Topo
Pur avendo sottomano il volante, Jae sa di non poter controllare tutto – la Toyota, forse, ma non il temperamento di Richard Dragon. E se ne accorge troppo tardi, quando accosta nei pressi dell'Homewood Cemetery di Point Breeze. A pochi metri dal parcheggio serra i denti, schiocca la lingua, solleva perfino un sopracciglio. Tira il freno a meno e, nel voltarsi verso Richard, indurisce lo sguardo.
«Perché ti sei fermato qui?»
«Perché mi hai fatto venire fin qui?» Replica indispettito. Lo sente ridacchiare e lo vede addirittura sganciare la cintura di sicurezza con un'espressione sprezzante. «Hai detto che qui non ci avrebbe cercati, Rich...»
«Lo so» mormora laconico. Gli lancia un'occhiata eloquente e ripete, riformula: «So bene cosa ho detto.» E fa per aprire lo sportello, ma vede la sicura innescarsi con una piccola spia rossa accanto al finestrino. Così storce il naso, arriccia le labbra. «Fammi scendere» scandisce. È un ordine, non una richiesta, e Jae dovrebbe sapere che indispettire Richard è come giocare con il fuoco. Tuttavia la sicura non scatta, anzi. Ed è un improvviso accanirsi sullo sportello, il battere del palmo sul finestrino chiuso, a ricordarglielo. Richard si agita sul sedile, grugnisce, poi torna a guardare Jae. «Vuoi dartela a gambe? Fallo dopo che sono sceso, cazzo» sibila.
«Hai intenzione di farmi finire nella merda?» Schiocca l'interpellato. «Perché da come si stanno mettendo le cose, Rich, devi sapere che ci finiremo molto presto – in un modo o nell'altro.» Non lo guarda, non adesso, perché punta gli occhi di ghiaccio oltre il parabrezza e fissa il parcheggio del cimitero.
«E allora scuciti un po'» schiocca. «Tanto vale prendere le parti di qualcuno, no?» Punta a sua volta lo sguardo verso il parcheggio e intravede l'auto di Adele. «È tardi per tornare indietro...»
«Come cazzo ha fatto a sapere che stavamo venendo a Point Breeze?» Domanda. La voce ferma, lo sguardo immobile, impassibile, quasi meticoloso.
«Le ho inviato un messaggio vocale» borbotta Richard. «Hai presente quando ti ho detto di venire qui? Beh, in quel momento...»
«'Fanculo, Rich!»
«Non me la prenderei così tanto, se fossi in te» aggiunge in un grugnito. «Vuoi servire i Dragon, no? Stai servendo me, i miei interessi...»
Jae si volta a guardarlo e quasi lo fulmina sul posto. Dice: «I tuoi, già.» Indurisce i muscoli del viso e aggrotta le sopracciglia. Fa scattare la sicura con un gesto secco della mano, ma vede Richard deglutire a vuoto e quasi si chiede se abbia fatto la mossa giusta. «Siamo davanti a un bivio – anzi, eravamo davanti a un bivio» rettifica subito. «E tu hai pensato di prendere la strada più vantaggiosa.»
«Non la più semplice» aggiunge in un soffio. «Lo so che Adele è incazzata con me, cosa credi?» Schiocca la lingua, sospira, infine allunga la mano per aprire lo sportello e dice: «Ma è facile liberarsi della gente di troppo, come hai visto. Gordon è stato solo il primo...» Si umetta le labbra, infine scende dalla Toyota e guarda in direzione del parcheggio.
Jae scende dall'auto, poi inspira a fondo. «Lo so» mormora. Le parole di Chase gli tornano alla mente e sono come una doccia fredda. Perciò deglutisce a vuoto, rabbrividisce, si stringe nella giacca di pelle e maledice il fatto che Richard sia l'unico armato dei due. Allora rimane indietro, osserva le sue spalle dritte e quasi prova l'impulso di tornare in auto, di lasciarlo lì – lui e i suoi cazzo di piani basati sul niente! Tuttavia non demorde, cerca di mantenere una parvenza neutrale e gli è subito dietro. Quando raggiunge il parcheggio, infine, vede Adele scendere dalla Lamborghini con un'espressione strana, contorta.
«Come ci liberiamo di Nolan?» Chiede subito Richard. Mantiene la giusta distanza dall'auto di sua zia e tiene una mano sul calco della pistola automatica – giusto per non essere impreparato.
Adele batte le palpebre, socchiude le labbra e non sa bene cosa dire. «Lo uccidiamo» decreta infine.
«Come?» Indaga Richard. «E dove? Quando?» Continua. È serio, analitico quasi quanto Jae e il suo cipiglio crucciato. «Non possiamo muoverci senza un piano ben definito» scandisce.
Jae vorrebbe dire qualcosa come: Senti da che pulpito! Eppure resta in silenzio. Le mani in tasca e lo sguardo fisso su Adele – quasi incolore. Studia le sue reazioni e le vede serrare appena la mandibola.
«Ovunque, Rich» dice d'un tratto. «Abbiamo le spalle coperte... Come pensi che sia stato insabbiato l'omicidio di Gordon, sennò?»
«Per Numero Sedici ti sei servita di Olivia e delle sue conoscenze» le ricorda in un soffio. «Per mio padre, invece...»
«Abbiamo le spalle coperte» ripete. Sorvola sulla questione e addirittura sulle sopracciglia corrugate di Richard. Infine sospira, tira fuori il cellulare dalla tasca e non manca di mostrarlo per provare la propria innocenza – sa che Richard potrebbe tornare a puntarle la pistola, dopotutto. «Possiamo intercettarlo e causare un'incidente» dice allora. «In tal caso non potremmo essere additati come primi responsabili...»
«In tal caso non dovrai sborsare una fortuna per corrompere la polizia» corregge Richard. E ci pensa, pondera la questione, si stringe nelle spalle con una certa noncuranza. Solo allora dice: «Va bene, facciamolo.»
«Perfetto...» Adele sorride, mostra i denti bianchi e poi osserva il display illuminato dello smartphone per individuare la posizione di Zackary lungo l'Interstate 376 W. «Non ho bisogno di zia Olly per distruggere quello scarafaggio» sibila tra sé e sé.
Jae sposta lo sguardo su Richard e solleva le sopracciglia perplesso. A bassa voce, quasi in un soffio, chiede: «Ti sei dimenticato di Zackary?» E gli vede scuotere la testa, impallidisce, corruga la fronte. Poi sbotta con un: «Ma che diavolo!»
Adele lo fulmina, poi torna a guardare il display e schiocca la lingua. «Zackary ha tradito la mia fiducia» sillaba. «Questa è la fine che meritano i doppiogiochisti» aggiunge. Scrolla la rubrica, poi individua un numero e chiama qualcuno nei pressi dell'Interstate 376 W – qualcuno di affidabile, qualcuno dei vecchi sottoposti di Gordon. Nel frattempo, scuote la testa. E mentre la linea inizia la sua corsa, mentre la chiamata fa i primi squilli a vuoto, schiocca: «Tu da che parte stai, Jae? Vuoi fare il topo o il doppiogiochista?»
L'interpellato deglutisce a vuoto, si morde l'interno delle guance e infine rivolge un'occhiata glaciale a Richard. «Benjamin s'incazzerà se Zackary verrà coinvolto in questa merda...»
«Zio Ben non lo saprà» minimizza. Ma non è affatto sicuro di ciò che sta dicendo, perché inizia a mordicchiarsi le labbra con frenesia. «Ci saranno una serie infinita di ragazzi disposti a risollevargli il morale...» continua, cercando di mostrarsi noncurante. Allora sospira, abbassa di poco gli occhi. Guarda l'asfalto, la punta delle proprie scarpe, e dimentica Adele, Jae, il mondo intero. Si sente stranamente in colpa, ma lo realizza soltanto quando Jae lo afferra per la giacca e gli assesta un pugno ben dritto sullo zigomo. «Cristo!» Tentenna, piega appena le gambe e si sente strattonare verso l'alto dalla presa ferrea di Jae. Così sgrana gli occhi, si porta una mano al viso e massaggia la zona lesa. Fa male, dannatamente male. Ed è la prima volta che qualcuno si azzarda a colpirlo in un modo simile, lo sa. Perciò batte le palpebre, socchiude le labbra, non riesce neppure a replicare tanto è scioccato.
«Non hai capito un cazzo delle persone» ringhia Jae. Ha il pugno ancora sollevato e quasi prova l'impulso di calarlo rapidamente su Richard una seconda volta. Ma si trattiene, perché il suo sguardo è così allibito da farlo raggelare sul posto. «Le persone non sono giocattoli, non si sostituiscono!»
«Prendi le difese di zio Ben o di Zack?» Domanda in un soffio. Non sa neppure perché sta facendo quella domanda, sa soltanto che vuole vederci chiaro, che vuole andare a fondo – comprendere esattamente cosa sta accadendo non è facile, non per lui.
«Stronzetto viziato» lo apostrofa Jae. E schiocca la lingua, allunga di corsa una mano verso la pistola che Richard tiene alla cintura. Si arma in men che non si dica, lo sorprende e sorprende perfino Adele. Lo sa, può leggerglielo negli occhi, mentre le punta contro l'automatica. Sangue freddo, si dice. Indurisce i muscoli del viso e digrigna i denti. Sangue freddo, si ripete. Posa l'indice sul grilletto e la vede deglutire a vuoto. «Nessun incidente» sillaba. «Chiudi immediatamente quella telefonata e allontanati dall'auto.» Sembra più ferrato di Richard in fatto di negoziazioni, perché Adele abbassa la mano, lo smartphone, e fa come le è stato detto. Allora Jae deglutisce. Serra meglio la presa sulla giacca di Richard e muove un passo in avanti. «Butta il telefono in terra.»
«Come?»
«Buttalo!» Alza la voce, aggrotta perfino le sopracciglia e fa per premere il grilletto. Sente nuovamente la voce di Chase nella testa ed è solo per questo che non lo preme fino in fondo – non vuole sporcarsi le mani, non dopo tutto quello che ha passato e non dopo essersi convinto di essere soltanto un mero spettatore.
Adele socchiude le labbra, fa per replicare, per sfoderare il Revolver, ma poi tentenna. Calcola le possibilità, la sicurezza di Jae, e lascia cadere il telefono in terra. Si trattiene a stento dal chiudere gli occhi quando sente il suono dello schermo che va in pezzi e balbetta un: «Va bene.»
«Allontanati» ripete Jae. Le vede muovere qualche passo in avanti e sollevare le mani in segno di resa. Poi osserva le sue sopracciglia aggrottate, il fuoco che le divampa negli occhi. «Ferma» dice. Lascia Richard con uno strattone e lo sente annaspare, dopodiché si avvicina ad Adele e le slaccia la giacca per appropriarsi del Revolver. Solo allora la sente grugnire e percepisce un certo moto di ribellione nel movimento del braccio sinistro. «Ho detto ferma» ripete.
«Non sai cosa stai facendo» sputa.
«Entrate in auto – la mia» precisa subito. Carica un colpo nel Revolver di Drake e sente ringhiare Adele. Così sposta l'automatica su Richard e solleva la canna del Revolver verso di lei. «Di corsa» aggiunge. Sposta lo sguardo da Richard ad Adele. Vede il primo annuire, così si concentra su Adele e dice: «Non sono un topo.» Subito gli tornano alla mente le parole di Gordon, così arriccia il naso in una smorfia di disapprovazione. «Forse sei tu quella che non sa cosa sta facendo...»
«Giuro che ti ammazzo» sibila a denti stretti.
«Entra in auto» schiocca Jae. La tiene sotto tiro fin quando non la vede entrare nella Toyota, dopodiché abbassa il Revolver e infila la mano in tasca per far scattare l'allarme. Li chiude dentro – senza chiavi, ovviamente – e poi sistema le due pistole all'altezza della cintura. «Fantastico...» borbotta. «Sono nella merda.» Si schiarisce la voce, si umetta le labbra. Continua a guardare la Toyota, i due ostaggi, e infine sospira. Tira fuori il cellulare dalla tasca della giacca e chiama Benjamin. «Occupato» schiocca. Indurisce i muscoli del viso e deglutisce a vuoto. «Cazzo...» Subito dopo aver fatto una lista d'imprecazioni mentali, però, nota che Benjamin è di nuovo disponibile. E sospira, osserva l'avviso sul display illuminato, deglutisce. Lo chiama di nuovo e questa volta riesce a sentire la sua voce che chiede:
«Tutto bene? Dove siete?»
«Point Breeze» dice. «All'Homewood Cemetery.» Sente una pausa più lunga delle altre, giura che Benjamin stia deglutendo, così si affretta a spiegare la situazione: «Richard pensava che fosse un buon posto per scampare dal mirino di Adele, o perlomeno così ha detto...»
«Lei è lì?» Annaspa, trasalisce.
Jae annuisce, continua a guardare nella direzione della Toyota. Dice: «Disarmata.»
«Cosa cazzo sta succedendo?»
Può percepirne la tensione, così arriccia appena le labbra in una smorfia. «Volevano togliere di mezzo il problema – entrambi.»
«Entrambi?» Domanda. Vuole accertarsi di non aver sentito male e soprattutto di aver davvero capito le intenzioni di Jae. Si morde le labbra, quasi non riesce a crederci. «E perché diavolo mi stai chiamando?»
«Perché mi hai avvisato in tempo, mi hai detto di allontanarmi...» minimizza. «So che non ti vado a genio, Benjamin, ma non sono una spia.» Si umetta le labbra, non attende neppure una replica che subito attacca a parlare e dice: «Non voglio che Zackary ci vada di mezzo.»
«Cosa c'entra Zack?» Scatta.
«Ne dobbiamo parlare per telefono o riesci a raggiungermi a Point Breeze?» Chiede appena, quasi retorico.
«Dovrei fidarmi?» Quasi ride, ma si trattiene e schiocca soltanto la lingua. «Il fascicolo che hai dato a Gordon...» inizia.
Jae lo interrompe subito. Dice: «Non era completo.»
«Come?»
«Ti ho coperto, Benjamin» prova a dire.
«E perché diavolo avresti dovuto farlo?»
Sembra diffidente, ma Jae non può biasimarlo. Per questo motivo inspira a fondo e dice: «Perché era una situazione di merda, una situazione complicata... Non erano affari miei e non volevo neppure che lo fossero, cazzo. Non ti ho messo io nella merda con Gordon, fattene una ragione.»
«Perché?» Insiste. «Non c'è un fottuto motivo, Jae.»
«Non volevo finire nei guai» ammette in un soffio. «Non sapevo come avrebbe reagito lui e non sapevo come avresti reagito tu.» Si umetta le labbra, si schiarisce la voce, infine mormora: «L'ho fatto per me, non per te. Ti basta?»
«E Zack?» Lo sprona. «Lui cosa c'entra in tutto questo?»
«È sull'Interstate 376 W» schiocca. «Lo ha detto Adele a un tipo con cui era al telefono poco fa...» Attende una risposta che non arriva, perciò continua: «Lui non c'entra niente, lo so. È per questo che ho fatto una cazzata» si lascia sfuggire.
«Hai disarmato Adele» constata Benjamin. Aggrotta le sopracciglia, pare incredulo. Continua a osservare la strada e d'istinto s'indirizza a Point Breeze. «E Rich...»
«Esattamente» conferma. «Non posso lasciarli qui e non posso nemmeno salire in auto. Li ho chiusi dentro» spiega brevemente. Non vuole dargli troppi dettagli solo perché si trovano al telefono. «Sbrigati.»
«Sì.» Annuisce e lascia cadere la comunicazione. Chiama immediatamente Zackary, però, e continua a guidare nella direzione di Point Breeze. Serra i denti, deglutisce. Immagina uno scenario disastroso e quasi impreca quando il terzo squillo va a vuoto. Poi sente la sua voce, sospira e rinsavisce.
«Ben?»
«Lascia il telefono sull'Interstate 376 W» dice.
«Come?»
«Fallo e basta. Prendi la prima uscita e chiamami da un telefono pubblico. Ti verrò a prendere presto, promesso.»
«Perché?» Balbetta.
«Dimmi che hai capito e dimmi che lo farai.» È irremovibile, agitato e irremovibile.
Zackary serra i denti, infine accosta sull'Interstate 376 W e dice: «Va bene, adesso attacco e ti chiamo il prima possibile.»
«Non devi spegnerlo, devi lasciarlo dove si trova» precisa.
Zackary annuisce di nuovo. «Va bene.» Sposta lo sguardo su Nolan e deglutisce. «A dopo...» Ha la voce tremante e la testa su di giri, mentre chiude la comunicazione e apre lo sportello. Lascia il telefono lungo la strada e si morde le labbra in un impeto di frustrazione. Infine sale in auto e rimette in moto la vettura senza dire niente.
«Cosa succede?» Chiede Nolan. Guarda Zackary e indurisce i muscoli del viso. Vorrebbe delle risposte immediate, pertinenti, perciò smette di essere apparentemente allegro e spensierato per concedersi un tono più autoritario. E nota gli effetti quasi istantaneamente, perché sente Zackary balbettare un:
«Non lo so.»
«Come sarebbe a dire Non lo so?» Insiste. «Cosa ti ha detto Benjamin?»
«Ha detto di lasciare il telefono in strada e uscire dall'Interstate 376 W il prima possibile.»
«E cos'altro?» Incalza.
«Di chiamarlo da un telefono pubblico, di restare lì... Ci verrà a prendere il prima possibile.» la voce trema e le dita si serrano meglio attorno al volante. Non riesce a nascondere né il timore né l'indignazione, tuttavia si morde la lingua e s'impone il silenzio. Non vuole coinvolgere Nolan nelle proprie supposizioni.
Tuttavia questi schiocca la lingua e pone una domanda retorica: «Ci stanno cercando, vero?» Vede Zackary annuire appena e poi scuotere il capo. «Sì o no?»
«Penso di sì» dice.
«Che bel rientro...» mormora cinicamente, facendo un po' di autoironia per provare a placare la tensione. «Nemmeno ho messo piede a Pittsburgh che già cercano di liberarsi di me, divertente!»
Zackary non risponde, continua semplicemente a guidare, a osservare la strada oltre il parabrezza. Resta in silenzio, con gli occhi un po' appannati per via delle lacrime che si ostina a trattenere. Soltanto quando arriva a Monroeville tira un sospiro di sollievo e accosta. Serra le mani sul volante, posa la fronte sulle nocche pallide e grugnisce. «'Fanculo...»
«Cerchiamo un bar» dice subito Nolan. «Chiamiamo Olivia, ci facciamo raggiungere e lasciamo l'auto qui a Monroeville» pianifica velocemente. «A quest'ora dovrebbe già essere sulle nostre tracce, dopotutto» commenta tra sé e sé.
«Immagino» borbotta Zackary. E stenta a sollevare il capo, a guardare Nolan. Tuttavia lo fa. Si porta via una lacrima dal viso e inspira a fondo. «Devo comunque chiamare Ben.»
«Ovviamente» conferma. «Ma è meglio ottimizzare i tempi... Non serve che Benjamin si allontani da Pittsburgh, no davvero – sarebbe sciocco e controproducente lasciare il territorio scoperto.»
Zackary annuisce, poi rimette in moto l'utilitaria e inspira a fondo. Il piano di Nolan è perfetto, perlomeno così si dice. «D'accordo: io chiamo Ben e tu chiami Olivia» mormora. Gli occhi puntati sulla strada, sulla pioggerellina fina che batte sul parabrezza.
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