Capitolo 26 ~ Adrian, Kendall

{Adrian}
-Si può sapere cosa ci fate qui? -domandai uscendo. Accostai l'anta della finestra, per evitare che Allison si svegliasse sentendo le voci.
-Veniamo a trovarti, cuginetto. -rispose Ocean, che se ne stava appoggiato alla ringhiera del terrazzo con le braccia conserte. I suoi capelli castani erano mossi dalla leggera brezza notturna e gli occhi grigi riflettevano la luce lunare.
-Non ce n'era bisogno. -dissi un po' imbarazzato. Sperai che non mi chiedessero perché Allison stesse dormendo nel mio stesso letto.
-Ma ci mancavi! -esclamò Isabelle abbracciandomi. Ricambiai la stretta e inspirai il profumo dei suoi capelli, dolce e familiare. Sapeva di fiori.
-Anche voi mi mancate. -dissi quando Izzy si scostò.
-Come va con la mortale? -chiese Ocean indicando con la testa l'interno della stanza.
-Con Allison? -guardai verso la figlia di Apollo, che aveva cambiato posizione nel sonno. -Come dovrebbe andare?
-Adrian, dimentichi che Afrodite è costantemente sintonizzata sul tuo canale. -mi fece notare Isabelle.
Ecco. Sapevo che Afrodite lo avrebbe fatto.
-Quindi... ha visto tutto? -balbettai imbarazzato.
-Eh già. -Ocean si separò dalla ringhiera e mi diede una pacca sulla spalla. -Mi dispiace. Non abbiamo potuto evitarlo.
-Come tu ben sai, ha incaricato Eros di darvi una spinta. -disse Izzy. -E lui ha chiesto aiuto a Nemesi.
-Sì. Eros ci ha detto tutto oggi. -la interruppi. -Ma voi non siete qui per riassumermi quello che è successo, non è così? C'è dell'altro.
Ocean e Isabelle si scambiarono un'occhiata.
-Non fate lo sguardo dei cugini. Non promette mai niente di buono. -dissi praticamente pregandoli. Lo "sguardo dei cugini" era l'occhiata che ci scambiavamo quando nascondevamo un segreto tra di noi e nessuno lo sapeva.
-Come hai fatto a capirlo? -chiese Ocean incrociando ancora le braccia. Scrollai le spalle e mi appoggiai alla ringhiera, dando la schiena alla città.
-Abbiamo il cellulare. Avreste potuto dirmelo con una chiamata o un messaggio. -spiegai. -E invece siete qui di persona. Che c'è?
Isabelle guardò Ocean e poi di nuovo me: -Riguarda la figlia di Apollo.
-Allison? Che cosa succede? -domandai allarmato.
-Suo padre ha avuto una specie di visione. Era fuori di sé. Non credevamo di poterlo mai vedere in quello stato. -disse Ocean con tono grave. -Quando si è calmato ci ha detto tutto.
-Nel sogno. -iniziò Isabelle. -C'era Allison. Morta in una pozza di sangue.
Sentii le gambe cedere, ma mi aggrappai alla ringhiera.
-Co-Cosa? -chiesi spaventato.
-Ha detto che c'eri anche tu. La guardavi con un'espressione sconvolta e avevi del sangue, il suo sangue, sulle mani e sui vestiti. -Ocean si accorse del mio stato d'animo e si avvicinò, cauto. -E in piedi, davanti a voi, c'era un uomo senza volto.
-E... -deglutii e cercai di mantenere un tono di voce calmo. -E poi?
-Non ha aggiunto altro. -rispose Isabelle. -Per questo siamo qui. Per avvertirti. Allison sta correndo un pericolo mortale.
Guardai verso la stanza: Allison si era mossa di nuovo.
-No. Lei non morirà. -dissi. -Io... io farò in modo che sia al sicuro. Lo giuro sullo Stige.
Si sentì un tuono, come tutte le volte in cui si giurava nominando quel fiume.
Isabelle mi mise una mano sul braccio: -Adrian. Fai attenzione. -disse preoccupata. -Non puoi fare promesse del genere se non puoi mantenerle.
-E chi ti dice che non riuscirò a mantenerla? -sbottai. -Dovresti conoscermi, Izzy.
I miei cugini stettero in silenzio. Io abbassai la testa e mi voltai, dando loro le spalle.
-Adrian. -disse Ocean mettendomi una mano sulla spalla destra; lo guardai. -Ti crediamo. Ma fai attenzione, d'accordo?
Sorrise e lo ricambiai.
Poco dopo ero solo, così rimasi per un po' sul terrazzo a pensare e a godermi l'aria fresca della notte, poi rientrai nella stanza e chiusi la finestra e le tende.
Allison si mosse proprio mentre passavo accanto al letto per raggiungere la mia parte.
-Adrian? -mugugnò la figlia di Apollo con voce assonnata. -Cosa fai?
-Nulla. -Le sussurrai sdraiandomi accanto a lei. -Dormi. Avevo solo bisogno di una boccata d'aria.
Allison si voltò verso di me.
-Non ti senti bene? -chiese con tono preoccupato. -Se vuoi posso cantare qualcosa.
Mi allungai e le baciai la fronte: -Non ce n'è bisogno. Avevo caldo e sono uscito.
La ragazza rise debolmente: -Tu hai caldo e io sto gelando di freddo.
-E perché non me lo hai detto? -esclamai. L'attirai a me e la strinsi, strofinandole il braccio con la mano.
-Eri fuori. Come avrei fatto a dirtelo?
Non faceva una piega.
Mi misi seduto e tolsi la maglia, rimanendo a petto nudo. Poi la porsi ad Allison.
-Tieni. Indossala sopra i tuoi vestiti. -le dissi. La semidea prese la maglietta e se l'infilò.
-Meglio? -domandai guardando la sua figura scura.
-Sì. -rispose lei e si sdraiò di nuovo. -Grazie.
Le baciai la fronte di nuovo, poi la strinsi a me e inspirai il suo profumo. In poco tempo dormivamo entrambi.

{Kendall}
Quando uscii dal bagno, Audrey era sveglia, ma se ne stava ancora a letto a brontolare qualcosa.
-Buongiorno Pasticcino! -esclamai asciugando i capelli umidi con la salvietta.
-Mmh. -fece lei per tutta risposta.
-Forza! Il sole è alto e noi dobbiamo impedire che Renzo e Lucia facciano qualcosa di avventato come il matrimonio a sorpresa. -mi avvicinai ad Audrey e alzai il lembo di coperta che le copriva il viso.
-Se paragoni ancora quei due a una coppia sdolcinata... -ma la baciai prima che potesse aggiungere altro.
-Dai, Pasticcino. È ora di alzarsi. Tra poco si fa colazione. -dissi.
Audrey a quel punto si alzò e prese le sue cose, poi entrò in bagno. Io mi vestii, misi le scarpe ed uscii sul terrazzo, respirando l'aria ancora fresca. Proprio in quel momento, James uscì sul terrazzo accanto e mi salutò.
-Ci vediamo tra dieci minuti a colazione? -propose sistemando il ciuffo ribelle sulla sua fronte.
-D'accordo. -risposi. -Vado a controllare se Adrian e Allison sono svegli.
James annuì, poi rientrai.
-Audrey! -chiamai.
-Cosa? -rispose la figlia di Fortuna dal bagno.
-Vado da Adrian e Allison.
-Ok.
Ricevuta la conferma, uscii dalla stanza e per poco non fui travolto da due bambini che correvano per raggiungere le scale.
-Ehi! -esclamai. -Attenzione.
-Danny, Owen! Chiedete scusa! -ordinò una donna molto giovane. Doveva essere la madre.
-Non si preoccupi. Non mi hanno fatto niente. -le dissi.
Quando la famiglia si fu allontanata, bussai alla porta della stanza di Adrian e Allison.
-Adrian? -chiesi. -Allison?
Niente.
-Ragazzi? -tentai di nuovo.
Ancora niente. Le opzioni erano tre:
1) stavano ancora dormendo;
2) erano già scesi a fare colazione;
3) stavano flirtando.
Sicuramente era la terza. Ne ero sicuro. Il mio istinto da figlio di Venere era il migliore in questo campo.
Bussai una terza volta. Poco dopo, la porta si aprì e mi trovai davanti Allison: sembrava essersi appena alzata, infatti aveva i capelli spettinati e i vestiti stropicciati. Anche se la maglietta che indossava non mi sembrava sua. Le stava troppo grande.
-Buongiorno. -dissi.
-Ciao, Kendall. -fece lei sbadigliando.
-È una maglietta di Adrian? -chiesi ed Allison annuì. Poi sembrò accorgersi di qualcosa.
-Ti giuro che non è come sembra. -disse. -Adrian mi ha dato la sua maglietta perché sentivo freddo. Non abbiamo... ehm...
La guardai, dubbioso: a cosa si stava riferendo?
-Allison, cosa stai... -ma, improvvisamente, capii. -Oh... no! No. Non stavo pensando a...
Le guance della ragazza iniziarono a colorarsi di rosso.
-Ti prego, non pensare male. -disse.
-Ehm... stai tranquilla. -poi decisi di cambiare argomento, per evitare equivoci. -Dov'è Adrian?
-Dorme ancora. -rispose Allison.
-Sono qui. -Adrian spuntò da dietro Allison, sbadigliando. Aveva i capelli più spettinati del solito. Li osservai entrambi con aria critica, poi chiesi: -Sicuri di non aver combinato niente stanotte?

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