Capitolo 3

Arya

L'unica cosa che sentivo quella mattina era la sveglia che non voleva spegnersi e poi capii che si era inceppata.

Grandioso, sarei dovuta andare a prenderne una nuova nel pomeriggio senza contare tutte le cose che avevo da fare: studiare, aiutare il nonno e i miei genitori nel campo e uscire con Cassie.

Presi il telefono che avevo appoggiato sul comodino perché dopo la chiamata della sera prima con Cassie era completamente scarico. Mi alzai dal letto e misi la sveglia sotto il cuscino, almeno l'avrei sentita di meno. Mi cambiai velocemente e andai di sotto per fare colazione.

Non c'era nessuno nonostante fossero circa le sette del mattino perché erano già tutti operativi nei campi come minimo da mezz'ora. Il campo era vasto e bisognava lavorare sodo, se volevamo guadagnare per vivere.

Andai nel pollaio a prendere le uova e notai che mancava una gallina. Dove diamine poteva essere finita? Ci mancava solo quella e non sarei andata a scuola finché non l'avrei trovata. La cercai nel recinto e sotto quelle piccole tettoie che avevamo fatto io e papà per proteggere le galline dalla pioggia, ma di lei nessuna traccia. Allora andai di nuovo dentro al pollaio e la trovai lì, seminascosta sopra un ferro che sporgeva dalla parete in alto vicino al tetto.

Ma come aveva fatto a salire fino lì sopra?

La presi fra le mani e la adagiati sul terreno umido. Tornai dentro casa con le uova e le misi sul tavolo, così mia madre le avrebbe potute pulire, controllare e vendere.

Aprii il frigorifero e presi il cartone del latte, poi passai a prendere i biscotti e mi sedetti a tavola. Versai un po' di latte nella mia tazza e aprii il sacchetto di biscotti. Ne presi uno e lo inzuppai nella ciotola finché non diventò un po' mollo. Lo tirai su e lo mangiai.

Dopo averne mangiati tre o quattro, guardai l'orologio e capii di essere in un ritardo stratosferico. Misi velocemente tutto al suo posto, presi lo zaino in fretta e furia e uscii di casa correndo altrimenti avrei perso l'autobus e non sarei arrivata a scuola.

Quando giunsi alla fermata avevo il fiatone e l'autobus per fortuna si era appena fermato.

«Ti stavo aspettando, Arya» disse l'autista, dato che ormai sapeva che, con tutte le cose che avevo da fare, spesso mi facevo le mie corse mattutine. «Questa mattina pensavo non venissi più.»

«Grazie per avermi aspettato, non posso permettermi assenze quest'anno.» Mi sedetti al posto più vicino al suo, dato che non c'era praticamente nessuno sopra, e finii di chiacchierare con lui.

«Sei al quinto anno, giusto?»

«Già» sbuffai.

Ero contenta di essere arrivata alla fine di quel percorso soprattutto perché i miei compagni non mi calcolavano per niente, ma grazie a Cassie quella solitudine non era per niente un punto debole.

«Vedrai che la strada verso il diploma sarà liscia come l'olio, tanto sei bravissima a scuola.»

Dopo aver finito di scambiare quattro chiacchiere con l'autista, come ormai consuetudine, mi trasferii a fianco del finestrino. Cercai nello zaino le cuffiette e ascoltai un po' di musica, guardando fuori da quel finestrino con ancora un po' di gelo adagiato sopra.

Ero talmente persa nei miei pensieri che mi accorsi dell'arrivo della mia migliore amica. «Arya, sono qua da cinque minuti e nemmeno mi stai ascoltando» mi rimproverò una voce. Alzai leggermente la testa e vidi Cassie al mio fianco che mi guardava con due occhi completamente spalancati. «Terra chiama Arya, ci sei o sei morta?»

Da quanto è qua a parlarmi? Ma, soprattutto, da quanto non la sto ascoltando?

«Scusami, stavo ascoltando la musica.»

«Ho notato.»

*

La prima campanella suonò appena io e Cassie scendemmo dall'autobus. Andammo di corsa in aula, visto che la nostra professoressa di inglese ci avrebbe segnato un ritardo se entravamo un secondo dopo lo scoccare della seconda campanella.

Nemmeno fossimo Cenerentola.

«Buongiorno, professoressa» la salutai cordialmente, entrando dalla porta e Cassie la chiuse alle nostre spalle visto che tutti i nostri compagni erano già al loro posto.

«Siete in ritardo questa mattina, posso sapere il motivo?» ci prese subito di mira.

«L'autobus era un po' in ritardo per via del gelo.» Cassie giustificò per entrambe il nostro ritardo breve.

«D'accordo, per questa volta non vi metto il ritardo, ma che sia l'ultima per quest'anno. Chiaro?»

Annuimmo e cominciammo a tirare fuori dallo zaino l'astuccio insieme al libro e il quaderno.

Dietro di me sentii qualcuno toccarmi la schiena e iniziai a sudare freddo per quel tocco improvviso. Mi girai con il busto e vidi Simon che mi guardava con occhi preoccupati.

Simon era un ragazzo che avevo conosciuto al primo anno e fin da subito avevamo instaurato un bellissimo rapporto. Mi faceva molta tenerezza delle volte e gli volevo un mondo di bene.

Si tolse gli occhiali e mi parlò a bassa voce per non farsi sentire dalla professoressa, che si stava dirigendo verso la lavagna per appoggiare il gessetto che prima aveva sulla cattedra. «Hai fatto i compiti?»

«Certo, ti mando la foto.» Sorrisi.

Simon era un genio della tecnologia e spesso mi parlava di argomenti di cui non sapevo nemmeno l'esistenza. Proprio per quel motivo spesso si dimenticava di fare i compiti, perché si perdeva alla scoperta del mondo della tecnologia.

«Grazie, non so cosa farei senza di te» ammise.

«Non faresti nessun compito senza di me.» Risi elui mi toccò la spalla con delicatezza.

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