2. L'inizio
A volte dicono che la vista è ingiusta, quando gli racconto cosa mi è successo. Mi chiedo perché la vita dovrebbe fare giustizia.
Sarà che molti credono in un entità superiore, allora ritengono che questo mondo dovrebbe punire chi lo merita e premiare le persone giuste. Ma come fanno a dire che io non merito cosa mi è capitato?
Non possono leggere la mia anima, così come non posso farlo io stessa. Non mi ritengo una brutta persona sia chiaro. Certo, tento di essere gentile, altruista, perché è nella mia natura, sono fatta così, non mi piace provocare dolore.
Ma come posso io oppure gli altri sapere che, nel profondo, in me non ci sia qualcosa di profondamente sbagliato? Qualcosa che non mi renda degna di questo mondo.
Se devo essere sincera, come di solito sono, anche io credo ci sia qualcosa di superiore. Credo si, o forse lo spero. In ogni caso, non ritengo che gli importi di rendere "giuste" le nostre vite. Quello che succede, accade perché la nostra vita si intreccia con persone che ci aiutano o che ci distruggono.
Smetto di tediare con questi discorsi, che non interessano nemmeno a me.
Sono Leyla e da ventitré anni cerco di sopravvivere in un mondo tanto grande. Mi sono sempre ritenuta una persona nella media. Non troppo alta né troppo bassa, corpo proporzionato senza eccessi, capelli di un normale castano. Un'esistenza nella norma, né privilegiata né devastata.
Un tempo avevo due genitori, una casa fuori città con un grande giardino e un'infanzia perfetta. L'idillio si è spezzato quando, dopo i nove anni, i miei genitori hanno deciso di separarsi.
Sarebbe dovuto essere un divorzio pacifico, ma mio padre ha rovinato tutto. Per circa un anno lo aspettavo trepidante per le due visite settimanali ma spesso non si presentava, finché non ha deciso di sparire lasciando a mia madre mutuo, debiti e una figlia a carico.
Per fortuna mia madre è sempre stata forte, aveva un lavoro stabile, una casa lasciata dai suoi genitori. La mia adolescenza non è stata perfetta, ma quantomeno serena.
Lei c'era sempre per me e ho potuto studiare al liceo che, anche se non sempre è stato gradito, alla fine mi ha insegnato molte cose.
Fine del liceo, fine della serenità. Mia madre si è ammalata, lentamente è deperita, finché non sono rimasta da sola, iscritta al primo anno di università, con un lavoro precario e tanta insicurezza.
Di tutto ciò però non mi sono mai lamentata, non ho mai chiesto al cielo perché proprio a me. In tutto ciò, sono stata fortunata.
Fortunata che una persona terribile come mio padre sia uscita dalla mia vita, piuttosto che rovinarmela. Fortunata perché mia madre mi ha lasciato senza debiti e con un conto in banca che mi permette di non disperarmi se a fine mese finisco lo stipendio. Fortunata perché, alla morte di mio nonno, io e mia madre abbiamo avuto una casa in cui vivere. Fortunata perché ho avuto la possibilità di studiare e continuo a farlo.
Passiamo alle cose interessanti invece: lui. Partiamo dall'inizio.
Ce ne ho messo di tempo per arrivare a lui, ma in fondo se fossi andata in quel locale prima, forse non l'avrei incontrato.
Le mie esperienze erotiche sono iniziate presto, probabilmente troppo, ma ero innamorata di quel ragazzo, e sono rimasta con lui per tre anni quindi non mi posso lamentare. Lui era il classico bravo ragazzo, dolce gentile e premuroso. Il ragazzo della porta accanto.
Con lui ho scoperto cose nuove, a cui non mi tiravo indietro facilmente. Era eccitante e divertente andare un passo più avanti, verso l'ignoto, lasciandomi guidare dalla sua fantasia.
Quattro anni fa ci siamo lasciati e da allora non ho avuto molte storie. Non sono mai stata molto sicura di me. Non mi piace attirare l'attenzione e forse è questo il motivo del mio scarso successo con il genere maschile.
Nonostante ciò, la mia fantasia è sempre corsa, libera da ogni restrizione.
Mi sono ritrovata, stimolata dalla curiosità impellente, a leggere racconti erotici. E non storie qualunque, ma storie che narrano di giochi proibiti, di segreti, di club dove ogni cosa è lecita.
Sempre più interessata ho letto, cercato informazioni, forum. Ho scoperto che nella mia vita avevo praticato più pratiche sadomaso di quante credessi e la costante era sempre una. Io ero la sottomessa.
Le prime volte che ho preso in mano il computer per scoprire questo mondo non riuscivo a tenere la bocca chiusa per più di due minuti prima che qualcosa mi sorprendesse tanto da spalancarla di nuovo per lo stupore. Non potevo vedermi, ma mi rendevo conto di come gli occhi mi brillassero nel leggere.
Molte cose, soprattutto le immagini, mi facevano storcere il naso. Troppo estreme per me, come lo sono tutt'ora. Per fortuna il mio padrone è paziente con me, lo è sempre stato.
Una sera finalmente, dopo mesi di ricerche, mi convinsi ad andare in uno di quei club. Ne scelsi uno che come dress code non prevedesse donne semi-nude, o non sarei riuscita a fare un solo passo.
Fu così che indossai un abito nero aderente, lungo fino a metà coscia, con nelle piccole spalline che coprivano parzialmente le spalle ed un leggero scollo a cuore che risaltasse le mie curve. Purtroppo i tacchi non potei evitarli, ma ne scelsi alcuni non molto alti e dalla pianta larga.
Con calze, cappotto lungo color prugna e un leggero ombretto marrone mi diressi verso quel luogo sconosciuto.
Entusiasmo, eccitazione e paura continuavano a mescolarsi in me, mentre sul tram osservavo i canali di Amsterdam.
Ero piena di curiosità ma avevo timore di fare brutte figure, non sapendo come comportarmi.
Non sapevo neanche bene cosa aspettarmi. E se mi avessero deriso? Se mi avessero cacciato? Avrei anche potuto restare delusa da quel mondo, fuggendo dopo poco.
Una cosa era certa: non avevo nulla da perdere. Questo era l'unico pensiero che mi teneva lì seduta, impedendomi di scendere alla prima fermata per fare marcia indietro.
Scesa dal tram tremavo e mi ripetevo fosse per il freddo, ma era solo parte della verità. Il cuore mi batteva incontrollato e non si fermò per tutta la sera. Mi fermai un attimo ad osservare la porta, spaventata dall'idea di fare un altro passo.
Se non avessi avuto l'indirizzo ben impresso nella memoria, quasi certamente non avrei notato né la porta, né l'insegna completamente nera, totalmente anonime.
Da un'altra stradina arrivò una coppia, tenendosi per mano. Non volevo entrare davanti a loro per non attirare l'attenzione, così non mi mossi.
Lei aveva fluenti capelli biondi, mentre l'uomo teneva lo sguardo sulla strada. Quando la donna mi notò sorrise incoraggiante, lanciando uno sguardo che non compresi subito, di chi aveva capito molte cose.
In effetti girarono l'angolo e lei con sicurezza aprì la porta che fissavo da diversi minuti, mentre lui la seguiva osservandola incantato.
Presi un respiro profondo e mi ripetei che ero lì solo per vedere quel mondo poco tempo. Sarei uscita quando volevo e non ero costretta a parlare con nessuno.
Mossi un piede e gli altri passi vennero da soli, così entrai.
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