4. Accordo

Continuavo a ripensare ai suoi occhi penetranti, ma diversi dubbi mi attanagliavano, quello principale era il perché fosse nel locale da solo. L'unica risposta che riuscii a darmi era che, in realtà, non fosse affatto solo. La trepidazione si trasformò in gelosia, mentre le stesse domande continuavano a porsi nella mia mente.
Il pomeriggio decisi di andare a comprare un nuovo vestito, accompagnata dalla mia amica. Volevo qualcosa di elegante e provocante al tempo stesso, per non sminuire davanti a Dean. Volevo ardentemente essere desiderata da lui, volevo che i suoi occhi si inchiodassero al mio corpo, incapaci di allontanarsi, studiandone ogni minimo dettaglio.

«Allora Leyla» iniziò maliziosa Alissa «per cosa ti serve il vestito?» gli occhi chiari luccicano di curiosità.
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento e mi ero preparata una risposta quasi sincera «ho un appuntamento con un ragazzo. Andiamo a cena fuori» dissi leggermente in imbarazzo.
«Questo l'avevo immaginato! Dammi qualche dettaglio, che tipo è, dove ti porta?»
«Lui..» esitai un istante «è alto.. mm.. misterioso direi. Andiamo in un ristorante, ha detto che ne sceglie uno elegante..»
«Wow Leyla, spero solo non sia uno psicopatico!» ridiamo entrambe, io in particolare, pensando a dove e come in realtà l'ho conosciuto. Non sarà uno psicopatico, ma so già che vuole farmi male.

Passammo delle ore piacevoli, ridendo serene mentre cerchiamo l'abito perfetto, che fortunatamente riuscimmo a trovare. Un vestito nero con una stoffa di pizzo pesante, che arriva poco sopra il ginocchio. Era leggermente stretto sulla scollatura a cuore, poi ricadeva morbido sul resto del corpo, mettendo in risalto i fianchi pieni.
Soddisfatta salutai Alissa, che mi augurò buona fortuna, facendomi mille raccomandazioni come fosse mia madre: non bere cose di cui non hai visto la preparazione, non bere troppo, non andare a casa sua, non invitarlo a casa tua, farle sapere che fossi viva a fine serata, prendere un taxi e non la sua auto, perché "non sai dove potrebbe portarti".

Nonostante trovai tutte queste preoccupazioni inutili, soprattutto considerando che non sarei davvero uscita con lui, la ringraziai di cuore. È una delle poche persone che tiene a me e conoscendo la mia situazione tende ad essere iperprotettiva, ma trovo questa cosa molto dolce da parte sua.

Tornai a casa e mi preparai, pensando mentalmente a come fargli domande senza sembrare troppo invadente, ma fallendo miseramente nel tentativo. Prima che me ne rendessi conto ero già pronta. Scelsi lo stesso trucco leggero, ma decisi di legare i capelli in uno chignon disordinato, lasciando scoperto il collo e le clavicole.
Arrivai al club poco dopo le dieci, con la stessa ansia e trepidazione della sera precedente. Mi diressi al bancone, evitando gli sguardi di molte persone, sedendomi allo stesso sgabello. Essendo vicino al muro avevo una visuale completa e riuscivo a sentirmi protetta.
Passarono i minuti e di Dean neppure l'ombra. Tristemente pensai che non sarebbe venuto, perché in fondo non ero speciale. Persi quasi le speranze, bevendo il mio drink. Ciò che mi parve strano fu che nessuno si fosse ancora avvicinato a me e mi incupii maggiormente.
Continuavo a ripetermi che fosse normale. Non potevo interessare a nessuno. Neanche quel vestito riusciva a rendermi desiderabile.

Decisi che dopo un minuto sarei andata via, propio quando alcune persone si spostarono e tra la folla intravidi una sagoma nota. Dean era tranquillamente seduto su un divano, gli occhi puntati nei miei e uno scotch tra le dita. Sorrise leggermente, poi tornò ad ignorarmi conversando senza problemi con un uomo seduto di fianco a lui.
In un secondo la rabbia mi pervase e mi alzai sicura di me, andando dritta verso di lui, senza far caso a ciò che mi circondava. Raggiunsi il divano e mi fermai ad un metro da lui, gli occhi ardenti fissi su Dean.
Finalmente sollevò lo sguardo verso di me, squadrandomi dalla testa ai piedi, sorridendo e inumidendosi lentamente il labbro inferiore. Sentii il viso colorarsi mentre i suoi occhi divertiti incrociarono i miei.

«Buonasera ragazzina» la sua voce graffiata mi risuonò nelle orecchie, facendo vacillare la mia rabbia. Restai comunque immobile, mordendomi il labbro per il nervoso, chiedendo tacitamente una spiegazione.
Sapeva benissimo dove fossi, che lo stavo aspettando, ma non si era degnato di venire da me ed era rimasto seduto comodo per chissà quanto tempo.
«Siediti» mi disse facendo un cenno col capo all'uomo di fianco a lui, che silenzioso si alzò lasciandoci soli. Feci come richiesto, mantenendo comunque le distanze. L'effetto che riusciva a causarmi era palpabile e non volevo dargli soddisfazioni.
«Vedi Leyla, oggi ti ho detto che ti avrei spiegato delle cose, e questa è una. Ti ho detto che ci saremmo visti, e così sarebbe stato. Sarei venuto da te, ma quando io avessi deciso di farlo. Tu avresti dovuto attendere paziente. Hai sbagliato a venire qui».

Lo guardai incredula e maggiormente arrabbiata «quindi mi hai fatto aspettare mezz'ora come un'idiota senza motivo?! Solo per dimostrare che hai il controllo?» sentii il cuore battermi furiosamente. Avevo paura di cedere, paura che non volesse più saperne di me, paura di quanto io lo desiderassi.
Assottigliò lo sguardo ma il suo ghigno non scomparve «vedi ragazzina, questa è una delle cose che vanno corrette» scavallò le gambe avvicinandosi a me, tanto da sentire il suo respiro «se io ti dico che hai sbagliato, tu rispondi "scusa Padrone, ti prego perdonami"».
Deglutii a fatica, incapace di distogliere lo sguardo dal suo, incapace di frenare la scossa d'eccitazione che mi pervase. Trovai un briciolo di coraggio, consapevole che non sarei mai riuscita a frenare i miei pensieri «se sono arrabbiata non resterò in silenzio».

Si allontanò di scatto e sentii immediatamente la mancanza del suo viso. «Oh Leyla, non aspetto altro..» con eleganza bevve il liquido scuro ed afrodisiaco, svuotando il bicchiere e poggiandolo sul tavolo con un tonfo.
«Parliamo di regole ragazzina» voltò nuovamente lo sguardo su di me e sentii il cuore martellarmi in gola. Quel gioco mi piaceva più di quanto avessi immaginato.
«Se accetterai di essere la mia sottomessa, quando avremo rapporti e in questo club puoi chiamarmi Signore o Padrone, negli altri casi Dean, chiaro?» annuii con la gola secca e lui proseguì.
«Dovrai fare quello che ti dico, senza replicare. Mettere quello che ti dico, anche se scomodo. Ogni cosa» scandì le ultime parole e sentivo il respiro farsi più pesante. Anche solo il suono della sua voce riusciva ad eccitarmi. In realtà sapevo benissimo quali regole avrebbe imposto, ma non volevo che smettesse di pronunciare quelle frasi erotiche con la voce roca che mi causava brividi.

«Quando ci avrai pensato attentamente mi darai una lista di cose che non faresti per nessuna ragione al mondo. Ricorda bene che in qualunque momento, durante un rapporto o quando siamo qui, hai due semplici parole che non devi mai scordare» prese una pausa, mentre continuavo ad osservarlo incantata.
«Se dirai "giallo", so che devo rallentare, se dirai "rosso" mi fermerò in ogni situazione, d'accordo?»
Mi limitai ad annuire, ma quella semplice regola era la cosa che mi aveva fatto maggiormente appassionare a questo mondo. Quella semplice regola cambiava il gioco di potere. Agli occhi di chiunque, chi esegue gli ordini lasciandosi comandare è quasi privo di volontà, sottomesso, ma in realtà siamo noi a dettare le regole del gioco. Una nostra parola e tutto si ferma, facendoci riprendere possesso del nostro corpo.
Una semplice parola, che mi appassiona e mi attrae più di mille premesse.

«L'ultima cosa, la più importante forse. So che sembra strano, visto che ci siamo incontrati solo ieri, ma questo è un rapporto di fiducia. Dobbiamo fidarci l'uno dell'altra, questo vuol dire che le regole devono essere rispettate, tanto da te quanto da me. Io non farò mai nulla che non ti faccia piacere, e nessuno dei due dovrà parlare di tutto ciò che facciamo con terze persone ok?»
Quelle parole riuscirono a rilassarmi. Sapevo che era così, sapevo che la fiducia è alla base di una relazione di questo tipo, ma sentirglielo dire mi rassicurò.
«Si» dissi flebilmente, ritrovando miracolosamente la capacità di parlare. «Bene ragazzina. Se vuoi tempo per-»
«Accetto» dissi d'istinto. Dean sorrise, mentre gli occhi si illuminavano. Si avvicinò a me «per essere chiari, sarò molto paziente con te, quindi non agitarti perché andremo per gradi».

Mi spostò una ciocca di capelli che copriva il collo e fremetti al contatto con le sue dita ruvide, piegando involontariamente la testa per offrirmi a lui, esponendo la pelle chiara. Sorrise, soddisfatto dalla mia reazione.
Si avvicinò piano al mio orecchio, socchiudendo gli occhi. Chiusi i miei, aspettando quel contatto tanto desiderato, che però non arrivò. Fu invece la sua voce a causarmi un brivido, così vicina al lobo.
«Vuoi mettere altre regole ragazzina?». Di colpo la sua domanda mi fece uscire dallo stato di ipnosi in cui sembravo essere scivolata lentamente. Certo che volevo mettere regole, avevo centinaia di dubbi, ma il suo atteggiamento seducente mi aveva fatto dimenticare ogni cosa.
«Si» risposi ancora incerta, allontanandomi per ritrovare autocontrollo «ci sono altre?»

Mi guardò dubbioso, assottigliando gli occhi, così proseguii «altre donne, altre sottomesse..» mormorai. Ero insicura, temevo potesse dire di si oppure ritirare tutto quanto e lasciarmi sola.
Ridacchiò, posando una mano sulla mia coscia coperta solo dalle calze leggere e facendomi salire di nuovo il desiderio, il desiderio di lui.
«No, sei stata fortunata. La scorsa settimana ho chiuso i rapporti con la mia sottomessa. Ne stavo cercando un'altra e tu.. beh tu sei perfetta..» disse con malizia, carezzandomi leggermente la gamba, spingendomi a volere un contatto maggiore.
«Non ci saranno altre» velocemente ed in imbarazzo gli comunicai la mia unica regola. Anche se per lui provavo solo attrazione fisica, sapere che avrebbe avuto rapporti con altre mi rendeva insicura.

E se fossero state più belle di me? Più brave di me? Se avessero fatto cose di cui io non sono in grado, se lui le preferisse a me, se si stancasse della mia inesperienza e mi lasciasse da parte per stare con loro? Troppo dubbi alimentavano la mia insicurezza, perciò quella era l'unica condizione che chiedevo.
Sollevò il mento, guardandomi con curiosità «altre di cui non so nulla intendo» continuai, fissandomi nervosa le mani «q-qui.. se ci sono io e allora.. però non so-» mi bloccò posando la mano sulla mia spalla nuda.
«Ho capito. Non ci saranno altre di cui sei all'oscuro» sollevai lo sguardo per incontrare i suoi occhi scuri, colmi di desiderio. Si avvicinò lentamente, inumidendosi le labbra con quel gesto noncurante che già adoravo. Fissò la mia bocca socchiusa, un secondo prima di azzerare le distanze.

Mi baciò senza fretta, schiudendo le labbra, succhiando piano le mie. Il sapore di alcol e la ruvidezza della sua barba mi mandavano in estasi, assieme alla lingua che placida cercò la mia.
Quel bacio fu totalmente diverso da ogni bacio che io avessi mai dato, soprattutto da un primo bacio.
Solitamente il calore si fermava al cuore, che in risposta si riempiva di quella sensazione affettuosa, battendo sempre più forte nel petto.
Il calore di Dean invece mi raggiunse direttamente il ventre, il cuore batteva nella gola incredibilmente secca. Non c'era affetto in quel bacio sensuale, solo puro desiderio ed erotismo. Mi piaceva da impazzire.

Con mio disappunto si allontanò da me «altre domande?». Ci pensai e in effetti ne avevo una «cos'è successo con l'ultima sottomessa?». Increspò le labbra in un piccolo sorriso furbo «ha tradito la mia fiducia. Tu non lo farai, vero Leyla?»
Scossi la testa «brava ragazza» mi baciò di nuovo, insinuando la mano tra le mie cosce e risalendo piano, senza però oltrepassare il vestito. Gemetti e lui spostò le labbra sul mio collo, baciandolo pacatamente, facendo scorrere la lingua sul lobo sensibile.

«E perché sia chiaro, non ci saranno altri senza il mio consenso, capito?»
«S-si» ansimai, sentendo già la mia intimità inumidirsi per quei baci e per la sua mano forte che mi cingeva il retro del collo.
Mi fissò intensamente negli occhi «si Padrone» disse secco.

«Si Padrone» ripetei, cercando di nuovo le sue labbra calde.

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