Redini

Lo sguardo di Olivia è affilato, forse irritato e senz'altro inquietante. Nell'osservarlo, Benjamin non può fare altro che constatarlo di persona. Deglutisce a vuoto e serra i denti. Vorrebbe parlare per primo, magari lamentarsi di essere rimasto all'oscuro delle manovre che lo hanno circondato nell'ultimo periodo, tuttavia resta in silenzio. Continua a stringere le proprie dita attorno a quelle di Zackary, a tenerlo stretto in un muto rimprovero, ma non si azzarda a chiedere niente. Schiudere le labbra è tanto pericoloso quanto azzardato, lo sa, perciò si limita ad ascoltare.

«È stato un viaggio particolarmente difficile» ammette Nolan di soppiatto. Sospira, solleva le spalle con noncuranza, infine si adagia sul divano del soggiorno e sorride all'indirizzo di Olivia. «C'è qualcosa da bere?» Domanda piano, quasi in un mormorio. E sogghigna non appena la vede annuire.

«Certo che c'è» replica laconica. «Al solito posto» aggiunge poi, indicando a Nolan il piccolo carrello dei liquori che riposa alle sue spalle.

«Vorrei del Brandy» dice. Non si muove, incrocia semplicemente le gambe e attende che sia lei a servirlo. Così la osserva, la vede muoversi verso la direzione dei liquori e infine si lascia andare a una piccola risatina asciutta. «Mi serve qualcosa di forte per mandare giù questa faida interna...»

«Serve a tutti» borbotta Olivia, servendosi del Brandy a sua volta. Porge il bicchiere a Nolan e poi sorseggia dal proprio. «Cosa vuoi farne di loro?» Chiede in un soffio.

Benjamin aggrotta le sopracciglia, deglutisce e stringe la presa fino a far sbiancare le dita di Zackary. «A chi ti riferisci?» Schiocca.

«Non a voi due, ovviamente» minimizza l'interpellata con un'alzata di spalle. Sposta lo sguardo su Nolan e infine ritorna su Benjamin e Zackary. Dice: «Anche Jae è stato bravo, dopotutto...»

«Dovremmo parlare con loro» azzarda. Fa per aggiungere altro, tuttavia è la risata di Nolan a raggelarlo, a fermarlo, ad ammutolirlo. Così serra le labbra, le umetta appena a ritenta dopo qualche istante: «Non possono rimanere ancora chiusi nell'auto di Jae.»

«Dovrebbero» sbotta lapidario Nolan. Lo sguardo fiero, quasi cinico, e le labbra piegate in un sogghigno beffardo. Scola il Brandy e solleva il bicchiere verso Olivia per chiedere un secondo giro. «Io ho passato vent'anni in prigione e sono stato incriminato per qualcosa che non ho fatto...» mormora, arricciando subito il naso con sdegno. «Perché mai dovrei farli uscire da quell'auto, Benjamin?» E schiocca la lingua, non aspetta nemmeno la risposta, continua: «Non mi dispiacerebbe farli sprofondare nell'Ohio, sai?» Allora lo vede deglutire ancora e quasi sbuffa. Dice: «Tira fuori le palle...»

«Non è questione di palle, Nolan» lo rimbecca. Gli vede sollevare le sopracciglia, perciò aggiunge: «Ho già perso un fratello, non ho intenzione di perdere anche loro due.»

«Gordon?» Chiede. Schiocca la lingua non appena lo vede annuire e scola il secondo bicchiere di Brandy che gli porge Olivia. Non batte ciglio, ma dice: «Lui era un assassino, non un fratello.»

«Era comunque mio fratello» lo corregge subito.

«Ed era comunque un assassino» conclude.

Benjamin si trattiene dal mordersi la lingua. Tiene lo sguardo fisso su quello di Nolan e si mostra sicuro, convinto, mentre sostiene la propria tesi con una sola domanda: «Chi di noi non lo è?»

«Rettifico...» mormora Nolan. «Non era soltanto un assassino, ma anche un bastardo speculatore.» E schiocca ancora la lingua, restringe lo sguardo, studia il viso di Benjamin con aria assorta. «Un arrampicatore sociale, uno stronzo viziato, un parricida.» Vede Benjamin mordersi le labbra, così rincara la dose e dice: «Per colpa sua ho scontato vent'anni nel carcere di Loretto.»

«Adele ha vendicato anche te, dunque» soffia a mezza bocca.

Olivia sospira, finisce il Brandy e s'intromette nella diatriba con un lieve colpo di tosse. «Adele ha tentato di ucciderlo» gli ricorda. «E ha anche tentato di uccidere il tuo caro fidanzato...»

Benjamin storce il naso, poi le labbra. Il volto contratto in una smorfia di dolore e dispiacere, nella confusione più pura. «Deve essere punta per questo» dice. Annuisce alle sue stesse parole, vede annuire anche Olivia, così specifica: «Non uccisa, punita

«Come?» Sbotta Nolan, sospirando con esasperazione. «Vuoi consegnarla alle forze dell'ordine, forse? Sono stato rilasciato oggi e oggi stesso sono tornato a Pittsburgh. Non ho contatti con nessuno, non posso ribaltare la copertura che ha creato Adele, né permettere a qualcuno di denunciarla come responsabile dell'assassinio di Gordon... Il nome di questa famiglia è già abbastanza intaccato, diamine!»

«E Rich?» Domanda in un soffio. Lascia la mano di Zackary, lo sente sospirare per il sollievo, ma non si volta per guardarlo. Continua a osservare Nolan, dice: «Lui è giovane, è inesperto. Ha vissuto una vita lontano dal binario organizzativo e ha perso suo padre...»

«È uno scarafaggio» sillaba. «Non voglio vedere insetti in questa casa.»

Benjamin deglutisce, sposta lo sguardo di Olivia e la osserva in silenzio Quasi si aspetta di avere il suo appoggio, tuttavia si ricrede quando questa serra le labbra e incrocia le braccia di rimando. «È mio nipote» obbietta.

E Nolan annuisce, scandendo subito la sua definizione di Richard Dragon: «È il figlio di Gordon, un fastidioso insetto, una sanguisuga...» Prende fiato, intreccia le dita tra loro e, dopo aver posato i gomiti sulle ginocchia, vi posa il mento. «Ha cercato di allearsi con Adele per ottenere parte del patrimonio di questa famiglia, ha perfino taciuto quando lei ha ordito un complotto alle mie spalle» continua. «Non lo voglio tra i piedi.»

Chissà come, allora, Benjamin scuote la testa e si lascia andare a una risata asciutta. Pensa a Richard, ad Adele. Masochistica affezione, si dice. «Chi ti credi di essere?» Schiocca, facendo sgranare gli occhi sia a Zackary che a Olivia. «Pensi davvero di poter tornare a Pittsburgh e pretendere il controllo dei Dragon?» Ghigna, scuote appena la testa. Trova che la situazione sia quasi divertente, ma non o dice apertamente – no, basta la sua espressione per chiarirlo ai presenti. «Non puoi» stabilisce di getto.

«No?» Chiede con fare ironico. Non muta espressione, perlomeno non del tutto. Osserva Benjamin con aria assorta e ne studia le reazioni con un lieve ghigno sardonico ben stampato in volto. «E sei tu a decretarlo?»

«Sì, sono io» dice.

Zackary serra i denti, vorrebbe dirgli di stare zitto, di non aggiungere altro e di non esporsi più del dovuto. Ma non lo fa, anzi: nota il cipiglio contrariato che Nolan rivolge nella sua direzione e si ammutolisce prima ancora di schiudere le labbra.

«Mi sta bene» soggiunge quest'ultimo.

«Ti sta bene?» Benjamin sembra confuso, mentre pronuncia queste parole. Batte le palpebre un paio di volte e fa sorridere Nolan con tranquillità. Quando lo vede annuire, allora, aggrotta le sopracciglia e chiede: «Come sarebbe a dire?»

«Non ti sta bene, Benjamin?» Ridacchia. «Credevo che ci tenessi ad avere il controllo della situazione – il potere decisionale. Mi sbagliavo?»

Benjamin resta in silenzio, osserva Nolan con fare contrito e tuttavia non lo contraddice. Vorrebbe, ma non lo fa. Dice soltanto: «Sì.»

«Io non posso gestire gli affari della famiglia, non nella posizione in cui mi trovo...» spiega sommessamente. «L'unico in grado di farlo sei tu» aggiunge allora.

«Perché non Olivia?» Indaga. «Eri in accordo con lei, non con me.»

«Te lo spiegherò soltanto dopo aver riposato un'intera notte in un vero letto» mormora. «Non oggi, non stasera... Forse domani mattina a colazione.»

«Stai scherzando?»

Nolan scuote la testa e dice: «Affatto.» Si alza dal divano, si schiarisce la voce e da un bacio sulla guancia a Olivia. «Mi ritiro» annuncia. «Lascio a voi l'onere di decidere il da farsi» mormora infine, allontanandosi dal soggiorno con nonchalance. Non aggiunge altro, né si rivolge a Benjamin. Tuttavia si ferma a un passo da Zakary e gli sorride. Resta fermo, immobile e silenzioso, fin quando quest'ultimo non sposta gli occhi sul il pavimento. Solo allora abbandona il soggiorno e si allontana lungo il corridoio per raggiungere le scale che portano al piano superiore.

Prima ancora che Benjamin possa dire qualcosa, Olivia si schiarisce la voce e domanda: «Cos'hai intenzione di fare?»

«Farli uscire dall'auto» stabilisce. «Voglio parlare con loro...»

Olivia annuisce, storce appena le labbra e infine mormora un: «Va bene.» Lo vede portarsi una mano alla testa, massaggiarsi una tempia, così aggiunge: «Il carroattrezzi ha parcheggiato la Toyota nel viale.»

«Immaginavo» borbotta. Dopodiché rivolge una veloce occhiata a Zackary, ma non si sofferma in soggiorno per più di qualche istante e solo per posargli un lieve bacio a fior di labbra. «Torno subito» mormora, ben conscio di non poter davvero quantificare questo fantomatico subito. E si allontana nello stesso modo cui ha visto fare a Nolan: le spalle dritte, il mento sollevato e lo sguardo fiero.

«È davvero così?» Domanda Zackary di soppiatto. Solleva lo sguardo su Olivia e, dopo qualche istante, le vede battere le palpebre con perplessità. Sente il rumore della porta d'ingresso che si chiude, così le si avvicina, si umetta le labbra e abbassa la voce per chiedere: «Ti sta bene davvero, Olivia?»

«Sì» conferma. «Non spetta a me il compito di controllare questa famiglia, dopotutto.» Si stringe nelle spalle e storce appena le labbra. «Spetterebbe a Nolan, ma non ho nulla da dire se lui preferisce passare le redini a Benjamin.»

Zackary sospira, poi distoglie lo sguardo da quello serio e tagliente di Olivia per tornare a fissare le frange del tappeto.

Da quando il carroattrezzi ha parcheggiato la Toyota nel viale, Jae non fa che fumare e crucciarsi in un andirivieni annoiato a pochi passi dal portico. Quando vede uscire Benjamin, allora, tira un sospiro di sollievo. Per un attimo arriva a credere di poter parlare con qualcuno, di poter prendere una pausa e magari mettere qualcosa sotto i denti. Tuttavia lo vede filare dritto e storce appena le labbra quando torna indietro con le sopracciglia aggrottate.

«Dammi le chiavi» ordina in un borbottio.

«Le chiavi?» Chiede per sicurezza. Lo vede annuire, perciò le tira fuori dalla tasca e non aggiunge altro – non ne ha nemmeno il tempo, in fondo, perché Benjamin se ne appropria in fretta e furia. Jae battere le palpebre con fare perplesso. «Prego» schiocca tra sé e sé, facendo per sedersi su una delle poltroncine in vimini. Ma poi sente la voce di Benjamin richiamarlo all'ordine e si blocca, si gela sul posto.

«Torna dentro, devo parlare in privato con loro» dice. Nemmeno lo guarda, è semplicemente certo che Jae lo stia ascoltando, perciò preme il tasto per disattivare l'allarme e attende che i due escano dalla Toyota.

Richard esordisce con un: «'Fanculo.» E schiocca la lingua, spalanca lo sportello con rabbia, scende con tutto l'intento di fronteggiare Benjamin a gran voce. Eppure si ferma, si zittisce. Lo guarda negli occhi e riesce solo a serrare i denti con irritazione latente.

«Pensavo di dover passare la notte in quest'auto del cazzo» borbotta Adele con fare laconico, sgranchendosi le gambe con qualche passo. Storce il naso in una smorfia infastidita, poi guarda in direzione del portico e quasi prova l'impulsi di raggiungere Jae per fargli la pelle. «Ne ho piene le palle della compagnia di questo smidollato...» aggiunge in un soffio, riferendosi a Richard e a tutte le discussioni che ha avuto modo di fare con lui nelle ore di detenzione forzata. «Entro dento» stabilisce.

«No.»

La voce di Benjamin le fa battere le palpebre. «No?» Chiede. Solleva un sopracciglio, poi le aggrotta entrambe e serra i denti nell'attesa di una risposta. «Perché mai? È casa mia, dopotutto...»

«Dovresti ringraziarmi, non lamentarti.» La osserva, bloccando Richard contro lo sportello posteriore della Toyota per impedirne la fuga. «Dovreste farlo entrambi» sillaba, guardano quest'ultimo e il suo cipiglio contrito.

«Ringraziarti per cosa?» Ringhia.

Benjamin non risponde, si sofferma sulla questione principale e ignora la domanda provocatoria di Richard. Dice: «Avete ben poche scelte a vostra disposizione: ascoltarmi e fare come vi dico o finire nell'Ohio per volere di Nolan.»

«Nolan...» sibila Adele. «Stai davvero dalla sua parte, Ben?» Schiocca. Gira attorno alla Toyota e si ferma a un passo dall'interpellato per fissarlo con sguardo infuocato. Le spalle dritte, il mento sollevato e fiero. Lo scruta in silenzio e lo sente sospirare prima di dire:

«Hai quasi ucciso Zack...»

«Ha tradito tutti, è andato a Loretto» replica. «Ha portato Nolan a Pittsburgh, ha mandato in fumo i nostri progetti. Non trattarlo come se fosse un angioletto, Ben. È soltanto un traditore, una palla al piede! Dovresti liberartene, piuttosto.»

«Non spetta a te deciderlo» scandisce. La guarda negli occhi e la vede serrare i denti con fare indignato.

«Sei qui per trattare, dunque» constata a mezza bocca. «Avanti, sputa il rospo» lo sprona. «Ti sto ascoltando, Ben.»

«Dovete andarvene» dice. «Dovete farlo in fretta e prima che io possa cambiare idea...»

«No» scandisce. Sciocca la lingua con fare seccato e vede Benjamin indurire i muscoli del viso. «Non ho intenzione di andarmene, non dopo tutto quello che ho fatto per arrivare in alto, per vendicare nostro padre. Non puoi lasciare in mano a Nolan tutto quanto...»

«Non è lui a gestire gli affari» borbotta.

«Al diavolo Olivia!» Adele aggrotta le sopracciglia, assume quasi le sembianze di un serpente velenoso e sputa la propria verità in un ringhio: «Anche lei ci ha traditi, Ben.»

L'interpellato scuote la testa, dice: «Non è neppure Olivia.»

Richard socchiude le labbra, tentata perfino di divincolarsi. È incredulo, irritato, mentre ringhia: «Lasciami, cazzo!» E riesce a liberarsi dalla presa di Benjamin, riesce anche a guardarlo in viso. Nelle orecchie, la risata secca di Adele.

«Non ci credo!» A stento si trattiene dal piegarsi in avanti, dal tenersi l'addome. E continua a ridere amaramente, incredula quanto Richard. «Tu... Sei tu che hai preso il controllo, Ben?»

Benjamin annuisce, tuttavia non risponde. Non ha nemmeno il tempo di aprire bocca, perché Richard schiocca la lingua in un moto di fastidio e dice:

«Fantastico, zio Ben, hai fottuto tutti.» E lo guarda, si morde l'interno delle guance, lo vede tentennare. Allora continua, chiede: «Perché mai dovremmo andarcene?»

A rispondere, però, non è Benjamin. Con una risata esasperata, infatti, è Adele stessa a frapporsi nel discorso: «Perché? Sei sordo, forse? Ha detto che abbiamo due scelte: eseguire gli ordini o crepare.»

Richard solleva lo sguardo su Benjamin, quasi cerca d'impietosirlo e contrae le sopracciglia in una smorfia sconvolta. Le labbra schiuse, la voce gutturale che gracchia un: «Come?» E cerca risposte nel silenzio di Benjamin, nei suoi occhi, nelle sue labbra ferme, serrate.

«Non sei sordo» schiocca Adele. «Hai sentito bene...»

«Chiudi il becco, cazzo!» Richard solleva la voce, si rivolge ad Adele e poi di nuovo a Benjamin. Lo sguardo sconvolto, le parole che tentennano. Dice: «Non ho fatto niente.»

Ancora una risata fastidiosamente cinica, poi l'ironia di Adele e il suo: «Oh, andiamo!» E seguita con la spiegazione che pare invisibile agli occhi di Richard, scandisce: «Hai cercato di allearti con me, non hai dato ascolto al tuo caro zio Ben...»

«Dovete andarvene» ripete Benjamin. Cerca di mantenere un tono incolore, un'espressione neutra e lo sguardo vuoto, distante. «Andarvene e non tornare» precisa subito.

«Perché non ci ammazzi, invece?» Lo provoca Adele con fare sprezzante. Gli si avvicina, solleva il mento e gli posa perfino una mano sulla spalla. «Hai lasciato cadere Gordon dalle scale, puoi farlo ancora... E sii più fantasioso con me, d'accordo?» Sibila, cercando di fare leva sul suo buon cuore. Per certi versi ci riesce. E gli vede serrare i denti, indurire i muscoli del viso, tuttavia non nota cambiamenti rilevanti.

«Farò il possibile per farvi tornare» dice soltanto. «Ma benché la gestione egli affari dei Dragon spetti a me...»

«Non hai potere decisionale su cose di questo calibro» conclude Adele in un mugolio insoddisfatto. Allora scuote la testa, lancia un'occhiata all'indirizzo della porta d'ingresso e inspira a fondo. «Prenditi cura di Tera» soffia.

«Dove diavolo credi che io possa andare, eh?» Richard solleva la voce, ignora Adele e il suo camminare svelto, irritato, verso il cancello della residenza. Guarda Benjamin negli occhi e cerca una risposa che non arriva. Allora serra i denti, ringhia un: «'Fanculo.» E distoglie lo sguardo, infila le mani in tasca, rimpiange di aver parcheggiato in Broad Street. «Sei solo uno stronzo» dice. «Miravi ai vertici, non è vero?»

«Affatto» mormora in tutta risposta.

«Cazzate! Ti sei liberato di mio padre, hai mandato la tua puttana a Loretto, hai scavalcato Olivia e ti sei ingraziato Nolan!» Sbotta. Riesce a sollevare un braccio giusto in tempo per parare il pugno ben assestato di Benjamin e ringhia a denti stretti, caricandone uno a sua volta e finendo con il restare scoperto sull'addome. Quando il pugno di Benjamin lo colpisce all'altezza dello stomaco, allora, boccheggia. Annaspa, solleva lo sguardo e sembra un cane ferito, bastonato. «Sei tu che hai tradito tutti» sputa in un rantolo. «Non vuoi farci tornare, vuoi solo liberarti di noi» conclude. Non aspetta una risposta, perché è convinto che sia una conferma e non una smentita. Così lo allontana con uno spintone e allunga il passo per uscire dalla residenza. È inutile, si dice. Insistere è inutile.

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