Al destino non si può sfuggire

Il giudice diede un sorriso d'approvazione e segnò sul suo libricino il punteggio da lei ottenuto.

Mya, con un sorriso raggiante stampato in volto, scese dalla piattaforma e si diresse con tutta calma verso il campo dei Riders.

- Eh eh, ho fatto bene a rappresentare "La principessa guerriera", è sempre stata una favola molto apprezzata – disse tra sé e sé.

Una voce la destò dai suoi pensieri.

- C'è stato un cambio della programmazione: dirigetevi verso l'edificio principale in maniera ordinata. Verrete informati se ci saranno sviluppi -

Tre persone sulla quarantina stavano discutendo con un paio di giudici, ma a causa delle chiacchere dei ragazzi vicino non riuscì a capirne la causa.

I tre portavano i mantelli neri tipici dei dotti silenti e Mya non faceva altro che chiedersi cosa ci facessero qui. Era strano vederli in pubblico dato che la maggior parte del tempo stavano rinchiusi nei loro studi.

I dotti silenti fecero un cenno con la testa e se ne andarono, mentre i giudici intimavano agli studenti di dirigersi verso l'edificio principale.

La mora non ebbe scelta nella questione e fu costretta a seguire la corrente di studenti. L'antema vicino a lei fece un verso dalla bassa intonazione mentre guardava il campo dei Riders.

Mya aveva un brutto presentimento ma non poteva far nulla al momento. Pregò quindi che la sua amica stesse bene, quella era la cosa più importante in quella triste e coraggiosa strada che aveva scelto di percorrere.

♦♦♦♦

La compagnia di maghi ed uccelli riprendeva fiato ai piedi del Passo del Pellegrino.

Dopo essere fuggiti a gambe levate da quello strano cavaliere in nero, non osarono fermarsi prima di aver raggiunto il passo.

C'era qualcosa, qualcosa che li soffocava e che non li lasciava respirare alla sola presenza dell'uomo. Era opprimente e terrificante.

Era un'aura.

Una tecnica che solo i più grandi guerrieri sono riusciti ad imparare. Quando qualcuno imparava ad usare l'aura diventava il re del campo di battaglia.

Per alcuni era una presenza imponente, per altri era un'aura di morte e sangue.

Ognuno risvegliava un'aura diversa, ma tutte erano in grado di affliggere lo stato mentale degli altri combattenti facendoli provare paura e rispetto.

Era indubbio che chi possedesse un'aura fosse un grande guerriero, come il capitano della guardia imperiale Roland Swartzler o il "Barone della Palude" Kean Tarsis.

Questo cavaliere nero però era pressochè sconosciuto. Come ha fatto a passare inosservato fino ad ora, e perchè si trovava nella Foresta dei Re?

Gli aveva detto che stava aspettando, ma cosa?

Fein non era mai stato così terrorizzato in vita sua e non riuscì a togliersi dalla testa quella figura.

- Ah, Felumi Eldes! Siamo ancora vivi, dovrò passare da un tempio il prima possibile -

Era Marcus che aveva tirato un sospiro di sollievo, così fece anche il castano.

- Hai ragione, dovremmo raggiungere la città più vicina. Kaldia dovrebbe essere a qualche ora da qui -

- Che aspettiamo allora? Dovremmo... ehi! - la faccia del biondo che poco prima era tutta un sorriso si trasformò in una smorfia – Ma Kaldia è nella regione di Pinher... -

- Appunto, quindi muoviti così arriviamo prima – dopo aver visto la scarsa voglia di proseguire dell'amico continuò – Oppure puoi rimanere qui da solo e farti tutta la strada a ritroso rischiando di incontrare il cavaliere nero -

A quelle parole Marcus si mosse e prese l'iniziativa di entrare nel Passo del Pellegrino.

- Dai, sbrighiamoci prima che faccia buio -

Fein rise e seguì l'amico nel passo.

Il Passo del Pellegrino un tempo era molto usato dai credenti nel padre degli dei Eldes e delle altre dieci divinità. Era l'unica alternativa passare per il passo per raggiungere la regione di Aila, per poi infine raggiungere Firea dove aveva sede il culto dedicato ad Eldes.

Con il passare del tempo però, il passo venne a poco a poco abbandonato e ormai quasi nessuno lo percorre più.

I due maghi in groppa ai loro fidi destrieri procedevano con cautela attraverso lo stretto sentiero che si faceva largo tra roccie aguzze e pericolosamente pendenti verso l'interno del sentiero.

Il vento sembrava lamentarsi come uno spirito vendicativo mentre correva in quello stretto passaggio.

Questo non migliorava l'umore di Marcus, che da quando erano entrati portava sul viso un'espressione sofferente.

- Sai cosa ho sentito su questo posto? Banditi! È un dannatissimo covo di banditi – disse con la voce quasi incrinata.

- Fagli cadere qualche roccia in testa – rispose apatico il castano.

- E se ci tendono un'imboscata? Non avremo nemmeno la possibilità di recitare un'incantesimo prima che ci taglino la gola. O preferisci le freccie? Funzionano bene anche quelle, sai. Non le senti nemmeno arrivare e sei già morto -

Fein roteò gli occhi alle parole del suo amico, non poteva credere a quanto pessimista fosse.

- Metto un'incanto d'avviso, così se si avvicina qualcuno lo sappiamo, ok? -

- Meglio, ma non può far nulla nel caso si tratti di un luogo incantato. Sai, un'altra voce dice che in questa zona la terra stessa inghiotta le persone. Mentre cammini tranquillo e ammiri il cielo azzurro, a un certo punto... Bam! Una voragine si apre sotto i tuoi piedi, l'abisso più nero e una volta caduto dentro la terra si chiude sopra la tua testa e sei sepolto vivo – Marcus faceva anche gesti con le braccia per rappresentare meglio la storia.

- E come esattamente sarebbe girata questa voce dato che i poveri sfortunati che hanno vissuto la cosa sono stati sepolti vivi? -

- Umm... un testimone forse? -

Fein gli diede uno sguardo che comunicava perfettamente il suo pensiero: è una balla e tu ci credi lo stesso, fifone che non sei altro?

- Ehi! Non darmi quello sguardo, sto parlando di cose serie io -

- Certo... -

Fein recitò una formula magica per l'incanto della campana tintinnante, che serviva ad avvisare l'incantatore nel caso in cui qualcuno si avvicinasse a cento metri di distanza da questo.

Il biondo vide con la coda dell'occhio un'ombra passare tra le roccie, mentre il rumore di piccole roccie che rotolavano giù dalla parete raggiungevano appena le sue orecchie.

Come un topo impaurito Marcus saltò sulla sella e tirò la manica del suo amico in modo compulsivo.

- Visto, che ti dicevo? I banditi, sono i banditi! -

Il castano gli diede un pugno in testa, e questo smise subito di lagnarsi.

- Sei un mago, no? Usa un'incantesimo e liberati di loro. E per "loro" intendo quei poveri animaletti che vivono qua intorno e che hai spaventato a morte con le tue storielle dell'orrore -

Marcus guardò l'amico con le lacrime agli occhi per il dolore e annuendo più per sé che per l'altro si calmò.

Il vento continuò a soffiare in modo sinistro, ululando come un vecchio lupo affamato.

Passarono una manciata di minuti quando il castano sentì il tintinnio di un campanellino nella sua mente, ma non fece in tempo ad aprir bocca che, come un'ombra sbucata dal nulla, un animale grosso tanto quanto un cavallo bloccò la strada ai maghi.

Possedeva delle zampe robuste e un collo lungo quasi un metro. Una pelliccia beige a macchie grigie lo ricopriva interamente, mentre il muso ricordava quello di un lama.

La creatura fece un ruggito più simile a un muggito e in poco tempo maghi e pennuti vennero circondati da altri quindici esemplari della stessa specie, comparsi esattamente come il primo.

Solo dopo che erano comparsi il mago sentì un concerto di campanelli in testa.

- Merda, è un'imboscata! - Fein aggrottò le sopracciglia e schioccò la lingua mentre teneva d'occhio la situazione.








Angolo dell'autrice

Vi sono mancata, spero!

Ma finalmente sono ritornata e riprenderò la storia come al solito.

Per farmi perdonare per la mia assenza, domani pubblicherò il capitolo successivo. Contenti?

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