Capitolo 29 (parte uno)
Arya
Io e Noah avevamo deciso di fare qualcosa di molto tranquillo in modo che mia madre non si preoccupasse per me. La cena era stata un po' imbarazzante, come quella che era avvenuta con suo padre, ma lo aiutai per solidarietà.
Agatha e il nonno erano sempre rimasti dalla mia parte e avevano assecondato ogni mia mossa o risposta. Li ringraziai varie volte con uno sguardo e mi segnai che avrei dovuto sdebitarmi con loro in qualche modo.
Dopo cena decidemmo di vedere un film. Ci mettemmo seduti comodamente sul divano del salotto e Orgoglio e pregiudizio era il film che avevo scelto. Noah alzò il braccio per abbracciarmi e mi accoccolai sul suo petto, nascondendomi dagli sguardi indiscreti alle nostre spalle.
Stavamo finendo i pop-corn che aveva fatto Agatha quel pomeriggio e ogni volta che ne prendevo uno, Noah faceva la stessa cosa. Le nostre mani continuavano a sfiorarsi involontariamente e dentro il mio stomaco sentivo crescere delle strane bollicine frizzanti.
Pensai che eravamo usciti allo scoperto e non c'era nemmeno andata male: mia madre era titubante, ma sapevamo entrambi che prima o poi avrebbe ceduto.
Noah mi riportò alla realtà quando mi diede un bacio sulla fronte e alzai lo sguardo un po' intontita. «A cosa pensi, Principessa?» chiese. «Non stai guardando per niente il film. Non ti piace?»
«Mr Darcy è un uomo particolarmente arrogante in principio» spiegai.
«E quindi non guardi l'inizio del film?» domandò, scoppiando a ridere.
«Ehi! Non prendermi in giro. Tu non hai mai visto il film, vogliamo parlare di questo?» ribattei, tirandogli un buffetto sulla spalla.
«Va bene, hai vinto tu» concluse. «Ma in realtà mancano quindici minuti alla fine del film.»
«Arya» mi chiamò mia madre dietro di noi, «noi andiamo a dormire» comunicò.
«Va bene.»
«Non state svegli fino a tardi, mi raccomando» disse con fare di avvertimento. Mia madre, non si seppe come, era riuscita a convincere Noah a rimanere anche a dormire per quella notte, perché era scesa parecchia neve.
«Non ti preoccupare» la rassicurai. «Buonanotte.»
«Buonanotte» contraccambiarono lei e mio padre.
«Vuoi vedere la fine del film?» domandò Noah una volta che se ne furono andati tutti nelle rispettive camere.
«Più che altro tu devi assolutamente vederlo» puntualizzai. Ormai quel film lo sapevo molto più che a memoria. L'avevo visto si e no un centinaio di volte e non mi stancavo mai.
«Agli ordini, Principessa!» esclamò, cercando di darmi un bacio, ma mi girai prima che potesse farlo.
*
«Devo dormire insieme a te?» chiese Noah, girandosi verso di me quando finalmente il film era finito. «Oppure mi lasci il divano?» Lo guardai un po' indecisa e titubante. «Io preferirei la prima opzione» ammise spudoratamente, senza usare la sua solita vena sarcastica.
Ci pensai un secondo: il mio letto era abbastanza grande per entrambi e, anche se non avevo finito di mettere in ordine la stanza, avrei potuto accettare perché non avrebbe invaso il mio spazio vitale eccessivamente. «D'accordo» concessi dopo quella lunga riflessione.
Spensi il mio computer e lo lasciai in salotto. Poi cambiai idea visto che era ancora aperta la cartella del libro che stavo finendo di correggere, così lo portai su con noi.
Arrivammo in camera e sulle scale spiegai a Noah che i miei genitori e nonno Richard stavano al piano di sotto, mentre io e Agatha avevamo il privilegio di stare al secondo piano. Aprii la porta e andai a posare il computer sulla scrivania e raccolsi tutti i fogli che avevo lasciato sul letto per creare un'enorme pila sul mio minuscolo comodino. Attaccai il mio telefono al caricabatterie, visto che si era spento perché l'avevo usato tantissimo alla mattina per controllare la grammatica per quello che stavo scrivendo, e mi girai verso Noah che era ancora impalato davanti alla porta.
«Non credo tu voglia dormire così... Dovrei avere una vecchia tuta di mio padre nell'armadio, se vuoi puoi mettere quella» cercai di farlo sentire a suo agio.
«Vorrei mettermi i tuoi vestiti, ma credo di non avere la tua corporatura» mi prese in giro, sorridendo e alzando un sopracciglio. Mi piaceva quando faceva quell'espressione: era un po' imbarazzata, ma allo stesso tempo era fin troppo sincera. «Però mi posso accontentare dei vestiti che mi hai appena proposto.»
Aprii l'armadio e lui nel frattempo si spostò più vicino a me. Sentivo la sua presenza ustionarmi la schiena, ma mi concentrai nel cercare la tuta che mi aveva prestato mio padre.
«Può andar ben...» dissi, girandomi verso di lui e per poco non caddi a terra.
Noah si era tolto la felpa che indossava e anche la maglietta sottostante. Era rimasto a petto nudo nella mia stanza e i suoi occhi stavano brillando. Si avvicinò a me per prenderla e quando mi sfiorò la mano sentii un brivido glaciale scendere lungo la spina dorsale.
Iniziai ad ansimare. Mi accarezzò dolcemente la guancia e quel suo tocco non aiutò per niente la mia sanità mentale. Con l'indice scese lentamente lungo il collo e schiusi le labbra per respirare. Avvicinò il suo viso al mio mantenendo sempre un contatto visivo e si morse un labbro.
Sentii i nostri respiri fondersi in uno unico. Le nostre bocche si stavano sfiorando. Le nostre mano si cercarono. Mi attirò a sé e lasciò cadere per terra la felpa che doveva indossare.
«Perché scappi così tanto da me oggi?» sussurrò al mio orecchio.
La sua voce era tagliente.
Scivolava affilata lungo i timpani e in poco tempo raggiunse il mio cuore.
Lo fece vibrare, come se avesse preso la più potente scossa esistente sulla terra.
Cosa devo rispondere? Lui non mi aveva fatto nulla di male, anzi, era pure riuscito a conquistare mia madre. Come posso spiegargli di Adrian? Sarebbe scappato via e non mi avrebbe nemmeno più voluta guardare in faccia...
«È solo una brutta giornata» decisi di rispondere con lo stesso tono di voce.
Indietreggiò di un passo portandomi con sé e poi un altro ancora. «Perché hai passato un pomeriggio intero insieme a me?» Scossi la testa perché quelle ore insieme a lui l'avevano decisamente migliorata. «E allora per cosa?»
«Mi sono solo svegliata dalla parte sbagliata» mentii.
Posò le labbra sulle mie. Intrufolò la lingua tra i miei denti e mi baciò con passione. Appoggiò una mano sul fianco e mi attirò a sé. «Spero che non accada anche domani perché io sarò al tuo fianco...» mormorò, staccandosi leggermente. Si sedette sul mio letto e spostò il peso sulle braccia dietro di lui. Mi osservò dalla testa ai piedi e si morse il labbro inferiore.
Io rimasi letteralmente immobile: avevo troppa paura per fare un passo avanti.
Si tirò su e mi sfiorò le dita della mano più vicina a lui. «Ti fidi di me?»
«No» dissi senza nemmeno pensarci.
Aveva parlato la testa, non il cuore.
«Spegni il cervello. Ti fidi di me?» Chiusi gli occhi per un secondo e poi annuii. «Vieni qui» disse, indicando le sue gambe.
Feci un respiro profondo, ma le mie gambe non davano segni di vita. Avevo paura che Adrian tornasse ancora nella mia mente. Avevo paura anche di Noah, perché era imprevedibile.
«Non l'hai ancora spento del tutto» mi fece notare. «Ho promesso a tua madre che non farò niente che tu non voglia» aggiunse cercando di convincermi.
Annuii piano ancora una volta.
Noah mi prese per mano. Mi portò verso di lui e mi misi a cavalcioni su di lui. Si portò le mie braccia sopra le sue spalle e gli accarezzai la nuca con le dita. Si morse ancora una volta il labbro e mi guardò negli occhi, sorridendo.
«Non avere paura» mi rassicurò. «Posso baciarti?»
Mi aveva appena chiesto il permesso per un gesto che faceva quasi senza rendersene conto. Si sente bene? Io no, per niente.
«S-sì...» gli permisi.
Fece scontrare di nuovo le nostre labbra. Era un bacio armonioso, senza vincoli. Mi attirò a sé ancora di più e lo sentii gemere quando mi aggrappai a lui per non cadere dal letto. In fondo sarebbe stata anche colpa sua se avessi sbattuto le natiche contro il pavimento, visto che si era messo proprio sul bordo, quando c'era un intero letto a disposizione. Ma dettagli.
Le sue dita si infilarono appena sotto il bordo della felpa che mi aveva prestato per uscire quel pomeriggio e con i polpastrelli mi sfiorò la pelle.
Al suo tocco divenni rovente. Stavo andando letteralmente a fuoco.
Cominciò a lasciarmi una scia di baci delicati sulla mandibola e inarcai la schiena per l'effetto che mi stava provocando.
Mi stavo abbandonando a quelle sensazioni e non poteva succedere.
Il mio cervello stava per spegnersi.
«Non avere paura, Principessa» bisbigliò sul lobo del mio orecchio.
Il suo respiro caldo mi fece venire ancora di più i brividi e lo supplicai di non smetterla con un solo sguardo. Riprese a baciarmi il collo e la clavicola. Mi alzò leggermente il bordo della felpa e mi accarezzò la pancia dolcemente.
«Noah...» ansimai.
«Sono qui» mi rassicurò.
«Ho paura» ammisi, sentendo tutti i muscoli irrigidirsi.
«Sconfiggila» ordinò.
«Non sono capace» dissi, chiudendo gli occhi, mentre Noah continuava ad accarezzarmi la pelle nuda.
«Ci sono io al tuo fianco» mi incoraggiò. Mi prese la mano e se la strinse al petto, proprio sopra al cuore. «Devi distruggere i ricordi negativi.»
Ma lui non aveva proprio idea di cosa io stessi parlando.
Non avrei mai potuto cancellare quello che mi aveva fatto Adrian.
Era impresso come un marchio a fuoco: non sarebbe mai andato via.
Sarebbe rimasto segnato sulla mia pelle per sempre per ricordarmi ciò che accadeva se non ero in grado di prevedere le mosse altrui.
«Per oggi va bene così» si arrese. «Hai fatto un passo avanti e sono contento.» Abbozzai un lieve sorriso, mentre le mie mani iniziarono a tremare. Le prese nelle sue e mi osservò il viso, dopo avermi sistemato una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Io non so cosa tu abbia passato, ma sicuramente non è stato facile da superare e soprattutto da affrontare. Però voglio dirti una cosa: dentro di noi le cose non torneranno mai come prima, ma si impara a vivere con il dolore e ti posso assicurare che in alcuni casi può diventare pure il punto di forza più grande che hai.»
«Lo dici solo perché non hai vissuto quello che ho vissuto io» replicai.
«Non è vero, lo dico perché credo nelle mie parole»ribatté.
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