0 - Prologo



Finalmente, dopo anni e anni di ricerche, aveva trovato l'entrata del monte. Era sempre stata lì, sotto i suoi occhi per tutto il tempo... Come aveva potuto non accorgersene?

Si guardò alle spalle: la sua squadra era stata ampiamente dimezzata dagli ostacoli incontrati fino a quel momento, ma ciò che ne rimaneva rappresentava la parte più valorosa.

Konnor fece cenno ai suoi compagni di seguirlo su per le scale scavate nella roccia, avanzando con movimenti lenti e sicuri. I gradini erano insolitamente lisci e asciutti -al contrario di loro, completamente fradici-, nonostante fossero situati a pochi metri dalla cascata. Quest'ultima copriva il rumore dei loro passi e celava la loro presenza a qualsiasi cosa li aspettasse in cima. Quando la raggiunsero, dovettero ripararsi gli occhi con una mano: tutto avrebbero potuto immaginarsi, fuorché trovare luce solare all'interno di una montagna. I raggi filtravano dalla chioma verde e fitta a parecchi metri dalle loro teste, ma non si riusciva a vedere il cielo. Sempre che potesse esistere un cielo sotto un ammasso di roccia, certo. La cascata aveva origine dallo stesso punto indefinito oltre le foglie brillanti dei lunghi e possenti rami che facevano da tetto all'intero giardino. Sotto i loro piedi facevano capolino, dal terreno fertile e umido, una miriade di sottili fili d'erba che costituivano il tappeto sul quale si ergeva maestoso l'albero della vita.

«Drasil...» sussurrò Konnor fra i denti.

Una leggera brezza, proveniente da chissà dove, smosse le sue fronde. Il verde dominava la scena, interrotto qua e là da qualche fiorellino di campo e, ovviamente, dal possente fusto legnoso. Le ruvide pareti interne della montagna circondavano l'area, rendendo ancora più inverosimile la presenza di quel prato e della sua innaturale luminosità.

Konnor mosse qualche passo in direzione dell'albero... E le vide: cinque splendenti gemme colorate, una per ogni elemento e popolo, seminascoste dalle edere che formavano una sorta di barriera attorno ad esse.

Aveva aspettato per così tanto tempo quel momento, che fu impossibile contenere una dirompente scossa di adrenalina. L'eccitazione gli ribollì nelle vene e lo spinse a muovere rapidi passi verso Drasil, impaziente di mettere le mani sull'inestimabile bottino.

Prima che potesse iniziare davvero a correre, qualcosa lo trattenne. La mano di Sindri si posò sulla sua spalla, richiamando la sua attenzione. Con un rapido cenno del capo, l'uomo indicò a Konnor due figure nascoste tra i rami pendenti di Drasil. La squadra s'immobilizzò, tutti gli occhi puntati sulle creature mastodontiche che avevano appena fatto la loro comparsa. Alti quasi quanto l'albero, due colossi armati di spadone e mazza li fissavano con le loro orbite vuote e lucenti. I loro corpi massicci erano protetti da armature d'acciaio: una platinata e l'altra dorata. Al posto dei capelli avevano radici e liane che incorniciavano i loro volti marmorei, sui quali le linee dure delle bocche erano prive di labbra.

Erano i guardiani di Drasil.

Si piazzarono davanti al gruppo di intrusi e, immobili, rimasero in attesa.

«Se ci muoviamo, quelli ci fanno a pezzi» disse uno degli uomini. Konnor gli lanciò un'occhiataccia e poi si rivolse a Sindri. Nulla più che uno sguardo, e il suo braccio destro seppe che fare. Così, deciso a ottenere il tesoro per cui era giunto fin lì, Konnor scattò verso l'albero della vita.

I due guardiani reagirono all'istante, lanciando incantesimi sull'uomo in corsa, il quale li bloccò prontamente. I suoi uomini avrebbero fatto il resto, creando un diversivo e difendendolo finché non avesse portato a termine il suo piano.

Quasi indisturbato, giunse al tronco e fece scorrere le dita sulla sua superficie legnosa, come per accertarsi della sua reale esistenza. Spazzò via i rampicanti con un gesto, scoprendo così le preziose gemme incastonate nel caule. Eccole lì, dopo secoli di ricerca, dinanzi a lui: le fonti d'energia delle cinque razze di Norendal. Sotto il tocco dei suoi polpastrelli, esse emanavano piccole scariche energetiche che gli causavano un leggero pizzicore per tutto il corpo.

Incurante della battaglia che si svolgeva dietro di lui, provò a rimuovere le gemme tirandole con forza, ma quelle rimasero nelle loro cavità, incastrate alla perfezione. Allora tentò recitando delle formule magiche, ma anche questa volta fallì. Si era aspettato che compiere quell'impresa non sarebbe stato tanto semplice, ma era pronto ad affrontare la resistenza opposta dalle gemme. Così sfoderò il suo chakram oscuro e lo conficcò attorno a una di esse richiamando il potere delle ombre. Sentì la familiare fitta partire dal petto e diramarsi fino alle dita, dalle quali fuoriuscì l'energia sotto forma di fumo denso e scuro. Essa raggiunse l'arma, diventando un tutt'uno con la lama circolare, che ne assorbì il potere e lo utilizzò per danneggiare la corteccia, la quale cominciò a dare segni di cedimento. Drasil, però, non sembrava intenzionato ad arrendersi tanto facilmente: l'arbusto sfrigolava sotto gli attacchi continui della magia nera, ma difendeva ostinatamente la gemma del fuoco.

Konnor fece un ultimo sforzo per estrarre la pietra rossa e, quando infine riuscì ad impossessarsene, se la rigirò tra le mani per godersi il dolce sapore di quella prima conquista. L'energia del popolo dei draghi risiedeva sul suo palmo.

Gettò un rapido sguardo sul campo di battaglia, dove i guardiani stavano palesemente avendo la meglio: i sortilegi della squadra non sortivano alcun effetto sulle due imponenti figure; l'erba era impregnata di sangue alleato e diversi cadaveri occupavano il prato. Non rimaneva molto tempo. Si affrettò a proseguire la sua opera, incastrando il chakram intorno alla seconda gemma e ripeté il processo. Stremato dalla precedente manovra, proseguì con crescente fatica il suo lavoro. Quella situazione lo rendeva nervoso: di questo passo non avrebbe completato tutte le estrazioni in tempo.

«Signore, dobbiamo andare! Gli uomini non resisteranno ancora per molto...»

L'urgenza nella voce di Sindri lo irritò ancora di più. Non avrebbe rinunciato a quelle gemme, non adesso che le aveva trovate.

«Signore! Dobbiamo sbrigarci o moriremo qui!» insisté il suo fedele compagno.

«Ancora un attimo...» Konnor armeggiò con la pietra azzurra, deciso a non lasciarla lì. «Fatto! Andiamo!» urlò soddisfatto. Due su cinque non era un gran risultato, ma per ora non poteva ottenere di meglio.

Si voltò e, lanciato un incantesimo di difesa su se stesso e Sindri, infilò le due gemme nel sacco e corse a perdifiato attraverso il prato insanguinato. La maggior parte dei suoi uomini era morta, i loro corpi abbandonati in pozze di sangue o in pose innaturali sull'erba. I tre rimasti erano già stati feriti e, come loro, stavano cercando una via di fuga.

Un colosso sferrò un colpo col suo spadone enorme, schiacciando uno degli ultimi membri del gruppo e infierendo sui cadaveri. L'altro gigante usò un tipo di magia che Konnor non aveva mai visto prima, e fece fuori gli altri due. Aveva mancato di pochissimo lui e il suo seguace, ma l'onda d'urto di quell'incantesimo era bastata a distruggere la loro barriera. Fu allora che i due fuggitivi capirono di non avere scampo. Non avevano scelta: dovevano ricorrere all'espero dell'ombra, l'apoteosi dell'oscurità, il potere massimo della gemma.

Konnor concentrò le sue energie sulla pietra scura che accompagnava i battiti del suo cuore, incastonata al centro del suo petto, e richiamò la forza dell'ombra.

Avvertì la voce di Sindri che gli intimava di non farlo, di continuare a correre... Ma non c'era altro modo per sfuggire ai due guardiani. Sapeva di rischiare la vita, ma doveva fare un tentativo.

Sprigionò l'energia della gemma per creare uno scudo oscuro su di loro e, con immensa soddisfazione, funzionò: i colpi fisici e magici dei colossi facevano vibrare la barriera, ma non la scalfivano. Ripresero a correre verso la cascata, senza voltarsi. Pochi secondi dopo, però, Konnor sentì il suo petto cedere, il cuore implodere e le forze venir meno alla causa. La gemma stava risucchiando la sua energia vitale, distruggendolo velocemente.

«Prenda me, signore! Trasferisca parte del potere a me, posso farcela!» gridò Sindri.

Konnor era consapevole che il suo braccio destro non avrebbe retto l'espero della gemma. Mancavano solo cento metri alla salvezza, doveva resistere un altro po'...

«Signore, morirà prima di abbandonare questo maledetto posto!»

Aveva ragione: non ce l'avrebbe fatta. Tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani... Non poteva permetterlo. Se la riuscita dei suoi piani dipendeva dal sacrificio di Sindri, allora valeva la pena accettare la sua offerta. Afferrò la mano del suo ultimo compagno e condivise con lui il dolore straziante della gemma nera. Vide il suo torace squarciarsi e gli arti muoversi convulsamente sotto quella tortura. Alla fine, Konnor trascinò il corpo martoriato dell'alleato verso la salvezza un attimo prima che la barriera si sgretolasse come un fragile castello di sabbia.



*****

Note:

Ciao a tutti, ragazzi! Le gemme di Drasil è una storia scritta a quattro mani, nata da un pomeriggio di noia... Ma alla fine, in qualche modo, ha visto la luce!

Opera di: Runentia e xEmmEx




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