Incontro

   La mia mano destra andò ad aprire la finestra tirandola verso di me, mentre la sinistra stava tastando i miei vestiti per scoprire dove avessi messo le sigarette e l'accendino Zippo. Il pacchetto di sigarette stava nella tasca destra dei jeans neri, lo tirai fuori e con una rapida schicchera sulla base, feci uscire una sigaretta che venne catturata immediatamente dalla mia bocca. Con la mano destra lanciai il pacchetto sulla scrivania, con molta sicurezza e fermezza e per pura fortuna, che non ho mai avuto, si fermò preciso preciso sull'angolo più lontano da me. Con l'altra mano presi lo Zippo, lo portai prima sulla mia gamba per aprirlo e poi mi accesi la sigaretta. Feci qualche tiro, facendo uscire un po di fumo dalla bocca e il restante dal mio naso, prima di girarmi a guardare la porta del mio ufficio che era spalancata. Lanciai Istintivamente la sigaretta, che non era neanche a metà, fuori dalla finestra e guardai chi era entrato, sperando iddio che non era la direttrice, se no avrei dovuto sorbire una ramanzina da parte sua con quella irritante voce. Era però la mia giornata fortunata quella, dato che dietro di me c'era la centralista o meglio detta l'organizzatrice della squadra, che mi aveva portato il caffè dentro una tazza, dove vi era scritto una dedica strana che non capii subito, dato che lessi solo tali parole "alla ma del do". L'odore del caffè era penetrano nel mio ufficio, contrastando quello della sigaretta che ancora svolazzava nell'aria anche se la finestra era aperta. Presi con la mano destra, allungandola fino al manico infilandoci tre dita, per poi portala verso le mie labbra, che già presentavano un sorriso. Lei mi guardò negli occhi e disse, con una voce molto rilassante e piena di felicità "Era l'unica tazza libera che c'era, non potevo mica darti quella dei colleghi, dato che so anche io che vuol dire i primi giorni" La guardai con estrema calma, passai dai suoi piedini, che erano dentro delle scarpe con il tacco di color rosso acceso e credo pure di marca, per poi soffermarmi un pochino sul busto, dove pendevano due enormi protuberanze, che ad ogni suo movimento rimbalzano leggiadramente. Infine andai a guardare il suo viso, che era illuminato dai raggi solari che entravano dalla finestra e la rendevano davvero bella come una antica dea greca o latina, dato che i suoi biondi capelli facevano contrasto con la sua chiara pelle, sembrando ai miei occhi increduli, che la luce provenisse da lei e non dalla finestra. "è vero che il sole bacia i belli e io che avevo sempre pensato che i detti erano solo stronzate." Dissi ad alta voce senza rendermene contro, solo dopo che la vidi ridere capii cosa avevo fatto. Non era la prima volta che dicevo ciò che stavo pensando, anzi era pure per questo che mi chiamarono The Strange. Solo un'altra ragazza si mise a ridere quando lo feci e mi disse che ero davvero un tipo interessante e molto simpatico e che mi avrebbe voluto conoscere. Ed iniziammo ad uscire insieme, più e più volte e diventammo fidanzati dopo svariate uscite e la cosa strana fu che lei me lo chiese e che mi baciò sulle labbra, sul treno di ritorno, dopo una serata ad un pub metallaro vicino ai bassifondi di Los Angeles. Restammo insieme per due anni, prima si quel fatale incidente avvenuto nella notte del mio ventesimo compleanno. Lei era solita tornare a casa sua, ovunque andava, a piedi siccome amava le passeggiate e soprattutto l'aria notturna che era un po più fresca e respirabile rispetto a quella del giorno, dato che lo smog era molto elevato. Quella sera però decise di prendere un autobus dato che era rimasta con me fino a tardi. Là dentro trovò la morte, dato che lì c'era oltre all'autista, anche un'altra persona, almeno così affermava Timmy, un altro ragazzo che prese quel maledetto autobus notturno, ma per sua fortuna scese prima dell'ultima fermata, dove la mia ex ragazza, di nome Maddy fu trovata senza vita, il mattino seguente. Stetti molto male, dato che ero io la causa della sua morte, ero io che la feci rimanere con me quella sera del 16 ottobre di cinque anni fa e la feci salire sull'autobus senza accompagnarla. Mi isolai dal mondo intero, dedicandomi solo allo studio, così da poter poi andarlo a cercare e ad arrestare quel lurido verme. La cosa strana era che Meddy non presentava né tagli né buchi che potessero indicare il metodo con cui l'assassino l'aveva trucidata. Quando mi resi conto dell'essere entrato in modalità detective, guardai la ragazza che muoveva le labbra dicendomi qualcosa che non riuscì a sentire, dato che in quella fase tutto ciò che era intorno a me diventava prima in secondo piano e poi scompariva totalmente, lasciandomi solo con i miei pensieri e ragionamenti. Era come se qualcuno mettesse un velo nero che mi impediva di rimaner cosciente su quello che mi stava succedendo attorno. Istintivamente feci di si con la testa, muovendo il mio ciuffo che aveva vita propria poiché anche se la mattina mi pettinavo, lui tornava alla sua posizione iniziale. La ragazza mi sorrise e mi scrisse un numero su un pezzo di carta, che aveva strappato da un suo quaderno che teneva sotto il braccio destro. Me lo consegnò e disse, mostrandomi di nuovo quel sorriso che un pittore o uno scultore non riuscirebbero a scolpirlo o riportarlo su un dipinto. " Allora ci vediamo questa sera, al pub qui vicino ok? Ti aspetto signor belli capelli" ed uscì senza aspettare una mia risposta, dato che ero totalmente imbambolato su quel foglio che tenevo ora in mano, che tremava lievemente. Quando sentii la porta chiedersi, presi il mio 3310 e scrissi il suo numero, ma non sapevo il suo nome finché non lo lessi sotto il numero: Cassidy. Oltre ad avere una bella faccia, un corpo mozzafiato e tante curve sinuose anche il nome era davvero bello, sensuale e rispecchiava appieno la sua figura. Dissi ad alta voce, avvicinandomi alla porta, con l'intenzione di aprirla per uscire fuori "Ma cosa mi ha detto? " si stavo parlando a me stesso, un'altra mia stranezza.  

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