La Bottega delle Curiosità
«Lasciate fare a noi, signori ademors... Non vi deluderemo, signori ademors... Pfff, come no!» sbottò Abigore, annaspando nella Fossa degli Ignobili in cui erano intrappolati da alcune ore. «Proprio una mossa astuta quella di promettere ai mangia-anime di portare, entro la prossima Luna Sinister, qualcosa di cui non sappiamo assolutamente nulla!».
«Oh, ha proprio ragione mastro Gammal!» disse Gastogne, mentre cercava di rimanere a galla nel limo stregato. «Sarebbe stato molto meglio continuare a provare a fuggire dalla toppa della segreta o dalle fughe del pavimento dei corridoi. Non è vero? Oppure, provare a spiegare con calma ai maghi neri che non si era accorto di avere un chimerium in meno. Giusto? Sono certo che quelle graziose creature che puzzano di viscere andate a male avrebbero compreso e perdonato questa innocua svista. Dopo tutto è un errore che chiunque avrebbe potuto commettere. Mi faccia pensare... Come avrebbero premiato la nostra sincerità e la nostra buona fede... uhm... ah, sì, ecco! STRAPPANDOCCI LA LINGUA E CUCENDOCI OCCHI E ORECCHI CON IL FILO SPINATO! ECCO, COME!» e sprofondò di un dito e mezzo nella fanghiglia. «Oh, per tutti i tronchi traditori di Fagus, cosa succede?»
«Sciocco, piantala di sbraitare! Non sai forse come funziona il limo degli ignobili? Queste pozze si nutrono di tutto ciò che è biasimevole e negativo, quindi più ti arrabbi e tanto più affondi!»
«È tutta colpa nostra. Non avremmo dovuto derubare quei poveri nani!» sbottò Gastogne, affondando ancora un po' per la vergogna.
«Non avevamo altra scelta! Non ci avrebbero mai dato la radice senza opporsi» ribatté Abigore senza mostrare il minimo pentimento. «Il tempo non è nostro alleato, Gastogne! Non possiamo concederci il lusso di mercanteggiare ed esser gentili. Dobbiamo recuperare il secondo prodigius e trovare l'ultimo chimerium a ogni costo» e appena terminata la frase affondò nel limo di un altro pollice. «Oh, avanti! Cosa ho detto di sbagliato adesso?»
«Ma come faremo a trovare il chimerium infangati fino al collo come siamo?» chiese il bastone, cercando di mantenere la calma. «Sono ore che proviamo a liberarci da questo dannato limo senza riuscirci. Sembra che i nostri poteri siano come sospesi in questo pantano».
«Beh, forse, noi possiamo offrire una soluzione al vostro problema!» disse d'un tratto una voce alle loro spalle.
«Gustaf Puddleclock e combriccola, ma quale onore!» esclamò Abigore, cercando di nascondere la sorpresa. «Cosa ci fanno da queste parti tre vecchi bacucchi come voi?» e dopo l'ennesima cattiveria il limo gli arrivò al mento.
«Caro Abigore, vedo che sei finito finalmente dove meriti!» rispose Gustaf senza scomporsi. «Questo è il castigo per chi decide di voltare le spalle ai propri amici e allearsi con le forze oscure».
«Castigo? Non so a cosa tu ti stia riferendo, amico caro! Io e il mio assistente stiamo semplicemente godendoci un rilassante pomeriggio nei fanghi. Avevo sentito dire in giro che il limo degli ignobili rende la pelle liscia come il marmo e sono venuto a testarlo di persona».
«Beh, se è così, allora non vi disturbiamo oltre. Anzi, vi auguriamo un buon bagno termale» disse Gustaf salutandoli con la mano.
«Non gli dia retta! Se non usciamo di qui in fretta saremo immersi nella melma prima di poter dire "Carne di Potalak"!» sbottò Gastogne supplichevole.
«Taci, o ti uso come legno per fare matite!» gli ordinò Abigore prima che il limo gli coprisse anche la bocca. «DO ABBAM BIBOBO D ONO... GLU... GLU... GLO...GLO!» provò ancora a dire.
«Mastro, no!» gridò allarmato Gastogne, guardando impotente Abigore affogare. «Per favore, grandi maghi, aiutatelo! Farò qualunque cosa in cambio» li pregò Gastogne. «Lo so che mastro Gammal ha commesso atti atroci, ma lo ha fatto solo perché accecato dal dolore più profondo. Se il suo cuore è gelido come ghiaccio, è solo per colpa della tristezza e della sofferenza... Vi prego, tornate qui! EHI, VOI! MI SENTITE?» gracchiò implorante.
«Sì, Gastogne! Ti abbiamo sentito noi, le pietre e tutti gli abitanti del paese vicino» disse Bagus, facendo capolino.
«Avanti, afferra questa e non far caso agli insulti!» gli disse Archibald, comparendo anche lui sul bordo della pozza. Quindi gli lanciò l'unica cosa che potevano utilizzare senza far ricorso alla magia: una liana di edera becera, conosciuta da tutti per il suo caratteraccio.
Gastogne si allungò faticosamente per afferrare con il becco l'estremità della corda legata a cappio e poi la infilò al polso di Abigore che sbucava ancora dalla pozza.
«EHI, NON STRINGERE COSÌ TANTO, STUPIDO BASTONE!» reagì indispettito il rampicante.
«Oh, le mie scuse!» disse Gastogne, allentando un po' il nodo.
«Avanti, fratelli!» esclamò Archibald, afferrando la fune e iniziando a tirare.
Dopo circa una decina di "Oh, issa!" e un esorbitante numero di ingiurie becere, Abigore, impanato di fango come una cotoletta nel pan grattato, sbucò finalmente dal limo e in breve fu tirato fuori dalla fossa mortale.
«Se credete che vi sia riconoscente per quello che avete fatto, vi sbagliate di grosso, maghi delle mie braghe! Non vi devo proprio un bel niente... Puah» si affrettò a dire Abigore, sputando poi un po' della fanghiglia che aveva ancora in bocca. «Questo limo puzza più delle calze sporche!»
«Mastro Gammal, la vuole piantare una volta per tutte!» lo sgridò Gastogne anche lui sano e salvo sulla terra asciutta. «Diciamocelo con franchezza, se non fosse stato per i fratelli Puddleclock a quest'ora saremmo leggermente stecchiti sul fondale!»
«Tse!» si limitò a dire il mago, facendo spallucce.
«Provate voi a farlo ragionare, io ci rinuncio!» si arrese il bastone, continuando a borbottare tra sé e sé frustrato.
«Per come la vedo io, mio vecchio Abigore, in questo momento hai solo due opzioni» gli spiegò Gustaf, mentre Archibald gli sfilava silenziosamente la bacchetta magica che pendeva dalla sua cintura. «Puoi arrenderti incondizionatamente e aiutarci nella nostra missione oppure finire di nuovo nella pozza degli ignobili. A te la scelta!»
«La pozza... a mani basse!» rispose Abigore con aria di sfida.
«E la pozza sia!» esclamò Gustaf. «Forza fratelli, gettiamo l'ancora in mare!»
Archibald e Bagus sollevarono il mago, ormai troppo stremato per protestare, e lo trascinarono di nuovo fino al ciglio della fossa.
«Al mio tre, Archibald!» disse Bagus pronto a mollare la presa. «Uno... due... e t...!»
«Ok, ok! Avete vinto voi, dannati Puddleclock!» disse Abigore, fermando appena in tempo il conto alla rovescia. «Mi arrendo!»
* * * * * * *
«Non ti vorrai fidare della parola di quel mago ingrato e malafido!» esclamò Archibald, lanciando un'occhiata diffidente verso Abigore che con le mani legate dietro la schiena camminava claudicando poco più avanti.
«Assolutamente no, mio caro Archibald!» confessò Gustaf. «Ma credo che tener un nemico vicino offra molti più benefici che svantaggi; la prossimità consente di intuirne i pensieri, carpirne i segreti e, cosa ancora più importante, prevederne le mosse».
«Uhm... sarà come dici...» rispose scettico il fratello, «ma se vuoi il mio onesto parere, secondo me stiamo giocando con una scatola di fiammiferi vicino a una miniera di polvere da sparo».
«Oldamir, finalmente!» esplose di gioia Bagus, indicando i comignoli fumanti del piccolo villaggio davanti a loro.
Oldamir era un luogo davvero peculiare pieno di anticaglie magiche sparse un po' ovunque e zeppo di prodigius, riutilizzati, grazie alla magia, in modi nuovi e bizzarri.
Qui, per esempio, i macinapepe e i macinacaffè sbriciolavano solo dubbi e preoccupazioni. Le vecchie macchine da cucire rattoppavano le tasche bucate degli abitanti spendaccioni, rendendoli più parsimoniosi e oculati. E le vecchie macchine da scrivere sfornavano profluvi di parole volanti; era così, infatti, che gli oldamiri apprendevano le notizie del giorno, puntando il naso all'insù e leggendo le novità che svolazzavano per aria.
«Ah... si respira un dolce e rassicurante odore di passato. Non trovate?» disse Archibald, aprendo le braccia e annusando profondamente l'aria intorno a lui.
«È vero!» disse Gastogne, saltellando dietro un paio di forbici stregate intente ad accorciare le strade degli oldamiri in ritardo.
«A me pare più lezzo di ciarpame!» esclamò Abigore scontroso.
Quello nell'aria era il caratteristico odore di Oldamir e in quel momento era ancora più intenso per via della celebrazione dei Giorni a Casaccio, delle giornate di festa obbligatoria che capitavano quando meno ce lo si aspettava.
Quando i Giorni a Casaccio venivano annunciati, gli oldamiri erano costretti a interrompere qualunque attività lavorativa e dedicarsi all'allestimento del più grande Mercato dei Ricordi esistente, un evento che richiamava più volte all'anno frotte e frotte di visitatori provenienti da tutto il regno magico.
I Puddleclock e i due prigionieri pensarono bene di approfittare di quella favorevole circostanza per confondersi nella folla di creature magiche che festosamente faceva acquisti muovendosi da una bancarella all'altra come una fiumana di granchi in migrazione, e raggiungere così il negozio di curiosità di madame Polvère senza destare sospetti.
«Ecco la bottega! Non è cambiata nemmeno un po'» disse Gustaf, guardando l'insegna appesa all'ingresso di un grazioso negozio che diceva :
"CHI CERCA TROVA"
Boutique dell'Introvabile
di Madame Quisquil Ombeline Polvère
«Che ci facciamo qui?» chiese Abigore incuriosito.
«Non sono affari che ti riguardano!» gli rispose sgarbatamente Archibald. «Tu pensa solo a comportarti bene!» e lo spinse dentro la bottega facendo tintinnare il campanello d'entrata.
«Bagus, non perdere di vista un solo istante questo lestofante, mentre io e Archibald chiediamo informazioni a Madame Polvère!» gli ordinò Gustaf, indicando il bancone in fondo alla sala stracolma di tutto l'impensabile.
«I miei occhi sono incollati sul bersaglio, non temere Gustaf!» lo rassicurò il fratello, tirando Abigore verso di sé. «Da adesso in poi io e questo furfante staremo insieme come tuorlo e albume, come testa e croce, come sale e pepe, come chiave e ...»
«D'accordo! D'accordo! Credo che tu abbia reso l'idea!» rispose Gustaf, roteando gli occhi. Quindi si diresse verso l'attempata signora intenta ad allestire una delle zone del negozio.
Era una donna alta, magra e dall'aria fiera e sofisticata, con un prominente naso aquilino, un grosso neo sul mento e i capelli sistemanti in ordinati boccoli che sfiorvano il pavimento. Indossava un vestito con un lungo strascico cosparso di ragnetti di velluto nero e uno scialle viola innevato di polvere.
«Ma sbaglio o quella che le pende da una spalla è una ragnatela?» chiese orripilato Archibald al fratello maggiore.
«È proprio una ragnatela!» confermò Gustaf continuando ad avvicinarsi. «Ehm... Madame Polvère?» domandò poi educatamente porgendole la mano.
La donna dal colorito cereo smise di armeggiare con un arazzo peloso appeso al muro e si voltò con una manciata di spilli ancora tra le labbra.
«Oui, je suis Madame Quisquil...» disse la donna dopo essersi tolta gli spilli dalla bocca. «Come posso esservi d'aiuto?» e allungò a sua volta la mano.
«Madame, siamo qui perché avremmo bisogno della sua consulenza» le spiegò Gustaf, andando subito al sodo.
«E ovviamente non pretendiamo di approfittare del suo servizio solo per la gloria. Vede...» disse Archibald, facendo tintinnare il sacco di monete magiche appeso alla sua cintura, «siamo disposti a pagare profumatamente».
«Très bien... molto bene! Penso che si possa senz'altro discutere!» rispose la donna, facendo segno di seguirla. «Posso offrirvi un po' di tè sbadigliamilla?» disse mentre se ne versava un po' nella sua tazza.
«Oh, vol...» stava per rispondere Archibald ma Gustaf gli rubò la parola.
«No, madame! Ma grazie per la gentile offerta» e guardò Archibald in modo da scoraggiare qualunque replica. «Mi rammarica rifiutare, ma il tempo ci rincorre come un cane da caccia».
«Oh, mais bien sûr! Certamente...» disse Madame Quisquil, mentre invitava i suoi ospiti a sedersi in un angolo appartato del negozio. «Passiamo subito agli affari. Prego, ditemi pure!» e un antico cucchiaino d'argento iniziò magicamente a rimescolare il tè caldo nelle sue mani.
«Siamo qui per questa...» disse Gustaf infilando la mano nella sua valigia ed estraendone dopo qualche istante la carta raffigurante la torre rovesciata.
Madame Quisquil sgranò gli occhi e si alzò di scatto, facendo cadere la tazza per terra.
«Mais vous êtes fous! Siete folli!» esclamò la donna, mentre raccoglieva tremante i cocci della tazza dal tappeto. «Mettetela subito via!»
«Madame, non era nostra intenzione spaventarla o metterla a disagio!» si scusò Gustaf, riponendo velocemente il tarocco nella valigia.
«Conosce il significato di questa carta?» le chiese Archibald sedendosi sul bordo della poltrona in stile Luigi XVI.
«Tarocco menagramo!» disse la donna accomodandosi nuovamente.
«Beh, non è il caso di essere rudi adesso!» disse Archibald offeso.
«Mais non, mais non...» disse la donna sbuffando seccata. «Intendo dire che il nome che vien dato alla carta che mi avete mostrato è tarocco menagramo, perché richiama a sé la peggiore delle sfortune! Ne esiste solo una copia, quella creata a mano dal mago Maledus. È un tarocco maledetto e compare all'improvviso nelle mani dello sciagurato a cui un'indicibile sventura o una terribile punizione è stata diretta... Io non la sbandiererei troppo per aria se fossi in voi!»
«E la torre capovolta? Cosa può dirci di questo luogo? Sa se esiste per davvero?» chiese Gustaf impaziente.
«Questo... Questo io non lo so. Mi spiace davvero, ma non posso aiutarvi oltre!» disse alzandosi e raggiungendo Bagus intento a guardare gli oggetti rari in esposizione in una vetrinetta.
I due fratelli si scambiarono sguardi scettici. Erano entrambi certi che Madame Polvère sapesse molto di più di quello che voleva far credere.
«Questo è proprio ciò che penso che sia?» chiese Bagus eccitato una volta che la donna gli fu vicino.
«Se crede che sia un Talentum, allora sì!» rispose la donna, aprendo la vetrinetta con la chiave infilata al ciondolo che le pendeva dal collo. «L'ho trovato solo qualche mese fa nell'abitazione di un orco pigronio. E pensate un po', lo teneva nascosto nella dispensa in una giara piena di marmellata... C'est génial, n'est-ce pas?» disse, mentre contemplava l'oggetto incantato. «Basta usare la formula magica corretta e si diventa esperti e abili in qualunque cosa si voglia!»
«Figo!» esclamò Gastogne.
«E questo suppongo che sia un rarissimo Uovo Fa-Per-Tre » disse Bagus, indicando il grande uovo decorato riposto all'interno di un cofanetto. «Non ne avevo mai visto uno da così vicino!»
«È una bellezza, non è vero?» domandò Madame Quisquil. «Ne vengono deposti solo due ogni anno, ma una volta aperti non possono più essere utilizzati.
«E a cosa servono?» chiese Gastogne curioso.
«Donano un aiuto in modo che qualunque compito o lavoro possa essere effettuato nel minor tempo e con la minor fatica possibili!» lo erudì la donna, prendendo prudentemente il cimelio in mano.
«Sarebbe bello poterlo inserire nella mia collezione...» disse Bagus senza distogliere lo sguardo dall'oggetto. «Uhm... Quanto...»
«Quanto costa?» Madame Polvère completò la frase per lui. «Questo splendore costa la bellezza di ventitremila draloni!»
«FIUUUU!» fischiò Gastogne per la sorpresa. «Ci si può comprare una castello con torre e muraglia a Eldor con una cifra del genere!»
«Un prezzo del tutto giustificato per un oggetto di tale valore e importanza!» disse Quisquil piccata, quindi ripose il portentos sulla mensola e inserì nuovamente la chiave nella fessura della vetrina. Ma prima che riuscisse a richiuderla, il rumore di una miccia la fece arrestare. «Ma cos'è questo...»
E... BOOM!
Il vaso con raffigurato sopra un vecchio con una lanterna in mano prima poggiato sul piedistallo dietro di loro esplose disintegrandosi in mille pezzi.
Subito dopo una sfilza di fuochi d'artificio riempirono il negozio e decine di immagini di strani manufatti comparvero nell'aria per poi sgretolarsi in polvere brillante colorata.
«Oh no, pauvre de moi!» gridò orripilata Madame Polvère, correndo disperata verso gli avanzi dell'antichità magica. «Il Vaso di Artificius è... è... andato distrutto! Come è potuta accadere una simile tragedia?»
«Ehm... Valeva molto?» chiese Gastogne triste per la donna.
«Sûrement, ma non è il valore economico che mi amareggia... sebbene quarantamila draloni non si trovino per terra. Ciò che più mi ferisce è sapere che i suoi poteri sono ormai andati persi per sempre; il vaso di Artificius può aiutare a ritrovare qualunque cosa sia andata persa».
«Oh, Madame Polvère, sono davvero spiacente per questo terribile incidente!» si affrettò a dire Gustaf, lanciando uno sguardo torvo ad Abigore che fischiettava e guardava il soffitto con aria gnorri.
La donna raggruppò con gli occhi lucidi ciò che era rimasto del raro prodigius e poi lo depose come una reliquia sul bancone.
«Se solo avessi qualche Lacrima di Colladì» disse la donna con voce affranta. «Con alcune gocce di quello straordinario volatile del Deserto Vischioso potrei sicuramente riaggregare il vaso».
«Lacrime di Colladì, dice?» chiese di nuovo Bagus.
«Oui, c'est-ça, proprio così!» rispose la donna, accarezzando amorevole i cocci davanti a lei.
«Uhm... Intende dire queste lacrime?» disse Bagus esitante, mentre estraeva dalla sua grossa borsa un flaconcino, grande quanto un pollice polifemus, con all'interno un liquido che cinguettava a ogni oscillazione.
«Oh, mon sauveteur! Mio salvatore!» gridò la donna illuminandosi. «Sono esattamente queste».
«Ma quale incredibile e insospettato capovolgimento di eventi!» esclamò Gastogne sorridente.
«Bene, Bagus, cosa aspetti? Non lasciare questa gentildonna nell'agonia... Porgile subito la boccetta» disse Gustaf, incitandolo con un gesto della mano a procedere.
«Ma questa... Questa fa parte della mia collezione...» piagnucolò tenendosi stretta la bottiglietta al petto. «Io ci sono affezionato!»
«Bagus, non essere irragionevole! Madame Polvère è affranta, non lo vedi forse?» disse Archibald dandogli una spintarella verso il bancone.
«Ma l'ho pagata un occhio della testa...» si lamentò il mago, «e trovare una lacrima è quasi impossibile al giorno d'oggi».
«Bagus, non fare il piagnone e offri subito le lacrime di Colladì a Madame Polvère!» gli ordinò perentorio il fratello maggiore.
«E va bene... Va bene, eccole!» disse Bagus, porgendo sofferente il flaconcino.
Quisquil cercò di prendere il flaconcino dalle mani del mago, ma questi non sembrava voler mollare la presa. Dopo un infantile "braccio di ferro" Bagus si convinse finalmente a cedere la rara bottiglietta alla nuova proprietaria.
«Oh merci, merci beaucoup!» esclamò Quisquil esultante. «Vi sono eternamente debitrice!»
«Sì, sì... Certo» rispose Bagus senza darle più quasi ascolto.
«Beh, visto che si parla di debiti... Forse adesso potrebbe aiutarci con la nostra bega?» azzardò Gustaf.
Madame Polvère aprì la bocca per opporsi nuovamente alla sua richiesta, ma poi guardò il flaconcino nelle sue mani e il povero Bagus che vagabondava addolorato per il negozio e ci ripensò.
Prese un lungo respiro, si versò il tè sbadigliamilla in una nuova tazza e raccontò loro tutto quello che sapeva sul terribile Maledus e sulla misteriosa Torre Capovolta.
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