18. Leoni
Avrei voluto fare un capitolo più lungo, ma non riuscendo a proseguire alla fine eccolo <3
Per LaraEsse, che sta rimettendo in piedi il suo account dopo un'improvvisa cancellazione. Non ti abbattere e grazie del supporto che mi hai mostrato ❤️
°°
Stringo le labbra per quella richiesta che tale non è «sì Signore». La sessione è appena iniziata.
Mi circonda le spalle con il braccio e basta questo a mandarmi a fuoco, anche sapendo che presto ci ritroveremo in contatti decisamente più intimi. Mi conduce nel corridoio delle stanze e mi rendo conto di non avere più scampo.
Potrei usare la safeword, forse sarebbe più facile, ma sarei codarda e sono stanca di fuggire. Se vuole un confronto non sarò certo io a tirarmi indietro.
Circondata dal suo calore noto a malapena le persone che ho attorno e lo seguo silenziosa e determinata verso quello che sembra essere il mio patibolo.
Una ragazza si avvicina con finto disinteresse e attira l'attenzione di Sam toccandogli una spalla.
«Grin!» trilla «era tanto che non ti vedevo. Speravo proprio che aprissi un tuo club, mi sarei iscritta subito».
La civetta punta a lusingare il suo ego e penso che ci sia riuscita, ma la risposta di Sam quasi non è rivolta a lei.
«Ho trovato qualcosa che mi attrae qui dentro» dice allusivo ed enigmatico al tempo stesso. La civetta mi squadra dalla testa ai piedi arricciando le labbra con sufficienza, come per sottolineare che io non sia abbastanza.
Resto rigida riuscendo a non distogliere lo sguardo anche se vorrei solo eclissarmi da questa situazione ambigua.
Per fortuna Sam riprende il nostro cammino «scusaci, abbiamo molto di cui discutere» conclude glaciale prima di allontanarsi senza attendere una risposta.
Raggiungiamo una delle stanze. Il letto a baldacchino e le sue lenzuola scure non mi sono mai sembrate tanto minacciose né la quiete della camera così poco serena. Basta la presenza di questo biondino ad agitare ogni cosa.
Mi fermo vicino l'entrata, in attesa di un ordine. Squadro la stanza. È uguale in ogni dettaglio eppure mi sento diversa. Sono i stessi muri dipinti di bordeaux, la stessa poltrona nera, la stessa cassettiera in mogano e lo stesso odore di cuoio e incenso. Tutto però è differente e ne conosco la causa.
Sam chiude la porta e mi raggiunge fermandosi davanti a me, ad un passo di distanza. Non so dove posare gli occhi, ogni cosa sembra indiscreta e pronta a mandarmi in tilt.
I suoi occhi? Impossibile. L'addome? Rischierei eccessiva salivazione. I pantaloni? Ancora peggio, sembrerebbe che desideri il loro contenuto.
Alla fine opto per le sue scarpe. Schiena ritta, testa alta, sguardo basso. Un controsenso forse, ma è l'unica opzione naturale per me in questo momento.
Mi fissa, mi studia ancora alle luci soffuse e calde della stanza. Inala a pieni polmoni e penso che voglia sentire proprio il mio odore. Senza toccarmi mi ha già infuso troppi brividi.
Passa alle mie spalle. Ci studiamo a vicenda come due leoni pronti ad azzannarsi. Non saranno però denti ed artigli a colpirci a vicenda, bensì parole e carne.
Mi passa le dita tra i capelli, come ad analizzarli meglio, poi prosegue lungo la schiena, sfiora il profilo dei glutei. Il cuore è sempre più frenetico nel mio petto e sento il sangue pompare violento in tutto il corpo.
Scende ancora ed afferra piano la coda. Sembra studiare anche quella. Dal suo naso esce uno sbuffo infastidito, prende il plug con decisione e lo toglie velocemente. Assieme alla coda esce il mio primo ansimo a causa sua.
Continua a girarmi attorno e seguo i suoi passi, finché di nuovo non arriva davanti a me.
«Togliti questa cosa» dice tirando con due dita una delle maglie del vestito a rete «voglio che tu sia nuda».
Stringo le labbra quasi offesa e non posso che assecondare quella voce roca e calda, eccitata per me.
Tolgo ogni cosa tenendo ovviamente il mio collare. La sua mano lo raggiunge, ci passa le dita, si insinua sotto di esso staccandolo qualche istante dal mio collo. Una altro sbuffo del naso e inevitabilmente le sue dita lo lasciarono facendolo tornare al suo posto, sulla mia pelle.
Trovo la forza per guardarlo negli occhi e lo vedo inquieto. L'oceano nelle sue iridi pare tempesta. Passa a guardare le mie labbra come volesse baciarmi, poi torna ai miei occhi e spezza di nuovo il silenzio «siediti sulla poltrona».
Deglutisco sentendo una strana delusione per quel bacio mancato. Passo al suo fianco per fare ciò che mi ha ordinato. La sua mano mi blocca il polso e prima ancora che mi chieda il motivo o reagisca mi toglie anche il cerchietto con le orecchie.
«Vai» sussurra lasciandomi e riprendo il cammino, sentendo la moquette soffice sotto i piedi nudi.
È strano sedermi sulla poltrona. Tutte le stanze ne hanno una ma l'ho sempre associata ad un master, non mi ci sono mai immaginata seduta comodamente. Resto rigida. Questa calma rende me inquieta.
Prende un frustino piuttosto flessibile e torna da me, ponendosi alle mie spalle e lasciando che sia solo la sua voce a guidarmi.
«Facciamo un gioco Leyla» il suo tono pacato non promette nulla di buono per me.
«Ti farò delle semplici domande. Se sarai sincera, potrai chiedermi qualcosa, altrimenti..» il frustino mi accarezza la spalla leggero «vedremo come la tua pelle diventa rossa».
Non mi sembra particolarmente difficile come gioco. Peccato che sarà lui a giudicare la mia sincerità e lo trovo assurdo. Come può capire se io stia mentendo o meno?
Ovviamente però il gioco non può essere tanto semplice «solleva le braccia piccola» mi sussurra troppo vicino al lobo «palmi verso l'alto. Vediamo quanto resistono i tuoi esili muscoli».
Un gioco di resistenza. Bene.
Sollevo le braccia, poi ritrovo un barlume di lucidità e mi rendo conto che in questo gioco potrò solo perdere.
«Il gioco mi sembra iniquo, signore. Io non ho interesse a farti domande».
Lo sento ridere e finalmente viene davanti a me, per ingannarmi facendomi credere di essere meno vulnerabile.
«Ma certo, tu credi di sapere tutto no? E vediamo.. cosa sapresti di me?»
Ecco la prima domanda. Non ho motivo per mentire.
«Che sei un arrogante viziato, mantenuto di soldi tua famiglia che ti hanno sempre fatto sentire superiore agli altri. Ti ci senti tutt'ora, che giochi a fare l'imprenditore aprendo un club a loro spese. Non sai cosa sia l'amore. Hai una ragazza solo per la sicurezza ma per il brivido non ti fai scrupoli a tradirla e soddisfare il tuo ego».
Mi sento meschina a sputare tutte queste parole. Potrebbe interrompere la sessione vista la mia considerazione di lui e forse ci spero.
Il suo petto vibra per una risata trattenuta.
«Vedi Leyla, neanche la metà di quello che hai detto è vero..quindi delle domande ti servirebbero. Sfruttale».
Vorrei dirgli che si scorda un dettaglio. Io non voglio conoscerlo. Invece non fiato, attendo le sue parole. Non sono però delle parole a colpirmi bensì quel frustino, sui palmi aperti. Con le labbra schiuse dalla sorpresa lo guardo attendendo una spiegazione.
Sono stata sincera, perché mi ha frustata ugualmente?
«Non hai detto tutta la verità piccola. Sai altre cose... altrimenti non saresti qui non con me ora, non mi guarderesti in quel modo e non mi avresti sfidato a darti quel bacio».
Arrossisco solo a sentirlo nominare e ancora una volta resto in silenzio. Il tempo non è a mio favore visto lo sforzo nel tenere le braccia tese.
«Da quanto frequenti questo posto?»
Domanda facile.
«Otto mesi».
È il mio turno, ci penso. Se quello che so di lui non è vero allora partirò da qui.
«Come pensi di aprire quel club?».
«Con i miei soldi» dice semplicemente «non dovresti sprecare le domande».
Stringo le labbra e proseguiamo.
«Perché hai scelto Dean?»
«Piuttosto è stato lui a scegliere me» non finisco neanche la frase che il frustino cala severo sugli avambracci.
«No Leyla.. tu l'hai scelto. Non sottovalutarti».
«Ritenta».
Che diavolo può importargli di tutto questo?
«È affascinante» provo.
Il frustino mi raggiunge piano il mento invitandomi a sollevarlo «scava un po' di più kitty.. non ti darò un altro tentativo».
Trattengo l'istinto di sbuffare per la frustrazione e ci penso.
«Sa quello che fa, è sicuro di sé.. volevo anche io quella sicurezza. E non è un idiota».
Sembra soddisfatto dalla risposta, o almeno l'assenza di frustate è ciò che lascia intuire, così proseguo.
«Mi hanno detto che hai un'impresa. Come l'hai aperta».
«Oh non piccola.. hai perso il turno. La tua prima risposta ha fatto pena» usa un tono quasi scherzoso e riesce a strapparmi un sorriso trattenuto, che comunque non gli sfugge.
«Perché vivi da sola?» questa domanda tagliente mi fa rabbrividire.
Come può averlo capito?
Potrei mentire o non rispondere, pagare la frustata ed impedire che scopra anche questo dettaglio. Per qualche motivo non lo faccio.
«Non ho dei genitori. Non più».
Non cerca di consolarmi né accenna frasi banali. Non mi guarda in modo diverso, evitando che anche io mi senta diversa, fuori posto.
Semplicemente risponde alla mia domanda.
«Ho trovato dei finanziatori, come tutti. Avevo una buona idea, un progetto e determinazione. Quel merdoso di mio padre non c'entra nulla se te lo stai chiedendo».
Ora sono io a guardarlo con occhi diversi. Allora non mi sono sbagliata, c'è in lui più di quanto lasci intravedere. Forza e sofferenza, nonché furbizia e carisma.
E se da una parte tutto ciò mi stupisce, dall'altra inizio a temerlo ancora di più.
Vorrei che semplicemente mi lasci alla mia vita, permettendomi di rilegarlo allo stereotipo di ragazzo viziato che potrei detestare. Invece no, vuole che io mi ricreda.
Ha costruito questo gioco per tessere una tela ancora più salda in cui farmi cadere prima di divorarmi.
°°°°
Ringrazio ancora tutti per il sostegno le letture e i voti. Non credevo la storia che potesse piacere tanto!
Ci tenevo a dire che ho pubblicato una raccolta un po' diversa ma a cui tengo molto, "impazzire". Alcuni capitoli credo siano usciti bene, il primo forse no ahah Comunque se vi interessa è lì <3
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top