Capitolo 21

Arya

«Quale mangi?» chiese Noah al mio fianco.

«Sono molto indecisa...» dissi, osservando molto attentamente tutti i gusti di gelato. Mi piacevano tutti, come sempre, e non sapevo decidermi. Il pistacchio sembrava molto invitante, l'amarena ancora di più e quello con i biscotti mi faceva venire la bava alla bocca. Non potevo, però, mangiare un chilo di gelato.

«Ti piacciono tutti?» Dal suo tono era un po' divertito, ma per me scegliere il gusto del gelato era un'impresa enorme.

«Sì, mannaggia!» esclamai con enfasi.

«Mannaggia» ripeté, sorridendo.

Mi sta forse prendendo in giro per il mio mannaggia? É molto meglio di dire una parolaccia.

«Facciamo che esci e lo scelgo io per te. Sarà una sorpresa.»

Uscii dalla gelateria e mi andai a sedere sul muretto circostante. Mi guardai attorno e capii perché Noah mi avesse portato proprio in quel posto. All'esterno era arredato per i bambini: con i castelli gonfiabili abbelliti da disegni di principesse e principi, come un mondo fatato. Poi dentro una cesta c'erano gli unicorni, i pony e pure la corona di un principe azzurro.

Mi alzai e la presi in mano. La osservai ed era colorata in modo che sembrasse piena di diamanti. Ma, osservandola meglio, quella non era la corona di un principe, ma di una principessa. Una principessa perduta però. Lei non era presente in quel bellissimo mondo. C'era solo il principe.

Magari quella principessa era dentro il castello, ma non potei scoprirlo, perché Noah arrivò con il gelato e mi fece prendere paura. Sobbalzai quando mi toccò il braccio e poi mi girai, ancora un po' spaventata. Mi aveva preso un cono con tutti e tre i tipi di gelato per i quali ero indecisa. Mi illuminai e sospirai dalla gioia.

«Spero vada bene questo enorme gelato» disse un po' in imbarazzo. «Ho chiesto ad Alyssia di metterti pure il biscottino, che sicuramente ti piace.»

«Che domande. Ovvio che mi piace, soprattutto il gelato. Lo mangerei tutti i giorni se fosse per me, sai?»

«L'ho capito dal tuo entusiasmo...»

«È inevitabile. Guardalo: non ti dice: mangiami?» ammisi, facendo una giravolta.

«Cosa hai in mano, Principessa?» domandò, addolcendosi ancora di più di prima.

Mi sembrava proprio di essere tornata bambina in quel momento. Forse era proprio merito di Noah, ma non l'avrei mai ammesso a me stessa. «Una corona, ma la principessa non c'è...»

«Be', sei un po' cieca, allora... ce l'ho davanti in carne e ossa.» Mi prese la corona di mano e me la mise sulla testa. «Così va meglio. Dai a Cesare quel che è di Cesare, no?»

«Dai, andiamo» aggiunse poco dopo, vedendo che non riuscivo a dire neanche una parola.

Mi aveva sorpresa ancora una volta.

*

«Fammelo assaggiare dai» si lamentò ogni cinque passi. Noah voleva per forza mangiare il mio gelato e mi divertivo troppo a dirgli di no. Continuava a fingere di arrabbiarsi mettendo il broncio, per poi scoppiare a ridere perché non era capace di rimanere serio.

Dopo aver camminato per un po', ci sedemmo su una panchina di un parco vicino alla gelateria. Accavallai una gamba sopra l'altra e lo guardai, cercando di non ridere anche io.

«Sei proprio una principessa malvagia» affermò, facendo il faccino offeso proprio come un bambino piccolo a cui avevano rubato il suo giocattolo preferito.

«Non ho mai sentito delle favole con delle principesse cattive» ribattei, continuando la mia messa in scena. Non mi girai verso di lui: non sarei stata in grado di non ridere a crepapelle.

«Allora rivoglio indietro la mia corona» disse, allungando il braccio per prenderla.

«Ehi!» esclamai e poi scoppiai a ridere. «Io ti faccio assaggiare il mio gelato, ma tu mi lasci questa corona di plastica.»

«Va bene» cedette. «Principessa» aggiunse, sussurrando.

«Quale gusto vuoi assaggiare?»

«Quello all'amarena.»

Non era un buon abbinamento al gelato al limone che aveva scelto lui. Il limone era aspro, mentre l'amarena era anche fin troppo dolce. Mi annotai nella mente che avrei dovuto fargli assaggiare le ciliegie del nonno, quelle sì che erano squisite solo a guardarle.

Con il cucchiaino colorato ne presi un po' e lo imboccai. Dopo un secondo scoppiai a ridere, perché era più il gelato che gli era finito sulla faccia rispetto a quello che aveva effettivamente mangiato.

«Non prendermi in giro, è colpa tua se ho il gelato spalmato sulla faccia!» esclamò, tentando di nascondere un sorriso sotto i baffi.

«Mi ricordi molto i bambini, sai?» Inarcò un sopracciglio. «I bambini si comportano proprio come te in questo esatto momento.»

«Dovrei esserne felice?»

«Sei un incrocio tra un Peter Pan e un Piccolo principe» dissi, distogliendo lo sguardo dal suo. «Il primo perché sei un eterno e inguaribile bambino dentro, un po' come tutti, e un Piccolo principe perché sai distinguere i momenti seri da quelli in cui puoi essere bambino» spiegai.

Aveva abbassato ogni difesa. Ogni barriera.

E la cosa più preoccupante, secondo i ragionamenti del mio cervello, era il fatto che le sirene nella mia mente suonavano sempre.

Suonavano quando si avvicinava troppo.

Suonavano quando mi toccava la mano.

Suonavano quando mi osservava a lungo.

Suonavano quando lo incontravo per caso lungo la strada.

Suonavano quando salivo nella sua macchina e non avevo paura.

Suonavano quando mi fidavo di lui.

Mi appoggiai titubante alla spalla di Noah e lui mi abbracciò, stringendomi a sé. Portai le gambe sulla panchina e iniziai a mangiare il gelato, che nel frattempo si era un po' sciolto. Assaggiai quello al biscotto e il mio palato mi ringraziò per avergli fatto gustare un gelato così buono.

Quando arrivai all'ultimo boccone di gelato all'amarena, decisi di darlo a Noah. Lo imboccai come prima, ma senza pasticci. «Che privilegio» affermò, sorridendomi.

«Be', mi hai preso ben tre palline di gelato, condividerlo mi sembra il minimo» sussurrai. «Sei ancora arrabbiato con Mason?»

Scosse la testa. «Quando sto con te mi dimentico di tutto quello che c'è attorno» confessò.

In quel momento decisi di aprire il mio cuore. Sperai di non pentirmene amaramente. 

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