15. Buio


Per la prima volta mi rivolge un sorriso sincero, scostandomi i capelli per donarmi di nuovo il mio collare.
«Forza, vieni» le sue mani mi accarezzano le braccia con delicatezza, la prima che mi ha riservato. Stacca le polsiere e finalmente posso poggiare di nuovo il peso su tutto il piede.
Le gambe mi tradiscono facendomi sbilanciare e devo poggiarmi al mio Padrone per non cadere. Temo per un attimo che mi faccia pagare anche questo, considerando tutto ciò che è accaduto oggi. Mi rivolge invece uno sguardo rassicurante e mi conduce sul letto dove posso finalmente sdraiarmi. Ogni muscolo soffre. Mi sento felice.

Le mie mani vengono bloccate ai lati del letto da due morbidi nastri rossi, così come i piedi. Mi guarda, mi desidera, di nuovo mi sento perfetta.
Manca solo l'ultimo tocco. L'amata benda in pizzo nero e rosa. Me la mette con cura ed il buio accompagna il mio respiro eccitato. Le sue dita mi sfiorano la punta del seno, le afferra per saggiarne la durezza. Si ritrae e le sue dita vengono sostituite dalla presa fredda del metallo. Per la prima volta mi vesti di una pinza per capezzoli e gemo per quel dolore nuovo.

L'ho sempre temuta ed il mio Padrone l'ha capito dal modo in cui la guardavo quando tra i vari oggetti dispone anch'essa davanti a me. Mi aveva detto che l'avrebbe usata quando me lo sarei meritata. È indubbiamente arrivato il momento.
Mette anche la seconda e sento una catena sottile poggiarsi sul mio petto, ad unire i due morsi che serrano i seni con tanta insistenza.
Il dolore iniziale diminuisce in fretta. Realizzo che quella paura era solo nella mia mente, per la forma dell'oggetto, forse anche per il nome che me l'ha sempre fatta percepire come uno strumento di tortura più che di piacere.

Un oggetto che non riesco a definire, soffice e sottile, mi accarezza lentamente partendo dal collo causandomi brividi ed a tratti solletico.
Mi contorco sotto quel tocco, troppo leggero per alleviare la mia eccitazione ma altrettanto capace di stimolarla. Disegni irregolari mi tracciano la pelle, avvicinandosi al mio piacere per poi allontanarsi crudeli.
A tratti tira quella catena tenendomi sospesa, in bilico. Inizio a rilassarmi, rassegnata a quella delicata tortura. Mi tendo nuovamente appena un oggetto rigido mi percorre il fianco. Sorrido. Vuole che resti reattiva, i sensi tesi. Altrimenti troverà lui il modo di risvegliarli.

Mi sembra di essere qui da ore, divisa tra quel lieve piacere ed il dolore. Ogni volta che tira la sottile catena impartisce più forza. Ogni sferzata per rendermi vigile brucia improvvisa. Senza preavviso entra in me e quasi urlo di piacere. L'attesa mi ha corrosa, quasi provavo dolore per il bisogno pulsante che avverto.
Mi scopa senza riguardi, quasi con rabbia, la mano a cingermi la gola. I suoi versi vicini al mio orecchio sono migliori di ogni musica. Non resisto a lungo, l'ho voluto troppo.

Afferro i nastri che mi tengono legata, mi irrigidisco sotto di lui, assecondando le sue spinte, contraendo i muscoli per sentirlo a pieno.
«Sei mia» sancisce mentre gemo, felice che non mi stia negando quel piacere tanto atteso.
«Si Padrone, sono tua, ti prego..» non so di cosa lo stia pregando, forse di non fermarsi e di farmi godere interamente quell'orgasmo, di non lasciarlo inesploso.
Mi tira i capelli facendomi reclinare il capo verso l'alto fino a raggiungere le sue labbra. Nel bacio lo sento riempirmi del suo seme accompagnando le ultime forti e lente spinte.

Restiamo immobili cercando di placare i respiri, accogliendo il piacere che ci ha pervasi.
«Come si dice quando il tuo Padrone ti concede un orgasmo che non meritavi?»
Rispondo sorridendo «grazie Signore».
«Prego ragazzina» mi bacia ancora, con delicatezza. Lo sento alzarsi mentre sono ancora immobilizzata e cieca.

«Resterai così» afferma.
«Cosa?!» incredula sollevo il capo.
«Leyla credi davvero che un po' di solletico bastasse? Tu cosa vorresti farmi se scoprissi che desidero un'altra donna?».
Getto di nuovo la testa sui cuscini. Ci penso seriamente. Mi brucerebbe, tanto. Ogni mi insicurezza esploderebbe e vorrei colpirlo allo stomaco per fargli sentire lo stesso bruciore. Merito anche questo, non posso obiettare.
«Vorrei darti un pugno..» lo sento ridere mentre si veste «esatto ragazzina, quindi ritieniti fortunata».

I suoi passi si allontanano e resto ancora sola, legata e bendata. Almeno ha avuto il riguardo di togliere le pinze. Non le sopporterei tanto a lungo.
Accolgo il buio perché non c'è incertezza, a differenza del silenzio in cui mi aveva costretta ore prima.  Ho la certezza che, una volta uscita dall'oscurità, lui sarà al mio fianco.
Il freddo, le braccia tese e la pesantezza sugli occhi non rendono il  tempo piacevole ma lo sopporto. Sto cancellando le labbra di Sam e le emozioni che mi hanno causato assieme ai miei sensi di colpa.

Mi tornano in mente le sue parole. "Ti spiegherò".  Cosa dovrebbe spigarmi? E perché dovrebbe importarmi? So benissimo la situazione.
Lui è fidanzato, non ama Violet e crede di avere il diritto di prendere chiunque desideri, me compresa. Ed io, stupida come sono, nonostante i miei tentativi gliel'ho lasciato fare.
Scuoto la testa per distrarmi. Devo smettere di pensarci ancora e ancora. Non servirebbe,

Mi concentro sui pochi e lievi rumori che sento a tratti dal salone. Quanto tempo è passato? Ma poi, cosa cambierebbe? Secondi, minuti, ore. tutte unità  di misura per scandire la noia. Non è neanche a questo che dovrei pensare, tanto non mi aiuterebbe.
Irrequieta inizio a muovermi, a tirare lievemente i nastri, saggiando quanta mobilità mi è concessa. Poca. gli arti si piegano appena. Dovrei solo rassegnarmi ma sembra impossibile.

«Leyla non riesci proprio a stare ferma?» la voce graffiante mi sorprende, così vicina. Arrossisco colta sul fatto. Da quanto mi sta osservando?
Sorrido «no signore». Sussulto sentendo numerose strisce di pelle accarezzarmi piano l'addome. È un gatto a nove code, non ho dubbi. Ansia ed eccitazione salgono di nuovo.
«Padrone questo non aiuterà sicuramente» azzardo con la leggera impudenza che lo fa sorridere sadico ogni volta.

Subito la pelle brucia nove volte, facendomi spalancare la bocca in un urlo muto.
«No, non aiuterà. E ho appena deciso che devi restare immobile ragazzina. Sarai la mia statua per i colpi a seguire».
Mi viene quasi da ridere. È impossibile, lo sa. Non potrei mai non sussultare sotto quel dolore improvviso.
Eppure ci provo, mi irrigidisco per resistere alle braccia che vogliono piegarsi cercando di scappare a quei colpo. Il mio corpo tenta di sottrarsi ma la mia mente accoglie con gioia ogni frustata, dominando i muscoli che invano desiderano allontanarsi.

«Sai quasi non ci credo che accetti tutto questo senza protestare solo per un bacio. Sei così innocente "piccola"».
È solo un istante, una parola e due occhi blu invadono il buio in cui sono immersa. Attorno a loro presto appare un sorriso beffardo e dei capelli del colore del grano.
Tento di rimuovere quella stupida immagine dalla mente ma non ne sono capace ed il mio buio viene dominato da una figura alta e muscolosa.

Vedo lui nello spazio attorno a me, sento i suoi occhi sul mio copro, sento la sua voce quando il mio Padrone, dopo avermi liberato le gambe, mi ordina di inginocchiarmi.
Ubbidisco odiandomi e cerco di ritrovare nella mia mente il volto di Dean, di sovrapporlo a quegli occhi blu che scavano nella mia anima in cerca di qualcosa che nemmeno io so di avere. È impossibile.

«Toglimela!» dico con una voce alta che non riconoscerei come la mia. Lo sento avvicinarsi «che succede?» chiede preoccupato.
«Ti prego toglimi la benda..» non penso neanche ad usare la safeword, le mie labbra si muovono prima di pensare, intenzionate solo a svuotare i miei occhi dall'immagine di Sam.
Presto le sue mani mi raggiungono la nuca e sono libera. Metto subito a fuoco la stanza, poi il volto di Dean che mi scruta attento «stai bene?».

Senza rispondere mi getto sulle sue labbra, senza curarmi delle regole. Prendo il suo viso tra le mani e lo bacio con bisogno, inebriando di lui tutti i miei sensi, grata che non interrompa quel contatto per porre altro domande a cui non saprei rispondere.
Non dice nulla, mi osserva cercando di capirmi. «Oggi è stato intenso.. vieni, ti aiuto» non rispondo ma il rammarico che sento nella sua voce mi spezza.

Forse crede di aver esagerato, che sia sua la colpa quando invece sono io che non riesco ad allontanare la mia mente dal binario Sam.
Lo seguo docile in bagno, dove si prende cura di me lavandomi e mettendo una crema nei punti in cui la pelle è arrossata. Lo fa spesso, soprattutto quando provo cose nuove. È importante che mi faccia sentire apprezzata, altrimenti mi distruggerebbe a lungo andare.
Mi prende i vestiti e lascia che li indossi, lasciandomi sola.

Vedo il mio riflesso nello specchio e dopo pochi secondi distolgo lo sguardo. Non mi riconosco, sembra che abbia visto un fantasma. Mi convinco che una doccia scivolerà via ogni cosa e mi vesto lentamente.

Raggiungo Dean, prendendo come sempre il cappotto per poi salutarlo. Lui me lo toglie dalle mani e lo posa nuovamente «oggi ceni qui ragazzina, a meno che tu non abbia altri impegni. Non devi scappare ogni volta dopo cinque minuti».
Lo guardo perplessa. È vero che non mi fermo mai più del tempo utile. In parte è anche per la soggezione che provo nei suoi confronti e per la paura di non saper sostenere una conversazione normale con lui.
Inoltre, soprattutto i primi tempi, avevo paura si distruggere l'immagine che mi ero fatta di lui. Avrebbe potuto rivelarsi un'idiota o una persona noiosa, oppure avrei potuto scoprire una moglie e che mi aveva mentito per mesi.

Resto in silenzio forse troppo a lungo «forza siediti. E poi dovevo parlarti di questo fine settimana no?».
Di tutti i gironi sicuramente questo è il peggiore per fermarmi, tra il bacio, i pensieri, la punizione ed ogni cosa. Alla fine cedo. Non romperò certo l'idillio solo per una cena.

Dean è senza dubbio un uomo affascinante e durante la cena conduce la conversazione senza problemi, facendomi ridere e dimenticare ogni cosa.
Ho quasi finito di mangiare quando mi fissa pensieroso «non so se sei pronta per la festa di sabato».
«Lo sono» rispondo all'istante. Ride «non sai neanche cosa ti aspetta».
«E allora dimmelo».

«No. Ti ho detto che avrei chiesto la tua fiducia e lo farò, ma non ora. C'è un'altra cosa però che volevo dirti». Lo guardo incitandolo a proseguire «la festa ha un dress code particolare, dovresti saperlo. Le donne saranno vestite da gatto, e ti ho preso un regalo..»
«Un regalo?» chiedo eccitata.
Sorride «si ragazzina, ma dovrai aspettare per vederlo. Va indossato. Vorrei che te lo facessi mettere da me, davanti a tutti. Non nella scacchiera. Sei pronta per questo, per metterti in mostra..».
Non ci penso più di un secondo. Farmi mettere chissà cosa dal mio Padrone davanti a tutto il locale per dimostrare di essere la Sottomessa che merita, per poi dar prova della mia fiducia all'uomo che più la merita. «Accetto».

Sorride. Sta per dire qualcosa quando lo squillo del telefono lo interrompe. Si scusa e risponde. Fingo di non ascoltare ma ovviamente è impossibile, anche se non capisco cosa dica l'altra persona. Distinguo però la voce di una donna.
Dean sembra innervosirsi «non puoi farlo. Avevamo detto la settimana prossima».
Anche la donna alza la voce e Dean si passa la mano sul viso infastidito «perché lavoro cazzo, devo andare in ospedale e lo sai».

Mi sento improvvisamente di troppo. Dopo poco attacca velocemente, dicendo che parleranno un'altra volta.
«Scusami» dice soltanto.
Ho così tante domande che non so da quale iniziare. Non sono certo affari miei, ma non posso non essere curiosa.
«Lavori in ospedale?»
«Sì, sono un medico».
Mi lascia senza parole e il mio stupore aumenta assieme all'apertura della mia bocca quando precisa «un pediatra».

«Seriamente?» dico quasi ridendo. Non ce lo vedo proprio con il camice a curare dei bambini, magari usando qualche strana voce per parlare con loro.
«Lo so, è sorprendete» ironizza.
Bevo riflettendo, mettendo insieme i pezzi di quella conversazione.

Infine, arrivo ad un'unica conclusione «hai un figlio?».
Sorride inarcando le sopracciglia, colto sul fatto «già. Sei sveglia.. e quello che hai sentito è il solito colpo basso che mi ha preparato la fantastica nonché tremendamente vendicativa donna che lo ha messo al  mondo».
Non voglio indagare troppo, ma la domanda mi esce spontanea «e di cosa dovrebbe vendicarsi?».
«Di aver deciso di non voler più essere infelice assieme a lei e rifarmi una vita da solo. Ma non importa più di tanto. Finché il prezzo non lo paga Ricky va bene».

Ogni cosa scoperta su di lui lo mette certamente sotto una luce diversa, anche più umana forse. Io l'ho sempre considerato un uomo senza passato né presente, mentre da questo momento conosco entrambi.
Ho tante cose da elaborare seduta sul taxi che mi porta a casa. È stata una giornata decisamente intensa e il fine settimana non mi porterà quiete, bensì una festa che difficilmente potrò dimenticare.

∂  ∂
Un po' di retroscena. Serviva no? E chissà cosa aspetta alla festa. Non vedo l'ora di scrivere quella parte ;)

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