Capitolo 30

Osservo l'uomo seduto sul divano di casa mia.

Sfrega nervosamente le mani sui pantaloni mentre il suo sguardo vaga da me ad Emily.

"Emily vai a letto" dice preoccupato papà.

"OK" dice per poi correre di sopra.

Papà si siede sulla sua poltrona mentre io resto li in piedi.

"Allora?" chiede papà.

E io gliela sento, la sento l'ansia che lo assale fino a non permettergli di respirare.

Quei due sembrano conoscersi.

"Che ci fai qui?" chiede nervoso mio padre.

"Sono qui per riprendermi ciò che è mio" dice tranquillamente l'uomo.

"Ashley vai da Mike ed Emily" ordina papà subito dopo.

Faccio finta di andarmene e mi nascondo dietro la porta del soggiorno in modo che non mi vedano.

"Lascia stare in pace Ashley, ormai è maggiorenne, non hai più potere su di lei" dice irritato papà.

"Voglio che venga via con me" annuncia l'uomo.

"No, lei non sa ancora niente di te, figuriamoci se vuole che tu parta via con lei" sbotta papà in preda ad una crisi isterica.

In quel momento percepisco la tensione nell'aria.

Esco fuori dal mio nascondiglio e quando mi vedono, entrambi sbiancano.

"Cosa devo sapere?" chiedo arrabbiata.

"Ecco Ashley, in realtà lui non è tuo padre" dice l'uomo.

"Questo già lo so" sbottò.

"Ashley, ti ho detto che i tuoi veri genitori sono morti, in realtà solo tua madre morì, e tu eri stata affidata a me e a Liz" dice e quando sento "Liz" percepisco milioni di brividi invadermi la schiena.

"Tuo padre biologico non aveva idea di tutto questo, lui non sapeva neanche della tua esistenza" dice per poi sospirare.

Rimango immobile.

Vorrei piangere, strapparmi come un'indemoniata i capelli, ma con gli anni ho imparato a nascondere il dolore.

Asciugo veloce una lacrima solitaria.

"E chi è mio padre?" chiedo.

"Io" si fa avanti l'uomo.

Papà, l'uomo che mi ha cresciuto ed educato rimane in disparte.

Mi passano veloci le immagini della mia famiglia.

Sapevo di essere cresciuta su una bugia, sapevo che non avevo alcun parente biologico, e invece ora sono qui con questo tizio davanti a me, che si afferma con il nome di papà, il mio papà.

Lo vedo avvicinarsi a me, ma ad ogni suo passo io retrocedo.

"Ashley, prepara la tua roba. Partiamo" annuncia e io corro in camera dopo aver sputato un no carico di odio misto a rabbia.

"È meglio che tu vada" si intromette papà.

"No, lei parte con me" afferma l'altro.

"Ti prego, capiscila, ha appena scoperto tutto" sospira mio padre.

Pur non essendo il mio vero padre è lui quello che considero il mio padre biologico.

"Ok, ma domani verrà via con me" annuncia prima di sbattere la porta ed uscire.

Asciugo tutte le lacrime.

Jo. Lui non sa proprio niente.

Come glielo spiegherò?

Mi infilo sotto le coperte, l'unico posto in cui mi sento sicura quando Jo non c'è.

Da lui, dovrebbe essere mattina presto, lo provo a chiamare.

"Piccola?" chiede e assaporo ogni singola lettera di quel soprannome che tanto amo.

Perché in fondo, lui mi ha capita.

Perché per quando fingo di essere e di sentirmi grande, dentro di me, mi sento minuscola.

"Jo, mi manchi" sussurro.

Nessuna risposta, poi:

"Anche tu, come va il tatuaggio?" chiede per alleggerire la tensione.

"Non fa male" gli dico ed è strano l'effetto che mi fa.

Basta sentire la sua voce, persino il suo respiro, e tutte le mie preoccupazioni svaniscono.

Forse è questo l'amore.

Ma noi non siamo parte di quelle storie tutte rose e fiori, ne tantomeno siamo parte di quelle storie che finiscono necessariamente con un lieto fine.

No, non siamo parte di nessuna di queste categorie.

Perché non tutte le storie d'amore sono perfette, alcune più di altre.

E noi lo sappiamo bene.

Noi siamo parte di una storia tutta nostra, scritta bianco su nero. Creata appositamente solo per noi.

Si, perché entrambi siamo neri dentro, ma insieme diventiamo bianchi e tutti i nostri demoni scompaiono.

"Jo, se ti dico una cosa prometti di non odiarmi?" chiedo incerta. È l'ora che scopra la verità.

"Dipende...mi hai tradito?" chiede.

"No" sghignazzo.

Tira un sospiro di sollievo.

"Allora te lo prometto" dice.

"Ecco mia madre e mio padre..." inizio ma vengo interrotta.

"Ashley cazzo, mi stanno cercando devo andare puoi dirmelo domani?" chiede agitato.

"Io..." continuo ma sento solo qualcuno strappargli il cellulare di mano. Forse quella non era la sera giusta.

E io non sapevo ancora che non lo avrei più ascoltato per tanto tempo.

Ripongo il cellulare nel cassetto e li, su quel cuscino inzuppato dalle lacrime mi addormento.

Sento poi la porta cigolare e due sagome bassine si avvicinano al letto.

Mike ed Emily, che insieme si sdraiano sul mio letto, uno a destra e una a sinistra.

Mi abbracciano e poi:

"Non vogliamo che te ne vada via" sussurrano e sento il cuore battere più forte del normale.

Alzo la testa e li bacio sulle loro testoline.

"Neanche io" sussurro a mia volta.

Poi Mike parla e mi spiazza con quella sua affermazione.

"Mamma non ti avrebbe mai permesso di andare via. Tu non puoi abbandonare papà." e poi ironizza:

"Emily è così stupida, come farò a sopportarla? E io ho bisogno dei tuoi abbracci!" dice e lo accontento.

Li stringo forte a me ed Emily ne approfitta per tirare un pugno sulla spalla di Mike per averle dato della stupida.

Provo un dolore che mi opprime talmente tanto, da non riuscire a respirare.

Aveva ragione Jo quando una sera, mentre facevamo l'amore mi sussurrò all'orecchio:

"La tua non è paura di chi sei, ma di come potresti diventare"

Ed era fottutamente vero.

Avevo paura che la verità mi avrebbe fatto del male, mi avrebbe cambiato.

E ancora tutt'ora ho paura.

Tutta questa nuova situazione mi avrebbe cambiata. Perché le brutte esperienze ti segnano per sempre, sono come i tatuaggi.

Rimangono incisi sulla pelle, all'infinito, per sempre.

L'unica cosa che cambia è che in un tatuaggio il dolore è temporaneo, mentre il vero dolore è infinito.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top