7. Punizione severa

Alcuni avrebbero potuto chiamarla violenta, altri stupida, ma Ashlyn non era nessuna delle due cose: era semplicemente una ragazza troppo impulsiva, che spesso si lasciava trasportare dal suo istinto, abbandonando del tutto il buon senso.

Spesso, la ragazza, si era ritrovata in situazioni più grandi di lei a causa di questo suo difetto. Come quella volta che, Phil, il gatto dei vicini scomparve.
Quel brutto, vecchio e scontroso gattaccio marrone, l'incubo di ogni altro animale del vicinato, che attaccava e mordeva qualunque essere vivente gli si avvicinasse troppo.

Tutto iniziò quando, un funesto giorno, Ashlyn vide Briciola, il suo bellissimo gatto nero con chiazze grigie sparse sul dorso, steso a terra, completamente immobile.
Allora era solo una bambina di sette anni, che ancora non comprendeva bene il significato della parola "morte", ma qualcosa in lei cambiò lo stesso.

Il suo piccolo cuore si spezzò nello stesso momento nel quale vide il gatto steso a terra, sul freddo asfalto, circondato da una piccola pozza di sangue secco e rappreso.

《Briciola!》urlò la piccola bambina, correndo disperata dal suo amato gattino, ormai privo di qualunque scintilla di vita. 《Briciola, ti prego, svegliati!》

La ragazzina iniziò a piangere, capendo amaramente di aver perso il suo animaletto domestico per sempre.
Ma... chi poteva aver fatto una cosa del genere?
Chi l'aveva privato del dono della vita?

Una normale bambina avrebbe subito pensato ad un incidente stradale, o magari ad una morte naturale, veloce ed indolore. Tuttavia, Ashlyn, non era per niente una bambina normale. Era vivace, intelligente e curiosa, forse anche troppo per la sua età.

Amava molto osservare, quindi notò quasi subito le piccole e quasi invisibili ferite che Briciola riportava sul suo collo: segni di graffi e di morsi, che a lungo andare l'avevano ucciso.

Ashlyn finalmente capì chi aveva ucciso il suo sfortunato gattino.

Phil, il gatto dei vicini.

***

《Stupida ed inutile mocciosa!》ringhiò feroce il dottor Myles, massaggiandosi la guancia offesa dal pugno improvviso di Ashlyn. 《La pagherai per ciò che hai fatto!》

La ragazza non accennò ad indietreggiare, nei suoi occhi c'era solo un grande coraggio misto ad una forza di volontà invidiabile.《Lei è un dottore, vero? Dovrebbe curare i pazienti, non mandarli sulla sedia a rotelle.》fece sarcastica, mantenendo però la guarda alta.

《Ashlyn, ti prego...》implorò con un fil di voce Meryl, mentre i suoi occhi si velavano di lacrime. 《Non andrà a finire bene. Non sai di cosa sono capaci...》

《Hai infranto una regola importante, e perdipiù hai offeso pubblicamente un dottore.》Negli occhi di Myles c'era solo l'odio più puro. Non avrebbe mai perdonato Ashlyn per un'umiliazione simile. 《Per mia sfortuna, non sono autorizzato a farti del male fisico, però...》

《La prego, dottore, non...》supplicò, ancora una volta, la ragazza dai lunghi capelli corvini, che non voleva veder ridotta in polvere Ashlyn.

L'uomo la ignorò totalmente, mentre sul suo volto si dipinse un ghigno malevolo. 《Ci sono tanti modi per distruggere una persona, sai? Ed io sarò felice di darti una delle più severe punizioni di questo istituto.》

《In che razza di ospedale si infliggono punizioni ai pazienti?》ribattè Ashlyn, facendo vacillare per un solo secondo il coraggio nella sua voce. 《Neanche fossimo in un manicomio! Non è normale!》

Myles ridacchiò, per poi avventarsi a bruciapelo contro di lei. La ragazza cercò di schivare, ma il dottore fu più veloce di lei e la stese con un forte pugno sullo sterno. Ashlyn iniziò a urlare, scalciare e graffiare l'uomo, che non voleva saperne di lasciarla stare.
Certo, la ragazza era molto agile e scattante, ma non poteva nulla contro i muscoli e la forza schiacciante dell'uomo.

《In quest'ospedale, niente è normale.》si sentì sussurrare all'orecchio, prima di venir tramortita da un altro pugno del dottore.

《Lei è pazzo!》sibilò Vanade, gettandosi in avanti per sorreggere la povera ragazza priva di sensi. 《Tutti, in questa mensa, hanno visto cio che ha fatto. Le faremo rimpiangere amaramente di aver colpito una paziente indifesa!》

《Nessuno ha visto niente.》disse duro l'uomo, scoccando delle feroci occhiatacce alle persone curiose, che avevano alzato lo sguardo per vedere cosa stava accadendo. Immediatamente tutti abbassarono codardamente lo sguardo, non volendo certo fare la stessa fine della sfortunata Ashlyn.

《E comunque lei mi ha aggredito per prima, la mia guancia rossa farà da testimone. Ho agito per legittima difesa.》Myles strappò letteralmente Ashlyn dalle braccia di Vanade, sollevandola di peso e portandola via. Non avrebbe sentito ragioni: quella ragazza era tutto fuorchè indifesa, e d'ora in poi lui l'avrebbe tenuta d'occhio. 《Ricorda, ragazzo: al White Feather Ospital nessun trasgressore la passa mai liscia.》

E, detto questo, uscì dalla porta e scomparì dalla visuale di tutti, lasciando il malcontento tra i pazienti dell'istituto, costretti a vedere scene simili all'ordine del giorno, ma forzati anche a tacere per paura delle conseguenze.

Erano come animali in gabbia, obbligati a coprirsi occhi ed orecchie per cercare di non assistere alle macabre scene che si riproponevano più spesso del dovuto: gente offesa, umiliata e castigata anche per piccole cose.

Il White Feather era come una dittatura, a differenza che i dottori spacciavano le punizioni come "insegnamenti utili al fine di mantenere l'ordine".

I pazienti dell'istituto, dopo un po', si arrendevano alla legge del più forte, chiudendosi sempre di più in sè stessi, cercando di non dare troppo nell'occhio.

La paura di infrangere qualche regola, ed essere poi puniti, era più forte di ogni scintilla di coraggio che nasceva nei cuori dei pazienti.
Nessuno voleva essere "preso in custodia" dai dottori.
Nessuno voleva essere il prossimo.

Tutti sapevano che, gli elementi più disturbanti e ribelli dell'istituto, scomparivano all'improvviso senza lasciar traccia, dunque si guardavano bene dal commettere qualche assurdità.

Ashlyn, purtoppo, non conoscendo ancora le regole del White Feather, non ci aveva pensato due volte prima di attaccare il dottor Myles.
Ah, se solo avesse saputo cosa la sua piccola azione avrebbe provocato... non si sarebbe mai azzardata a colpire così sfacciatamente il volto di un dottore.

La ragazza mugugnò qualcosa nel sonno, sentendo la testa ciondolare a destra e a sinistra, come se qualcuno la stesse trasportando come un sacco di patate. Aprì di poco gli occhi, ancora non del tutto cosciente, cercando di ricordare gli avvenimenti accaduti poco prima.
Sentì un rumore metallico e, poco dopo, una serratura venne sbloccata.

《Siamo arrivati.》annunciò Myles, scaraventando violentemente a terra la ragazza, dentro quella piccola celletta bianca e chiudendocela dentro senza alcun ripensamento. 《Goditi il soggiorno.》il sarcasmo nella sua voce si poteva tagliare con la lama di un coltello, ma Ashlyn non era ancora del tutto cosciente, perciò si limitò a star in silenzio, mentre lo sentiva allontanarsi sempre di più.

Si guardò intorno: era circondata da dei muri completamente bianchi, rivestiti da un materiale che li rendeva morbidi al tatto. La stanza era priva di apparecchi elettronici, quali televisione, lampade o prese. C'era solo un piccolo letto al centro, affiancato da un comodino grigio e da un gabinetto lustro e pulito. La stanza era scarsamente illuminata, il che la rendeva ancor più angusta e piccola.

Cercò di aprire la porta della stanza con calci e spallate, ma tutto ciò che guadagnò fu solo un doloroso e violaceo livido sulla spalla.
Dopo un paio di tentativi, a malavoglia si arrese, stentendosi sul letto e chiudendo gli occhi. Sperò con tutta sé stessa che quello fosse solo un brutto sogno, un sogno dal quale presto si sarebbe svegliata.
Non poteva fare nient'altro se non dormire, sicuramente Myles non l'avrebbe fatta uscire tanto facilmente da quel posto.

Ashlyn sospirò, rendendosi finalmente conto di quello che le avevano appena fatto: l'avevano spedita in cella d'isolamento.

Angel's Corner

Sono una fan sfegatata dei manicomi con le celle d'isolamento.
Spero possiate capirmi.

Viva i gattacci schifosi.
Ciao!

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