Capitolo 35

Arya

Io e Noah passammo un'intera giornata in spiaggia a divertirci e a scherzare. Mi ero lasciata andare quasi completamente, visto che era l'ultimo giorno che avrei passato insieme a lui al mare. Avevo messo in una parte sconosciuta del mio cervello il fatto che si stesse innamorando di me. Non era per niente sano né per me né per lui quella sensazione che provavamo.

Durante la notte avevo dormito veramente pochissimo, mentre lui dormiva come un bambino sul mio petto. Avevo pensato a ciò che sentivo dentro e avevo capito che quelle strane sensazioni non le avevo mai provate sulla mia pelle.

Non riuscivo a dare un nome al tremore delle gambe, alle strane bollicine che sentivo nello stomaco, al caldo che avvertivo standogli vicino, ma anche distante.

Avevo scritto un paio di messaggi ad Agatha e per fortuna mi rispose immediatamente, visto che era a spasso con Blake. Sorrisi appena me lo disse e poi mi chiese se fosse successo qualcosa. Le risposi di no, ma poi il mio cellulare si illuminò ancora e dovetti per forza raccontarle della situazione che si era creata in bagno il primo giorno che eravamo arrivati lì.

Agatha aveva definito tutto ciò con la parola amore, ma non sapevo se fosse vera quella sua affermazione. Era davvero la spiegazione a tutto quello che avvertivo di strano dentro e fuori di me?

Quella sera l'avremmo passata in hotel, ma Noah non mi aveva ancora detto il motivo per cui mi sarei dovuta vestire un po' elegante. Mia sorella mi aveva messo dentro la valigia il vestito che avevo usato per conoscere il padre di Noah, Elliott.

In quel momento mi trovavo in bagno e stavo cercando di fare dei semplici boccoli con la spazzola e il phon. Dopo vari tentativi decisi infine di arricciare leggermente solo le ciocche davanti e non tutti i capelli, perché senza l'aiuto di Agatha, un'esperta in quel settore che poteva vincere il premio Nobel per le acconciature, non avevo nessuna speranza nell'apparire quantomeno decente.

Spensi il phon e lo lasciai raffreddare. Mi misi anche un po' di profumo e mi allacciai la collana che mi aveva regalo Noah un paio di giorni prima. Il ciondolo era davvero stupendo, non avevo parole per quel gesto. Lo so che era solo qualcosa di materiale e che contano molto di più i gesti, ma nessuno mi aveva mai fatto un regalo così bello.

Aprii la porta e trovai Noah intento a frugare tra le mie cose. Lo sapevo benissimo che ogni tanto leggeva ciò che scrivevo, ma non glielo avrei mai detto. In fondo mi piaceva condividere con lui i miei pensieri e le mie storie, solo che non avrei mai avuto alcun coraggio di chiederglielo.

Era molto meglio così: lui le leggeva e le apprezzava in segreto e io non dovevo per forza farlo entrare nei miei mondi immaginari, le cui chiavi erano un'esclusiva solo per me.

Mi schiarii la voce e lui sobbalzò letteralmente, facendo fare un piccolo volo in aria anche al mio quaderno con i miei mille appunti. Lo afferrò in fretta e furia e lo nascose dietro la schiena, ma poi capì di essere appena stato beccato a fare qualcosa di sbagliato. «S-scusami,» iniziò con voce roca, «lo avevi lasciato aperto sul letto e per sbaglio l'ho visto, così ho letto un paio di parole.»

A dire il vero l'avevo fatto apposta a lasciarlo socchiuso, così che potesse leggere ciò che avevo scritto sui nostri momenti insieme in quella splendida e paurosa giornata.

«Immagino come causalmente tu abbia letto...» lo provocai.

«Arya, mi dispiace, davvero» disse con voce preoccupata. Scoppiai a ridere. «Perché adesso stai ridendo? Ho qualcosa in faccia che mi fa sembrare un pagliaccio?» chiese. Scossi la testa, continuando a ridere a crepapelle. «E, allora, cosa ho?» proseguì, facendo un passo verso di me.

«Nulla...»

«Se non me lo dici, ti faccio il solletico» mi minacciò.

«No, il solletico proprio no!» esclamai, tornando in me. «Facciamo che tu continui a leggere quello che scrivo, facendo finta di non aver fatto nulla, mentre io faccio finta di non lasciare apposta il mio quaderno aperto in giro e non vedo nulla di quello che fai?» proposi.

«Quindi tutta questa messa in scena per una cosa che sapevi già?» domandò, spalancando gli occhi, sorpreso.

«Cosa dovrei sapere, scusa?»

*

Durante la cena a base di pesce entrarono tre o quattro musicisti. Iniziarono a suonare e mi persi completamente nelle melodie del violinista, tanto che Noah dovette ricercare la mia attenzione svariate volte.

Tutte le persone dei vari tavoli attorno a noi si alzarono pian piano, chi prima e chi dopo, per ballare sulle dolci note di quelle armonie provenienti dai violini. Noah mi pose la mano e inizialmente non capii il suo gesto, ma poi accettai il suo invito a ballare.

«Non so nemmeno ballare» gli sussurrai all'orecchio, visto il silenzio tombale che regnava in quell'enorme stanza al di fuori della musica.

«Nemmeno io» tentò di rassicurarmi, ma fece tutto l'opposto perché saremmo finiti per terra entrambi o addosso a qualcuno, facendo sicuramente una figuraccia.

Prese le mie braccia, se le mise attorno al collo e poi le sue mani si posarono sopra i miei fianchi in una presa molto delicata, come se fossi di cristallo. «Fai solo dei piccoli passettini, così ci confondiamo tra la gente» disse sul mio orecchio.

Sentendo il suo fiato caldo riscaldarmi l'orecchio, mi venne la pelle d'oca. Trovai il coraggio di alzare lo sguardo e trovai i suoi occhi, intenti a osservarmi già da parecchio tempo. Gli sorrisi e mi morsi un labbro dall'imbarazzo.

Noah avvicinò la fronte alla mia e le fece sfiorare. La distanza delle nostre bocche era molto poca e il nostro respiro cominciò ad aumentare contemporaneamente. Le sue labbra cercarono le mie. Si sfiorarono e quello si poteva considerare una vera e proprio tortura.

Si può morire per un bacio mancato?

Non resistetti e lo baciai, facendo attenzione a non attirare l'attenzione degli altri commensali.

La musica di violino finì e tutti si erano già seduti ai loro tavoli. Solo io e Noah eravamo rimasti in piedi, senza rendercene conto. Scoppiammo a ridere, cercando di non sentire tutti gli occhi puntati su di noi, e ci accomodammo al nostro tavolo.

Dopo un paio di secondi arrivò un cameriere con un'enorme ciotola di gelato e me la mise proprio sotto i miei occhi. «Prego, signorina» disse prima di tornare alla sua postazione.

Non mi mossi. Avevo la bocca completamente spalancata per lo stupore. Alzai lo sguardo e vidi Noah che mi guardava, ridendo sotto i baffi. Mi stava facendo una foto per ricordarsi di quel momento, o forse era meglio dire della mia faccia.

«È opera tua questa, immagino» constatai.

Alzò le mani fingendo di non sapere nulla, e io gli tirai un'occhiataccia che però non ebbe l'effetto sperato. Mi alzai e andai da lui. Mi abbassai leggermente con il busto e gli diedi un bacio sulla guancia, sorridendo e ignorando tutti gli sguardi dei commensali curiosi.

Noah

«È ora di andare a nanna» dissi, prendendola per mano. «Domani abbiamo il volo presto.»

Uscimmo dalla sala e feci l'occhiolino al cameriere che aveva portato il gelato ad Arya, la quale aveva ben apprezzato, visto che aveva lucidato tutta la ciotola. Ci dirigemmo verso l'ascensore e, mentre aspettavamo che arrivasse al piano terra, la presi per i fianchi e la attirai a me. «Questo vestito ti sta sempre una favola» ammisi sulla punta del suo naso.

Arya si schiarì la voce e nel frattempo le porte dell'ascensore si aprirono. Entrammo, schiacciai il bottone che segnava il nostro piano e poi tornai a concentrarmi sulla bellissima ragazza che avevo al mio fianco.

La abbracciai da dietro e chiusi gli occhi per annusare il suo buonissimo profumo alla vaniglia. Arya appoggiò il suo corpo al mio, ma notai che fu un gesto quasi involontario. Le misi le mani sulla pancia e gliela accarezzai piano. Le sfiorai il collo con le labbra e con il respiro. Le venne la pelle d'oca e quelle mi fece capire l'effetto che le facevo.

Le porte si riaprirono e andammo nella nostra stanza che ci stava aspettando. Quando la serratura scattò, capimmo di avere via libera. Eravamo solo io e lei in quella stanza con una particolare tensione nell'aria.

Notai che Arya si era completamente fermata in mezzo a quelle quattro mura e non si girò nemmeno. Mi avvicinai molto lentamente per paura della sua reazione e ripresi da dove mi ero interrotto. Le circondai la vita e feci aderire il suo corpo al mio. Le baciai il collo e poi le spalle, lasciando una scia rovente sulla sua pelle.

Arya finalmente si voltò verso di me e non perse tempo: mi diede un bacio da capogiri. Le nostre labbra si scontrarono, le nostre lingue si intrecciarono, i nostri corpi si annodarono l'uno all'altro e le nostre anime seguirono il loro esempio.

Piano piano facemmo qualche passo indietro, fino a quando le sue ginocchia non toccarono il bordo del letto. Molto lentamente le feci inarcare la schiena e si sdraiò.

Continuai a baciarla sulla bocca e intrufolai la lingua al suo interno ancora una volta, incitandola a seguire il mio ritmo. Arya mi mise le mani nei capelli, accarezzandomi piano la nuca, e divaricò leggermente le gambe per farmi più spazio.

«Così mi farai impazzire» ammisi con il fiato corto.

Si immobilizzò. Si guardò attorno. Poi si rese conto della posizione in cui eravamo.

«No!» esclamò.

Non feci nulla. Rimasi lì a vedere come si sarebbe evoluta la situazione.

«Ti ho detto di no. Lasciami andare» continuò, dimenandosi sotto di me.

Le bloccai i polsi sopra la sua testa e la guardai negli occhi, terrorizzati. «Arya, sono fermo, sei tu quella che si sta muovendo» le feci notare.

«Non voglio che mi tocchi» ordinò con voce roca e fredda.

«Ti sto solo riportando alla realtà, non ti sto toccando contro la tua volontà» dissi per rassicurarla.

«T-tu... I-io.... N-non...» balbettò, senza nemmeno capire cosa stesse dicendo.

«Vuoi anche oggi la mia maglietta per dormire?» domandai per cambiare discorso, ma anche perché in quei casi bisognava farla pensare ad altro, altrimenti sarebbe finita con la mente in un mondo parallelo.

Annuì.

In quel momento capii che lei si aspettava di doversi difendere dopo aver detto quel no, ma io avevo fatto ciò che mi aveva detto: mi ero fermato.

Cosa le era successo con quel famoso Adrian?

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