Primo Giorno
Stavo camminando per le strade della più disordinata e caotica città americana, ovvero Los Angeles. Come al solito ero in ritardo per il mio lavoro, la sveglia non aveva suonato e io quindi non mi ero svegliato. Odiavo la tecnologia, pensavo che era davvero futile, poichè doveva aiutare gli esseri umani e invece io mi ritrovai in ritardo a causa sua. Ed il bello è che era il primo giorno di lavoro e si sapeva che i novellini venivano sempre o maltrattati oppure ridicolizzati difronte a tutti quanti. Il mio cellulare, un vecchio 3310, squillò nel mio giubbotto di pelle facendomi trasalire, dato che stavo pensando ad altro. "Sono Adam Rose, chi parla? " "Sono il tuo capo, Jesse Tresy, perchè non sei qui? Credevo che i neo diplomati arrivassero sempre in anticipo e invece tu sei in ritardo" Disse urlandomi nelle mie orecchie rendendomi quasi sordo, con voce incazzata e tonante. Non avevo sentito mai una ragazza avere quel timbro di voce. "Sono a due passi dalla stazione di polizia, arrivo" Dopo aver detto questo, riattaccai il telefono ed inizia a correre. Davanti a me si presentò quella enorme struttura chiamata centro di polizia, che era alquanto grande e bianca, asettica, senza emozioni. Presi coraggio e mi avviai verso la porta scorrevole e pensai di voler fumare ma non avevo tempo, tutta colpa della sveglia. Entrai velocemente e mi recai verso la reception, che era un cabinato di 4 metri per 5, era simile ad una gabbia per uomini. "Scusami dove è il reparto scientifico delle persone scomparse?" Chiesi con tono gentile, però molto stanco data la precedente corsa per arrivare li. I miei occhi si posarono sulla persona all'interno di quel cabinato, era un uomo grasso, semi pelato, con il rimanente dei capelli che erano zozzi e pieni di palline di forfora. I suoi occhi erano da pesce lesso e anche la sua intelligenza non era quella di una persona normale, era quella di un scimpanzé ubriaco. Aveva una ciambella in mano e appena si voltò verso di me per rispondermi, riuscii a vedere dietro di lui un enorme pacco di quelle delizie fritte e piene di grassi, che molto spesso portano le persone a diventare degli addicted obesi. "Sempre dritto, sali le scale fino al terzo piano e poi gira a destra" Dalla sua bocca uscirono oltre a quelle parole anche pezzi masticati della ciambella, che mi arrivarono sulla faccia e sulla mia camicia nera, macchiandomela. Sbuffai non poco mentre salivo le scale, dato che quel tipo che respirava pesantemente e faceva rumori suini, mi aveva sporcato il migliore vestito che avevo. Si non avevo gran che dato che non ero un tipo da amare la moda, preferivo andare a comprare i miei vestiti nei piccoli mercatini o negli outlet e con i soldi risparmiati compravo giochi e sigarette. Lo sapevo che le sigarette erano un brutto vizio, infatti cercai spesso di smettere ma amavo fumare, mi faceva distrarre dalle varie problematiche che avevo. Istintivamente girai appena finii di salire le scale e davanti ai miei occhi increduli il reparto delle persone scomparse. Era davvero enorme, grande quanto un centro commerciale aperto in questi anni. Infatti c'erano venti piccoli uffici, ognuno attaccato all'altro e alla fine del corridoio c'era un ufficio così grande che la casa dove abitavo sembrava una piccola tana. Sulle porte c'erano delle incisioni in ottone antico, molto scolorito ed opaco, con nome e cognome di ogni componente di quel gruppo che facevano parte di una delle più importanti branche della polizia. Davanti a me trovai una ragazza che stava seduta su una sedia davanti ad un bancone semi circolare. Sopra di esso vi erano fogli sparsi, un telefono e dei postit con dei cognomi scritti in nero, con una calligrafia davvero ben leggibile, a differenza della mia che sembrava più quella di un piccolo sumero che scriveva in geroglifico. Mi avvicinai a lei, cazzo era proprio una bella ragazza, capelli biondi lunghi, occhi di un verde chiaro, viso angelico e un profumo che mi stava inibendo ogni mia facoltà mentale. " Sono Adam Rose, mi dovevo incontrate con..." Non finii la frase che dalla porta in fondo uscii un'altra ragazza, alta, snella, con occhi vispi di color giallo oro, capelli corti di color nero corvino e viso pieno di trucco. Aveva più l'aria di un pagliaccio che di una ragazza. Mi disse, guardandomi con sguardo intimidatorio ed interrogatorio " signor Adam,siete in ritardo e vi fermate a filtrare con la nostra centralinista, al posto di venire subito da me?" "No in realtà io..." ed ecco che mi interruppe di nuovo. Odiavo queste persone, erano prese solo da loro e nessun altro importava. Avrei voluto dirle in faccia cazzo fammi parlare, ma dato che era la capo reparto della branca di polizia delle persone scomparse non dissi nulla, mi limitai solo a fare un si con la testa, che mi fece spostare il mio ciuffo di color marrone scuro superiormente, mentre sotto erano più chiari. Che cavolo di capelli che avevo, i geni dei miei genitori si erano ben mischiati e si erano presentati entrambi e per ciò tutti i miei amici o almeno quelli che reputavo tali, mi avevano sempre preso per il culo affibbiandomi il soprannome di The Strange, Adam The Strange Rose. Cazzo quanto lo odiavo quel nomignolo, che era detto con tono di ribrezzo dalle loro voci e la cosa peggiore è che per le superiori e gli anni universitari, tutte le persone che neanche conoscevo mi salutavano cosi. Jesse Tresy si spostò verso il suo ufficio e disse verso di me con quel tono da persona superiore "Seguimi che ti mostro il tuo ripostiglio o meglio l'ufficio" Si mise a ridere, come una ebete cercando complicità anche con la ragazza della reception che la guardò e rimase li con sguardo orripilante. Appena lo vidi mi misi a ridere e Jesse Tresy pensò che stessi ridendo per lei e quindi mi fece un sorriso mostrandomi quei denti perfetti che da lontano mille miglia si capivano che erano finti o meglio alcuni erano veri altri invece erano fatti di ceramica. Ebbi un brivido, chissà se alla sua età anche io possa perdere i denti, sperai vividamente di no dato che andare dal dentista era una cosa che avrei evitato molto volentieri. Non chiesi la sua età dato che seguivo il galateo e il buon comportamento da gentiluomo, quindi rimasi con il dubbio, ma dalla sua corporatura gli diedi più o meno una 30 d'anni. Mi condusse al mio ufficio e mi disse guardandomi in faccia con i suoi occhi vispi "Bene ora dovrei aspettare che qualcuno sparisca e poi potrai entrare subito in azione, per adesso tutti i casi sono già stati presi dagli altri. Ah comunque all'ora di pranzo conoscerai tutti i vari agenti, spero che ti troverai bene qui." Le ultime frasi vennero dette in modo freddo e quasi indifferente, ormai l'avevo inquadrata e sapevo come sarebbe stato il suo comportamento dato che a lei interessava solo la gloria e anche se i suoi agenti si menavano o si odiavano, lei non avrebbe mosso un dito per chiarire le varie incomprensioni. La vidi andarsene via ed entrare nel suo gigantesco, abnorme ufficio e appena entrata tirò giù le serrande di ogni finestra e si isolò dal mondo esterno, neanche mi diede il tempo di rispondere alle sue false parole ma mi andava comunque bene così. Presi un grosso respiro ed entrai, avevo la mano tremante quando aprii la porta, infatti feci difficoltà a girare quella maniglia tonda di ottone antiquata. All'interno vi era una scrivania che era posizionata vicino ad una finestra che dava sull'esterno di quella struttura. Su quella scrivania vi era un cesto di frutta con un piccolo foglio, che si trovava sotto di questo. Presi il figlio con estrema tranquillità, vidi della scrittura, quindi me lo potrai vicino alla faccia e inizia a leggerlo. Vi era scritto Buon primo giorno da parte di tutti, immagini subito che erano i miei colleghi ad averlo comprato e posto come omaggio. Le miei iridi andarono di nuovo sul cesto e feci un sorriso, erano tutte banane, grandi e gialle. Dissi ad alta voce, facendo qualche passo verso la finestra del mio ufficio, con l'intenzione di aprirla " che scherzo, ahahahahaha, il nuovo arrivato è gay ama le banane" tranne le prime parole le altre modificai la mia voce imitando quella di un mio ex compagno di università, che spesso mi faceva questi scherzoni da bambino con problemi mentali molto gravi.
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