Capitolo 32 ~ Cecily, Adrian

{Cecily}
Arrivammo all'hotel più vicino doloranti dalla testa ai piedi. Avevamo subito un altro attacco poco dopo le arpie da parte di folletti maligni che avevano cercato di rubarci le nostre cose. Avevamo corso e combattuto finché Adrian, esasperato, non aveva evocato un fulmine e quei piccoli mostri erano scappati, spaventati. In certi casi tornava utile avere un figlio di Zeus con te.
Quando richiusi la porta della stanza, James si sedette sul bordo del letto, massaggiandosi la caviglia.
-James, ti fa ancora male? -gli chiesi.
-No, tranquilla. -rispose. Aveva un'aria dolorante.
Lasciai lo zaino a terra e lo raggiunsi.
-James. -dissi con tono di rimprovero. -Perché non mi hai detto niente?
-I-Io...
Feci per prendere lo stilo, ma su di lui non avrei potuto usarlo. Non era uno Shadowhunter. L'iratze lo avrebbe bruciato.
Allora presi l'ambrosia dallo zaino e gliela porsi.
-No, sto bene. -fece James.
-James. Mangia l'ambrosia.
-Ma...
-Mangia.
Il figlio di Mercurio deglutì, spaventato, ma prese l'ambrosia e la mangiò.
-Devo averla sforzata troppo. -disse guardando il suo piede.
-Da quanto ti fa male?
-Da dopo che siamo scappati da quei folletti...
Sbuffai, spazientita. Gli avevo detto non so quante volte che se c'era qualcosa che non andava avrebbe dovuto dirmelo.
-Ti sarei grata se mi dicessi se non stai bene. -dissi. Lui rimase in silenzio per un po' e così intanto tolsi la felpa che indossavo, mettendo in mostra le mie rune.
-Lily? -mi chiamò James.
-Che c'è? -gli chiesi guardandolo. Adoravo quando mi chiamava così.
-Mi ami? -domandò facendo quella sua espressione da cucciolo abbandonato che adoravo.
-Sì, ti amo. -risposi alzando gli occhi al cielo. Poi tornai a sistemare la felpa.
-Anche se ti faccio arrabbiare? -domandò di nuovo.
Mi voltai e gli sorrisi: -Sì, ti amo anche se mi fai arrabbiare. -dissi. -Credevo fosse ovvio.
James sorrise a sua volta e mi fece segno di avvicinarmi. Obbedii e mi sedetti accanto a lui, che mi baciò.
Tante volte mi chiedevo cosa fosse successo se dopo la partita a Caccia alla Bandiera non lo avessi baciato. Sicuramente sarei stata ancora in giro a cercare di attirare la sua attenzione. James era sempre circondato da altri semidei che ridevano con lui. Non so proprio come avesse fatto a notarmi.
-Mi faccio un bel bagno caldo. Tu riposa il piede. -dissi alzandomi.
-Sì. -rispose lui. -E poi andremo a cena. Ho fame.
Risi.
-Ehi, abbiamo ancora una cena in sospeso. -mi ricordò. -Appena questa impresa sarà finita, andremo in un bel ristorante di New York. Noi due.
-Al mesiversario? -proposi.
-Perché no?
Gli sorrisi ancora una volta e poi entrai nel bagno.

{Adrian}
Appena entrato in stanza, tolsi le scarpe, mi buttai sul letto e sbuffai.
-Che c'è? -mi chiese Allison mentre si richiudeva la porta alle spalle.
-L'impresa è finita. -dissi. Mi alzai sui gomiti per guardarla.
-Non ancora. -mi corresse lei lasciando lo zaino a terra. Si guardò intorno.
-Sbuffo di Nuvola?
-Cosa? -tornò a guardarmi.
Mi misi seduto e incrociai le gambe come un bambino.
-Bei calzini. -Allison ridacchiò.
Abbassai lo sguardo sui miei piedi: -Cos'hai di male contro le saette? -domandai con il broncio.
La figlia di Apollo scoppiò in una sonora risata.
-Seh, ridi, ridi. -commentai. -Ma quando troverai un altro ragazzo sexy con questi fantastici calzini chiamami.
Allison continuò a ridere, tenendosi la pancia.
-Piccola mortale maleducata. Non capisci il buon gusto degli dei. -protestai incrociando le braccia. Lei si tolse le scarpe e gattonò sul materasso fino ad arrivare a me. Mi baciò sulle labbra, poi si sedette a gambe incrociate a sua volta.
-I miei calzini almeno sono seri. -disse con fare altezzoso.
-Tsk, ma non penso che dei noiosi calzini bianchi attirino l'attenzione...
-Meglio no? Nessuno mi guarderà e tu avrai poco lavoro da fare.
-Mh, hai ragione.
-Come sempre? -scherzò Allison. Poi si mise in piedi: -Vado a farmi una doccia. -disse.
-Posso farla insieme a te? -domandai furbo. Volevo proprio vedere come avrebbe reagito.
La guardai prendere il cuscino, che mi lanciò in faccia.
-Ehi! -esclamai abbassando la sua arma. -Sbuffo di Nuvola, lo so che hai un lancio potente, non devi ricordarmelo.
Allison arrossì: -Piantala.
Ridacchiai. Adoravo stuzzicarla in quel modo.
Poi la figlia di Apollo prese le sue cose e si diresse verso il bagno.
-Sbuffo di Nuvola?
Lei sospirò: -Cosa vuoi, stress della mia vita?
-È il mio soprannome?
-Se vuoi... -fece spallucce.
Storsi il naso: -Preferirei qualcosa tipo "Amore della mia vita" però se ti piace la tua versione io mi adeguerò.
Notai con un pizzico di orgoglio che Allison stava sorridendo.
-Ci penserò. -disse, poi entrò in bagno.
Circa un quarto d'ora dopo, la sentii strillare. Scattai in piedi e corsi verso la porta.
-Allison! -esclamai abbassando la maniglia, ma la porta era chiusa a chiave. -Cosa sta succedendo?
Poco dopo Allison aprì la porta: indossava un accappatoio che le copriva le gambe fino alle ginocchia e aveva i capelli bagnati.
Ero troppo agitato per fare battute squallide, così entrai in bagno con i pugnali in mano.
-Un certo figlio di Apollo ha deciso di farmi beccare un infarto. -disse Allison irritata. Poi indicò la doccia, dove c'era un arcobaleno. Un messaggio Iride.
-Scusa, sorellina. -disse Will, che aveva una mano sugli occhi. -Ora posso guardare?
-Sì. -disse Allison sospirando.
Will tolse la mano e ci guardò.
-Ciao Adrian. -mi salutò. Ricambiai con un cenno del capo un po' rigido, mentre i pugnali si ritrasformavano in anelli.
-Perché hai chiamato, Will? -chiese Allison.
-Chirone ha scoperto che il palazzo di Orfeo ha il potere di spostarsi. Mi ha chiesto di chiamarvi per dirvelo.
Lanciai un'occhiata ad Allison, poi domandai: -Ma si sposta... in che senso?
-Orfeo si stanca quasi subito della città dove va ad abitare con il palazzo. -spiegò Will. -E quando non ne può più ordina al palazzo di cambiare localizzazione. A quanto pare l'ha incantato con qualche magia... Però credo che non sia un problema per voi. Pare che si sia appena stabilito a Vancouver.
Allison annuì: -Grazie.
Will le sorrise: -Di niente. Fate attenzione. -disse. -Ora devo andare. Nico mi sta aspettando.
Lo salutammo e lui interruppe la connessione.

Quando uscii dal bagno dopo una bella doccia, Allison era seduta sulla poltrona accanto alla finestra e leggeva un libro.
-Ti piace proprio quel libro, eh? -chiesi.
La figlia di Apollo lesse una frase, poi appoggiò un dito sulla pagina per tenere il segno e alzò lo sguardo su di me: -Sì. -rispose con un sorriso.
Le diedi la schiena per cercare una maglietta pulita nello zaino (impresa difficile dato che erano tutte sporche di sangue) e sentii Allison trattenere il respiro.
-Dei, cos'hai fatto? -domandò stupita. Mi voltai e alzai un sopracciglio: -Ehm... cosa ho fatto?
Lei mise il segnalibro, si alzò e mi raggiunse.
-Cos'hai sulla schiena? Cicatrici?
-Oh! Beh, sì. Ma non so come me le sono...
-Potrebbe essere successo due anni fa. Non ho mai visto un dio con le cicatrici. -mormorò incantata mentre sfiorava la mia schiena con le dita gelide. Quel gesto mi provocò un brivido.
E mi ritrovai nell'infermeria del Campo Mezzosangue. Era buio e tutto intorno a me risuonava una voce femminile che cantava. Qualcuno stava avvolgendo il mio busto con delle bende e quel qualcuno era Allison. Quando ebbe terminato, le alzai il mento e la baciai. Lei si ritrasse con le mani sulle labbra e le lacrime agli occhi.
-Adrian! -esclamò la voce di Allison. Ma non lo disse la ragazza che avevo davanti.
Sbattei le palpebre e vidi di nuovo la camera dell'albergo attorno a me. Mi ero lasciato andare sulla poltrona e Allison si teneva al letto.
-Due anni fa... -balbettò.
Annuii: -Ecco che disastro ho combinato.

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