un altro appoggio più lungo. La cosa che attirò di più la mia attenzione furono le varie polsiere e cavigliere poste a diverse altezze e distanze. In qualsiasi posizione avrebbe voluto legarmi, avrebbe potuto farlo senza problemi.
Avrei dovuto essere spaventata, invece l'unico brivido che mi percorse fu di eccitazione e per lo stupore schiusi le labbra improvvisamente secche. Dean osservò la mia espressione e sorrise «hai paura?». Deglutii, sentendo il modo in cui l'eccitazione gli fece raschiare le parole in gola.
Scossi la testa. Lui sapeva bene che non vi era timore nel mio sguardo, ma puro desiderio. Con un cenno mi invitò ad avvicinarmi e non esitai. Le sue mani percorsero ancora le mie spalle, le braccia. Rapidamente la sua mano si staccò da me e un colpo secco sulle natiche mi fece sussultare. Ero sorpresa, ma non potei negare che mi piacque ogni cosa. Il rumore sordo, il lieve bruciore, la sua voce roca «ho desiderato farlo da quando ti ho vista» sussurrò.
«Alza le braccia» lo feci e in un secondo mi afferrò i polsi, portandoli verso due polsiere che ricadevano dall'alto. Le fece scendere alla mia altezza e mi legò, voltandomi poi verso di lui, che sorrideva soddisfatto. Tenere le braccia sollevate in quel modo era scomodo, ma la cosa peggiore era l'imbarazzo della mia nudità. Ripensai alle parole che mi aveva rivolto in salotto. Sapevo che non avrei dovuto vergognarmi, ma a quei tempi ero ben lontana dall'essere consapevole delle mie forme.
«Ti ricordi la safeword?» chiese dolcemente. Annui, rivolgendogli un sorriso sfrontato, nonostante la situazione «non sono parole difficili.. e io non sono stupida»
Rise scoprendo i denti perfetti, poi mi afferrò rudemente il viso «ti ho fatto una domanda, non ti ho chiesto un'opinione». L'ombra del sorriso non era ancora scomparsa, nonostante i suoi occhi assottigliati esprimessero durezza.
«Si, signore» il tono che usai suonò canzonatorio e forse voleva esserlo, assieme al leggero sorriso di sfida che gli rivolsi. Gli comparve un sorriso sghembo che rivelò le lunghe fosse sulle sue guance «voltati» ordinò secco. Non mi opposi, ma non poter vedere cosa stesse facendo era snervante.
Sentii dei rumori e non seppi dire se fosse vicino a me oppure no, riuscivo a vedere solo i miei piedi nudi sul parquet scuro. Nessuna ombra mi svelò la sua posizione, finché le sue mani non si posarono sui miei fianchi accarezzandoli con forza, affondando le dita nella carne.
Fece risalire passando i pollici lungo la spina dorsale in un massaggio che mi rilassò, dimenticando per qualche secondo la scomodità in cui mi trovavo.
«Ragazzina avevo progettato qualcosa per te, ma la tua sfrontatezza va punita in qualche modo..» mi parlò direttamente nell'orecchio, lasciando poi baci e morsi lungo il collo esposto.
Mise sull'appoggio davanti a me vari strumenti di piacere. Vibratori e dildi di diverse forme e dimensioni. Li osservai, chiedendomi cosa avrebbe scelto, deglutendo a fatica il nodo alla gola che l'eccitazione mi aveva causato.
Non seppi se definire divertente o vergognoso il fatto che, nonostante Dean avesse ridotto al minimo il contatto fisico tra noi, io fossi completamente bagnata e pronta per lui. La cosa fu piuttosto palese quando mi sfilò i slip, ultimo ed inutile velo a coprirmi.
«Sono piuttosto bagnati Leyla, forse dovrei prenderti ora» mi sfiorò con il bacino, facendomi sentire la sua erezione. Pregai che lo facesse e commisi l'errore di farglielo capire, voltando la testa e rivolgendogli uno sguardo supplichevole.
«Oh no» rise «ho parlato di punizione, e tu vuoi essere scopata così tanto da aver già riempito la stanza con l'odore dei tuoi umori». Storsi le labbra contrariata, tornando a guardare i vari oggetti davanti a me con curiosità e desiderio.
«Avresti potuto sceglierne uno. Avevo deciso che essendo la prima volta avrei potuto concederti qualche libertà» parlò sottovoce, lasciando altri baci e morsi, torturando i miei seni e pizzicandoli, redendo impossibile non gemere, nonostante tentassi mordendomi il labbro. «Ti avrei scopata con la lingua, leccata, morsa.. ti avrei donato l'orgasmo che tanto desideri, senza chiedere nulla in cambio..»
Strinse il capezzolo con più forza strappandomi un piccolo urlo «e invece sceglierò io per te, non succhierò il tuo sesso bisognoso, né ti farò venire, non prima di essermi preso ciò che desidero». Rabbrividii per quelle parole dirette, sentendo il desiderio crescere in me, cosa che non credevo fosse ancora possibile, considerando quanto già fossi eccitata.
Mi odiai per essermi negata tutto ciò che mi aveva appena descritto e serrai gli occhi, inspirando profondamente per prepararmi a qualunque cosa gli passasse nella mente.
La sua mano scivolò lungo il ventre fino a raggiungere la mia intimità. Gemetti senza ritegno quando toccò il clitoride gonfio, stimolandolo con movimenti circolari. Mi sembrava di non poter più aspettare oltre. Contrassi i muscoli interni in cerca di una frizione che ovviamente non trovai. Sarei venuta al minimo contatto, se solo il mio padrone me lo avesse donato.
Prese un piccolo vibratore ovale «non osare venire senza il mio permesso ragazzina, altrimenti non sarò così gentile con te». In un unico movimento infilò l'oggetto in me, senza trovare la benché minima resistenza. Mosse il suo dito velocemente, mentre l'ovale vibrava con forza.
Mi morse il lobo e credetti davvero che non sarebbe stato possibile trattenere l'orgasmo. Gemetti per le dita sul clitoride, per il dito che muoveva la piccola sfera, per le sue labbra sul collo e le spalle. Lo pregai quando le dita al mio interno divennero due, ma l'unica risposta fu un sorriso che percepii sul mio collo e una leggera risata.
«Devi dirmi quando stai per venire Leyla».
«Ora» gemetti, contraendo il mio sesso attorno a lui. Il mio padrone scosse la testa «non sei ancora al limite, respira..».
Lo feci, ma quando dopo pochi secondi mi morse la spalla fu troppo. Sentii l'orgasmo arrivare furioso. Ero tentata di tacere, di godere del suo tocco fino ad esplodere di piacere, avrei potuto farlo, magari cercando di trattenere i gemiti per non essere scoperta. Pensai poi che l'avrei deluso, avrei disubbidito. Volevo soddisfarlo e trarre il mio piacere dal suo. Non mi avrebbe appagato avere un orgasmo clandestino, che lui non voleva donarmi.
«Ti prego fermati..» ansimai, cercando di bloccare l'orgasmo ormai alle porte. Lui lo fece, uscì da me e anche la sfera cadde sul pavimento. Mi baciò la spalla e il collo «sei stata brava» affermò, rendendomi fiera di me stessa.
«Meriti un premio» non ebbi il tempo di elaborare le sue parole, di regolarizzare il respiro, di chiedermi quale fosse il mio premio. Si inginocchiò e inserì nuovamente il vibratore in me, facendomi voltare verso di lui e passando poi la lingua sul mio sesso, assaporando i miei umori. Spalancai gli occhi sorpresa, felice, eccitata, speranzosa che proseguisse.
Accarezzò con la lingua il clitoride teso, succhiandolo e mordendolo. Le gambe quasi cedettero ma lui mi aiutò a sorreggermi, afferrandomi saldamente il bacino. La sua lingua mi penetrò «p-padrone.. ti prego..» ansiami per quella nuova intrusione, mai provata prima.
Sentivo il muscolo ruvido entrare ed uscire rapidamente, godendo del contrasto tra la forza esercitata e la morbidezza della sua lingua.
Con le dita mi massaggiò il clitoride e quei movimenti mi fecero capitolare. L'orgasmo che mi attraversò fu potente come un'onda, lungo, mi fece girare la testa e abbandonai il peso sulle braccia, sentendole tirare. Ansimai e solo quando l'ultimo verso di piacere uscì dalle mie labbra il mio padrone si fermò.
Cercai di regolarizzare il respiro, mentre dolcemente la sua lingua mi accarezzò interamente il sesso, quasi per pulirmi. Si soffermò poco sul clitoride, iniziando a riaccendere in me il desiderio. Volevo essere penetrata dal suo membro e nient'altro, non volevo più aspettare.
Si alzò accarezzandomi il corpo, ancora pervaso dai brividi lasciati dall'orgasmo. Tremavo sotto il suo tocco, ero impaziente, o forse era lui ad attendere troppo con me. «Hai un buon sapore, adesso scopriamo se la tua fica vale tutte le attenzioni che le sto dando».
Sorrisi eccitata, felice che finalmente mi avrebbe riempita come avevo desiderato dalla prima sera in cui lo conobbi, quando ero talmente attratta da lui che mi sarei lasciata scopare in un qualunque bagno, se me lo avesse chiesto.
Mi sciolse i polsi e finalmente rilassai le spalle, anche grazie alle sue mani che mi massaggiarono qualche secondo. Mi condusse vicino al letto senza togliere le mani dalle mie spalle «sali». Piegai le gambe e poggiai le ginocchia sulle coperte.
La sua mano mi intimò mi muovermi verso il centro del letto e sentii salire anche lui dietro di me. «Piegati» ordinò e la sua voce non era mai stata tanto eccitata, riuscivo quasi a sentire la secchezza della sua gola mentre parlava.
Esposi i miei glutei a lui, poggiando il viso sulle coperte, sentendo il rumore di un profilattico che veniva aperto. Quel suono mi fece realizzare con certezza che l'attesa era finita ed un altro brivido mi attraversò.
«Apri» spinse le mani sull'interno delle mie cosce e le allargai finché lui non mi fermò. Tremavo di piacere, di attesa, di desiderio, aspettando solo il momento in cui mi avrebbe penetrata.
Lo fece lentamente, godendosi ogni centimetro che veniva inglobato dal mio sesso caldo e bagnato. Quando si fermò lo sentii emettere un verso di soddisfazione, le mani tenute saldamente sui miei fianchi. Dopo un paio di secondi uscì velocemente e mi penetrò di nuovo, con forza, spingendosi fino in fondo senza chiedere il permesso.
Mi strappò un ansimo più forte degli altri, che si seguirono al ritmo veloce delle sue spinte. Mi diede due colpi secchi alle natiche e di colpo uscì da me, alzandosi e facendomi quasi uscire le lacrime dalla frustrazione. Confusa voltai lo sguardo, temendo di aver fatto qualcosa si sbagliato.
Incrociai i suoi occhi duri ed eccitati come non li avevo mai visti.
«Siediti, veloce» indicò la seduta in pelle del falso armadio e mi alzai, gemendo per il dolore dei muscoli sforzati a lungo. Cercai di sbrigarmi, chiedendomi cosa avessi fatto per aver provocato quel comportamento. Mi stavo sedendo, evidentemente troppo lentamente per lui perché mi posò una mano tra il collo e la spalla, spingendomi verso il basso «ho detto veloce».
Con un lieve tonfo mi sedetti, lui afferrò la catena a cui erano attaccate le polsiere a cui mi aveva legata in precedenza e le fece scendere ulteriormente. Le avvolse attorno ai polsi e le strinse con urgenza. Mi si parò davanti ed osservai con desiderio la sua erezione. Volevo leccarla e farlo gemere, farlo venire solo con la mia bocca, sapendo che ogni suo gemito era causato solo da me.
Mossi la lingua verso di lui, circondando il glande e stimolandolo con lentezza, poi mi avvicinai ancora e lo baciai. Capii che non avevo fatto nulla di sbagliato. Non era una punizione, stava solo prendendo quello che desiderava, ovvero la mia bocca. Gliela concessi, succhiando la sua erezione e avvolgendola lentamente, sentendo il suo respiro pesante che mi spingeva a continuare.
Mi lasciò pochi secondi di intraprendenza, poi la sua mano raggiunse i miei capelli e li strinse leggermente, bloccando i miei movimenti «sta ferma, voglio scoparti la bocca» ordinò secco. Mi sentii quasi in colpa a godere tanto per quelle parole brutali, ma non mi importò. Iniziò a muoversi in me velocemente, rendendomi difficile respirare, spingendosi in profondità tanto da strapparmi versi soffocati.
Sollevai lo sguardo e vidi il suo corpo ricoperto da un sottile strato di sudore, la testa china ad osservarmi, il braccio teso che mi teneva ben salda. Non mi vergognai quando inchiodai i miei occhi nei suoi, non mi vergognai di pompare il suo membro succhiandolo avidamente, non mi vergognai della mia eccitazione che tentai di soddisfare. Quando notò le mie dita avvicinarsi alla mia intimità sorrise.
Uscì da me, tirò la catena e le mie braccia vennero alzate bruscamente. Le spalle bruciarono sotto quella tensione e mi alzai seguendo con il corpo le mani. Dean mi baciò, facendomi percepire il suo desiderio e mi voltò penetrandomi nuovamente, spingendosi in me con ancora più impeto.
I versi rochi mi raggiungevano direttamente le orecchie, mentre lasciava numerosi baci e morsi che mi divorarono. Mi afferrò i capelli e li tirò indietro con forza, facendomi reclinare il capo e guardandomi negli occhi. «Non mi sembra che ti avessi permesso di toccarti, Leyla» gemetti, incapace di rispondere.
La sua mano raggiunse il mio clitoride e premette le dita che aumentarono il piacere di ogni spinta. «Volevi venire di nuovo, prima ancora di avermi dato piacere?»
Risposi sinceramente «n-no padrone» ansimai «volevo prima sentirti venire nella mia bocca, essere riempita dal tuo seme». Era vergognoso, mi imbarazzai a dirlo, ma era vero. Trovai imbarazzante anche che mi piacesse il modo in cui mi afferrava i capelli, ma questa ero io, ormai non potevo negarlo, non volevo.
Volevo solo gemere e fu quello che feci «beh ragazzina, ti sei appena riguadagnata il permesso di venire» rise e quel rumore basso e vibrante mi fece serrare gli occhi, pronta ad abbandonarmi al piacere che sentivo sempre più vicino.
«Vieni Leyla, vieni per me» sussurrò «mi piace come ti stringi attorno al mio cazzo» ubbidii anche a quella richiesta, urlando il suo nome, reclinando maggiormente il capo per cercare la sua bocca, sentendo i capelli tirare maggiormente. Non mi negò quel bacio in cui soffocai le mie urla e, quando iniziai a rilassarmi, un colpo al mio fianco mi fece tendere di nuovo.
Mi spinse bruscamente in capo in avanti, continuando a muoversi senza pietà. Una sua mano si posò sul collo, stringendolo piano, proseguì verso la schiena su cui affondò i polpastrelli, lasciando una scia rossa. Raggiunse la natica e la divaricò con forza, osservando il suo membro sparire in me e poi uscire, bagnato dei miei umori. Passò il pollice tra i glutei, esercitando una leggera pressione sulla fessura rosea «sei vergine?».
Un brivido d'eccitazione mi attraversò ed annuii «si padrone» risposi esitante. Potei quasi percepire il sorriso che si era formato sul suo viso «non vedo l'ora di scoparlo, sarà strettissimo» affermò ansimando. Sentii il suo membro tendersi, ingrossarsi ed infine esplodere in me, seguito da un grugnito di soddisfazione.
Mi attirò a se e mi baciò schiudendo piano le labbra, trasmettendomi il suo appagamento, la sua gratitudine. Era ancora dentro di me quando mormorò sulla mia bocca «sei stata bravissima» sorrise e mi sentii fiera, eccitante. I suoi occhi apparvero meno severi e ugualmente divertiti. Uscì da me lentamente e sentii del liquido colare tra le mie cosce, cosa che mi fece sorridere.
Mi sollevò con facilità, sorprendendomi delle energie che avesse dopo il nostro rapporto: io ero sfinita. Si avvicinò al lato del letto, scansò il piumino e mi posò, per poi ricoprirmi. «Ti prendo dell'acqua» disse con gentilezza.
Annuii e lo osservai allontanarsi, la schiena contrarsi ad ogni passo ed il fondoschiena seguire i movimenti. Lo trovai affascinante più che in qualsiasi altro momento. Ero attratta dalla sua figura definita, sicura, dalla schiena leggermente curva poiché la sua altezza l'aveva evidentemente costretto a quella postura.
Tornò da me e mi porse il bicchiere che bevetti con avidità, poi mi fece cenno di scansarmi e si mise nel letto con una braccio sotto la nuca, espirando aria pesantemente, rilassato dopo quel pomeriggio appagante. Eravamo vicini certo, ma non uniti. Tutto ciò che ci legava era appena stato consumato e nessuno nei due cercava un legame ulteriore.
«Che ore sono?» chiesi. Quando ero arrivata era già buio e non avevo punti di riferimento né telefono. Allungò il braccio sul comodino ed afferrò una sveglia che guardò prima di rispondere «le sette».
Si voltò verso di me e mi accarezzò delicatamente il braccio «non sarò così gentile la prossima volta».
Risi «mi era sembrato quasi ordinario» replicai con una leggera ironia. Mi rivolse un sorriso smagliante «non hai idea di quello che potrei farti ragazzina..»
Sorrisi. Mi ero ormai abituata a quel soprannome ed iniziava a piacermi. Non vi era nulla di dispregiativo, era solo il suo modo di fare. Probabilmente chiamava così ogni ragazza che scaldava il suo letto, o forse lo riservava a me per via della mia inesperienza, che mi faceva apparire più piccola di quanto non fossi. In ogni caso, mi piaceva.
Mi sentii a mio agio in quel momento, dopo aver placato la tensione erotica che ci univa. Solitamente con lui ero in soggezione, sopraffatta dalla sua personalità e destabilizzata dalla carica erotica di ogni suo gesto. Approfittai di quei minuti in cui, priva di desiderio sessuale, riuscivo a guardarlo negli occhi senza arrossire, così osai chiedere qualcosa.
«Dean ma.. tu quanti anni hai?» posi la domanda che mi tornava sempre in mente quando pensavo a lui, ma che avevo sempre messo da parte poiché in fondo non mi importava. Trenta, quaranta, cinquant'anni, perché dovevano essere rilevanti? Volevo solo il suo corpo e lui il mio, non avremmo mai progettato un futuro assieme, perciò la mia era principalmente curiosità.
«Quarantadue» rispose secco, senza giri di parole e io non risposi. «Spaventata?» chiese mentre le sue dita percorrevano ancora il mio braccio in un moto lento e costante. Scossi la testa «direi che ormai è tardi» sorrisi e lui increspò leggermente le labbra sottili.
«La prossima volta ci vedremo al club» affermò senza darmi la possibilità di scelta che mi aveva riservato quel pomeriggio, poi mi attirò tra le sue braccia.
Mi sentii improvvisamente inquieta. Avevo visto come le donne si comportavano con i loro padroni, cosa indossavano. Non mi sentivo pronta, non volevo sentire lo sguardo di altri sul mio corpo nudo.
A quanto pare il mio turbamento non passò inosservato al mio padrone, che mi rassicurò come ogni volta «tranquilla, niente vestiti o comportamenti anomali in pubblico. Abbiamo davvero molto su cui lavorare prima che tu sia pronta. Tuttavia, tutti devono sapere che sei mia». La sua voce mi vibrò nel petto e mi fece arrossire, perché mi piaceva essere sua, mi piaceva che capisse per cosa fossi pronta o meno, che mi guidasse nel mondo di lussuria che si stava spiegando davanti ai miei occhi chiari.
Ci pensai e arricciai il naso «non credo ci sia bisogno..» esitai un istante «la settimana scorsa quando ti ho aspettato nessuno si è interessato a me. Mi dispiace essere io a dirtelo ma hai scelto la ragazza sbagliata, una non molto desiderabile a quanto pare» dissi con una punta di ironia.
Chinò il capo verso di me, guardandomi con attenzione, poi rise. «Oh Leyla, non sai quanto ti sbagli» tornò serio e proseguì «nessuno si è avvicinato perché ti avevano visto parlare con me e nessuno in quel posto proverebbe mai a prendere ciò che è mio».
Rimasi a fissarlo qualche istante. Avrei voluto dirgli che quella sera non ero ancora sua, che non avevo ancora accettato, ma sapevamo entrambi che era una bugia. Non avrei mai saputo resistergli e se ci avessi provato presto o tardi mi avrebbe avuta, seducendomi con ogni suo gesto.
Una sola domanda mi sorse spontanea «chi sei tu?».
Non capivo il perché di tutto il rispetto che ogni persona nel club sembrava provare verso di lui. Se non si considerava l'evidente carisma di cui era pervaso, non conoscevo motivi per cui tutti avrebbero dovuto guardarlo in quel modo.
Mi rivolse un sorriso compiaciuto e malizioso «solo uno dei soci del club ragazzina, ma le persone mi temono più del dovuto. Quel posto è mio da così tanto..».
Cercai di assimilare quelle parole, ma furono più destabilizzanti del previsto. Sapevo che era una persona distinta, sapevo che il quel locale lo rispettavano, intuivo anche il leggero timore di chi lo circondava, ma non mi sarei mai aspettata che fosse uno dei proprietari.
Mi fu chiaro che avrebbe potuto avere letteralmente chiunque e, anche se non ne capii il motivo, mi sentii orgogliosa di essere io la sua scelta.
Pensandoci qualche altro minuto non riuscii invece a concepire perché avesse accettato di avere solo me con quella semplicità disarmante. Valevo davvero così tanto? Probabilmente no, si stava sbagliando.
«Quindi è quello il tuo lavoro?» scosse la testa ma non rispose e capii che non me ne avrebbe parlato, così non feci altre domande. Sollevai il capo per guardare l'ora e vidi che era passato circa un quarto d'ora perciò mi alzai, recuperai i vestiti ed andai in bagno.
Quando mi salutò mi disse che mi avrebbe scritto per dirmi quando ci saremmo visti. Trovai ingiusto che fosse solo lui a deciderlo. Sapevo già che tra un paio di giorni avrei voluto essere di nuovo in quell'appartamento, o in una sala privata del locale in sua compagnia, ma non avrei potuto dirgli che volevo essere scopata di nuovo. O meglio, avrei potuto, ma lui non me lo avrebbe concesso probabilmente.
«Buonanotte Leyla, non perderti per strada» sorrisi e lo salutai, entrambi appagati, soddisfatti. Non mi sentii usata, non mi sentii vuota o sola, né non lo fui mai quando lasciavo quell'appartamento. Non eravamo innamorati, non desideravo lunghe ore nel suo letto profumato, mi bastavano quei minuti rubati.
Quel giorno sul tram, per la prima volta incrociai lo sguardo di un uomo dopo essermi donata completamente al mio padrone. Mi venne da ridere, pensando a quanto quello sconosciuto fosse ignaro di tutto ciò e sperai che la mia espressione non tradisse i miei pensieri.
Quel gioco divenne per me divertente e mi fece sentire potente, perché io avevo avuto esattamente ciò che desideravo e loro non potevano neanche lontanamente immaginarlo.
Da quel giorno iniziai a sentirmi dannatamente eccitante, desiderabile, padrona di me stessa. Per quanto paradossale potesse sembrare, il mio padrone mi faceva sentire libera.
∂ ∂
Ciao a tutte/i!
Vi invito sempre a lasciare un voto o un commento, perché mi farebbe davvero piacere! Volevo in realtà dire che la parte "iniziale" sta prendendo molti più capitoli del previsto ahah Tuttavia mi sta piacendo scriverla e vorrei parlare meglio di dean e del percorso di leyla, quindi per il misterioso "ragazzo" bisognerà aspettare, ma arriverà, datemi tempo ;) ahah
Grazie di aver letto fin qui, alla prossima! :3
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