Capitolo 20

Noah

Finalmente era arrivato sabato e potevo rilassarmi un po'. Quella mattina ero andato a trovare mio padre insieme a Charlie, quel furbacchione che voleva giocare tutto il tempo.

Gli avevo lanciato un po' di volte la pallina nel giardino di mio padre, ma poi lo lasciai perdere e andò a rompere le scatole al nonno. Era proprio fissato con lui ma tutti sapevamo benissimo il motivo: gli dava da mangiare a volontà.

Feci anche un po' di spesa velocemente, visto che Agatha mi aveva fatto fuori mezza dispensa e aveva bruciato anche metà dei dolci che aveva fatto, tra l'altro. Arya aveva proprio ragione su sua sorella e per fortuna gli effetti della droga erano definitivamente passati, quindi poté tornare a casa senza destare sospetti a nessuno.

Ero seduto sul divano di casa mia e stavo gustando un buonissimo calice di vino rosso. Stavo per schiacciare play sul computer per vedere un film in santa pace, quando suonò il campanello.

Mi alzai e notai Charlie già davanti alla porta, quindi dedussi subito che fosse Mason. Infatti, appena la aprii, lo trovai sul ciglio con un sorriso a trentadue denti.

Brutto segno. Voleva uscire. Pensai che l'unico modo per convincermi a uscire quella sera sarebbe stato tirare in ballo Arya, ma dato che lavorava e io non avevo voglia di uscire non sarei andato proprio da nessuna parte.

«Buonasera, signor Parker» mi prese in giro Mason. «Sono venuto per portarla dalla sua amata Arya.»

Eccola, la tentazione di dire di sì.

Alzai leggermente un sopracciglio e lo osservai da sotto le ciglia. Ero veramente stanco, non era uno scherzo. Ma la voglia di vedere Arya era più forte.

«Ho scoperto delle cose molto interessanti da Bella, sai?» disse, vedendo il mio conflitto interno.

«Quali cose?» domandai, facendo finta di niente.

«Non credere di arrivare alle mie informazioni così facilmente. Intanto ti vesti e ne parliamo in macchina. Prendi la tua perché la mia macchina è dal meccanico.»

«Non ho intenzione di uscire... Sono anche in pigiama e non ho nemmeno voglia di cambiarmi.»

Mi girò su me stesso e mi trascinò in salotto dopo aver chiuso la porta. Mi fece sedere sul divano e mi squadrò dall'alto verso il basso. «Ti serve una camicia» concluse. Non seppi con quale coraggio arrivò a tale conclusione, quindi scossi la testa. «No, caro mio, le ragazze le conquisti subito con la camicia.»

Non Arya. A lei non fregava nulla di come si vestivano le persone.

«Questo è quello che credi tu» gli feci notare. Confondeva sempre la differenza tra le persone: se lui riusciva a conquistare una ragazza con la camicia, anche gli altri lo dovevano fare. Potevano usare benissimo altre tecniche di approccio, sicuramente più valide delle sue. Un esempio era la simpatia. Certo, non avevo mai conquistato una ragazza per la mia simpatia, ma quelli erano dettagli.

«Scommettiamo?» chiese, sarcastico. Gli piaceva scommettere sempre, anche se non si trattava di denaro. Era più che altro una questione di orgoglio e io accettavo sempre, perché alla fine perdeva sempre lui. Mi faceva anche ridere, perché lui non era abituato a perdere nella vita ma con me doveva rassegnarsi alle sconfitte.

«Ma certo! Quando mai non scommetto con te e poi finisci sempre nel perdere?» ribattei, ridendo.

Andò in camera mia, frugò nel mio armadio e tornò con in mano una camicia, dicendo: «vedrai che la conquisti con questa...» Così alla fine mi costrinse a cambiarmi e ad uscire con lui. «A proposito, ci sono stati altri incontri dopo sabato scorso?» chiese Mason mentre salivamo in macchina.

Non sai proprio nulla di quello che è successo tra me e Arya. «Diciamo di sì» rimasi molto vago.

«E non me li racconti? Ti ricordo che una sera mi hai chiamato e mi hai fatto venire a casa tua, perché pensavi di avere le allucinazioni per questa povera ragazza!» esclamò, girandosi verso di me.

«Intanto mettiti la cintura perché non ho intenzione di prendere una multa a causa tua» precisai. «E se non ti vengo a raccontare tutto, non vedo quale sia il problema... Nemmeno tu mi vieni a raccontare i dettagli di quello che fai con Bella. E non mi interessano!» aggiunsi subito, altrimenti avrebbe fatto tutto il contrario. «Le cose belle assumono ancora più significato quanto le si tengono per sé, hai mai provato?»

«No, perché per me non funziona in questo modo» rispose. Mason era un po' così: prendeva molto le situazioni alla leggera e non ne aveva mai vissute di molto difficili. Beato lui, riusciva a vivere ancora la vita con una certa spensieratezza, a differenza mia.

«Hai già pensato di cosa parlare con lei?» chiese.

«Non bisogna sempre parlare, alcune volte è molto bello il silenzio...»

«E tu credi davvero che la conquisterai con il silenzio?»

«Senti, se hai intenzione di rimproverarmi tutta la sera, quella è la portiera e puoi anche scendere a questo punto. Non ho per niente voglia di litigare. Te l'avevo detto che ero stanco e che non avevo voglia di uscire, sono venuto solo perché posso vedere Arya. Punto.»

«Finalmente l'hai ammesso!» esclamò. Come? «Farti arrivare quasi a un esaurimento alla fine porta i suoi frutti. Hai appena ammesso che sei uscito solo per vedere lei» mi fece notare.

Oh cazzo. «Sei proprio uno stronzo» lo accusai.

«Lo so» ribatté, ridendo.

Si sta anche prendendo gioco di me adesso? «Non credere che dopo ti riporti a casa» specificai.

«Tranquillo, mi porta a casa Bella e tu invece porterai a casa Arya dato che lavora tutte le sere al bar...»

«Meglio per te che tu mi stia lontano per tutta la sera» dissi molto arrabbiato.

*

«Birra?» mi chiese Arya al bancone del bar. Osservai per un paio di secondi Mason che era insieme a Bella e poi annuii. «Sei arrabbiato questa sera?» Annuii ancora una volta, perché quando ero così era meglio che non parlassi per nessuna ragione. «Con me?»

«Assolutamente no» mi addolcii leggermente.

«Meno male, pensavo di averti fatto qualcosa...» disse, scoppiando a ridere in una sonora risata.

«Tu no, lui sì» affermai, indicando Mason in cagnesco.

«Come mai?»

«A volte mi sembra di avere a che fare con un bambino» ammisi. «Non so come Bella riesca a sopportarlo ogni tanto...»

«Se pensi a Charlie è anche peggio» tentò di tirarmi su di morale.

«Al posto della birra, fai pure un bicchiere di whisky e Coca Cola che è meglio. Serve qualcosa di forte per oggi.»

«D'accordo, ma solo uno perché poi dovrai sicuramente guidare» puntualizzò.

«Agli ordini, Principessa» sussurrai.

Arya

Cavolo se era carino con quella camicia nera. Era così attraente che quando lo vidi entrare nel locale, quasi mi cadde di mano un calice come l'ultima volta. Per fortuna non ruppi niente, anche se mi sembrava di essere un giocoliere. L'unica differenza tra me e lui era l'oggetto che avevamo in mano e soprattutto lui sapeva prendere le palline, io no.

Noah sembrava molto arrabbiato quando si sedette al bancone e inizialmente gli chiesi solamente cosa volesse da bere. Poi trovai il coraggio di dire altro, visto che non aveva intenzione di parlare.

Mi rispose che era irritato per alcuni comportamenti che aveva avuto Mason, ma non entrò nei dettagli e io non glieli chiesi. Sotto sotto volevo saperli, ma capii che se li avesse tirati fuori in quel momento avrei ingigantito ancora di più la questione.

Quella volta decise di cambiare bevanda e prese un bicchiere di whisky insieme a della Coca Cola, ma precisai che gliene era concesso solamente uno, dato che non era certamente venuto a piedi al bar.

«Mi fai compagnia?» domandai, vedendo che a metà serata il suo morale non era cambiato. Quando sembrava che stesse migliorando, magicamente Mason gli passava davanti ed era tutto come prima.

«Tutto pur di non vederlo per cinque minuti.»

Andammo fuori dal locale, sul retro come sempre, e lo osservai un po'. «Non hai freddo? Sei uscito solo con la camicia?»

«Mi hai appena ricordato che Mason mi ha fatto uscire così di fretta che mi sono scordato la giacca sul divano. Speriamo che Charlie non me la rubi, altrimenti dovrò anche andare a comprarne una nuova.»

Ok, domanda decisamente sbagliata. Meglio cambiare subito argomento.

«Mi hanno detto che hai deciso di lavorare tutti i giorni» disse tutto d'un tratto. Si prese il pacchetto di Winston dalle tasche dei jeans e si accese una sigaretta. Guardai i cirri di fumo dissolversi nell'aria della notte e poi mi avvicinai a lui a piccoli passi. Non era da me avvicinarmi alle persone, ma in quel momento ne sentii il bisogno. «Da cosa scappi questa volta?» chiese, facendo un altro tiro dalla sigaretta. Si girò dall'altra parte in modo che non mi venisse il fumo addosso e mi osservò sotto quelle ciglia folte.

Mi sedetti sulla parte di staccionata dietro la sua schiena e lo guardai a mia volta. Sembrava leggermente più sereno.

«Non hai ancora risposto alla mia domanda» mi fece notare, buttando a terra il filtro della sigaretta che aveva finito.

Si mosse pericolosamente verso la mia figura e mi si parò letteralmente davanti. Appoggiai le mani sul legno della staccionata, altrimenti sarei sicuramente caduta facendo una figuraccia, e deglutii. Aprii lievemente la bocca per respirare quando mi toccò l'orecchio con la sua mano calda e scolpita.

«Non mi dai una risposta?» insistette.

Mi morsi un labbro e poi mi decisi a rispondere. «Da te...»

«Qual è il tuo cibo preferito?»

Come? Non voleva sapere il motivo per cui scappavo da lui? «C-cosa?» balbettai.

«Dimmi il tuo cibo preferito, fidati di me» replicò

«Il gelato, ma non capisco cosa c'entri con...»

«Appena finisci di lavorare andiamo a mangiare un gelato che ti farà leccare i baffi. Non voglio sentire obiezioni, dato che Mason mi ha fatto arrabbiare e tu scappi da me. Sono triste così.» Fece la faccia di un cucciolo offeso e io scoppiai a ridere soprattutto per il tono che aveva usato. «Mi prendi anche in giro? Le principesse devono tenere un certo contegno» affermò, sarcastico.

«Ti ho detto che non sono una principessa.» Scrollai le spalle e sorrisi.

Appoggiò le braccia sulla staccionata, proprio ai lati del mio corpo. Con la mano destra mi prese un fianco. Rimasi immobile. Il fiato si fece improvvisamente corto.

«Per me lo sei» puntualizzò. «Però, questo presunto principe arrabbiato vorrebbe almeno un bacio dalla sua principessa...»

«Oh» fu l'unica cosa che riuscii a dire.

I nostri respiri si fecero il solletico a vicenda. Smisi di respirare. Era troppo difficile farlo con la sua vicinanza. Le nostre labbra si cercarono. Sembravano due calamite.

Mi strinse a lui e io lo lasciai fare. Era inutile continuare a mentire a me stessa: io mi fidavo di lui come di nessuno al mondo.

A un certo punto sentii la porta aprirsi e scattai giù dalla staccionata impaurita. Pestai i piedi a Noah senza volerlo, ma poi mi accorsi che era Mason.

Lui sapeva o non sapeva? A Bella non avevo mai detto nulla di quello che c'è tra me e Noah, il perché non lo so nemmeno io.

«Vi date da fare, vedo» affermò spiritoso. «Credo stia per arriv...»

«Mason, dove sei?» Era la voce di Bella che spuntò fuori da dietro la porta.

Rimasi con il fiato sospeso. Noah stava ancora invadendo il mio spazio vitale e come avrei potuto spiegarlo?

«Cosa sta succedendo?» chiese confusa.

«Niente» rispose Mason, coprendoci.

«Come mai voi due siete così... così vicini?»

Si sta proprio riferendo a me e Noah. Siamo nei guai. Mannaggia!

«Le stavo facendo vedere dove si fosse sporcata mentre apriva una bottiglia» intervenne Noah. «Qui» continuò, indicando un punto a caso.

«Si sono occupati altri due tavoli, puoi venire dentro a darmi una mano?» mi supplicò Bella.

«Sì, ora arrivo» la rassicurai.

Se ne tornò dentro e Mason fece lo stesso dopo averci riservato un'occhiata, che mi imbarazzò.

Alzai lo sguardo su Noah e vidi che si stava trattenendo dal ridere. «Sei pazzo!» esclamai, spalancando gli occhi. Gli tirai un buffetto sulla spalla e lui riappoggiò le mani sulla mia vita.

«Non sono l'unico a quanto pare» disse,rivolgendosi a me.

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