Capitolo 10. Bacio
Terzo ciclo astrale. Periwinkle County.
Anno 1799 terrestre.
Eira's pov
Lui è seduto al solito posto, sui marmorei gradini anneriti dalle polveri della città che conducono alla fatiscente biblioteca al cui pubblico è l'accesso proibito.
È immobile, la testa tra le mani sorretta, gettata a guardare il basso nel timore che tutto tra noi è stato vano. Mi aspetta, persevera nell' attesa di un incontro che non esiste più. Il nostro legame ha bisogno di un netto taglio per poter essere liberi l'uno della presenza dell' altro e incontrare il proprio futuro. Di certo il mio è vittima di una eterna condanna di devota prigionia presso un tempio, un tempio nel quale casa ho trovato spoglia di ogni occasione nel scelta di un giusto fabbisogno di sentirmi amata.
La vita non mi ha mai regalato niente. Sono un' orfana trovata tra i rifiuti, abbandonata in una cesta nel retro di una cattedrale, e dal vecchio arcivescovo ritrovata e presa sotto la propria ala. Mi ha salvata soltanto per insegnarmi che la vita altro non è che un insieme di sacrificio e duro lavoro.
Un' indesiderata quando ancora troppo innocente al mondo mi sono affacciata. Per tutti un peso, eccetto che per lui.
Ma quel che voglio io è di più, altro non chiedo che un dolce rifugio nel cantuccio della effimera felicità.
E per questo che non posso continuare a rimanere con Athos. Il tempo insieme condiviso appartiene a dei lontani ricordi del passato, seppur tanto facili da custodire e tutelare. Il nostro un amore destinato a non affacciarsi incontro a un futuro.
Il cielo terso accompagna il suo sguardo ombroso, le opache iridi sono riflesse tra le argentee sfumature della matassa di nubi cariche. La piaggia bagna la pelle, che un sacco di volte alla mia si è amalgamata e le mani sue quelle di un abile artigiano con cui al corpo mio si stringe, i contorni ne accarezza e definisce, i capelli sempre troppo disordinati adesso contro la cute appiattiti.
Lui resta lì, non un muscolo muove accompagnato dalla convinzione che alla fine io mantengo fede a quella promessa a cuor leggero avvenuta. Saremmo dovuti partire, insieme per una nuova era. Lui non avrebbe continuato più a essere un cavaliere del male, da qualche parte oltre le montagne una casetta in legno attende di essere riempita dalle nostre risa.
Ma non è questo ciò a cui sono destinata.
Una morsa si comprime nel petto per stritolarlo.
Sono responsabile di aver inflitto lui tanto male, eccessivo dolore frutto di profana illusione.
Merita una spiegazione a conclusione dei mesi, anni condivisi. Non merita vedermi sparire così, come mai fossi esistita.
Non posso.
Sono sprovvista del coraggio di guardarlo dritto negli occhi e in lui confidare tutta la verità. Io non ho neppure idea di quale sia la verità.
Andare via. Sparire senza mai più guardare indietro, questa è la mia unica certezza del comando a cui sono costretta a sottostare.
Le parole di Ecliphira nella testa ancora rimbombano, nel mentre con la gabbia toracica il petto mi stringo per non scivolare.
"Non sono nessuno. Il potere in lui detenuto non può appartenere me, siamo rette nel cosmo divise" sono schiaffeggiata da questi pensieri con il sale delle lacrime che la faccia mia inumidisce paonazza.
Eppure io non sento il diritto di esistere, essere viva in un mondo nel quale non ci apparteniamo.
Io sono di Athos. Athos è il mio.
Ma ora questa sembra una promessa terribilmente vuota al cospetto degli alti piani. Due insignificanti vite che contro l'infinito universale nulla possono.
«Scusa, ti chiedo perdono di non essere per te abbastanza amore mio» mi ritrovo con voce smorzata a sussurrare quasi le orecchie di lui potessero riconoscere la mia presenza anche a distanza. Gli occhi umidi le palpebra serrano per non dover ancora sopportare di perdersi nella figura di quel qualcuno che mai possono avere.
D'istinto, poggio una mano al ventre, le sottili dita carezzano morbidi, cullano quella creatura di cui non riesco a smettere di amare senza mai aver ancora incontrato prima. Un errore per molti mai destinato ad incontrare la luce del sole che la pelle sua rischiara.
Dannazione. Tanto il mio bramoso interesse per le risposte da non essermi neppure resa conto di spingermi verso la stretta di un patto.
Il principino ha provato a fregarmi quanto io ho ben in chiaro le mie intenzioni di non coinvolgere nessuno. Lavoro da sola, quel che scopro sono affari miei e della polizia al quale sono costretta a rigirare le informazioni. Non mi aspetto niente di diverso.
Per colpa della sua faccia, di quella proposta ci è mancato molto poco affinché io non gli mollassi un calcio ben assestato tra le parti intime al punto tale da costringerlo a contorcersi per il dolore e togliermelo di mezzo.
Perché la gente pare tanto non comprendere chi, invece, apprezza i benefici effetti della solitudine? È impossibile negare che quanto il gruppo si riunisce ogniuno mostra il peggio di sé, costruisce la propria immagine su una bugia patetica. E io odio soltanto l'idea di sentirmi parte di tutto questo.
Che sia maledetto quel suo sguardo di ghiaccio, un freddo magnete nelle iridi di lui riflesso.
Ho vissuto sedici meravigliosi anni senza dover scambiare neppure una parola con lui, mai una volta incrociare il suo cammino. Eppure adesso sembra ritrovarlo ovunque io volti lo sguardo.
Ho una matta voglia di incontrarlo adesso, in faccia riversare il mio rifiuto di averlo parte di una possibile cooperazione da instaurare.
Magari accettare il suo aiuto potrebbe addolcire la preside, dimostrare buona volontà verso le attività sociali, ma di quel che gli altri da me si aspettano io me ne fotto e non posso evitarlo.
Una distesa lunga di armadietti si rivela inaccessibile, vari gruppetti lì davanti sono radunati innalzando un coro di risa. Il chiacchiericcio dei presenti è un ronzio di parole sconnesse.
E poi di nuovo lei, la ragazza dalla dorata carnagione che l'altro giorno poggiata ai medesimi armadietti le lacrime ha vana asciugato. Adesso, come calamita di un déja vu, lei è tornata della scena protagonista e stavolta eretta, le dita nella chioma riccia incastrate, arpionate per non scivolare fino a tappare coi palmi le orecchie e allontanare la mente dal vortice di voci che senza tregua la circondano.
Sgualdrina recita la parola a caratteri cubitali scritta con inchiostro indelebile, le lettere che la compongono sono disposte in lungo sulle metalliche ante che la parete nascosta. La vernice è scarlatta, rossa e densa come il vermiglio sangue, un peccato inevitabilmente avvinghiato fin sotto la pelle.
Ma sono i sogghigni di Nadia e del suo fidato gruppo di oche in sottofondo a catapultare addosso la mia totale attenzione.
La più giovane versione della Fitzgerald sembra divertita dalla misogina dichiarazione. Dietro quella faccia che prenderei volentieri a schiaffi non manca di mostrare il proprio scherno nei riguardi della situazione.
Ovvio, però, non penso sia stata lei l'artefice, almeno non in forma diretta. È troppo codarda per macchiare l' aurea di perfetta santarellina che con tanta fatica ha costruito e poi non le conviene ritrovarsi convocata nello studio della preside, faccia a faccia con la sua genitrice per atti vandalici e incitamento alla violenza.
«Ti diverti?» non fingo, attraverso alcuno sforzo emetto il ringhio pronto a riversarsi sulla castana. «E se fossi stata tu al suo posto, ti saresti ancora divertita - sventolo un dito per indicare la riccia, Sarah. - scommetto che se fosse stata un ragazzo chiunque l'avrebbe idolatrata. Ho una notizia per te, Nadia» scandisco bene le parole, mi accosto per sovrastarla in altezza e assicurarsi che il suono della voce mia sia ben filtrato dentro le sue orecchie. «Ma ti svelo un segreto, il Medioevo è, per somma grazia, andato a fanculo secoli fa e ti invito, a te e chiunque altro abbia qualcosa da ridire, di eseguire lo stesso. E poi, al giorno d'oggi, può capitare ben di peggio che essere definita una puttana. Esistono pur sempre i bugiardi pronti a nascondersi e come conigli scappare».
Non ho ancora ben in chiaro contro chi sono stata pronta a scagliare quell' insulto, di certo lei non è la sola tra gli spettatori del siparietto. Ma assistere al volto di Nadia diventare paonazzo, borgogna dalla vergogna non ha avuto prezzo. È stato un peso finalmente tolto da dentro lo stomaco per comprimerlo, un sasso fastidioso incastrato tra la pianta del piede e la suola.
Lei ha meritato ogni parola rigettata.
Sento un boato innalzarsi alle mie spalle, la giovane massa si conferma composta da scalpitanti spettatori che scelgono di convertire il corso delle proprie esistenze alle più vane polemiche. Non frega niente a nessuno del tema centrale del discorso, purché ci sia intrattenimento e una guida a cui aggregarsi: oggi applaudono me, domani chissà dove la corrente batte.
Patetici tutti.
Sorvolo con lo sguardo attraverso i presenti, ne osservo rapida le serene facce come se nulla fosse accaduto soltanto pochi giorni fa. La vita è andata avanti troppo veloce senza Rachel, quasi fosse una figura inutile disposta nel grande corso degli eventi, destinata fin dalla nascita a non avere spazio, mai con lo scopo di esistere un singolo giorno.
Anche Nova è assente, spoglia della forza che questi giorni accompagna. Al termine della giornata di ieri dritta a casa è filata, apatica nel volere di incontrare ancora qualcuno.
E poi lui.
Ryan Chase è in piedi, la schiena contro il suo armadietto poggiata e sguardo vacuo nel vuoto perso al fine di renderlo estraneo della scena intera, presente con il corpo e assente nello stesso momento.
Attende da solo che il suono della campana segni l'inizio delle lezioni, il solito gruppo di amici pare un po' più diviso dal giorno in cui Rachel è morta.
È la mia occasione questa di andare a parlare con lui.
Quegli occhi suoi limpidi, freddi come il ghiaccio dalle infinite sfumature del cielo calmo in estate, si sollevano e i miei incrociano persi nel tumulto di una fermentante anima.
«Sei stata una grande. Chapeau a te Juliet Cohen» emula un inchino con il capo. ,«La maggior parte degli studenti di questa scuola sono degli stronzi».
«A questo riesco ad arrivarci anche da sola, grazie» incrocio le braccia al petto, ferrea nella posizione. «Sono qui per dirti che non ho bisogno dell' aiuto da parte di nessuno. Posso indagare anche da sola riguardo la morte di Rachel».
«Davvero? Non sembrava quando mi hai chiesto informazioni in merito la società segreta della Libellula».
«Richiedere un' informazione è diverso dal cercare aiuto» mi dichiaro pronta a controbattere quella sua affermazione, innalzo gli occhi al cielo stufa. «Domandare è legittimo quando si vuol combattere l'ignoranza e non si può fare altrimenti. Resta il fatto che non cerco nessuno. La mia squadra sono io e basta».
Lui si immobilizza, lo sguardo del mio interlocutore mi supera, è ora spostato oltre la mia figura. E quel repentino cambio d'animo costringe anche me a voltarmi, scrutare attratta dalla ragione di tanto astio al punto tale da strappare al biondo il sorriso.
Sarah è ancora in lacrime, tra le braccia di Brett prova a immergere le lacrime per aggrapparsi alla più vana valvola di conforto in cui lasciar scivolare il sapore amaro della giornata.
Non sembrano una coppia, dal modo in cui lui si comporta.
Stanno insieme da quasi un anno circa e non ha ritenuto lui importante intervenire una singola volta contro tutte le risa di scherno da lei affrontate nell' arco della giornata.
Percepisco i nervi affiorare tra le braccia contratte di Ryan, a stento un ringhio furente trattiene. Eppure a me lui non pare proprio il tipo da immischiarsi con persone come Brett, due mondi troppo paralleli per potersi mai incontrare.
Almeno che...
E prima che io possa rendermene conto il ricordo di Rachel la mente mia a sé richiama, il secondo incastro del puzzle è stretto tra le mie dita in cerca di collocazione e una risposta più vicina di quando possa apparire, o perlomeno è quel che spero.
Devo soltanto capire come avvicinarmi a Brett White e il suo gruppo domando l'impulso di spaccare lui la faccia prima di ottenere le meritate risposte per garantire un tracciato di luce ai passi della giustizia.
Ryan è ancora immobile, al mio fianco.
A me basta occorre soltanto uno slancio prima di sentire il suo sapore incastrarsi con la pelle mia. Stringo le mani per afferrarli la faccia, accorcio di ulteriore misura le distanze prima che i nasi si sfiorano e con le labbra mie le sue accarezzo, la morbida consistenza ne assaporo.
A questo punto ulteriori parole risuonano inutili, uno spreco d'aria senza alcun fine. Lascio che sia il bacio appena condiviso a essere esplicito abbastanza, attirare addosso le attenzioni desiderate.
Dopotutto non è quel che il biondo ha sempre voluto, aiutare, sentirsi utile a complice alle indagini? Ecco fatto, il suo desiderio è appena stato assecondato.
Note autrice
Lo so, mi sono presa un lasso di tempo abbastanza lungo prima di pubblicare il capitolo (avrei preferito riuscire a terminare la stesura molto prima: c'est la vie!)
E in questo calderone di pseudo thriller/mystery che, per la prima volta, a partire da questo capitolo, che anche il paranormal fantasy join the party. E per l'esattezza due nuovi personaggi iniziano il loro graduale ingresso (magari, chissà, in futuro, potrebbero apparire anche i presta volto di come io immagino loro oltre che alle presentazioni ufficiali nel dettaglio).
GIOCO
• Ho intenzione di creare un playlist, ma non sarò io a decidere le canzoni: un diverso brano da associare a ogni capitolo.
So, let's start!
- Quale brano musicale ascoltereste mai durante la lettura di questo capitolo?
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