5. Scoprirsi ~ pt.1

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Ciao a tutti!

Ci tenevo a ringraziare per le letture, che sono molte più di quante mi aspettassi ahah Sono felice che vi piaccia la storia e mi farebbe piacere se lasciaste voti o commenti/critiche.

Buona lettura C:

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Poco dopo il nostro accordo Dean mi salutò. Bramavo il suo tocco più di ogni cosa, volevo essere posseduta in quel momento esatto e lui ne era consapevole. Sorrise beffardo, dicendomi che avrei dovuto aspettare, che non sarebbe stato facile, che con lui niente lo sarebbe mai stato e mi sarei dovuta guadagnare ogni gemito.
Mi diede invece appuntamento in un semplice caffè, dicendomi di portare la mia lista, così mi ritrovai a pensarci in continuazione, ma furono poche le cose che vennero scritte. Dopo un paio di giorni a metà mattina fui lì, in attesa del mio Padrone.

Un brivido mi percorreva ogni volta che pensavo a quelle parole. L'avevo tanto desiderato, anche senza saperlo, e adesso era mio. Lui che arrivò con passo sicuro, pochi minuti dopo di me. Mi sorrise prima di sedersi, togliendo gli occhiali da sole e rivelando i suoi occhi magnetici.
Passammo poco tempo assieme, ma fu abbastanza per notare la sicurezza di ogni suo movimento, che osservavo attentamente. Le poche cose che ero riuscita a scrivere comprendevano deiezioni, gabbie o similari, essendo claustrofobica, "cedermi" a estranei senza il mio consenso.

Dean lesse il foglio velocemente «niente che mi interessi» commentò sorridendo, poi piegò la carta con cura mettendola nella tasca del giacchetto di pelle, assicurandomi che quando volevo avrei potuto aggiungere altro, se mi fosse venuto in mente.
Precisò poi che non avrebbe mai lasciato segni permanenti sul mio corpo, cosa di cui io ero già consapevole ma, come per ogni regola, mi confortò sentirglielo dire esplicitamente.

Poi finalmente pronunciò le parole che aspettavo da quando incontrai il suo sguardo «beh direi che è tutto chiaro, possiamo cominciare».
Sorrisi ed arrossii al tempo stesso, con un brivido d'eccitazione che mi percorse interamente.
«Quando» chiesi trepidante.
«Venerdì» storsi il naso. Mancavano quattro giorni. Si fece perdonare quasi subito, con una semplice domanda «possiamo vederci al club o nel mio appartamento, dove ti senti più a tuo agio. Cosa preferisci?»

Lo guardai incredula. desideravo tremendamente andare da lui, vedere dove abitasse. Ormai era chiaro che non era una persona comune, dal suo modo di comportarsi, dai suoi abiti, dal rispetto con cui lo guardavano quasi tutti al club. Volevo scoprire di più, consapevole che l'idillio costruito attorno a lui non si sarebbe rotto facilmente.

«A casa tua» dissi sottovoce, in imbarazzo. Sorrise, mostrando i denti perfetti «bene, dammi il telefono». Ubbidii, sbloccando la tastiera. Dopo qualche secondo me lo restituì «ora ho il tuo numero, più tardi ti scrivo indirizzo ed ora».
Si alzò con calma «e non fare tardi ragazzina, abbiamo tante cose da fare» mi fece l'occhiolino e avvampai. Mi salutò e sparì come era arrivato.

Quattro giorni, quattro lunghissimi giorni ancora e sarei stata sua.
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Non riuscivo quasi a concentrarmi, troppo presa a fantasticare su cosa sarebbe accaduto, in trepidante attesa che si facessero le 17 di quel maledetto Venerdì. Le ore passavano, ma mai troppo in fretta.
Mi imponevo di non pensarci, che le illusioni avrebbero solo potuto deludermi, ma il calore delle sue labbra tornava spesso ad insinuarsi tra i miei pensieri.
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A lavoro guardai l'orologio. Ancora 24 ore, gli slip si inumidirono solo al pensiero della sua lingua dentro di me.
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Mi svegliai: ancora 10 ore. Tra le coperte fui tentata di sfiorarmi, come non avevo mai fatto prima. Ma no, bramo solo le sue dita.
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Entrai in doccia finalmente: solo 2 ore. Sotto il getto bollente le gocce si trasformarono in dita, le sue. Mi accarezzarono scottandomi, lasciando segni rossi al passaggio. Aumentai il calore dell'acqua e gemetti. Non potevo più aspettare.
Mi preparai in fretta, anche se ciò non avrebbe fatto scorrere il tempo più velocemente. Non mi truccai, se non un leggero rimmel a malapena visibile. Non mi sarebbe servito il trucco e non volevo preoccuparmi che si rovinasse.

Ai vestiti prestai più attenzione, perché volevo accendere il suo desiderio al primo sguardo. Scelsi un maglione aderente a vita alta, che infilai nella gonna stretta in vita e morbida sui fianchi, che metteva in risalto la curva del fondoschiena. Indossai calze che mi proteggessero dal freddo e infine dei stivaletti stretti dal tacco basso.
Infilai il solito cappotto e una sciarpa, presi la borsa ed uscii diretta alla fermata del treno. Sapevo che sarei arrivata in anticipo, ma avrei aspettato di buon grado vicino al suo palazzo, attendendo il minuto esatto per suonare il citofono.

Non volevo sembrare impaziente, inoltre sapevo di dover seguire le indicazioni in modo preciso, ed arrivare prima sarebbe stato comunque un errore. Non volevo deluderlo dal primo giorno.
Scesi dal tram e mi incamminai con il cuore in gola. L'indirizzo che mi aveva dato si trovava in un quartiere piuttosto centrale, in cui vi era un grande parco ed appartamenti che forse non mi sarei mai potuta permettere. Percorsi le strade fino a trovare un edificio in mattoni rossi di circa sei piani, con grandi vetrate dagli infissi in ferro nero.

Molte finestre erano illuminate e di alcuni appartamenti riuscivo a scorgere le luci sul soffitto, mentre quelli più bassi erano velati da tende bianche. Guardai l'ora: ancora 10 minuti prima di suonare.
Notai un bar a pochi passi, così andai a prendere un caffè caldo, guardando in continuazione il telefono. Mi alzai alle 16.59 e alle 17 precise suonai il citofono «quarto piano» la voce arrivò secca e decisa. Tanto bastò per aumentare la mia trepidazione.

Presi l'ascensore e arrivata al piano lo trovai sulla soglia dell'appartamento in attesa. Arrossii all'istante, pensando a cosa sarebbe successo. Lo salutai con esitazione e lui ricambiò facendomi entrare.
Mi ritrovai in un salone abbastanza ampio, con mobili moderni e l'angolo cottura. La grande vetrata affacciava sul parco, di cui a quell'ora si distingueva solo la massa scura delle chiome degli alberi. Vari faretti posti del soffitto illuminavano l'ambiente con luci calde.

«Vuoi qualcosa da bere?» chiese andando verso un tavolino di vetro pieno di alcolici. Scossi la testa osservando ancora la casa, intravedendo la camera con l'imponente letto nero al centro. Vi era anche un'altra stanza dalla porta socchiusa, di cui intravedevo solo le spalle di un divano in pelle nera, voltato verso la finestra.
Tutto in quella casa rifletteva una sola persona: lui. Lui che dominava l'ambiente come fosse un'estensione di se stesso. L'odore che mi invadeva le narici era lo stesso sentito al locale, ma in questa casa avvolgeva ogni cosa. Il suo profumo mi ricordò un bosco notturno e il cuoio, due concetti lontani ma legati tra loro.

Deglutii a vuoto, sentendo il cuore martellare feroce. Mi tolsi la sciarpa ed il cappotto, ancora immobile a pochi passi dalla porta. Mi guardai attorno in cerca di un attaccapanni «puoi lasciarli lì» Dean fece un cenno verso il tavolo. Gl diedi le spalle e adagiai tutto su una sedia, assieme alla borsa.
Percepivo il lieve tremolio delle mie mani, ma non riuscivo a controllarlo. «Vieni qui» la voce più roca del solito mi fece sperare che la mia gonna avesse su di lui l'effetto desiderato. Mi voltai avvicinandomi, i respiri più profondi del normale.

Fece scorrere lo sguardo sul mio corpo, come una carezza. Mi avvicinai ancora, lui si chinò fino a posare le sue labbra sulle mie. Mi baciò lentamente come la prima volta, schiudendo piano le labbra. Volevo di più, lo sapeva, eppure non mi concedeva la passione bramata, studiando ogni movimento.
«Oggi partiamo dalle basi ok?» sussurrò a un centimetro da me. Annuii, cercando nuovamente la sua bocca, osando poggiare le mani sul suo petto e sfiorando la camicia morbida. D'improvviso mi morse il labbro con forza e mi sfuggì un gemito.

Si allontanò guardandomi intensamente «ti ho fatto una domanda». Esitai un istante. Qual era la domanda? Ero troppo presa dalla sua lingua per ricordare. Oh giusto, le basi.
«Si Padrone..» cercai di sembrare sicura, ma il nodo in gola rendeva le parole flebili. Sorrise leccandosi il labbro inferiore, per poi raschiarlo con i denti «bene. Ora spogliati».

Avvampai in un istante. Volevo farlo, accendere il desiderio nei suoi occhi scuri, ma la mia insicurezza mi fece esitare. Iniziai togliendo le scarpe, fu facile, scesi di altri centimetri rispetto a lui.
Lentamente feci risalire le mani sulle cosce, insinuandole sotto la gonna, raggiungendo le calze che sfilai con attenzione. Avevo paura di compiere movimenti goffi come al mio solito, ma aiutandomi con i piedi riuscii a non sentirmi totalmente imbranata.

Notai che i suoi pantaloni si erano improvvisamente fatti più stretti ed il leggero gonfiore al loro interno mi diede il coraggio di continuare. Finito di scoprire le gambe pallide passai al maglione, che sfilai piano. I capelli ricaddero scomposti sulle spalle e sentii il suo sguardo sul mio seno. Desideravo però sentire le sue dita, cosi continuai.
Allargai l'elastico della gonna e la feci scivolare sui fianchi. La lasciai e cadde a terra con un fruscio. Presi un profondo respiro, mancavano solo due indumenti sottili. Piegai le braccia dietro la schiena, per slacciare il reggiseno in pizzo nero abbinato agli slip.
«Ferma» la sua voce raschiò ed io deglutii con difficoltà. Sentivo la mia intimità inumidirsi, pronta ad accoglierlo, ma sapevo che non sarebbe stato così facile.

Fece un passo indietro, osservandomi con attenzione. Ero già nuda davanti a lui, ma il suo sguardo sembrò entrare ancora più nel profondo. Mentalmente stava già modellando il mio corpo a suo piacimento, come fosse creta nelle sue mani. Tremai pensando al suo tocco su di me, ma attesi paziente.
«Voltati» lo feci e mi sentii potente, eccitante. Sapevo che stava bramando le mie curve, toccavo nell'aria quanto mi desiderasse, così come io volevo lui.

Finalmente dopo tanta attesa le sue mani ferme si posarono sulle mie spalle. Percepii il calore di quel contatto, la voglia attraverso la carne. Le fece scorrere sulle braccia portando con sé le spalline del reggiseno, che proseguendo slacciò con facilità.
Il suo tocco, per quanto lieve, era deciso. Le dita ruvide mi solleticavano la pelle lasciandomi brividi, assieme al suo respiro così vicino a me, anche se ancora troppo lontano. Le sue carezze furono brevi, l'indumento cadde a terra e lui mi fece voltare di nuovo.

Mi guardò ancora e distolsi lo sguardo. Mi sentivo profondamente a disagio, ferma in mezzo alla stanza ben illuminata, il seno completamente esposto. Le sue dita si posarono sotto al mio mento che sollevò con delicatezza «non devi mai sentirti a disagio con me» mi sorpresi di come avesse colto i miei pensieri «ogni parte del tuo corpo è eccitante e voglio osservarla bene. Non c'è nulla di cui vergognarsi tra noi»

Annuii flebilmente, persa nel suo sguardo, nella sua sicurezza. Nei giorni precedenti, varie volte mi ero chiesta se ci fosse qualcosa di sbagliato in me, se quelle pulsioni irrefrenabili dovessero essere accettate o soppresse, relegate in un angolo buio e poi dimenticate per sempre, qualcosa di cui avere vergogna.
Le sue parole invece mi infusero sicurezza ancora una volta, facendomi capire quanto tutto ciò fosse naturale. Lo desideravamo entrambi, perché mai avremmo dovuto privarci della soddisfazione dei nostri corpi e delle nostre menti? Solo perché qualche dogma sociale classificava ogni nostro impulso come sbagliato?

Mi tese la mano e l'afferrai, posando le mia dita tremanti nella sua presa salda. Mi condusse in camera e mi lasciai guidare, osservando il movimento delle sue spalle ad ogni passo. Vorrei scoprirlo, osservare il suo corpo forte, ma potevo solo sperare che lui me lo avrebbe lasciato fare.
Non prestai molta attenzione all'ambiente nella penombra poiché osservavo ogni movimento del mio padrone. Si voltò verso di me con le labbra piegate in un sorriso privo di calore, da cui traspariva solo malizia. Si sedette ai piedi del letto con le gambe leggermente aperte, tanto quanto bastava per farmi avvicinare a lui.

Posò le mani sui miei fianchi con gentilezza e decisione. Fissò il mio seno con tanto desiderio da farmi arrossire, ma non distolsi lo sguardo stavolta. La cosa che mi colpì fu l'autocontrollo dimostrato in quella situazione. Sarebbe stato evidente a chiunque che avrebbe voluto farmi sua in quell'istante, ma si trattenne. In seguito capii bene il motivo della sua pazienza.
Il vero piacere di uomini come lui è sapere che la propria donna sta godendo tanto quanto loro. Ma il desiderio si aumenta solo tramite l'attesa, con ciò che non viene dato, ciò che viene detto ma rimandato. Mi avrebbe fatta sua solo quando il mio corpo e la mia mente sarebbero arrivati al limite della sopportazione. Limite che lui avrebbe ogni volta spezzato, per tracciarne uno ancora più lontano.

Dopo pochi secondi si avvicinò, mantenendo comunque una certa distanza, quasi temesse che un gesto troppo avventato mi avrebbe fatta scappare e, forse, l'avrei fatto davvero. La sua lingua raggiunse lentamente il mio capezzolo già turgido per l'eccitazione e lo leccò delicatamente. Gemetti per quel lieve contatto e continuai a farlo quando mi morse con decisione, tirando la pelle sensibile. Potevo già sentire i miei slip inumidirsi, mentre scosse di adrenalina mi attraversavano il corpo.

Fui grata alla semi oscurità della camera da letto, illuminata solo dalla luce proveniente dal salone. Mi permetteva di ridurre il mio imbarazzo, abbandonandomi alla sensualità del suo tocco.
Si allontanò nuovamente e premette piano i miei fianchi, spingendoli verso il pavimento «in ginocchio» ordinò. Non ci pensai un istante ed eseguii.

Ricordai ciò che avevo letto su vari siti e osservato in prima persona nel club. Piedi a martello, schiena dritta, peso poggiato sui talloni che si scaricava poi sulle punte dei piedi, gambe leggermente divaricate e mani sulle cosce.
Non l'avevo mai fatto prima e non lo trovai particolarmente difficile, ma dopo un istante mi resi conto di quanto fosse doloroso. Le dita dei piedi schiacciati sotto il mio corpo bruciavano e mi imploravano di sollevarmi. Non lo feci.

Sentii gli occhi del mio padrone su di me, sollevai lo sguardo e vidi il suo sorriso perfetto, gli occhi sorpresi e fieri al tempo stesso «sei perfetta». Sorrisi timidamente, soddisfatta del suo complimento che mi fece scordare il dolore provato.
«Le basi sono meglio del previsto, ma devi respirare ragazzina..». Non mi ero accorta di star quasi trattenendo il respiro, finché non me lo fece notare. Facevo entrare l'aria in un istante, trattenendola come fossi sott'acqua.

«Se non respiri i tuoi muscoli sono tesi, rigidi, e questo vuol dire dolore ingiustificato» feci un paio di respiri profondi «brava, respira..». La sua voce graffiata mi incantava e non potevo che ubbidire, come un serpente alla dolce melodia del Pungi.
Mi posò una mano sulla testa, dandomi una lieve carezza «ti meriti un premio ragazzina, cosa vorresti?». Lo guardai stupita, temendo fosse un crudele scherzo «per così poco..?» chiesi con speranza e timore. Avevo così tanti desideri che soddisfarne anche uno soltanto mi sembrò un'opportunità unica. Eppure, avevo il sospetto che il suo fosse solo un gioco, per spingermi a rivelare la mia voglia più forte e poi negarmela. Un gioco per me terribile, ma che lui avrebbe trovato delizioso.

«Lo decido io quando è poco Leyla. Dimmi cosa vuoi» la sua voce ferma e una nota di durezza nei suoi occhi mi fece capire che anche quello era un ordine, benché celato da richiesta, e come tale dovevo ubbidire senza domande o proteste.
Ci pensai attentamente, sapendo che sarebbe capitato solo di rado. Avrei potuto chiedere di essere posseduta in quell'istante, perché il mio corpo era già eccitato come poche volte nella mia vita, ma mi sembrò troppo banale. Infondo ero lì per giocare, scoprire, osare. Non dovevo essere impaziente. Mi trattenni.

Avrei voluto sentire la sua lingua dentro di me, percorrere sapiente il mio sesso, ma non ebbi il coraggio di chiedere. E se me lo avesse negato? Nessuno mi assicurava che lo avrebbe mai fatto, che fosse una cosa a lui gradita. Mi trattenni.

«Voglio spogliarti» dissi decisa. Dean mi guardò con interesse e curiosità, il mento leggermente sollevato. Capii che mi riservava quello sguardo quando scopriva qualcosa di nuovo in me, quando mi capiva un passo in più.
«Bene» annuì leggermente, poi mi prese le mani e si alzò dal letto, aiutandomi contemporaneamente a fare lo stesso. Lo guardai inclinando la testa verso l'alto. I nostri corpi erano così vicini, quasi attaccati, mentre le nostre teste erano separate da almeno trenta centimetri.

Cercai di sollevarmi per baciarlo, ma lui scansò il capo sorridendo «non hai chiesto un bacio ragazzina». Storsi le labbra contrariata e tornai alla mia altezza, portando le mani al suo petto ed iniziando lentamente ad aprire i bottoni della sua camicia blu notte.
Percorsi il torace ad ogni asola, accompagnando il movimento ritmico del suo respiro. Arrivai all'addome rigido ma non scolpito, non che lo trovassi necessario. Osservai il suo fisico compatto, la carnagione scura, quasi abbronzata, in netto contrasto con la mia pelle lattea. Risalii con le mani fino a raggiungere le spalle spioventi, le accarezzai sentendo i muscoli sotto le mie dita e portando con me la camicia, che ricadde sul pavimento.

Percepivo il suo odore con più forza e lo trovai inebriante, oscuro. Guardai il mio padrone negli occhi e notai quanto fosse compiaciuto. Godeva della mia eccitazione nell'osservare e toccare il suo corpo. Il suo orgoglio era soddisfatto poiché il mio piacere derivava solo dalla vista del suo fisico e un sorriso arrogante si dipinse sul suo volto.

Feci scorrere ancora le dita sul torace e l'addome, affondando i polpastrelli nella carne, non tanto da fargli male ma abbastanza per trasmettergli il mio desiderio. Raggiunsi i pantaloni eleganti e li aprii trepidante, senza poter nascondere una certa dose di imbarazzo. Da lì a pochi istanti avrei fronteggiato il suo membro e, speravo, l'avrei potuto toccare, saggiare e farlo scorrere tra le mie labbra. Le morsi al pensiero di ciò che avrei voluto fare, finendo di aprire i pantaloni e lasciando cadere al suolo anch'essi.

Ebbi un solo istante per osservare con desiderio il rigonfiamento dei suoi boxer, poiché subito le sue dita raggiunsero il mio mento e lo sollevarono. «Sai ragazzina, potrei sentirmi in imbarazzo se mi fissi con quella luce negli occhi. So che lo vuoi..» mi passò il pollice sulle labbra «so che vorresti succhiarmelo con le tue belle labbra rosse, ma dovrai aspettare..»

Un'altra ondata di calore mi fece bagnare i slip e tremare le gambe. Le sue labbra si posarono finalmente sulle mie, catturandole in un bacio passionale, urgente, così come lo era il mio desiderio di lui. Le lingue si cercavano furiose mentre la sua mano si spostò sul retro del mio collo, per attrarmi ancora di più a sé. Così come l'altra mano attrasse il mio bacino al suo, facendomi scontrare con il suo sesso eretto. Lo volevo disperatamente ed ansimai nel bacio.

Continua~

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Mi dispiace aver interrotto, di solito non mi piace dividere i capitoli, soprattutto nel momento "clou", ma ho scritto un capitolo di 7.000 parole, mi sembrava un po' eccessivo ahah Poi questa parte era già pronta, mentre il resto devo ancora sistemarlo quiiindiii

Abbiate pazienza, aggiornerò a breve (spero) ^^

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