Capitolo 33 (parte uno)
Noah
Il padre di Arya ci accompagnò all'aeroporto e si assicurò che Arya salisse sull'aereo prima di andarsene e tornare nella sua dimora. Si vedeva davvero tanto che le volesse un mondo di bene, altrimenti non sarebbe rimasto lì anche a salutarci dalla vetrata principale.
Arya si addormentò sulla mia spalla e la abbracciai. A un certo punto la svegliai per farle vedere le nuvole fuori dal finestrino che erano in contrasto con la luce del sole e assumevano un colore spettacolare. Ce n'era una che sembrava un orso e Arya mi prendeva in giro perché mi piaceva osservarle.
«Lo sai che sei un bambino, vero?» mi chiese, accarezzandomi la guancia con un accenno di barba.
«Me l'hai detto talmente tante volte, come faccio a dimenticarlo?» ribattei, guardandola negli occhi.
Rise, abbassando lo sguardo. «Noah, posso chiederti una cosa?» Annuii. «Perché hai voluto farmi questa sorpresa?»
«Così hai un motivo in più per fidarti di me e anche perché è da parecchio tempo che non vado al mare.» spiegai. «E con te andrei in capo al mondo.»
Schiuse le sue labbra carnose e rosee e mi guardò leggermente scioccata. «Davvero?»
«Sì, davvero. Sono felice di passare tre giornate intere insieme a te.»
Sorrise. «Anche io» sussurrò pianissimo, pensando che non la potessi sentire.
Le diedi un bacio a stampo e nel momento in cui la mia bocca toccò la sua un brivido mi scese lungo la schiena. Ogni volta che posavo le labbra sulle sue era come se fosse la prima volta. Ogni gesto, ogni momento, ogni profumo, ogni centimetro del suo corpo erano da esplorare e più secondi passavano, più trovavo raffinatezze.
Poi la abbracciai, sentendo il suo profumo alla vaniglia invadermi le narici, soprattutto quella dal suo lato e ringraziai il cielo per quel dono fenomenale.
Arya si accoccolò sul mio petto e la osservai di sottecchi per il resto del viaggio, mentre cercava di non pensare al suo famosissimo spazio vitale invaso in ogni sua parte.
Dopo alcune ore in aereo arrivammo vivi e vegeti e andammo nell'hotel che avevo prenotato con un taxi.
Arya mi prese per mano, sicuramente non per una sua iniziativa, ma perché aveva paura di perdersi. Gliela strinsi leggermente, perché anche io non avrei voluto perderla. Poi come avrei fatto a trovare una persona come lei? Non era possibile.
Alla reception ci comunicarono subito che la nostra camera era già pronta, quindi andammo a mangiare qualcosa per pranzo. Ci accontentammo di un po' di frutta di stagione e di un sandwich farcito con prosciutto, funghi e una salsa che mi ricordava la maionese.
«Vuoi fare un riposino?» domandai, mentre sistemava le valigie. «Abbiamo fatto un po' di ore di volo...»
Scosse la testa. «Ho dormito tutto il tempo in aereo, direi che non ho bisogno neanche di un secondo in più di sonno oggi.»
Mi avvicinai a lei, che nel frattempo si era alzata, e la abbracciai per la vita. Lei mi circondò le spalle con le sua braccia esili e mi guardò negli occhi.
«Mi fai una promessa?» provai.
«Dipende...»
«Godiamoci questa vacanza senza pensare al passato o al futuro ma solo al presente» annunciai.
«Lo sai che mi stai chiedendo di fare una cosa di cui non sono capace...» ribatté, abbassando lo sguardo sul mio petto.
«Infatti so che per te è complicato e lo comprendo perfettamente, ma almeno promettimi che ci proverai. Poi se non ce la fai, fa lo stesso, ma l'importante è proprio che tu ci abbia provato.»
«Dici?»
«Sì, lo dico. Ora forse è meglio che ti cambi perché andremo a fare una passeggiata io e te» le comunicai.
«C'è davvero molto caldo qui» ammise. «Speriamo che Agatha l'abbia fatta bene questa valigia.» Si staccò da me e frugò tra le sue cose. La vidi spalancare gli occhi perché sicuramente sua sorella ne aveva combinata una delle sue. Decisi di distrarla per non farla pensare a tutti gli scenari possibili e immaginari che stavano per affollare la sua testa. La afferrai all'improvviso e me la caricai sulle spalle.
«Noah! Lasciami andare subito!» mi ordinò, tirando un gridolino, perché non si aspettava quella mossa. «Noah!» esclamò, tentando di corrompermi, ma non la ascoltai. «Devo cambiarmi.»
«Anche io dovrei farlo» dissi, lasciandola cadere dolcemente sul letto.
Mi posizionai tra le sue gambe e iniziai a baciarle tutto il viso. Cominciai dalla fronte per poi arrivare al naso e alle guance arrossate. Mi staccai leggermente per darle il tempo di riprendere fiato e poi feci posare le mie labbra sulle sue. Fu un bacio che aspettavamo entrambi da molto tempo.
Era il destino che lo voleva.
Mi attirò a sé, ma poi si sentì in trappola, infatti mi allontanò. «Dobbiamo muoverci, altrimenti viene sera e siamo ancora qui» trovò una scusa e gliela concessi.
*
Arya si era vestita con dei semplicissimi jeans corti e una maglietta bianca dalle maniche corte per far risaltare il colore fluorescente del top che aveva messo sotto.
Decisi che era troppo distante, così prima intrecciai le dita con le sue e poi quando capii che non mi bastava quella vicinanza le misi un braccio sulle spalle.
«Dove stiamo andando?» chiese curiosa.
«In centro perché, guarda là», indicai in fondo della strada, «ci sono delle bancarelle fantastiche.»
Proseguimmo per il resto della via e mi misi gli occhiali da sole, altrimenti non sarei riuscito a guardare Arya. Lei fece lo stesso, perché il sole splendeva alto nel cielo. Mentre la guardavo, andai addosso a una povera signora che quasi cadde a terra. La aiutai a rimanere in piedi e mi scusai per almeno quattro volte per esserle andato addosso.
«Oh, giovanotto, non ti preoccupare, è facile distrarsi con una fidanzata bella come la tua» mi rispose e io arrossii.
Arya nel frattempo se la stava ridendo sotto i baffi e per poco non mi unii a lei. «Grazie, signora» la ringraziò, sorridendole.
Salutammo quella signora gentilissima e Arya mi sussurrò qualcosa all'orecchio. «Abbiamo fatto una figuraccia.»
«Abbiamo? Sono stato io a fare la figura, non tu!» esclamai divertito.
«Sì e mi hai fatto morire dal ridere» mi prese in giro, sfiorandomi l'avambraccio involontariamente, ma quello bastò per farmi scendere un brivido lungo la schiena.
«Ti sei beccata dei complimenti» le feci notare.
«L'ha detto solo per non rendere ancora di più imbarazzante la situazione» constatò.
«Io lo penso davvero» dissi, avvicinandomi alla sua figura.
«Non vale: tu sei di parte» ribatté.
«Non posso farti un complimento sincero?» chiesi.
Scosse la testa. «Non mi piacciono i complimenti delle persone...» lasciò la frase in sospeso.
«Vuoi dirmi il perché?» tentai.
«Non credo ti possa piacere questa storia» affermò, come tutte le volte che cercavo di scoprire qualcosa del suo passato.
«Va bene» concessi.
«Siamo arrivati» asserii dopo aver fatto ancora un po' di metri.
«Wow! Ma questo posto è bellissimo!» esclamò Arya, fermandosi in mezzo alla strada.
«Visto? Cosa ti avevo detto?»
«Avevi proprio ragione» considerò, con aria affascinata.
«Ti sei sorpresa vedendo solo delle semplici bancarelle, pensa quando ti porterò a cena.»
«Perché?» domandò, tornando a guardarmi. «Dove andiamo?»
«Non posso dirti le sorprese, Principessa» dissi, dandole un bacio sulla guancia.
Con Arya dovetti fermarmi a ogni singola bancarella per vedere le cianfrusaglie che vendeva. Era come se fosse in mezzo al suo habitat naturale.
Pensai che almeno avesse dei nuovi spunti per scrivere i suoi testi che volevo assolutamente leggere. Avevo letto alcune pagine, senza che lei lo sapesse, e mi avevano incuriosito tantissimo.
-
«Papà, ma poi ha scoperto che avevi letto le sue storie?» chiede Henry con i baffi di latte sul viso.
«Non gliel'ho mai detto, quindi deve essere un segreto» dico, pulendolo con un fazzolettino.
«Secondo me avresti dovuto confessarlo. Lei non si sarebbe arrabbiata, è una persona buonissima.»
«Lo so che è molto buona, ma non potevo dirglielo» gli rispondo.
«Va bene, rimarrà un nostro segreto» si convince e mi avvicina il mignolo per farmi una promessa.
«Brava scimmietta» lo encomio.
-
Alle bancarelle presi un piccolo pensiero ad Arya, ma non glielo dissi altrimenti mi sarei buttato la zappa sui piedi da solo. La portai in un ristorante in riva al mare e, da bravo gentiluomo, le sistemai la sedia.
Mi sedetti al suo fianco e non davanti a lei, perché odiavo stare dal lato opposto a dove si trovava lei. Ma forse era anche una scusa per guardarla negli occhi perché ci avrei scommesso qualunque cosa: lei sarebbe rimasta con lo sguardo imbambolato sull'acqua del mare che rifletteva le luci della locanda.
Un cameriere abbastanza giovane ci portò i menù e osservai Arya, mentre leggeva attentamente ogni piatto che ci fosse scritto sopra. «Tu cosa prendi? Sembra tutto così buono qui...»
«Guarda che non ci sono i gusti del gelato» la presi in giro e l'unica cosa che ottenni fu un pugno sulla spalla.
«Ehi!» esclamò, diventando seria. «Non toccare l'argomento gelato. A proposito, qui ce l'hanno, vero?»
«Basta che leggi il menù» continuai, cercando di non ridere ma era veramente troppo complicato. Basta vedere la sua espressione per scoppiare a ridere a crepapelle. «Ma, purtroppo, non ce l'hanno il gelato qui.»
«Uffa» piagnucolò. «Allora prendiamo il dolce.»
«Va bene, però credo sia meglio iniziare da qualcosa di più sostanzioso...» ribattei. «Ti piace il filetto di manzo?»
«Sì.»
Il cameriere tornò da noi e ci chiese se avessimo scelto cosa mangiare. «Certo. Due filetti di manzo a una cottura media con un contorno di patate» parlai anche per lei. «E come dolce... sceglie lei.»
Arya si stupì e socchiuse leggermente la bocca. Poi tornò a leggere velocemente la lista di dolci che offrivano e decise, dopo un'attenta riflessione. «La cheesecake alle fragole.»
«Molto bene. Cominciano a preparare tutto subito» rispose il cameriere, prima di andare in cucina a portare le nostre ordinazioni.
«Dopo andiamo a fare una passeggiata sulla spiaggia?» chiese Arya, mangiando dei grissini per ammazzare la fame.
Annuii. «Stavo per chiedertelo io» ammisi. Era vero. Avrei voluto darle la collana che le avevo comprato proprio quando eravamo da soli. Non c'era bisogno di esternare il nostro rapporto ai commensali. E nemmeno agli altri. Secondo il mio modesto parere, qualsiasi cosa tra me e Arya, se vissuta attraverso i riflettori e gli occhi indiscreti delle persone attorno a noi, sarebbe potuta diventare una delle storie d'amore più belle di sempre.
Notai che la candela al centro del nostro tavolo si era spenta e la riaccesi con l'accendino che avevo nella tasca. Arya mi guardò, inarcando leggermente il sopracciglio destro, e sorrise, forse senza rendersene conto.
«È da tanto che non fumi» disse, toccandosi le gambe nervosamente.
«Fumo tutti i giorni in realtà...»
«Con me non lo fai più» appurò.
«Può essere...» rimasi vago. «Non ne sento la necessità quando sono insieme a te.»
«Quindi... stai cercando di ringraziarmi?»
«No, non ti sto ringraziando. Ti sto solo dicendo che con te non ho bisogno delle sigarette, perché mi basti tu» confessai dolcemente.
Le sfiorai le dita in modo delicato. La nostra pelle andò a fuoco contemporaneamente e lei si morse un labbro senza accorgersene proprio per quella strana ragione.
Nel frattempo arrivò un altro cameriere a portarci i nostri piatti e dovetti lasciarla andare, ma avremmo rimediato durante la passeggiata.
*
Presi nuovamente Arya per mano, uscendo dal ristorante, e ci allontanammo da quello splendido locale insieme. Sulla spiaggia a quell'ora non c'era anima viva, perché si era già fatto un po' buio e la maggior parte delle persone era a cena. Potemmo goderci degli attimi spettacolari. Non successe nulla di così emozionante, a dire il vero, ma solo il fatto di passare del tempo con lei lo era.
«Allora... Cosa mi dici di questa serata?» domandai, preparandomi mentalmente a darle la collana che le avevo preso.
Arya si fermò nel bel mezzo della spiaggia e mi guardò, sorridendo. Decisi di prenderla per i fianchi e la attirai a me. Le passai l'indice sulle braccia scoperte e avvicinai il mio viso al suo, facendole venire la pelle d'oca. Il suo respiro accelerò all'improvviso e schiuse le labbra per respirare meglio. Gliele osservai diligentemente e poi gliele sfiorai con il pollice, un gesto che fece dannare me in primis.
«M-molto... carina» rispose, balbettando, sicuramente per la mia vicinanza fisica e mentale.
«Ho una sorpresa per te» dissi in un sussurro.
«Un'altra?» chiese, stupita.
Misi le mani nella tasca dei pantaloni e tirai fuori una piccola bustina rosso acceso e sfilai ciò che c'era al suo interno: la collana. Era davvero speciale, perché aveva un ciondolo che mi aveva ricordato lei dal primo momento che l'avevo vista: una corona.
«La corona per la mia Principessa» stabilii, porgendole quel dono.
«Wow! Noah... Io... non so che cosa dire...» affermò, spalancando la bocca alla veduta di quella collana, o forse è meglio dire di quel ciondolo.
«Non c'è bisogno che tu dica nulla» la rassicurai perché si sentiva sicuramente in debito, conoscendola.
All'improvviso me la trovai addosso. Mi abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo e quasi mi soffocò. Mi diede un bacio sulla guancia, in modo estremamente delicato, e poi me la accarezzò amabilmente. Si sporse poi verso il mio viso e ne approfittai per rubarle un bacio appassionato. Trasferì la mano sulla mia nuca e mi attirò ancora di più a sé, ma poi si ritrasse, giusto il minimo necessario per poter respirare. La soglia del suo spazio vitale con me.
«Voltati, così te la metto» spezzai quel momento di imbarazzo che si era creato.
Si voltò dandomi le spalle e si raccolse i capelli biondo platino nel palmo della mano. Le agganciai la catenella dopo svariati tentativi, perché era molto sottile e di conseguenza difficile da allacciare, e quando si girò me la caricai sulle spalle.
Gesto inaspettato, reazione inaspettata.
«Noah! Ma cosa stai facendo!?» esclamò, urlando. Risi sotto i baffi. «Lasciami andare immediatamente!»
«Per favore» aggiunse, cercando di corrompermi con le buone maniere.
Arrivai alla riva e la rimisi sulla terraferma. Si sistemò i capelli perché sembravano quelli di uno spaventapasseri, ma non glielo dissi altrimenti mi avrebbe tirato uno dei suoi pugni, che facevano molto male. «Tu sei completamente fuori di testa!»
«Non ho mai detto il contrario...» affermai, ridendo un po', apposta per darle fastidio.
«Togliti le scarpe» dissi poco dopo averla lasciata andare.
«Perché dovrei togliermi le scarpe, scusa?» chiese, guardandosi attorno e toccandosi la fronte.
«Fidati di me.»
«Non mi piace per niente l'idea di fidarmi di te» ammise.
«Lo so, ma questa volta puoi cavartela anche da sola. Facciamo il bagno» annunciai.
«A quest'ora? Ho capito che qui c'è caldo, ma il bagno a quest'ora non credo sia una buona idea» ribatté.
«Avanti, vieni con me» dissi, prendendola per le mani, e mi avvicinai all'acqua dopo essermi tolto le scarpe e i calzini. «Non ti succederà nulla, al massimo quando torniamo a casa ti verrà un raffreddore...»
«D'accordo, ma... stiamo vicino alla riva»acconsentì.
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