Before You Go

Mancava poco perché partissi. Avevo parlato con Corey al telefono, lui che era a Dublino da mesi ormai.

I miei piani erano quelli di trasferirmi lontano, tipo in Australia, per distrarmi per qualche tempo. A Sydney però non conosco nessuno, perciò l'idea di andare a Dublino era allettante.

Così chiamai ancora Corey, perché mi assicurasse che lasciare Beacon Hills per raggiungerlo fosse davvero una buona idea.

"Ehy sono io, Liam."

"Liam!"
Praticamente mi urlò nell'orecchio.

Mi dovetti femare per strada, a causa del rumore stridulo della sua voce.

"Si, ascolta, volevo solo chiederti com'è la città"
Dissi a bassa voce.

Mi sedetti su una panchina, davanti al supermercato dove sarei dovuto entrare.

"Te l'ho già detto amico, è fantastica. E poi appena arrivi ti porto a fare un giretto a Belfast, fidati di me, anche quella è magnifica."

Fidati di me.

Anche Mason si era fidato di lui, e ora non riusciva più a far niente. Era messo peggio di me.

Forse sapere che il tuo amato è ancora vivo e non ti desidera, è ancora peggio di ciò che è successo a me. In fondo siamo tutti convinti che l'amore arriva solo una volta e che di conseguenza non ci sarà più alcuna occasioni di innamorarsi nuovamente.

"Mhh"
Mugugnai, ancora non convinto.

"Liam devi venire adesso. Sta mattina ho scoperto che c'è una casa davanti alla mia libera, e hai anche un vicino fantastico e bellissimo, siamo perfino diventati amici."
Disse entusiasta.

"Ti piace non è vero?"
Gli chiesi, cogliendo nella sua voce uno spirito troppo vivace per star parlando solo di un'amicizia.

"Ad essere onesto, si."

Almeno non aveva peli sulla lingua.

Feci un verso di approvazione, apprezzando la sua sincerità. Alla fine era riuscito a concermi. Se proprio Dublino non farà per me, allora mi trasferirò nuovamente.

"Va bene, compro il biglietto. Poi ti chiamo per dirti i dettagli."
Affermo, anche se ancora poco contento.

"Si!"
Urlò Corey. Al contrario di me, lui era molto soddisfatto.

"Ah e comincia a tenermi la casa. Non sia mai che qualcuno la prenda prima che io arrivi."
Sortolineo, alzandomi finalmente dalla panchina per raggiungere il supermercato.

"e Corey, se Dublino non è fantastica come tu dici, avrai molti problemi, lo sai vero?"
Conclusi, con tono minaccioso.

"Si, si si"
Lui sembrò scacciare il pensiero, e subito dopo io chiusi la chiamata.

Avrei dovuto avvisare Scott che avevo deciso cosa fare. E fare anche la spesa non suonava come una brutta idea.

Appena arrivato a casa posai le buste sul tavolo della cucina.

Sapevo che Scott non era in casa al momento. Si stava organizzando anche lui per partire e andare in Università, come tutti gli altri. Anche Mason aveva preso quella decisione, ed era dispiaciuto che io non lo avessi fatto, ma d'altronde sa che sono libero di scegliere e quindi mi supporta.

"Grazie"
Sussurrò papà, facendo cenno alla spesa.

"Figurati."
Gli dissi.

Lui invece non sapeva niente. Non sapevo come avrebbe reagito se avesse scoperto che il suo unico figlio stava per partire.

Gli diedi un paio di pacche sulla spalla, invitandolo a sistemare la spesa, e poi raggiunsi la mia camera. Ormai la odiavo, ed era uno dei motivi principali per cui volevo partire. Ogni volta che mettevo piede in quella stanza sentivo una sensazione amara circondarmi.

Vedevo Theo sdraiato sul letto che rideva a crepapelle e mi faceva segno di raggiungerlo. E se per un momento ciò mi rendeva felice, qualche secondo dopo mi uccideva.

Sbuffai e raggiunsi il computer. Il biglietto costava meno di quanto mi aspettassi, ma appena arrivato alla nuova destinazione, avrei dovuto cercarmi un nuovo lavoro con cui poter mantenere le mie necessità e qualsiasi cosa io voglia fare.

Guardai il sito concentrandomi sulla grafica e le descrizioni, anche se sapevo già perfettamente ciò che dovevo acquistare.

Avrei potuto giurare di sentire la voce di Theo che mi suggeriva di non essere tirchio, ma di spendere di più per le comodita, che la vita è una sola.

Aggiunsi il volo al carrelo e pagai già in anticipo, spostando lo sguardo sulla camera, mi accorsi nonostante mi faccia male, questa stanza era stata il mio piccolo castello ma che era ora di farne a meno. Mi soffermai sull'armadio, che da lì a qualche ora sarebbe stato vuoto.

Non ci avevo mai pensato, alla possibilità che avrei potuto lasciare casa così in fretta, così giovane. Immaginavo di vivere con papà ancora qualche anno, soppratutto per non dargli un dispiacere, ma dopo tutto ciò che era successo, avevo imparato ad apprezzare di più la vita e le sue occasioni, avevo imparato anche ad ascoltare prima le mie necessità e poi quelle degli altri. Avevo imparato cose che potrebbero sembrare basilari e banali perché tutti le diamo per scontato, eppure, sbagliamo.

Chiusi la valigia e la nascosi sotto il letto. Dovevo occuparmi della faccenda padre il prima possibile, perché poco dopo sarebbe andato a lavoro.

Mi alzai dalla sedia e apro l'armadio. Prima di mettere tutto in valigia devo decidere cosa viene con me e cosa resta.

Quella sera stessa avrei parlato con mio padre di ciò che avevo intenzione di fare. Infondo non rimaneva più tanto tempo: l'aereo partiva il giorno seguente.

Chiusi la valigia e la nascosi sotto il letto. Dovevo occuparmi della questione "padre" al prima possibile, perché più tardi sarebbe andato a lavoro.

Appena pensai ciò, lo sentì chiamarmi e perciò andai di sotto. Sul tavolo era già servita la cena.

Gli ero molto grato per come aveva gestito tutto dopo la morta della mamma, era molto coraggioso, e pur troppo io ero tutto il contrario.

Mi sedetti a tavola e iniziai a mangiare dopo essermi complimentato per la bontà del cibo.

Ogni tanto lo osservavo, per controllare il suo umore, volevo solo assicurarmi che fosse nell'umore migliore per ricevere questa notizia. Volevo che nonostante tutto fosse felice per me. E solo ora mi accorgo di quanto questa pretesa fosse egoista.

Me ne accorgo ora mentre racconto la mia storia.

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