Capitolo 28 (parte due)

Sharon

Mia figlia aveva bisogno di me ma qualcuno, quell'istruttore, la abbracciò.

«Ho paura» sussurrò.

La sta aiutando a mantenere il controllo.

Vidi attraverso i miei stessi occhi tutti i passaggi per farla tornare sul pianeta Terra. Le sue mani tremavano, come quando avevamo scoperto cosa aveva fatto Adrian, e a momenti le sarebbero potute cadere a terra e non se ne sarebbe nemmeno accorta. Lui gliele prese e se ne appoggiò una sul cuore, sussurrandole qualcosa all'orecchio. Quel tremore scomparve dopo pochi istanti e io rimasi letteralmente scioccata.

A noi, la sua famiglia, ci occorreva anche mezz'ora alcune volte per tranquillizzare Arya e lui c'era riuscito in così poco tempo.

Ma cosa sta succedendo?

Mi avvicinai a lei e le presi la mano libera per farle sentire la mia presenza. «Sono qui» affermai. Dopo pochi secondi, quando il corpo di Arya smise di tremare completamente, aprì gli occhi. «Scusami, tesoro. Mi sono fatta prendere dalla paura anche io.» La abbracciai forte. «Mi dispiace così tanto...»

Non ero arrabbiata con Arya. Ero arrabbiata solamente con me stessa. Arya aveva sofferto già troppo in passato ed era anche mia la colpa. Non mi ero accorta di Adrian, della sua mente, di quello che le faceva e non me lo sarei mai perdonato.

Anche ora, a distanza di anni, c'era sempre qualcosa che mi diceva che dovevo proteggere mia figlia dagli uomini che le si avvicinavano e forse uno di quelli era proprio quell'istruttore di guida.

Non mi ero accorta neanche di quello che c'era tra di loro ed era una pessima cosa. Non gli avrei mai permesso di farle del male. L'avrei controllato giorno e notte fino a quando non fossi stata certa che non avrebbe mosso neanche un dito su di lei contro la sua volontà.

«Non ti preoccupare, mamma. Sono ancora viva...» mi rassicurò, ma i sensi di colpa non andarono via per niente.

«Nonno, papà, potete venire in camera mia? Mi servirebbe una mano perché si sta staccando dal muro una mensola e non vorrei prendermela in testa finché dormo» si intromise Agatha.

«Ci sediamo e ne parliamo?» chiesi, vedendo che nessuno dei due accennava a parlare e Arya annuì, tenendo lo sguardo fisso sul pavimento.

«Io...» intervenne il ragazzo.

«Vorrei che rimanessi anche tu, visto che la questione riguarda anche te e poi fuori sta nevicando veramente tanto, quindi non penso sia il momento di mettersi alla guida. Puoi rimanere a cena e poi in base a quanta neve sarà caduta, ti lasceremo andare a casa» dissi, contro la mia volontà.

Non ero per niente d'accordo alla vicinanza di quel ragazzo a mia figlia, ma l'aveva aiutata a non perdere il controllo, cosa che nessuno era in grado di fare al di fuori delle persone dentro quelle quattro mura.

Gli ero debitrice e forse non di poco.

«Oh... Grazie» rispose sorpreso.

«Sono pur sempre una mamma» dissi, sorridendogli. Era un sorriso un po' tirato, ma da un lato anche riconoscente.

*

Ci sedemmo sul divano: Arya si mise in mezzo, Noah al suo fianco e io al lato opposto. Le presi le mani tra le mie e la guardai negli occhi. Lei, invece, cercava di evitare il mio sguardo proprio come era successo con Adrian e mi dispiacque.

«Com'è successo?» domandai, con il cuore in gola.

Avevo bisogno di sapere com'era potuto accadere che un uomo le si fosse avvicinato. Non fraintendetemi: io ci tenevo molto a vedere mia figlia felice, ma non mi fidavo più degli uomini. Vivevo con la costante paura che un giorno potesse arrivare un altro Adrian che le facesse ancora del male, che me la portasse via. E non avrei potuto fare nulla per evitarlo.

Noah le accarezzò il ginocchio con i polpastrelli della mano e Arya iniziò a parlare con voce tremante. «Era la seconda guida, se non erro, quando avevo litigato con te e papà per via di una visita in ospedale del nonno. Non me l'avevate detto e io mi ero arrabbiata molto, tanto che a scuola guida c'ero andata a piedi, anche se era tardo pomeriggio e c'era già buio.»

«Che cosa? Ti avrebbe benissimo potuto accompagnare tua sorella!» esclamai, sentendo un po' della rabbia repressa crescermi nelle vene.

«Lasciami finire, altrimenti non ti racconto nulla» mi ammonì ancora prima che ricominciassi a parlare. «Lui mi ha aiutato a capire che in queste situazioni, arrabbiarsi peggiorava solo la questione. Mi ha suggerito di parlare con voi e così ho fatto. Infatti da quel giorno noi non abbiamo più discusso, non ci sono più segreti in famiglia e di questo sono davvero molto felice. L'unica cosa che ti ho tenuta nascosta riguarda me e Noah. Quando ti dicevo che andavo a dormire da Cassie... io uscivo per... stare con lui» ammise.

La terra aveva iniziato a tremarmi sotto i piedi.

Com'era possibile che non mi fossi nemmeno mai accorta di nulla? Era mai stato a casa nostra? Loro due... si frequentavano. Avevano almeno dieci anni di differenza, perbacco!

«Siete molto diversi, soprattutto per l'età» feci notare nella speranza che qualsiasi cosa ci fosse tra di loro finisse all'istante.

«Anche tu e papà siete due poli opposti, ma state insieme da più di vent'anni» ribatté, alzando finalmente gli occhi. Lo stava difendendo e in quel preciso istante capii quanto si fosse legata a lui. «Voi avete otto anni di differenza e la nonna e il nonno ne avevano addirittura dodici.»

«Erano anche tempi diversi» dissi, vedendo fino a che punto sarebbe arrivata nel difenderlo. Bastava solo metterla alle strette, per vedere quanto ci teneva a una determinata persona.

«Su questo ti dò ragione, ma anche la società è andata avanti, mamma. Non si fa quasi nemmeno più caso a questi dettagli. È come se ti venissi a dire che mi piacciono le ragazze, quale sarebbe il problema?»

Argomentazioni molto interessanti. «Nessuno.»

«Io e Noah siamo... solo amici» affermò, ma non ci credeva nemmeno lei.

Alzai lo sguardo per vedere l'espressione di Noah ed era la stessa identica di quella di Arya: stavano mentendo entrambi a loro stessi.

Mi sembrava un ragazzo sincero in fin dei conti e decisi di dargli una chance. Ma ne aveva solo una a disposizione; sarebbe stato meglio per lui che non la sprecasse.

E se col passare del tempo fosse arrivato il momento della disfatta, il momento di raccogliere i cocci del cuore di Arya?

«Se l'avete tenuto nascosto, immagino che anche per lui vada bene» conclusi in discorso, finendo di fare il suo lungo e stancante interrogatorio.

«Il mio lavoro purtroppo non mi permette di avere nessun tipo di rapporto con i ragazzi a cui insegno a guidare. In realtà non era neanche mai successo prima che conoscessi Arya, quindi l'unico modo per tutelare questo rapporto era nasconderlo agli occhi di tutti» spiegò Noah, che ne sapeva molto meglio in materia. «Che mi vada bene o no, questo è il vincolo del mio lavoro.»

«Capisco...» dissi, sospirando. «Puoi frequentare mia figlia, ma vi terrò d'occhio e se vedo che muovi una mano quando lei non vuole, avrai tutta la sua famiglia contro» lo avvertì, tirandogli un'occhiataccia per far intendere bene il concetto.

«Mai sfiorata senza il suo consenso» disse Noah,alza9ndo le mani in segno di pace.

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