Capitolo 34 ~ Allison
Cadevo nel vuoto mentre le risate di Adrian risuonavano tutt'intorno a me.
Non poteva essere vero. Sapevo che era tutto un sogno. Adrian non mi avrebbe mai lasciato andare. Non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere.
-Allison! -sentii qualcuno chiamarmi. -Allison, svegliati! È solo un incubo!
Urlai il nome di Adrian, sperando che mi aiutasse. Ma niente. Il buio sembrava aumentare ed io continuavo a cadere.
-Sono qui. Sono qui. -disse di nuovo la voce. -Allison, va tutto bene. Devi solo aprire gli occhi!
E li aprii.
Subito vidi Adrian, in piedi accanto al letto, alla luce della lampada sul comodino. Teneva la mano sul mio braccio, probabilmente mi aveva scossa per svegliarmi. Aveva un'espressione spaventata negli occhi azzurri e il fiato corto.
-Adrian... -lo chiamai con voce rotta dal pianto.
-Va tutto bene, Sbuffo di Nuvola. Sono qui. -disse dolcemente. -Era solo un incubo.
Mi misi seduta e lui fece lo stesso. Scostai le coperte.
-Adrian... -dissi ancora e singhiozzai.
-Shh, tutto bene. -mormorò lui prendendomi il viso con la mano. Mi asciugò le lacrime.
Io mi accoccolai al suo petto, così che mi abbracciasse.
-Era solo un brutto sogno. -sussurrò Adrian dandomi un bacio sulla testa. Potevo sentire il suo cuore, che batteva forte contro la cassa toracica.
-D-Dov'eri? -chiesi. Il figlio di Zeus mi alzò il mento.
-Cosa?
Misi una mano sul suo petto, in corrispondenza del cuore: -Sembra un tamburo. -dissi, poi guardai i suoi piedi. -E hai le scarpe. Dove sei andato?
-Al bar dell'hotel, a bere qualcosa per riuscire a dormire. -rispose prendendo la mia mano. -Ti ho sentita urlare, quando sono tornato. Ma avevo lasciato la chiave sul bancone.
Annuii e feci un sospiro tremante.
-Va un po' meglio? -mi chiese. -Vuoi dirmi cos'hai sognato? Aiuta, lo sai?
Lo guardai negli occhi blu, che nel mio sogno erano diventati di ghiaccio. Sapevo che Adrian non mi avrebbe mai trattata come nell'incubo. I suoi occhi erano bellissimi, di una particolare sfumatura di azzurro che ricordava il cielo limpido.
Raccontai di come fossi caduta nel vuoto, con lui che rideva e non mi aiutava. Mi aveva detto una frase, prima di gettarmi in quella sottospecie di abisso: "Non sai che ti farei". Gli avevo chiesto il significato e lui mi aveva dato una spinta, facendomi perdere l'equilibrio.
"Questo" aveva detto mentre precipitavo nel vuoto "Ti farei questo. Pensavi davvero che ti amassi?"
Gli occhi di Adrian si spalancarono mentre io finivo di raccontare.
-Allison, non ti farei mai una cosa del genere. Lo sai. -disse stringendo la mia mano.
-Ma sembrava così reale...
Il figlio di Zeus si morse il labbro inferiore: -Non devi credere ai sogni. Sono pericolosi. Ci mostrano ciò che desideriamo o ciò che ci spaventa di più. L'ho imparato con il tempo, eppure spesso ci casco ancora. -ammise.
-Davvero?
Adrian annuì e mi sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Adrian?
-Sì? -mi guardò di nuovo negli occhi.
-Tu cosa mi faresti? -buttai fuori le parole insieme al fiato che non mi ero resa conto di trattenere e aspettai la sua risposta.
Dovevo averlo lasciato spiazzato, perché sbatté le palpebre un paio di volte prima di chiedere: -In che senso, Sbuffo di Nuvola?
-Cosa mi faresti? Male? Bene? Mi getteresti in pasto ai segugi infernali? -iniziai a balbettare un discorso, ma Adrian m'interruppe, stringendo ancora la mia mano.
-Mia. Ti farei mia. -disse e premette le sue labbra sulle mie. Fu così improvviso che mi dovetti aggrappare alle sue braccia. Sentii un sapore dolce e amaro allo stesso tempo, probabilmente il gusto della bevanda che Adrian aveva bevuto al bar. Poi il mio ragazzo sembrò accorgersi di essere stato troppo avventato e si scostò dalle mie labbra per guardarmi in viso. Si tolse le scarpe con un calcio, infilò una mano nei miei capelli, attirandomi delicatamente a sé, e mi baciò di nuovo, stavolta più dolcemente.
Io sentii i muscoli delle sue braccia tendersi sotto la mia stretta. Adrian aveva una maglietta a maniche corte, perciò percepivo la sua pelle nuda e calda a contatto con le mie mani fredde.
Una mano di Adrian andò a posarsi sul mio fianco, avvicinando di più i nostri corpi.
-Allison, ora... concentrati sulla mia voce, ok? Non devi addormentarti. -Adrian mi mise una mano attorno alle spalle per sostenermi e mi scostò i capelli dalla fronte. -Ti prendo in braccio. Se ti faccio male, dimmelo, va bene?
Annuii, così mi mise un braccio sotto le ginocchia e l'altro attorno alla vita. Poi mi sollevò delicatamente da terra, come una principessa.
Ben presto passammo a un semplice bacio sulle labbra a qualcosa di più: fu Adrian ad aprire le mie labbra con le proprie e a quel punto misi le mani nei suoi capelli e arrotolai le ciocche corte attorno alle dita, tirandole leggermente.
Adrian inspirò e si separò dalle mie labbra. Lo guardai in viso: aveva delle macchie rossastre sulle guance e negli occhi potevo leggere quanto volesse il mio permesso di proseguire.
Pensai alle conseguenze di quello che intendeva: ero pronta ad un passo così grande?
Sapevo che di lui potevo fidarmi. Mi amava e sarebbe stato disposto ad aspettare, dovevo solo dire sì o no.
E dissi di sì.
-Quella notte ho fatto un sogno. C'eri tu. Stavamo addobbando un albero di Natale.
Sorrisi.
-Eravamo più adulti e c'era una bambina seduta sul tappeto della casa. Stava giocando. -continuò Adrian. -Ti somigliava tanto, anche se aveva i miei occhi.
-Come si chiamava? -chiesi, dolce.
-Abigayle. -Rispose lui con il mio stesso tono e con un sorriso.
Adrian riprese a baciarmi, poi pian piano si mise a seguire il profilo della mia mascella lasciando una scia di baci umidi. Passò al collo e alla gola, dove si soffermò. Intanto le sue mani avevano raggiunto l'orlo della mia canottiera, che aveva alzato leggermente per toccare la mia pelle. Quel suo tocco mi provocava brividi lungo tutta la schiena, tant'è che strinsi la presa sui capelli del ragazzo e lo sentii gemere. Poi avvertii un pizzicotto sul collo che mi fece trattenere il respiro.
A quel punto Adrian mi fece sdraiare sul materasso morbido. Lui si mise in ginocchio e si levò la maglietta, per poi gettarla da qualche parte. Si chinò e si mise a baciarmi sulle labbra. Era come se attraverso i baci mi parlasse, facendomi sentire unica, speciale. Lui voleva me. Me. E me lo stava dicendo.
Adrian sollevò la canottiera che indossavo per togliermela. Alzai le braccia e me la sfilò.
Ora, non immaginavo che la mia impresa sarebbe andata a finire in quel modo, perciò non indossavo niente di speciale: il reggiseno era bianco, nulla di provocante, ma il ragazzo mi fece capire che non gli importava, baciando il mio petto fin dove il reggiseno consentiva. Poi mi sfiorò la pancia con le labbra e sentii un altro brivido. Il cuore sembrava voler uscire dallo sterno da tanto batteva forte.
Stavo guardando fuori dal finestrino, immersa nei miei pensieri, quando sentii qualcuno prendermi la mano che tenevo appoggiata sul sedile in mezzo.
Guardai la mia mano.
Adrian la teneva stretta nella propria, ma anche lui aveva gli occhi fissi fuori dal finestrino.
Sorrisi.
Adrian tornò alle mie labbra. Io lo strinsi a me e gli morsi il labbro inferiore. Gemette di nuovo.
Feci scorrere le mani sul suo petto, seguendo il profilo degli addominali. Poi arrivai ai suoi jeans, che cercai di aprire con mani esitanti. Adrian se ne accorse e mi aiutò: si separò dalla mia bocca, si alzò in piedi per togliersi i pantaloni e gettò anch'essi chissà dove.
Mi baciò dolcemente sulle labbra.
-Allison. -disse in un sussurro. -Se non vuoi continuare basta dirmelo...
Per tutta risposta, lo tirai a me di nuovo, cercando la sua bocca. Volevo fargli capire che i suoi baci erano come una droga. Il suo tocco su di me bastava a farmi sentire protetta dal mondo esterno. Il suo respiro sulla mia pelle mi faceva venire i brividi.
Adrian riprese a baciarmi sul collo ed io passai le mani sulla sua schiena, sentendo le cicatrici ruvide sui polpastrelli e sui palmi delle mani. Il figlio di Zeus arrivò alla mia spalla, dove c'era la spallina del reggiseno.
-Aspetta, cosa vuol dire che non mi ricorderò di te? -mi alzai di scatto. -Io... io...
Adrian si alzò a sua volta: -Neanche io mi ricorderò di te, di Jason o di tutti i ragazzi del Campo Mezzosangue. Non mi ricorderò di questa strana impresa per proteggerti dalle Muse, non mi ricorderò della tua voce, non mi ricorderò di come mi hai curato le ferite che mi ha fatto il Leone Nemeo. Non mi ricorderò che ti amo, Sbuffo di Nuvola. E non so se sia una cosa bella o meno, perché io... vivrò per altri migliaia di anni senza ricordarmi di te. Di quello che ho provato e che provo ancora per te. Della persona a cui penso quando mi sveglio o quando spengo le luci di sera.
Le mani di Adrian trovarono il bordo dei miei pantaloncini. Me li sfilò lentamente, come se si fosse divertito a farmi aspettare, e li lanciò via.
Poi si alzò sulle braccia e mi guardò.
-Sei bellissima. -mi disse sorridendo. Gli sorrisi anch'io.
Poi lui cercò le mie cosce con la mano, senza smettere di guardarmi negli occhi. Raggiunse la stoffa degli slip e gemetti.
-Posso? -domandò. Io annuii, mordendomi il labbro inferiore.
Adrian si abbassò di nuovo e mi baciò la pancia. A quel punto mi abbandonai a lui, lasciandolo libero di toccarmi. Ero un giocattolo tutto suo. Poteva farmi ciò che voleva.
Ma di una cosa ero sicura: non mi avrebbe fatto del male. Lui mi amava.
Quando non ci fu più niente a dividerci, chiusi gli occhi, mentre Adrian mi faceva finalmente sua.
*angolo meh*
E con questo capitolo di 1.632 parole ho cercato di scrivere una scena speciale!
Non è questo granché, dato che è la prima volta che scrivo scene del genere, però dovevo inserirla per motivi legati al terzo libro di questa serie! È il motivo per cui ho messo il tag per adulti, sia chiaro.
Preparatevi, perché la fine si sta avvicinando... 😏
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