Capitolo 23
Arya
Ero davanti all'armadio da ben tre ore. Non ero solita fare quelle cose, ma Noah mi aveva invitato a cena da suo padre e non potevo di certo presentarmi in pigiama! Sarei stata benissimo in grado di farlo, conoscendomi, ma dentro di me avvertivo il bisogno di fare bella figura.
Nel frattempo continuavo a chiedermi chi fosse più fuori di testa tra i due. Lui ad avermi chiesto di accompagnarlo a cena da suo padre, di cui non mi ricordo nemmeno il nome, o io ad aver accettato come un pesce lesso.
Non gli avevo nemmeno fatto finire la frase la sera precedente che gli avevo già risposto di sì. Non sapevo dove mi volesse portare, ma in fondo sarei pure potuta andare in capo al mondo con lui.
Sentii bussare all'improvviso alla mia porta e nascosi un vestito sotto le coperte per non destare sospetti se fossero stati i miei genitori. Non avevo detto niente a nessuno del fatto che uscissi con Noah, a parte a nonno Richard, che voleva essere informato su tutto, e Agatha.
«Avanti!» dissi, alzando un po' la voce. Nel frattempo mi guardai un po' attorno per controllare che non ci fossero altri capi eleganti in giro. Ma forse eleganti era per modo di dire.
Quando mi girai, tirai un sospiro di sollievo nel vedere mia sorella sul ciglio della porta. «Serve una mano?» si offrì.
Andai di corsa verso di lei e chiusi la porta a chiave per non far entrare più nessuno. «Non so assolutamente cosa mettermi» mi disperai, mettendomi le mani nei capelli.
«Te l'ho sempre detto di venire a fare shopping con me» mi rimproverò. «Ma bando alle ciance... Mettiamoci all'opera. Pensavi a qualcosa di elegante che valorizzi le tue forme o un semplice abbinamento con i jeans per il freddo?»
La guardai con una faccia che è meglio non vediate. Ero parecchio in difficoltà in quel momento. Non sapevo cosa mi stesse chiedendo, anzi, più che altro non sapevo davvero cosa mettermi! Peggio della scelta del gelato della sera prima. «Non so proprio cosa mi stia meglio, ma non credo comunque di avere vestiti adatti a questa serata. Sono sempre con i jeans o un paio di pantaloni della tuta, quindi opterei per qualcosa di semplice» spiegai.
«Io farei tutto il contrario. Stravolgi il tuo stile per una volta, devi fare bella figura con suo padre. Non capita tutti i giorni di andare a cena dal padre del proprio fidanzato» tentò di convincermi.
«Non è il mio fidanzato» puntualizzai.
«Mi vuoi per caso dire che non ti interessa? Vi mangiate con gli occhi voi due! Avervi visti due o tre volte insieme mi sono bastate per accorgermi della connessione che c'è tra di voi.»
«Dai Agatha, non dire sciocchezze» mentii pure a me stessa. Mi sedetti sul bordo del mio letto e lei mi seguì. Si mise al mio fianco e mi accarezzò una spalla.
«Le sciocchezze le stai dicendo tu in questo istante. Hai solo paura che lui possa essere come Adrian. Ma sai una cosa? Basta solo guardarlo negli occhi per capire che non farebbe del male nemmeno a un insetto» mi rassicurò. «Ho indovinato la tua paura?»
Annuii. «Io mi fido di lui» ammisi. «Ma non posso.»
«Non puoi? Si che puoi, sorellina. Tu puoi fare tutto ciò che vuoi, devi solo non pensarci troppo. Lo so come fai: pensi così tanto alle cose, che le occasioni fanno in tempo ad andarsene e girare il globo venti volte. Non ragionare, spegni il cervello. Segui il tuo cuore.»
«Se il mio cuore vuole seguire una strada sbagliata?» domandai.
«Devi porti la domanda: vale la pena rischiare? In questo caso, vale la pena rischiare per Noah? Per me sì e per te?»
«Non lo so...» risposi sinceramente.
«Non fare l'errore di credere che tutti siamo come Adrian» precisò, alzandosi dal letto. «Ora ti vado a prendere due miei vestiti che potrebbero essere perfetti per la serata con lui. Aspettami qua, ritorno tra due minuti.»
Tornò con due abiti bellissimi: il primo era un chemisier nero che arrivava fino alle ginocchia, vedendo la lunghezza, abbinato a una catena che avrebbe messo in evidenza il mio girovita. Il secondo, invece, era un abito blu elettrico con del pizzo nella parte superiore (troppo elegante per i miei gusti).
«Et voilà! Hai chiamato la migliore della famiglia per via di stile. Sono ai suoi servizi» disse, facendo un inchino.
Scoppiai a ridere e lasciai da parte tutto il mio armadio. «Proviamo questi vestiti!» esclamai entusiasta.
Provai quello blu elettrico, ma entrambe capimmo che non era adatto all'inverno: sarei morta di freddo, anche se fossi stata in casa. Quindi, optai per la prima alternativa. Lo indossai e mi guardai allo specchio per vedere come mi stava.
Agatha quasi scoppiò a piangere vedendo il risultato finale (che finale non era ancora). «Io metterei dei collant color carne in modo che tu non abbia freddo alle gambe e poi i tuoi soliti anfibi neri. Per una volta sono utili, visto?»
«Il nonno è in casa?» chiesi, mentre mi mettevo dei vecchi collant che avevamo trovato nell'armadio.
«Dovrebbe essere in salotto. Vuoi che lo vada a chiamare?»
«Sì, grazie.»
Nonno Richard arrivò dopo un po' di minuti. «Dov'è la mia signorinella che deve uscire con un ragazzo?» Si fermò sulla porta e mi guardò dalla testa ai piedi con stupore. «Arya» balbettò, rimanendo a bocca aperta. «Sei bellissima! Sono anni che non ti vedo con un abito così elegante.»
«Ti piace?» domandai preoccupata, ma forse la preoccupazione più grande era fare bella figura con il padre di Noah.
Si avvicinò e mi prese le mani tra le sue con affetto, come faceva quando ero più piccola. «Se mi piace? Sono convinto che quando Noah busserà alla porta, potrebbe svenire solo guardandoti!» esclamò entusiasta. «E poi devi stare tranquilla, perché sei molto educata e farai una bellissima figura» mi rassicurò. «Credi un po' di più in te stessa per una buona volta.»
«Basta che ti comporti in modo naturale, come fai sempre. Tanto Noah lo hai conquistato in un batter di ciglia, suo padre in ancora meno tempo, vedrai.»
«Sono d'accordo con tua sorella. Ora finisci di farti bella che fra poco arriverà» disse nonno Richard, sorridendomi.
«Per questo ci penso io ancora una volta» intervenne Agatha, venendo verso di me con mille trucchi. Mi prese per le spalle e mi fece sedere sulla sedia della scrivania. «Può andare, monsieur» disse rivolgendosi al nonno, prendendoci in giro per come ci parlavamo.
«Niente eyeliner» specificai ancora prima che iniziasse.
«Metterò del fondotinta», lo trovò nel primo beauty case e lo tirò fuori, «un po' di cipria e mascara.»
«Per forza il fondotinta?» chiesi, non essendo molto d'accordo.
«Lo applicherò solamente sotto gli occhi per nascondere le tue occhiaie.»
«Le mie occhiaie? Da quando in qua ho le occhiaie?» affermai stupita.
«Da sempre perché dormi poco, ma lasciamo stare.» Mi truccò tutta la faccia e poi applicò il mascara sulle mie lunghe ciglia bionde. «Guardati allo specchio.»
Andai davanti allo specchio dell'armadio e mi osservai attentamente. Il trucco che mi aveva fatto Agatha era straordinario. Aveva messo in risalto tutto ciò che era già bello di suo, soprattutto il colore grigio dei miei occhi.
«Ti piace?» Annuii a bocca aperta. «Vedi che sono fantastica come sorella maggiore?»
«Anche se rimanessi più tempo a casa» dissi, senza rendermene conto con un tono per niente carino. Cercai di rimediare all'istante. «Nel senso che sarebbe bello passare più tempo insieme, possiamo anche andare a fare shopping se vuoi, oppure anche con mamma e papà... Con il nonno... Come una vera famiglia...»
«Non credo di essere fatta per queste cose» ammise.
«Non puoi saperlo, perché non ci hai mai provato...» le feci notare.
«Tu hai un rapporto migliore con tutti loro» trovò una giustificazione.
«Anche tu lo puoi avere, stando con noi. Se non fossi mai a casa, parlerei poco con loro anche io» cercai di convincerla. «Se non vuoi farlo da sola, lo facciamo insieme» la rassicurai.
Lei annuì, abbassando lo sguardo. «Ti voglio bene» ammise.
«Anche io te ne voglio!» esclamai, abbracciandola forte.
*
Il campanello suonò e mi agitai. Agatha mi prese la mano tremante e mi guardò negli occhi per tranquillizzarmi.
Sentivo il respiro agitarsi insieme ai battiti del mio cuore. C'era come un rumore assordante dentro di me che mi faceva vibrare tutto il corpo.
«Vado io» urlò, correndo giù per le scale.
Io feci lo stesso, stando attenta a non cadere e mi guardai attorno in modo da non farmi vedere dai miei genitori. Avevo detto loro che sarei uscita con Cassie e la sua ragazza, quindi non era necessario vestirsi così eleganti. Non avevo nemmeno voglia di dare spiegazioni su Noah, quindi mentii spudoratamente.
Notai che nonno Richard stava distraendo mia madre per me e sgattaiolai silenziosamente verso la porta, dove si trovava Agatha.
«Tutta tua» disse mia sorella.
Noah
Appena Agatha se ne andò, mi sembrò di vedere un'apparizione.
Un angelo dalle ali dorate.
Arya era così bella, che la mia mandibola non riusciva a rimanere attaccata al resto della mia faccia. Spalancai completamente gli occhi in modo che non si vedessero troppo le mie pupille dilatate e la squadrai dalla testa ai piedi.
Indossava un abito nero che le arriva quasi alle ginocchia, in cintura aveva una grande treccia dorata che metteva in luce la sua vita estremamente sottile e degli anfibi, che le avevo visto indossare in parecchie occasioni. I suoi capelli erano raccolti da un grande mollettone nero, in tinta con tutto il resto dell'outfit, e aveva delle ciocche che le cadevano sul viso leggermente arricciate.
Mi chiedete se fosse bella? La bellezza per lei è un enorme eufemismo. Non hanno ancora inventato il termine per descriverla. Forse nemmeno un poeta ne sarebbe capace.
«Non ti ho mai vista così... così... elegante» riuscii a balbettare dopo svariati tentativi nel trovare degli aggettivi.
Ma allora sono completamente scemo. Ero davvero riuscito a dire solo queste quattro parole senza neanche un significato?
«A scuola e al lavoro non credo di andare vestita in questo modo» disse, ridendo leggermente. Dalla sua voce e dai suoi occhi grigio chiaro si capiva perfettamente che era emozionata quanto me in quel momento.
«Dovresti farlo più spesso... Sei bellissima, cazzo!» ammisi, avvicinandomi a lei. Mi era venuta voglia di baciarle quelle labbra carnose con sopra del burrocacao al miele. Lo metteva sempre e anche quella volta lo aveva fatto. «Scusami, non volevo dire una parolaccia» mi corressi, rendendomi conto che mio padre mi aveva sempre insegnato a non dire le parolacce, soprattutto in pubblico.
La presi per la vita, stando attento a non stropicciare quel vestito che le stava d'incanto e i nostri corpi combaciarono. Sentivo il suo respiro caldo, nel freddo dell'inverno, scaldarmi tutto il corpo. Era una sensazione alquanto piacevole, ma sapevamo entrambi che non saremmo potuti restare lì per sempre.
«Anch'io dico le parolacce, sai?»
Quella sua specie di domanda la interpretai come un flirt. Così continuai ciò che aveva iniziato. «Non è vero, tu dici mannaggia ogni due per tre» dissi, divertendomi.
Non avevo di certo detto una bugia. Erano più le volte che diceva mannaggia, che quelle in cui se ne rendeva conto. Forse corrispondevano anche con il numero delle volte in cui cercava uno spazio vitale.
«Mannaggia» le sfuggì e cercò di coprirsi la bocca.
«È più da principessa » dissi, ridendo un po' sotto i baffi.
*
Quando salimmo nella mia macchina, mi allungai verso Arya. Lì non aveva nessuna scusa per scappare da me, come aveva fatto poco prima. Le guardai la bocca e nel frattempo mi morsi un labbro.
La voglia di baciarla aveva superato ogni limite.
Le diedi un bacio a stampo per non rovinarle il trucco e chiusi gli occhi.
Quella sera aveva abbondato con il suo abituale profumo alla vaniglia ed era proprio un punto a sfavore nei miei confronti: mi faceva letteralmente impazzire.
«Mi sei mancata» ammisi con nonchalance.
«Mi hai vista dodici ore fa» rispose, sorridendo.
«Sono tante ore...» sussurrai sul lobo del suo orecchio, «se si tratta di te.»
«Tu per niente» disse. Era facile vedere quanto mentiva, perché il tono della sua voce assumeva un altro colore.
«Lo vedo come non ti sono mancato. Per una volta stai facendo tu i primi passi» la provocai.
La vidi rimettersi al suo posto, ma feci tutto l'opposto di quello che le diceva la testa: misi una mano sul suo fianco e la attirai a me. La baciai con foga un'altra volta. Assaporai le sue labbra così tanto che a momenti non se le sarebbe più trovate.
In quella macchina si sarebbe potuto appiccare un fuoco con delle fiamme altissime.
Mi sentivo bene.
Mi sentivo libero.
Mi sentivo leggero.
Era tutto merito della Principessa del mio cuore.
Charlie si svegliò nel momento meno opportuno. Infatti ci interruppe, abbaiando per attirare l'attenzione di Arya.
Credo abbia anche lui una cotta per lei, altrimenti non si spiega tutto questo suo entusiasmo nel vederla.
«Dimenticavo, viene anche Charlie e dal modo in cui ha reagito nel vederti, credo che tu sia mancata anche a lui!» esclamai e Arya scoppiò a ridere per la paura.
Agatha
Stavo spiando Arya e Noah dalla finestra. Lo sapevo che non avrei dovuto farlo perché sono affari di mia sorella, ma volevo vedere come andava a finire tra di loro.
Sentii nonno Richard schiarirsi la voce e arrivare in salotto con mia madre. Bussai sul vetro della finestra, giusto il minimo per farmi sentire da Arya, rovinando quel momento romantico e perfetto come quello di una telenovela. Ma era il caso visto che nessuno di noi poteva rischiare di farsi scoprire. Le feci segno di andare e poi mi voltai.
Mi trovai mia madre, Sharon, alle spalle. «Che cosa stai facendo davanti alla finestra?» indagò.
«Stavo guardando se il vetro fosse pulito. C'è un po' di polvere, domani finché siete nel campo farò un po' di faccende domestiche» giustificai il mio comportamento.
«Tu e Arya mi state nascondendo qualcosa, siete entrambe molto strane e soprattutto silenziose ultimamente» constatò, senza avere delle prove schiaccianti nei nostri confronti.
«Sharon, cara, andiamo a preparare la cena per questa sera?» intervenne nonno Richard, vedendo che non sapevo più cosa inventarmi.
Se ne andarono e scrissi un breve messaggio ad Arya: ricordati che non tutti gli uomini sono come lui.
A Noah era ovvio che piacesse Arya. Non sapevo definire se fosse già amore, forse era troppo presto, ma potevo dire per certo che ci andava molto vicino o almeno era sulla retta via.
Si vedeva lontano un miglio che erano fatti l'uno per l'altra. Loro riuscivano a bilanciarsi perfettamente: quando uno scendeva, l'altro saliva. Creavano un equilibrio speciale.
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