2. Risveglio

Ashlyn Ainsworth era una di quelle persone che raramente si faceva abbindolare da ciarlatani quali chiromanti e presunti maghi. Non che non credesse nella magia o cose simili, tuttavia le veniva difficile credere in qualcosa che non potesse spiegare tramite l'uso del raziocinio e dei suoi sensi.

Si rifiutava cocciutamente di credere nel paranormale e nel mistero, pensava che cose come mondi fatati o creature mitologiche fossero solamente una menzogna inventata da qualche adulto per tenere a bada i propri figli.

Ma, in fondo, una piccolissima parte di sé sperava che quelle cose fossero reali e che aspettassero che qualcuno le scoprisse una volta per tutte, portandole alla luce del sole per essere ammirate da chiunque.

Tuttavia, quel minuscolo pezzo di Ashlyn era solitamente sommerso dalla scetticità della ragazza e dalla sua coscienza fermanente attaccata alla realtà, perciò era statisticamente impossibile che lei accettasse di credere di punto in bianco nelle cose fantastiche.

Ashlyn si svegliò in una stanza dai muri bianchi, comodamente adagiata su un lettino dalle lenzuola grigie e pulite.
Il suo corpo era avvolto nella morsa di tantissime flebo, attaccate a complessi macchinari medici che le monitoravano costantemente il battito cardiaco, la respirazione ed un mucchio di altri valori.

La povera ragazza non aveva mai visto in vita sua dei macchinari così avanzati ed ingegnosi, neanche pensava potessero esistere cose del genere!
"Probabilmente nemmeno i più prestigiosi e rinomati ospedali del mondo sono in possesso di queste attrezzature." Pensò la ragazza, guardandosi intorno sotto shock. "Chissà quante vite si potrebbero salvare con questi macchinari!"

Leggermente infastidita dal rumore continuo delle attrezzature, Ashlyn si mise a sedere, guardandosi intorno con gli occhi sgranati dalla meraviglia e dallo stupore.
Indossava una specie di camicetta grigio chiaro a mezza manica con i bottoni e le tasche nere in velluto, lunga fino al sedere, mentre le sue gambe erano coperte da un paio di orribili leggins neri.

《Ma questi vestiti non sono miei!》 Esclamò la ragazza, ancora più confusa, tastandosi il braccio destro, dal quale partiva una flebo. Ashlyn guardò all'interno del tubo e notò che dentro di esso scorreva un liquido rosso e denso. Lo staccò dopo un attimo d'incertezza, ed avvertì una fitta lancinante: qualunque cosa fosse, quel tubo le stava prelevando del sangue.

Poi la sua attenzione si spostò sul braccio sinistro, anch'esso violato da una flebo rossastra, che però aveva il compito di trasferire sangue all'interno del suo corpo.
Ashlyn staccò anche quella, sempre più confusa: cosa stava accadendo? Dove si trovava? Perchè quelle flebo erano attaccate al suo corpo?

Poi, finalmente ricordò tutto, e la nebbia che avvolgeva la sua mente si dissolse rapidamente: lei era stata investita da un camion esattamente pochi attimi prima, e l'urto l'aveva sbalzata qualche metro più avanti con estrema violenza. Ricordava fin troppo bene quegli attimi di puro terrore, era come se il tempo si fosse fermato per farle assaporare ogni cosa.

Ma... come poteva essere ancora viva dopo uno scontro del genere?
E, soprattutto, perchè non aveva riportato nessuna contusione sul corpo?
Non aveva le ossa rotte e non provava dolore in nessun punto del corpo, si sentiva solamente un po' strana. Tutto qui.

《Oh, Ashlyn, bensvegliata!》la porta della stanza si aprì di colpo ed, una figura femminile che reggeva in mano un piccolo pezzo di  plastica, entrò in stanza.《Ho giusto giusto ritirato la targhetta con il tuo nome.》

La donna in questione era molto alta e magra, con i lunghi capelli neri raccolti in un ordinato chignon fermato da uno spillo bianco, e le labbra carnose color del fuoco. Indossava un camice bianco da dottore piuttosto particolare, lungo fino a metà gamba con il colletto e l'orlo della gonna bordato in velluto nero. I bottoni, del medesimo colore, avevano le stesse dimensioni di un occhio e luccicavano come diamanti. All'altezza del cuore della donna vi era una tasca nera in velluto completamente vuota.

Ma, la cosa più impressionante di lei non era certo lo stravagante camice, bensì una piccola benda marrone di cuoio che le nascondeva totalmente l'occhio destro.
Ashlyn la fissò dritta nell'occhio buono, nero come la pece, notando che in esso scintillava una luce misteriosa.

《D-dove sono?》domandò allarmata la ragazza, guardando con sospetto la strana donna. 《L'ultima cosa che ricordo è-》

《Calmati, Ashlyn. Va tutto bene!》la interruppe l'altra con tono vagamente seccato, come se ormai fosse abituata ad elargire rassicurazioni a chiunque.

《Chi è lei? Come sà il mio nome?》chiese poi Ashlyn, iniziando a muovere le gambe per il nervosismo. Voleva risposte, e le voleva immediatamente. E se quella dottoressa non gliele avrebbe fornite, beh... la tentazione di tramortirla con qualcosa e scappare via stava divenendo sempre più ardua da controllare.

《Non c'è bisogno di essere nervosi, Ashlyn...》la tranquillizzò la donna, con voce vuota e senza emozioni. 《Io sono la dottoressa Westergren, ed il mio unico scopo è accertarmi che tu stia bene e che ti sia riabilitata. Non temere, non ti accadrà nulla di male!》

La dottoressa si avvicinò lentamente alla ragazza per non spaventarla, quasi come un cacciatore fa con la sua preda. Prese la targhetta sulla quale era inciso il nome "Ashlyn Ainsworth" e gliela appuntò esattamente sopra il cuore.

La ragazza non era per niente rassicurata da quelle parole ed aveva tantissime domande da farle, ma decise saggiamente di smetterla con le chiacchiere inopportune per non infastidire quella donna all'apparenza calmissima.

《Siamo in un'ospedale, vero?》tentò di sviare il discorso Ashlyn, guardandosi intorno per non posare gli occhi sulla benda di cuoio che spezzava in due il vido dell dottoressa. Aveva paura di alterarla, mostrandosi troppo interessata a quel preciso particolare.

《Sì, è una specie di ospedale. Noi dottori lo abbiamo soprannominato "White Feather Ospital"》La donna alzò la manica destra, mostrando con fierezza un piccolo braccialetto di cuoio nero cingerle il braccio. Esattamente al centro di esso, placcate in oro bianco, c'erano tre piccole lettere: "WFO", l'acronimo dell'ospedale, mentre, poco distante da esse, vi era una piccola piuma argentea arricciata sulla punta che abbelliva ulteriormente il bracciale.

Ashlyn si guardò intorno con impazienza, facendo cadere l'occhio sull'unica uscita della stanza, una piccola porta bianca con una maniglia nera, ed ebbe, ancora una volta, la forte tentazione di saltare giù dal letto per scappare via. Si sentiva addosso uno strano senso d'inquietudine, ma si trattenne.《Dove sono i miei genitori? Di sicuro mi stanno aspettando fuori da questa stanza... posso vederli?》

《Oh, Ashlyn. I tuoi genitori non sono qui.》chiarì la dottoressa, mentre le sue larghe e curate sopracciglia si abbassavano di poco. 《Purtoppo non possono raggiungerti, in questo momento.》

《Cosa significa? Perchè non sono liberi di venire a visitarmi?》chiese la ragazza ancor più confusa, sentendosi quasi come una piccola ed indifesa farfalla intrappolata nella tela del ragno.

《Semplice, tesoro, tu sei in un luogo che i comuni esseri mortali non possono raggiungere con i mezzi che hanno. Sei in un posto indefinito, a metà tra il reale e l'inesistente, il luogo dove sogni ed incubi si incontrano.》le labbra della donna si incurvarono in un piccolo sorriso di sufficienza, mentre nel suo occhio sinistro scintillò qualcosa di indefinito. 《Sei in coma, Ashlyn Ainsworth.》

Angel's Corner

DAN DAN DAAAAAAN

Ah no. Lo sapevate già che la protagonista finiva in coma.

Colpo di scena fallito :c

Cosa accadrà alla nostra Ashlyn?
Dove si trova in questo momento?

Grazie per aver letto il capitolo, un bacione! Al prossimo capitolo!!

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