Capitolo 28 (parte uno)
Noah
L'avevo portata a fare una passeggiata in riva al lago. C'era il vento pungente che passava attraverso i vestiti e si infilava nei punti più improbabili, facendoci rabbrividire. Era pieno inverno d'altronde, ma in quei posti non aveva mai gelato così tanto.
Pensare che avevano previsto pure la neve, però non la si vedeva da anni. Era così ogni stagione invernale: la neve era prevista sotto le feste di Natale oppure nel mese di gennaio, ma poi il cielo era sempre sereno. Non avevo più visto un fiocco di neve da quando mia madre era morta. E un po' mi dispiaceva: era come se con lei se ne fossero andati anche i fiocchi di neve. Quindi con il passare degli anni, crescendo, avevo smesso di sperare nella neve.
Però con Arya al mio fianco tutto era possibile.
In quel momento stavo tenendo per mano la mia amata Principessa e la osservavo mentre cercava di scegliere il gusto del gelato che avrebbe mangiato. Era così concentrata che in quel momento me la immaginai con la stessa espressione nello scrivere i suoi testi, le sue poesie, i suoi racconti che mi avevano colpito.
La porta che sbatté alle mie spalle mi riportò violentemente alla realtà e Arya prese paura. Si girò di scatto verso di me, stringendo la mia mano molto forte. La attirai a me e le diedi un bacio sopra la fronte. «Non avere paura, è solo la porta che ha sbattuto per il vento» la rassicurai e lei allentò un po' la presa.
Tornò a guardare la vetrina piena di gelati e la sua espressione pensierosa non mutò per niente: era la solita Arya che tentava invano di scegliere un gusto di gelato.
Cercai di capire su quale gusto si soffermava maggiormente il suo sguardo e poi decisi io per lei dicendo «Un cono alla stracciatella», altrimenti saremmo stati lì per anni o secoli addirittura. «E per me invece uno all'amarena.»
Arya mi guardò e sorrise sotto i baffi, sapendo che avevo fatto un gesto carino. Dopo aver pagato, uscimmo e tenni incollata la mano a quella di Arya. Camminammo un po' in riva al lago, come una coppia che stava insieme da anni.
Il rapporto tra me e Arya non aveva ancora assunto un significato preciso. Lei era un tipetto particolare. Si capiva lontano un miglio che odiasse qualsiasi persona del sesso opposto, come se tutti gli uomini fossero uguali. Non aveva ancora capito la diversità che era presente nel mondo: ogni essere umano era differente, soprattutto nel carattere. Se un uomo ti aveva spezzato il cuore, non voleva dire che il prossimo che avresti incontrato sti avrebbe fatto lo stesso. Era proprio questo che cercavo di dimostrarle quando passavo del tempo con lei.
«Non ho intenzione di condividere il mio gelato con te» precisò, come se il gelato fosse una cosa sacra per lei.
«Fa lo stesso» risposi, alzando le spalle. «C'è una cosa che desidero di più da quando sono venuto a prenderti a casa tua.»
«Cioè?» chiese curiosa.
Le feci fare una giravolta e poi la presi per la vita. La attirai a me e il suo corpo si scontrò contro il mio.
Chiudemmo gli occhi all'unisono. I nostri respiri diventarono pesanti. I cuori, invece, andarono sulla stessa frequenza cardiaca.
«Indovina» sussurrai.
Non le lasciai nemmeno il tempo di rispondere, perché posai le labbra sulle sue. Ci fu un'esplosione di colori, odori e sapori. Il mondo si fermò come nei film.
Il vento scompigliava i suoi capelli e glieli raccolsi nella mano libera dal gelato. Il suo profumo di vaniglia mi entrò in circolo ed era più forte del solito, perché lo aveva messo poco prima.
Le sue labbra sapevano di miele. Non andavo matto per quel gusto, ma con lei avrei potuto andarne in overdose in qualsiasi momento.
All'improvviso qualcosa di freddo mi cadde sul naso. Mi staccai da lei e quando ci guardammo intorno capimmo che aveva iniziato a nevicare.
Ma allora Arya fa i miracoli davvero! Oppure era mia madre che voleva mandarmi dei segnali?
«Sta nevicando» constatò Arya, sorridendo come una bambina. «Sono anni che non nevica qui!»
«Eh già» risposi, non togliendo lo sguardo dal suo viso sorpreso.
Si girò verso di me e mi abbracciò in modo delicato. «Non ci credo» affermò.
«Nemmeno io» la assecondai prima di darle un altro bacio. «Finiamo la passeggiata sotto la neve.»
Annuì.
*
«Vieni dentro» disse Arya quando eravamo arrivati davanti all'entrata di casa sua. «I miei genitori devono ancora tornare e poi avrai preso freddo anche tu durante la passeggiata, quindi mi vorrei sdebitare. Dentro il calduccio del camino ci sta aspettando.»
«Va bene, Principessa» acconsentii, sapendo di non correre nessun pericolo.
Arya aprì la porta e trovammo sua sorella che stava guardando un film sul divano. «Ciao, ragazzi» ci salutò, non alzandosi dalla sua posizione comoda e contraccambiai con un segno di mano.
Arya andò a rubarle un paio di pop-corn, facendo finta di prendere qualcosa davanti al camino. «Ehi!» esclamò irritata.
«Cosa stai guardando?» le chiese Arya.
«The Vampire Diaries.»
«Dovevamo iniziarlo insieme! Ora mi tocca recuperare i primi episodi da sola» piagnucolò.
Ma se vuoi lo guardiamo insieme io e te a casa, pensai. Basta che passiamo ancora più tempo insieme perché senza di te mi manca il respiro.
«Ho visto solo metà del primo episodio, lo possiamo vedere domani pomeriggio visto che non lavori» propose.
«Va bene» le concesse, facendole una linguaccia. «Noi stiamo qui davanti al camino per scaldarci. A proposito, hai visto che sta nevicando?»
«Sì, mamma mi ha scritto un messaggio pochi minuti fa e dovrebbe tornare a momenti, quindi non fatevi beccare impreparati» disse, facendoci l'occhiolino. «Vado a portare il computer di sopra.»
Arya mi prese per mano e mi portò davanti al fuoco per scaldarci, anche se al suo fianco non ce n'era mai stato bisogno.
Arya
Davanti al camino Noah mi abbracciò. «Stai congelando» si giustificò.
In quel momento capii che non riuscivo proprio a stargli lontano. Era più forte di me: la sua presenza mi rendeva debole e inerme. E odiavo con tutta me stessa sentirmi in quel modo.
Non potevo perdere il controllo della mia mente, altrimenti avrei rivissuto da capo quello che avevo vissuto con Adrian e non poteva di certo accadere. Non ero impreparata: non lasciavo mai avvicinare nessuno fisicamente e, soprattutto, negli anni avevo imparato a difendermi e forse solo un pugile sarebbe stato in grado di stendermi.
Appoggiai le mani sul suo petto e lo lasciai fare, senza sentirmi in gabbia. «É vero, ho freddo» affermai, tremando come una foglia.
Noah allora mi strinse ancora di più a sé e sfiorò il suo naso con il mio. Il suo respiro caldo lo sentivo sulle labbra e quello bastò per far alzare la temperatura del mio corpo. Avvicinò le sue labbra alle mie pian piano e rimasi immobile. Si toccarono, si sfiorarono, ma lui stava aspettando il mio consenso.
«Arya!?» sentimmo all'improvviso.
Noah si staccò da me di colpo e io mi girai verso mia madre. Alle sue spalle c'era anche mio padre, che mi stava guardando senza capire cosa stesse succedendo, e nonno Richard, che si era già messo le mani nei suoi capelli bianchi. Dalla sua espressione, forse aveva perso anche un battito.
«Che cosa sta succedendo?» chiese, avvicinandosi a me. «Cosa ci fa lui a casa nostra?» Il tono che aveva usato mi aveva messo paura. L'unica volta che aveva alzato così tanto la voce era quando era venuta a sapere di Adrian ed erano passati un po' di anni.
Indietreggiai, ma lei non dava segnali di fermarsi. Quando mi trovai contro il muro, tutto tornò come un flashback.
Adrian era in quella casa.
Lui mi voleva fare del male.
Mi voleva seguire.
Le sue mani strette al mio corpo.
Lui che mi metteva in trappola.
Iniziai a tremare non per il freddo, ma per la paura. «Ho paura» ammisi in un sussurro.
Sentii qualcuno afferrarmi per le braccia e mi abbracciò. «Fai quello che ti ho detto l'ultima volta, concentrati sul battito del mio cuore.»
Era un bisbiglio.
Era la voce di Noah.
Chiusi gli occhi e mi concentrai solo sul rumore del suo cuore che batteva forte. Mi domandai se andasse così veloce solo in mia presenza o se batteva sempre in quel modo.
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