Capitolo 3. Scomparsa

Rose si aggira per la cucina con soltanto la felpa di mio fratello indosso, una felpa blu con la cerniera troppo grande da disperdere le forme, non abbastanza lunga da riuscire a coprirle a malapena il sotto il sedere.

Si sposta da una parte all' altra con leggeri saltelli, lievi giravolte tra le varie dispense per preparare l'occorrente utile alla colazione. Anche le castagne onde color cioccolato pare seguano il ritmo dei passi, conferendole un' aurea di maggior leggiadria da creare la dolce illusione che quella sia una creatura il cui viandare non implica essere ben piantati al terreno.

«Buongiorno, Ryan» mi rivolge il mattiniero saluto, il sorriso illumina il caramellato volto. Nelle iridi nocciola della ragazza il sole stesso si riflette. «Pronto per scuola? Se aspetti, mi preparo e andiamo insieme».

Stamattina per lei è il primo giorno di scuola. La preside Fitzgerald le ha offerto il posto come allenatrice per le cheerleaders, non che abbia avuto molte candidature e poi la domanda della mia quasi cognata è stata l'unica accettabile. Da buon argentina che si rispetti ha davvero un talento unico per il mondo della danza.

Il fumante caffè inebria l'ambiente, manca poco che dalla macchinetta trabocchi. La sveglia del forno trilla, un fumo nero si condensa sul vetro.

In un batter d'occhio, anche un Aiden a torso nudo appare in cucina. Le possenti braccia si trovano avvinghiati, a cingere i fianchi della ragazza. La avvolge fin quando il naso non si trova a pochi millimetri dalla cascata di capelli bruni per annaspare avido di quell' odore che, a detta di mio fratello, sa di molto buono, un delicato e fruttato profumo rinfrescante. Annulla la distanza, con le labbra si posa nell' incavo del collo per accarezzarne la superficie con lenti baci.

Sin da bambino mi hanno sempre detto di somigliare molto a mio fratello, di corrispondere a una sua versione più giovane. Stessi capelli biondi, sebbene i suoi rivelano lievi onde scompigliate di una tonalità assai più scura che tende al castano, medesima fossetta che si forma sul versante destro del labbro.

Basta osservare Aiden per guardarmi dritto in una specchio. Soltanto gli occhi ci distinguono, i suoi sono tendenti molto di più al blu scuro dalle molteplici sfumature nella notte celate.

Basta un balzo da parte sua a spezzare la magia, poche falcate e con una presina si fionda ad aprire la portiera per scacciare via la nube di furigine. Peccato per i biscotti carbonizzati, scommetto sarebbero potuti anche rivelarsi una delizia.

«I biscotti!» subentra in circolo lo stato di allarme misto ad apprensione di Rose. Stringe salda una manciata di interminabili minuti la teglia tra le mani prima di gettare tutto nel lavabo, sotto il refrigerante getto d'acqua corrente. «Volevo preparare la colazione. Doveva essere una sorpresa per Ryan. Adesso che frequentiamo la stessa scuola, ho sperato di condividere un momento per venir considerata da lui a tutti gli effetti molto più simile a una sorella».

«Un pensiero davvero altruista, mia divina» la consola mio fratello, infondendo in lei tramite la propria giocosa risata il risorgere del buon umore con cui stamane anche lei ha aperto gli occhi. «E scommetto che Ryan è molto comprensivo. Vero, fratellino?»

Annuisco. Colgo lo zaino posto sulla sedia per uscire di casa.

«Andiamo Rose, per sdebitarmi con la tua cortesia ti offro la colazione nella caffetteria della scuola. È ben fornita, e non mancano prelibate leccornie anche lì» completo la discussione tendendo quell' invito.

All' ingresso nelle mura scolastiche vengo accolto dalla contagiosa risata di Emily, una ragazza dai lineamenti per metà orientali compagna di classe di Rachel, che con una mano para il viso dall' obiettivo del telefono di William. Si muovono seguendo lo slalom attraverso i centinaia di studenti nel corridoio riversi, vaganti senza meta precisa.

Mi raggiungono. In uno slancio, la situazione è capovolta e lei strappa il telefono dalle mani di uno dei miei amici.

«Allora, William Monroe» si improvvisa una capace reporter. «Raccontaci cosa hai deciso alla fine. Questo è il tuo anno per entrare a fare parte del gruppo teatrale».

Il ragazzo innalza la mano per parare la faccia dalla videocamera. Si concentra, si dedica un rapido tentativo per riprendere il telefono. Tutto inutile. In una piroetta istantanea la ragazza riesce a salvare il dispositivo.

«Rispondi alla domanda, Will» preme per una risposta.

«Scordatelo. Io non salgo sul palco, preferisco stare nascosto dietro la telecamera» controbatte serio, abbassando man mano la guardia, si dedica un sorriso astuto puntando lo sguardo nella mia direzione.

No. Non ci pensasse nemmeno. Entrambi si scordassero di coinvolgermi con sta storia della recitazione.
Sono negato per fare l'attore, e poi ho già troppi impegni su cui concentrarmi.

«Ma se volete assistere al mio debutto in campo teatrale - si cala nella parte, finge che il telefono sia davvero la telecamera di un importante rete televisiva per intervistarlo. Ci crede davvero - allora provate a convincere anche il mio amico qui, Ryan. A voi la sfida». Le preghiere mie sono state vane, sono stato coinvolto e, come se non bastasse, Emily sposta la ripresa addosso a me spronando una reazione.

«Sono fuori» pongo le mani in avanti, mi divincolo lontano dal vicolo cieco per non sbatterci contro, al muro di intesa che hanno deciso di creare. «Ho lezione in questo momento. Il professor Garcia non ammette ritardi durante le sue ore».

«Come vuoi, genio» le loro espressioni si aprono a una risata, ironizzando sui miei personali gusti in fatto di materie scolastiche. «Certo che è raro trovare uno studente che va matto per la matematica. Questa è una materia da evitare, fondata dal diavolo in persona»

«Potete andare da Cameron, se volete» mantengo loro il gioco, senza pensare mi rispettando il ritmo degli stessi toni utilizzati. «Dopo un anno trascorso negli tornato States, scommetto che scommetto Broadway lo ha reso entusiasta di fare teatro».

L'allegria, però, si affievolisce. I sorrisi si capovolgono una volta che il nome di Cameron è stato messo in mezzo. Prima dell' inizio dell' estate esistono questione del quale mai è stato tenuto al corrente, per mantenere fede alla promesse di una persona coinvolta in primo piano alla quale tutti vogliamo un gran bene. Neppure tra noi l'argomento su come comportarci, al ritorno, è stato mai aperto e non abbiamo neppure molto di cui discutere: questa scelta non spetta a noi, e lei vuole solo proteggerlo.

«Lo deve sapere. Le voci corrono, è soltanto questione di tempo prima che lo scopra» azzarda Emily, determinata nel convincere il gruppo di esser nel giusto.

«Abbiamo promesso. Parlare con Cameron è un tradimento nei confronti di Rachel» sono poco convinto. La penso come Emily, lui ha il diritto di sapere, ma appunto perché lo conosco la mente mia già anticipa la reazione che assume. Lo so io, come lo sa Rachel. È troppo impulsivo, disposto a tutto pur di proteggere chi ama.

«Ryan, è il tuo più caro amico. Non puoi nasconderlo» continua a insistere imperterrita. «È peggio quando cammina tra i corridoi e si imbatte in gente che chiamano sua sorella Racch-iel. Noi possiamo prepararlo».

«Un anno senza vederlo e già ti sei dimenticata com' è fatto. Non c'è un bel niente che possa preparare Cam, dopo aver parlato con lui niente può impedirgli di andare a spaccare qualche testa» evidenzio quel dettaglio, lo stesso che la piccola di casa Collins preferisce evitare pur di non fornire al fratello il pretesto di cacciarsi in guai seri. «Rachel è stata molto consapevole quando ci ha chiesto di promettere».

«Stiamo davvero difendendo un branco di stronzi che offende nel quotidiano una nostra amica?» prosegue nella protesta.

No, certo che no.

La prima volta che ho sentito girare le voci sul nuovo soprannome, quel maledetto soprannome affibbiatole, ho sigillato i palmi a pugno per conficcare le unghia nella carne per obbligarmi ad avere controllo. Lenire la pelle avrebbe dovuto servire allo scopo di concentrarmi su altro, per quanto il desiderio di spaccare tutto è stato una dolce tentazione sempre nascosta dietro gli angoli.

E se sono arrabbiato io, meglio non sforzarsi nemmeno di immagine a quanto potrebbe ammontare la furia di Cameron, suo fratello, messo difronte tale rivelazione.

«Va bene, Em, hai ragione» tento la resa, ammetto quel che continuare a negare è un' impresa immane, un sovrumano sforzo di volontà. Parliamo con Cameron e poi ai colpevoli il conto delle conseguenze per le proprie azioni. «Ma prima di Cameron, dobbiamo avvertire Rachel. È giusto che anche lei sappia che non siamo più disposti a restare a guardare, di custodire a un amico il segreto».

Le suonerie dei nostri telefoni prendono a squillare a intermittenza senza sosta attraverso le tasche dei jeans, il tempo di silenziarsi uno che inizia subito l'altro e si ripete il giro. Il display si riempie di una carrellata di notifiche tra messaggi e chiamate senza risposta.

È Peter. Cameron è fuori controllo, una bestia indomabile dalla propria gabbia liberata. Dobbiamo raggiungerli alla svelta prima dello scoppio di un qualche casino di grossa portata.

Peter è in piedi, cammina avanti e indietro davanti la porta di accesso agli spogliatoi maschili. I capelli neri pettinati all' indietro lasciano scivolare due imponenti ciuffi ai lati della faccia. Tira un sospiro di sollievo nel momento in cui ci vede procedere a lui incontro con passo svelto.

«Amico, cosa è successo?» è William il primo a parlare. Nonostante l'agitazione collettiva, concentra le energie per mantenere il sangue freddo.

«Rachel non torna a casa da ieri sera» spiega. «Cam non può andare alla polizia, non sono passate ancora le ventiquattro ore previste per denunciare una scomparsa. Non lo ascolterebbe nessuno e il caso corre il rischio di passare in sordina».

Capisco la sua prospettiva.

Ho imparato a conoscere Rachel da quando è stata alta poco più di un metro. Se fosse stata un' altra persona avrei anche provato a trattenere il fastidio e fingere di aspettare, in fondo è quasi normale per una ragazzina di appena sedici anni trascorrere una notte fuori con amiche e scordare di avvertire a casa.

Ma quando si tratta di lei la storia è ben diversa, soprattutto dopo l'incidente, nel momento esatto in cui per molti si è trasformata in Racch-iel.

«E Cameron, dove si trova in questo momento?»

«Sono riuscito a convincerlo a entrare dentro - indica con un cenno la porta alle sue spalle - per darsi un rinfrescata e provare a calmare i nervi» è stata la sua risposta impastata. «Sono incapace di farlo ragionare. Provateci voi, magari avete più fortuna» si scansa in un angolo per liberare il passaggio.

Dentro la mia testa si apre il sipario per mandare in scena le molteplici diapositive raffiguranti ogni ricordo che di Rachel mi rimane. Ha tanto amato, sin da bambina, sedere all' aria aperta, soprattutto di notte, e alzare gli occhi al cielo in direzione dei molteplici punti luminosi.

Lei è la mia Luna, il gentile sole che sorge a est.

«Entro io» propongo. «Ho conosciuto Rachel per più tempo di tutti voi». Incrocio le dita, segno di buon augurio, nella speranza che non sia troppo tardi, che questa fase sia solo una fuga di ribellione adolescenziale e vederla presto tornare da tutti noi. È possibile sia andata a trascorrere da Micheal qualche giorno?

Il mio amico è accasciato a terra, con la schiena premuta contro il muro.
I gomiti poggiano sulle ginocchia divaricate e la testa cala tra le mani compressa, si serve dei palmi per sorreggersi. Le dita arpionate ai biondo cenere ciuffi, li tirano, le unghie sono delle ancore per non scivolare via insieme al dolore.

«Ehi, amico» avanzo. La determinazione che mi ha spinto come cavia per parlare con lui si è polverizzata sotto la suola delle scarpe. Nel momento in solleva lo sguardo colgo gli occhi arrossati dal pianto, dalla incontrollata disperazione. Le turchesi iridi si tuffano in dorate ombre di sabbia. Identiche sfumature che fluenti invadono il bulbo oculare di Rachel. I grandi occhi ricolmi pieni della medesima luce d'oro che il sole compone, alla fredda terra ambrata di primavera mescolata. Difficile è non pensarla.

*****

Le rosee guance si gonfiano, sbuffa amareggiata lasciando cascare il suo minuto corpo di bambina non del tutto cresciuta contro la metallica portiera del mio armadietto. Un riccio chiaro scende scomposto sulla fronte.

«Allora, per la baita?» le pagliuzze dorate nelle iridi traboccano di eccitazione, farciscono l'attesa della risposta con la speranza. «Non sto più nella pelle all' idea di utilizzare il nuovo telescopio».

Tra le scoscesi strade montanare la mia famiglia possiede una piccola baita in legno. Le grezzi assi in quercia tra gli alberi mimetizzano la dimora, la scrosciante acqua delle cascate crea un' armonia di danzanti suoni che nella quiete del silenzio accompagna chiunque voglia bearsi.

È un posto incredibile se si ha voglia di osservare il cielo notturno, perdersi nel tentativo di ricordare quante più costellazioni possibili e sfidare gli amici a chi ne riconosce il maggior numero. Per questo ho dovuto chiedere ai miei genitori utilizzarla per festeggiare il compleanno di Rachel. È il rifugio da chiamare casa, un luogo del genere, per lei.

«Bel danno ha compiuto tuo fratello, Dolce Luna» costato in preda all' ironia. «Penso che ti accompagno a casa dopo scuola, così posso spifferare tutto ai tuoi genitori.»

«E allora?» insiste, stringe le gambe per trattenere un saltello agitato, congiunge le mani in segno di preghiera per alleviare le sofferenze e smetterla di mantenere a piedi scalzi sulle spine.

«E, allora, certo che ci andiamo!» esulto, tradito dal sorriso che anticipa la mia risposta. «Sedici anni sono un traguardo. E tu meriti di festeggiarli al meglio».

Un battito di ciglia, uno slancio incontrollato e mi ritrovo la ragazzina festante aggrappata al collo. «Ryan, sei il migliore. Ti am...doro».

Con il viso paonazzo, è lei a sciogliere l'abbraccio. Si ricompone e torna al proprio posto, poggiata alla dura superficie dell' armadietto ristabilisce la giusta distanza di sicurezza.

«Dunque, hai già in mente chi invitare alla festa per il tuo compleanno?» emulo cecità dinanzi la reazione da lei tenuta, muto il tema del discorso per impedire al ghiaccio di rimarginarsi.

«No,... Ehm volevo dire si» farfuglia a monosillabi, incombe ancora agitazione. «Ovviamente tu, poi Emily e William, Peter. Mi piacerebbe tanto che Cameron e Michael non fossero partiti...» l'elenco sì spezza nel rammentare che questo potrebbe essere il primo compleanno da trascorrere con i fratelli lontani. «Posso invitare Nova? Siamo insieme nel comitato eventi ed è con me un'ottima amica».

«Questa è la tua festa, mia Luna, puoi invitare chiunque tu voglia!»

*****

«Amico, vada a fanculo la legge» diviene troppo difficile inventare una bugia per il gusto di calmare le acque, gestire la situazione sotto un totale controllo. Non posso mentire difronte al dolore di un amico. «Hai provato a chiamare vostro fratello? Ha avuto problemi a scuola e forse Micheal l'ha sentita, magari esasperata ha cercato da lui rifugio. Oppure...» il flash di una lampadina si accende nel cervello, laddove l'ombra di un effimero ricordo naviga. E poi un nome. «C'è la figlia del sindaco Blossom, Nova. Rachel parla spesso di lei. So essere diventate molto amiche, potrebbe sapere dove si trova ora. E poi ci regoliamo di conseguenza».

Note autrice

Tre capitoli pubblicati in una settimana non è male come traguardo. Non capitava da un sacco di tempo... Dovrei forse iniziare a rallentare il ritmo?🤔

Comunque, con la scomparsa di Rachel la storia può avere ufficialmente inizio. Iniziando a fare la conoscenza di Ryan, il coprotagonista maschile della storia e colui che aiuterà Juliet nelle indagini.

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