17. Pazienza

"Doveva assoggettarsi a loro e accoglierli con lo stesso rispetto con cui accoglieva lui, come fossero sue proiezioni. Così egli l'avrebbe posseduta come un Dio possiede le proprie creature. Non intendeva separarsi da lei. Il fatto di offrirla era una prova del suo appartenergli; si piò offrire solo ciò che ci appartiene".
-Histoire D'O
°°°°

Quel sorriso, quegli occhi blu. Quel Sam.

Le gambe diventano ancora più deboli. Fortunatamente Dean mi scioglie le braccia e mi aiuta a sollevarmi. Lo seguo come un automa, senza far caso al plug che si muove in me ad ogni passo né al suono della sua voce.
La mia mente ricomincia a connettersi quando raggiungiamo il bar.
Solo ora guardo veramente Dean «finalmente sei tornata tra noi. Che succede?».

«I-io ho visto qualcuno che conosco.. dell’università..».
La reazione di Dean mi sorprende, ma considerando la sua vena sadica non è così anomala. Ride.
«Ora la vorresti una maschera eh..» mi prende in giro e lo fulmino con lo sguardo.
«Senti ragazzina se è qui direi che non trova tanto strani i tuoi gusti, quindi non pensarci troppo ok? Magari ti aveva notata da tempo e nemmeno lo sai, rilassati».

In effetti le sue parole hanno senso, sono razionali. Purtroppo il mio cuore non conosce la razionalità e continua a battere incessante. Mi volto come se possa essere alle mie spalle, ma ovviamente ci sono solo sconosciuti.
Sospiro, sarà una lunga serata..

Decido di concentrarmi sulla mia prossima sfida e seguo il mio Padrone su uno dei divani. Mi fa sedere sulle sue gambe, anche perché con questa coda non sarebbe facile sedermi sul divano.
Non è tanto la paura della scomodità, quanto di rovinare quest’oggetto di cui inspiegabilmente sono già innamorata.

«Sono un regalo di ben tornato ma.. dove è stato?» chiedo, curiosa di sapere qualcosa sull’uomo con cui ho accettato di andare a letto.
«Aveva smesso di frequentare questo posto perché ha avuto problemi con uno dei soci.. voleva aprirne uno suo. Adesso quel coglione se ne è andato quindi Grin è venuto stasera, poi non so cosa farà».

Il fatto che abbia i mezzi per aprire un suo locale è sorprendente, anche se mi porta a dubitare sul fatto che lui possa piacermi. Ho sempre associato la parola “socio” a “vecchio ciccione”. Dean mi ha dimostrato che non è una regola e spero vivamente che valga anche per il suo amico.
«Grin
«Sì, nome curioso vero? Non tutti usano i propri nomi qui dentro ragazzina».

«In ginocchio» ubbidisco subito. È finito il tempo delle domande.
«Aspettami così, tornerò con Grin e stavolta niente cazzate».
«Sì Padrone». Non lo deluderò, non stavolta. Questo desiderio di rivalsa si impadronisce di me ancora più di prima sapendo che da qualche parte nel locale c’è Sam.
Maledetto lui ed il suo sorriso..

E se mi vedesse in questa posizione?
Certo considerando che mi ha vista avere un orgasmo trovarmi in ginocchio non sarebbe tanto sorprendente. Arrossisco solo all’idea di come sono potuta apparire ai suoi occhi. Ripenso alle sue parole.
“Voglio che tu sia mia”. Perché?
Non riesco a capirlo.
Mi perdo tanto tra ricordi e congetture che quasi mi dimentico di cosa sto aspettando, di quel Grin.

Già il fatto che si fa chiamare “ghigno” dovrebbe mettermi all’erta sulla sua natura, anche se la conosco piuttosto bene. È un master, non è un segreto quello che vuole farmi.
L’idea di essere un regalo mi manda in estasi. Dovrei sentirmi degradata. Mi hanno insegnato per tutta la vita che le donne non sono oggetti, che non devo accettare alcun tipo di maschilismo. È vero certamente, ma non posso associare la realtà di questo club al sessismo o al degrado.
Ho scelto di entrare qui, ho scelto di affidarmi a Dean, ho scelto di essere ceduta ad uno sconosciuto. Allo stesso modo sono libera di lasciare ogni cosa, semplicemente dicendo “rosso”.
Essere un regalo vuol dire che Dean gli sta offrendo la cosa più preziosa di cui disponga, me.

Sento una mano sulla testa e non mi volto. È il mio Padrone, non può essere altrimenti. Tengo lo sguardo sulle mie mani, come faccio ormai da diversi minuti.
«Lei è Leyla» la voce di Dean conferma i miei pensieri. Sento l’altro uomo ridere. Che diavolo c’è di tanto divertente?
Sono tentata di sollevare lo sguardo e comunicargli il mio astio ma mi trattengo. Il mio Padrone mi ha detto “niente cazzate” e non voglio deluderlo dopo due secondi.

Grin si sposta davanti a me, vedo le sue scarpe lucide e sento il suo sguardo sulla pelle. Scommetterei che mi ha già osservata da ogni angolazione prima di raggiungere questo punto.
Rabbrividisco sotto quello sguardo, sentendomi studiata. C’è altro però, una strana elettricità.
Le sue gambi mi intimano a scartare la teoria del ciccione, sembrano anzi forti. Ha dei pantaloni di pelle che fasciano il polpaccio solido. Sollevo appena lo sguardo ma è solo un istante, perché non voglio colgano già la mia disubbidienza. Intravedo un fisico allenato che riesco a malapena a mettere a fuoco.

Una mano calda mi sfiora la guancia. Non è di Dean quindi suppongo sia di Grin. Dei brividi mi ricoprono, lo stomaco si stringe. Strano effetto, anche su una persona reattiva come me. Non mi muovo ma la mia reazione è evidente. Il respiro comincia già ad essere più profondo ed è sempre più difficile non sollevare lo sguardo.
La mano mi raggiunge il mento, lo solleva. Lentamente e con timore alzo lo sguardo. Voglio osservarlo e al tempo stesso ho paura che non mi piaccia. La gola si secca quando vedo finalmente quel fisico definito, i  muscoli tesi, i pettorali abbronzati. Deglutisco a fatica e continuo la mia corsa raggiungendo il viso.
Non so se sono bianca per lo stupore o rossa per l’imbarazzo. L’uomo davanti a me è Sam.

No, non è possibile. Di tutti proprio lui? Proprio a me? Cerco una risposta nel suo sguardo ma sembra solo divertito dalla situazione. Sapeva chi fosse la sottomessa di Dean o è stata una sorpresa come per me?
Non riesco a pensare lucidamente, così cerco l’appoggio di Dean, una spiegazione nei suoi occhi. Lo vedo seduto sul divano, sereno, gli occhi freddi che mi riserva nel pieno delle sessioni, impenetrabili. Sono io l’unica dei tre ad essere quasi nel panico?

«Leyla eh?» inizia Sam con il sorriso di chi ha appena vinto «bel nome.. “buia come la notte”. È il tuo vero nome o un avvertimento?».
La sua mano non accenna a voler lasciare la presa sul viso. Ritrovo in me quelle certezze che sono appena state spiazzate e lo guardo duramente «lo sai benissimo».
Gli occhi di Sam si assottigliano e la presa si stringe. Non guardo Dean ma so che non è felice della mia risposta. È Sam a replicare, sempre più divertito dalla situazione.
«Oh piccola.. forse intendevi dire “è il mio vero nome Signore”.. so benissimo che Dean ti ha istruita meglio di così. Oppure alla gattina piace la sfida? Non so quanto ti convenga..»

Sostengo il suo sguardo per dei secondi che mi sembrano infiniti. Forse attende delle scuse ma non le avrà di certo.
Guardo di nuovo Dean «ti prego Padrone ho sete.. possiamo andare al bancone?».
Uso la mia voce più servizievole, lo prego con gli occhi. Voglio parlargli e sfuggire agli occhi di Sam.
Dean quasi mi uccide con una sola occhiata, si alza e mi afferra i capelli con forza «ma certo.. se la mia gattina ha sete chi sono io per lasciarla a bocca vuota».
Né il suo tono né i suoi gesti né il suo sguardo riflettono l’accondiscendenza delle sue parole. Anzi, aver marcato le ultime due parole la rende più simile ad una minaccia.
Non mi importa, perché ho raggiunto il mio obiettivo. Mi intima a sollevarmi tirando la mia chioma, poi si rivolge a Sam «dammi cinque minuti, poi ti assicuro che nessun’altra cazzata uscirà da queste belle labbra».

Spariamo tra la folla che si sta godendo un altro spettacolo e raggiungiamo la mia àncora di sicurezza, il bancone del bar. Solo dopo aver ordinato mi decido a parlare.
«È lui.. la persona che conosco..»
«E allora?» ha un tono severo. Sto mettendo a dura prova la sua pazienza. «Anche per lui conta la riservatezza. Credi che andrà a dire ai tuoi amichetti che ti piace essere legata, frustata ed essere trattata come una puttana?».
«No Signore..» abbasso lo sguardo. Le sue parole dure mi fanno sentire solo una stupida ragazzina. Ha ragione in fondo, ma non sa tutta la verità «.. è lui che mi ha baciata la scorsa settimana..».
Si passa una mano sul viso sospirando. È nervoso, come ogni volta che compie quel gesto «cazzo Leyla..».

Mi squadra altri secondi. La sua pazienza è seriamente al limite ormai.
«Senti, non mi frega un cazzo di chi sia, dei tuoi drammi adolescenziali, dei baci alla “piccoli problemi di cuore”. Gli ho detto che saresti stata sua, hai accettato, lui di sicuro non aveva idea di chi tu fossi finché non ti ha vista su quella cazzo di cavallina. Adesso torni lì e ti comporti come hai fatto ogni fortuitissimo minuto passato qui dentro finché non usi la safeword. Intesi?».
Resto spiazzata dalle parole, dalla sua crudezza, dagli occhi fiammeggianti che forse non mi ha mai rivolto prima. Annuisco ancora bloccata, deglutisco e rispondo per non peggiorare la mia situazione «sì Padrone..»
«Bene».

Finisco velocemente il drink e torniamo dall’uomo che settimana dopo settimana sta facendo crollare l’instabile castello di carte che regge la mia esistenza.
Lo troviamo seduto sul divano, una ragazza che gli sussurra chissà cosa all’orecchio, premendosi sul suo braccio ed allungando la mano sui pantaloni aderenti che lasciano poco all’immaginazione. Dopo un iniziale moto di nervosismo sorrido, perché evidentemente qualunque cosa lei gli stia dicendo non sta smuovendo alcuna reazione al di sotto della cintura.
«Grin è tutta tua» annuncia il mio Padrone «ora scusatemi ma ho qualcuno che mi aspetta».
Mi giro verso di lui sorpresa «chi?».
«Ragazzina non crederai che tu possa essere l’unica a divertirsi stasera. Non me ne starò qui ad aspettarti. Problemi?».
«No Signore» ammetto realizzando che andrà con un’altra e che, in effetti, problemi non ne ho. Nessuna gelosia o rancore. Anzi mi sento quasi sollevata, alleggerita dai sensi di colpa che provo all’idea di essere di Sam per qualche ora.

Il biondo si alza osservandomi ancora una volta, come se il mio corpo possa essere cambiato negli ultimi cinque minuti.
«Ti dovevo delle spiegazioni» dice senza abbandonare quel sorriso vittorioso «che ne dici se troviamo un posto più tranquillo?».
Stringo le labbra per quella richiesta che tale non è «sì Signore».
La sessione è appena iniziata.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top